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Né per contro appare convincente il richiamo di In. a d una non meglio specificata “convenienza” dell’articolazione adottata, per la fondamentale ragione che gli appalti di pulizia sono caratterizzati da una struttura rigida dell’offerta dei concorrenti negli appalti di pulizie connessa al peso assolutamente prevalente del costo del personale, che non consente grandi economie di scala.
Dalla suddivisione dei lotti in questione emerge con chiarezza l’intento dell’Agenzia Regionale di coinvolgere il minor numero possibile di concorrenti con l’evidente finalità di facilitare l’espletamento della gara ed evitare la notoria proliferazione del contenzioso.
Al riguardo il Collegio non ignora le difficoltà di gestione di questa tipologia di procedimenti, causate dall’abnorme numero di partecipanti alle gare e da un tasso di litigiosità tale che qualche stazione appaltante è addirittura ricorsa, illegittimamente, al sorteggio come normale criterio di aggiudicazione.
Tuttavia l’esperienza storica di questi ultimi anni ha dato modo di constatare, sotto vari profili, che il ricorso ai maxi lotti per gli appalti di pulizie si è rivelato un rimedio forse peggio del male per la piaga dei ribassi talvolta molto incidenti sui margini operativi delle imprese.
Sotto il profilo del buon andamento e dell’efficienza dei servizi prestati, i grandi contratti hanno visto, nell’esperienza del recente passato, il ripetersi di situazioni incidenti negativamente sull’esecuzione in quanto la stessa complessità organizzativa delle prestazioni diffuse in un gran numero di immobili, comporta un naturale “allungamento della catena di comando” nella gestione dell’esecuzione dell’appalto. Non sono nemmeno mancati poi i casi nei quali l’affidatario del contratto era indotto a ripartire comunque le prestazioni tra un grande numero di subappaltatori (talvolta anche al di là dei limiti consentiti) con conseguenti gravi disservizi, proteste degli utenti e risoluzioni per grave negligenza nell’esecuzione contrattuale (a loro volta generatrici di ulteriore contenzioso in sede civile).
Inoltre, i grandi appalti sono facilmente permeabili a tentativi di corruzione diretti a determinare gli esiti delle gare, con la creazioni di “cartelli” e “sinergie” tra concorrenti o peggio ad infiltrazioni di imprese mafiose vere e proprie.
Ed anche al di fuori di questi casi patologici, la partecipazione di poche grandi imprese comporta talvolta il rischio naturale di comportamenti compiacenti o anche solo di un eccessivo “fair play” tra i diversi concorrenti.
Per quanto invece concerne la violazione del principio di concorrenza in senso soggettivo si deve concordare con le imprese ricorrenti in primo grado quando affermano che, a causa della creazione di lotti sovradimensionati, si introducono ingiustificate preclusioni alla partecipazione alle gare da parte delle PMI del settore delle pulizie.
A tal proposito si deve ricordare che il D.M. 7 luglio 1997, n. 274 “Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della legge 25 gennaio 1994, n. 82”, all’art. 3 prevede dieci “Fasce di classificazione” cioè una specifica graduazione posta “ai fini della partecipazione secondo la normativa comunitaria alle procedure di affidamento dei servizi di cui all’articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 82, sono iscritte, a domanda, nel registro delle imprese o nell’albo delle imprese artigiane..”.
In conseguenza per la distinzione tra le piccole e le medie imprese di pulizia deve farsi riferimento alle predette diecifasce di classificazione.
Per questo, in ragione della specialità della predetta classificazione, appare irrilevante in questi ambiti, il D.M. 18 aprile 2005 invocato da In., concernente i criteri di individuazione di piccole e medie imprese in generale.
L’articolazione dei futuri contratti in un arco oscillante tra i 24 milioni di euro ed i 46 milioni di euro non rispettava l’obbligo di una suddivisione per ambiti “funzionali e/o prestazionali” dato che tutti i lotti si collocavano nella Classe massima di qualificazione “lett. l.” pari a E. 8. 263 310.000″.
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