La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza civile n. 13470 del 20 maggio 2025, ha analizzato i requisiti di determinatezza dell’oggetto di un contratto preliminare di compravendita immobiliare. La sentenza distingue due scenari:
- Conclusione consensuale del contratto definitivo: in questo caso, la determinazione del bene da trasferire può avvenire anche tramite elementi esterni al contratto preliminare, inclusi fatti successivi alla sua stipula.
- Pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c. (esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre): in questo caso, è indispensabile che il contratto preliminare contenga l’esatta identificazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali. La sentenza, infatti, non può attingere i dati necessari da altre documentazioni, ma deve corrispondere esattamente al contenuto del preliminare.
La Corte ha anche ribadito che per la validità di un vincolo contrattuale è necessaria l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non solo quelli essenziali. Se la determinazione degli elementi accessori è rinviata, non si può parlare di un contratto con obbligazioni determinate. Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che, in assenza di un’identificazione idonea del bene, aveva escluso la possibilità di un trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c., non ravvisando l’esistenza di un valido contratto preliminare.
Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 maggio 2025| n. 13470.
Contratto preliminare l’oggetto deve essere determinato
Massima: L’oggetto di un contratto preliminare di vendita immobiliare può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua conclusione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale, e non quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 cod. civ., caso nel quale occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento; trattandosi di contratto per il quale è imposta la forma scritta, l’accertamento della presenza dei requisiti necessari per una sicura identificazione dell’oggetto del preliminare contratto è riservato al giudice di merito ed è soggetto al sindacato di legittimità solo sotto il profilo della logicità e congruità della motivazione.
Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare la sussistenza qualora – raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, pure riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”) – risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori, con la conseguenza che, rispetto a tale convenzione, non può esservi inadempimento, non essendo la stessa fonte di obbligazioni determinate (Nel caso di specie, richiamato l’enunciato principio, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la valutazione operata sul punto dal corte del merito che, sulla base delle emergenze processuali e degli elementi forniti dall’odierno ricorrente, aveva ritenuto che gli stessi non fossero idonei a consentire il trasferimento coattivo del bene oggetto del contenzioso, in applicazione dell’art. 2932 cod. civ. e dei principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità in tema, escludendo che si fosse al cospetto di un contratto preliminare di vendita immobiliare).
Ordinanza|20 maggio 2025| n. 13470. Contratto preliminare l’oggetto deve essere determinato
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Tag/parola chiave: Contratto – Formazione ed elementi del contratto – Accordo delle parti – Vincolo contrattuale definitivo – Configurabilità – Presupposti – Distinzione dalla minuta o puntuazione – Conseguenze – Fattispecie in tema di contratto preliminare di vendita immobiliare
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERTUZZI Mario – Presidente
Dott. MACCARRONE Tiziana – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
Dott. MASSAFRA Annachiara – Relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18578/2020 R.G. proposto da:
Pa.Do., elettivamente domiciliato in Roma, in via Sa.N., presso lo studio dell’avvocato MA.NI. (Omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato SE.AN. (Omissis)
– ricorrente –
Contro
SOC COOP SE. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, domiciliata ex lege in Roma, Piazza Ca., presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato BE.PI. (Omissis)
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 3017/2019 depositata il 25/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere ANNACHIARA MASSAFRA.
Contratto preliminare l’oggetto deve essere determinato
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 721/2017 il Tribunale di Forlì respinse la domanda proposta ex art. 2932 c.c. da Pa.Do., socio di SE. Società Cooperativa, volta ad ottenere il trasferimento della proprietà di un appartamento e un’autorimessa oggetto dell’atto di pre-assegnazione adottato dagli organi della cooperativa edificatrice in data 9.4.2009.
Il giudice di primo grado osservò che il commissario liquidatore, ex art. 72 L.Fall., aveva optato per lo scioglimento del contratto e che ciò non era pregiudicato dalla precedente trascrizione della domanda di adempimento di cui all’art. 2932 c.c.
2. La decisione venne impugnata ma l’appello venne respinto e la sentenza confermata, sebbene con diversa motivazione.
Il giudice di secondo grado, in particolare, richiamò la giurisprudenza di legittimità secondo cui il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare, ai sensi dell’art. 72 della legge fallimentare, con effetto verso il promissario acquirente ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 c.c. e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell’art. 2652, n. 2, c.c., la trascrizione della sentenza di accoglimento prevale sull’iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese (S.U. n. 18131 del 2015; Cass. n. 13687 del 2018).
