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6. Nell’appello (impugnando il rigetto del ricorso gerarchico e gli atti presupposti, e menzionando nel testo anche il provvedimento dell’UTG di Asti), prospetta che:
– l’UTG di Asti non poteva rigettare la domanda dopo averla accolta, perché il provvedimento di rigetto doveva essere preceduto dalla revoca del provvedimento che aveva accolto l’emersione; la revoca non può comportare la caducazione dei provvedimenti successivi che presuppongono l’esistenza dell’emersione; il provvedimento è stato notificato solo il 24 gennaio 2013;
– il Questore di Bologna non aveva titolo a revocare il permesso di soggiorno concesso ad Asti, in quanto ciò poteva essere disposto soltanto dall’organo che aveva adottato il provvedimento (Questura di Asti), o quanto meno dall’organo superiore, e comunque motivando sull’interesse pubblico idoneo a giustificare l’autotutela;
– conseguentemente, il Questore di Bologna non poteva neanche rigettare la domanda di rinnovo del permesso, avendo lo straniero dimostrato i necessari requisiti;
– comunque, non sussistevano i presupposti della nullità del contratto di soggiorno ex art. 1-ter, comma 12, legge 102/2009, posto che nessuna falsa dichiarazione era stata presentata, che la circostanza dell’instaurazione del rapporto di lavoro di badante (a correzione di quanto erroneamente indicato nella domanda di emersione, che si riferiva ad un collaboratore domestico – con l’effetto sanante dell’errore materiale previsto dall’art. 1-ter, comma 7) era stata riconosciuta dal provvedimento dell’UTG di Asti, e che nessun reddito minimo è richiesto per il datore di lavoro in caso di assunzione per assistenza di un disabile;
– il mancato parziale versamento dei contributi costituisce il presupposto per gli accertamenti dell’INPS nei confronti del datore di lavoro, ma non impedisce il perfezionamento della pratica e non integrità l’ipotesi di falsità del rapporto di lavoro oggetto di emersione;
– durante la procedura di rinnovo del permesso di soggiorno, l’appellante ha dimostrato di possedere un reddito da lavoro (relativo ad altro rapporto, instaurato dopo la cessazione di quello oggetto di emersione) adeguato.
7. Per il Ministero dell’interno, si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, depositando copia del fascicolo di primo grado.
8. All’udienza del 23 novembre 2017, è stato dato avviso al difensore dell’appellante, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 73 cod. proc. amm., dell’esistenza di un possibile profilo di inammissibilità/irricevibilità dell’appello in relazione alla tardiva impugnazione di atti presupposti adottati dall’UTG di Asti.
9. Il Collegio osserva che la sentenza appellata ha individuato l’oggetto dell’impugnazione, secondo l’indicazione contenuta nell’epigrafe del ricorso introduttivo, riferendola al diniego di rinnovo disposto dal Questore di Bologna in data 2 dicembre 2011 ed al rigetto del ricorso gerarchico da parte dell’UTG di Bologna in data 3 giugno 2013.
A ben vedere, tuttavia, la lesione della situazione giuridica dell’appellante deriva anzitutto dall’originario decreto dell’UTG di Asti prot. 5785 in data 21 gennaio 2011, con cui, in via di autotutela, è stato caducato il provvedimento di emersione, rispetto al quale il permesso di soggiorno costituisce atto consequenziale.
L’appello (senza censurare la sentenza riguardo alla delimitazione dell’oggetto dell’impugnazione) contiene argomentazioni di critica a tutti i provvedimenti intervenuti nella vicenda, ma risulta inammissibile nella parte volta a contestare l’autotutela sull’esito favorevole della procedura di emersione dal lavoro irregolare, ai sensi dell’art. 104, cod. proc. amm., in quanto comporta un estensione dell’oggetto della decisione rispetto al giudizio di primo grado.
Venuta meno tale parte dell’impugnazione, diviene inammissibile anche quella della revoca del permesso di soggiorno e del diniego di rinnovo (così come della decisione sul relativo ricorso gerarchico), quali atti che trovano nell’emersione il fondamentale presupposto condizionante (cfr. Cons. Stato, III, n. 5090/2012).
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