Sicché la Corte d’Appello ritenne che la domanda dell’odierno ricorrente, comunque, non potesse essere accolta poiché, in concreto, erano carenti i presupposti per procedere al trasferimento coattivo dell’appartamento.
Si chiarì al riguardo come “l’atto che l’attore ha indicato come fonte dell’obbligo di trasferimento non contiene l’individuazione del bene né gli altri elementi necessari per poter pronunciare una sentenza ex art. 2932 c.c.”
Tali necessari elementi erano carenti nell’atto di preassegnazione (essendo l’immobile indicato con la sola superficie e collocazione al piano terra della realizzanda palazzina E, senza confini e dati catastali), nella successiva missiva del 17.11.2011 contenente l’indicazione del prezzo di assegnazione. Anche l’ulteriore comunicazione prodotta dall’attore non era sufficiente allo scopo non essendo stati indicati gli estremi della concessione edilizia.
Venne infine respinta la domanda di risarcimento del danno poiché “ogni credito nei confronti della società in L.c.a. deve essere accertato in sede concorsuale”.
3. Avverso la prefata decisione ricorre Donato Pa.Do. con tre motivi.
Resiste con controricorso Soc. coop. SE., in liquidazione coatta amministrativa.
In prossimità dell’udienza sono state depositate memorie.
Contratto preliminare l’oggetto deve essere determinato
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 167 comma 2 c.p.c. e dell’art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. in combinato con l’art. 115 c.p.c. in ordine al dovere del giudice di porre a fondamento della propria decisione fatti non contestati.
Il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere inattuabile il trasferimento dell’appartamento perché l’individuazione del bene, così come effettuata dal ricorrente negli atti introduttivi nel giudizio, non era stata contestata dalla società cooperativa.
La prima contestazione della parte convenuta sarebbe avvenuta tardivamente con le note autorizzate in primo grado.
Il motivo è infondato.
Le contestazioni alla ricostruzione dei fatti prospettata dall’odierno ricorrente, infatti, non costituiscono eccezioni in senso proprio ma mere difese, volte a paralizzare e resistere alla domanda altrui contestando la sussistenza dei presupposti necessari per la pronuncia di sentenza ex art. 2932 c.c., pertanto non soggiacciono al regime delle preclusioni processuali (in argomento tra le tante Cass. n. 1469 del 2025; Cass. n. 14375 del 2024; Cass. n. 23880 del 2024).
Va in questa sede osservato come la differenza tra le mere difese in fatto e le eccezioni (in senso lato o in senso stretto) di merito (differenza che attiene al più ampio discorso relativo alle modalità di esercizio del diritto di difesa da parte del convenuto) è chiara: le prime consistono nella pura e semplice negazione (se del caso arricchita da un’alternativa ricostruzione della vicenda) dei fatti costitutivi del diritto azionato dall’attore, mentre le seconde sono caratterizzate da un nucleo composto dall’allegazione di un fatto (sempre inteso nella sua accezione storico-fenomenica) e da una sua particolare significatività giuridica, vale a dire dalla sua idoneità a impedire, modificare, o estinguere l’altrui pretesa.
Ne consegue anche la differenza in termini di effetti sul thema probandum (mentre il thema decidendum resta comunque inalterato a fronte sia di mere difese sia di eccezioni di merito): mentre le mere difese in fatto non lo estendono, giacché i fatti principali allegati dall’attore e negati dal convenuto già appartengono al thema probandum in quanto fatti costitutivi del diritto azionato (e, come tali, rientranti ex art. 2697, comma 1, c.c. nell’onere probatorio dell’attore, inteso in senso sostanziale), le eccezioni (in senso lato o in senso stretto) di merito estendono l’originario thema probandum proprio perché introducono fatti (impeditivi, modificativi o estintivi dell’altrui pretesa, anche essi – quindi – principali) nuovi rispetto a quelli costitutivi del diritto azionato già dedotti dall’attore, fatti nuovi il cui onere probatorio ricade ex art. 2697, comma 2, c.c. su chi li alleghi (Cass. n. 24606 del 2020).
Contratto preliminare l’oggetto deve essere determinato
Il ricorrente, peraltro, non coglie la ratio della decisione.
Il giudice di merito, infatti, sulla base delle emergenze processuali, e dunque proprio degli elementi forniti dal ricorrente, ha ritenuto che gli stessi non fossero idonei a consentire il trasferimento coattivo del bene, in applicazione dell’art. 2932 c.c. e dei principi sanciti da questa Corte in materia, escludendo che si fosse al cospetto di un contratto preliminare.
La Corte d’Appello ha, in sostanza, ravvisato nella specie una mera cd. puntuazione di clausole, ossia un’intesa parziale in ordine al futuro regolamento di interessi tra le parti, inidonea a far sorgere tra le parti alcun vincolo contrattuale (si veda al riguardo Cass. n. 2204 del 2020).
Ai fini, infatti, della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare la sussistenza qualora – raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, pure riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”) – risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori, con la conseguenza che, rispetto a tale convenzione, non può esservi inadempimento, non essendo la stessa fonte di obbligazioni determinate (Cass. n. 11126/2024).
Nella specie non è stato, correttamente, ritenuto individuato dalle parti l’oggetto del futuro contratto atteso che l’unità immobiliare era descritta con la mera indicazione della sua superficie e della sua collocazione al piano terra della realizzanda palazzina; nell’atto non erano indicati né i confini né i dati catastali; nella successiva missiva intercorsa tra le parti non vi era alcun elemento di individuazione del bene o comunque di elementi che consentissero di verificare la corrispondenza dell’unità immobiliare “indicata nelle conclusioni dell’appellante con quella oggetto del documento”.
Va rimarcato, infine, che l’oggetto di un contratto preliminare di vendita immobiliare può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua conclusione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale, e non quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 cod. civ., caso nel quale occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento; trattandosi di contratto per il quale è imposta la forma scritta, l’accertamento della presenza dei requisiti necessari per una sicura identificazione dell’oggetto del preliminare contratto è riservato al giudice di merito ed è soggetto al sindacato di legittimità solo sotto il profilo della logicità e congruità della motivazione (da ultimo in tema Cass. n. 18681/2024).
In conclusione la censura deve essere respinta.
2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1346 c.c., 1418, secondo comma, c.c. e 1421 c.c. Il giudice avrebbe infatti dovuto dichiarare d’ufficio la nullità del contratto per indeterminabilità dell’oggetto e per l’effetto la società in amministrazione controllata avrebbe dovuto restituire al Pa.Do. le somme pagate in applicazione dell’art. 2033 c.c.
Il motivo è infondato atteso che, alla luce di quanto già osservato in relazione alla prima doglianza, nella specie non si è in presenza di un contratto preliminare.
Contratto preliminare l’oggetto deve essere determinato
Peraltro, il motivo è altresì inammissibile atteso che attraverso la richiesta declaratoria di nullità del contratto il ricorrente in realtà mira a conseguire un nuovo e diverso effetto (non più l’effetto costitutivo di cui all’art. 2932 c.c. ma la restituzione delle somme versate) mai richiesto al giudice di merito.
Va ribadito in questa sede che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. La rilevabilità d’ufficio di una nullità, poi, deve coordinarsi con i principi generali del processo, per cui il rilievo ex officio resta precluso per effetto del giudicato interno formatosi in conseguenza della pronunzia esplicita sulla questione ovvero della definizione implicita della stessa (Cass. n. 194 del 2002).
Il giudice di merito nel respingere la domanda ex art. 2932 c.c. implicitamente ha affrontato proprio la questione sottoposta dal ricorrente in questa sede, escludendo la possibilità di pronunciare la richiesta sentenza in assenza della sussistenza dei necessari presupposti. Ciò che non è stato fatto è disporre la restituzione delle somme versate, tale pronuncia presupponeva una specifica richiesta sul punto.
3. Con il terzo motivo si denuncia, ex art. 360 n. 5 c.p.c. l’omesso esame di un fatto decisivo per non essersi pronunciata la Corte d’Appello sulla richiesta di CTU finalizzata ad accertare la regolarità urbanistica ed edilizia dell’immobile oggetto di contenzioso. Il motivo è consequenzialmente assorbito.
4. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese sono liquidate come da dispositivo. Da atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in E 5.000,00 oltre E 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Da atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile del 18 marzo 2025.
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2025.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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