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Peraltro, l’illogicità e la contraddittorietà dell’agire amministrativo emergerebbe anche dal fatto che la stazione appaltante, nonostante fosse già a conoscenza dell’esistenza di indagini a carico dei componenti del Consiglio di Amministrazione della Sc. per gli stessi fatti che hanno, poi, portato al rinvio a giudizio, ha, per ben due volte, prorogato il contratto scaduto e anche dopo l’adozione del provvedimento espulsivo e della revoca dell’ultima proroga del precedente contratto, ha continuato ad avvalersi della detta società per l’esercizio di prestazioni analoghe a quelle da affidare, mantenendola nell’apposito elenco di cui al decreto prefettizio 50200/2015 del 26/5/2015.
A quanto sopra aggiungasi che le verifiche condotte sull’area utilizzata come discarica avrebbero dimostrato che la stessa non risulta contaminata.
Le doglianze così sinteticamente riassunte non meritano accoglimento.
Il provvedimento di esclusione dalla gara (e quello di revoca che ad esso si richiama) è così motivato:
“- in data 19 giugno 2015 la Prefettura di Firenze ha trasmesso l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. predisposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze relativo al procedimento n. 9988/14 Reg. Mod. 21 in cui i membri del c.d.a. Sc. S.c.a.r.l. risultavano indagati per violazione degli obblighi inerenti la custodia e per aver creato un deposito abusivo di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, determinando contaminazione del suolo;
– nelle more della conclusione delle verifiche sul possesso dei requisiti di partecipazione preordinate all’aggiudicazione definitiva della gara, è pervenuta un’ulteriore nota della Prefettura di Firenze, prot. 128974 del 31 dicembre u.s., con la quale è stato inoltrato il decreto di citazione diretta a giudizio emesso il 22 dicembre 2015 dalla Procura della repubblica presso il Tribunale di Firenze nei confronti di Fu. Cl. in qualità di vice presidente del c.d.a. della Sc. S.c.a.r.l. per violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro aggravata e nei confronti di Fu., So. Si. e Ci. Al. per aver realizzato in un’area della depositeria su un terreno non impermeabilizzato e privo di raccolta delle acque meteoriche e dei liquidi refluenti delle macchine anche incidentate ivi custodite, un deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi;
– l’esclusione prevista dalla disposizione [di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163] è posta a presidio dell’elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico;
– nel caso di specie, i componenti del c.d.a. dell’aggiudicatario provvisorio sono stati rinviati a giudizio per reati commessi proprio nell’ambito di altro rapporto contrattuale con le medesime stazioni appaltanti avente lo stesso oggetto del presente affidamento;
– la suddetta circostanza, nonché la gravità degli addebiti contestai integrano grave negligenza e malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate da queste Stazioni Appaltanti, andando a minare l’elemento fiduciario che deve necessariamente sussistere tra il soggetto che indice la gara ed il futuro contraente;
…”.
Orbene, dalla trascritta motivazione risulta evidente che l’impugnato provvedimento espulsivo non si fonda sulla mera constatazione dell’avvenuto rinvio a giudizio dei citati componenti del Consiglio di Amministrazione della parte appellante.
Invero, la stazione appaltante ha ancorato il giudizio negativo in ordine al permanere dell’elemento fiduciario di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163, ad un autonomo apprezzamento delle circostanze di fatto evidenziate dalla Prefettura di Firenze, rilevando, in proposito, che i gravi reati ascritti ai componenti del Consiglio di Amministrazione della Sc. erano stati commessi nell’ambito di un rapporto contrattuale precedentemente in essere con la medesima stazione appaltante, avente ad oggetto prestazioni identiche a quelle da affidare.
Da qui il constatato venir meno dell’elemento fiduciario, trattandosi di aggiudicare un contratto del medesimo contenuto di quello che, date le prestazioni da eseguire, aveva favorito la commissione dei fatti criminosi contestati.
Nessuna illogicità o contraddittorietà può, poi, discendere dalla circostanza che la stazione appaltante, nonostante fosse venuta a conoscenza del menzionato rinvio a giudizio, abbia, per ben due volte, prorogato il precedente rapporto contrattuale.
Al riguardo è sufficiente rilevare che, nella stessa ottica dell’appellante, la mera conoscenza dei fatti che avevano determinato il suddetto rinvio a giudizio non era sufficiente a giustificare il venir meno dell’elemento fiduciario, occorrendo all’uopo un’apposita “motivata valutazione” da parte della stazione appaltante dei fatti addebitati agli amministratori. E tale valutazione è stata compiuta solo in occasione dell’adozione del provvedimento di esclusione dalla gara del 26/1/2016.
Le due proroghe del precedente contrato – intervenute antecedentemente a tale data – non possono, quindi, costituire indice delle invocate figure sintomatiche di eccesso di potere.
Per ovvie ragioni non possono, poi, influire sulla legittimità dei provvedimenti impugnati, eventi successivi alla loro adozione, quali gli affidamenti di prestazioni analoghe a quelle messe in gara, asseritamente disposti nei confronti della Sc. a decorrere dal 11/2/2016.
Del tutto irrilevante ai fini di causa è, inoltre, la circostanza che l’area utilizzata come discarica, a seguito di successivi accertamenti, non sia risulta contaminata.
Ciò che conta, infatti, è che la discarica fosse abusiva.
Col terzo motivo si deduce l’erroneità dell’appellata sentenza nella parte in cui ha respinto la censura con cui era stata dedotta l’illegittimità della disposta escussione della cauzione.
Si afferma, infatti, che non potrebbero porsi sullo stesso piano i motivi di esclusione che trovano il loro fondamento in circostanze oggettive e quelli che, invece, dipendono da valutazioni discrezionali della stazione appaltante. Peraltro la dichiarazione sul possesso dei requisiti generali sarebbe stata resa dalla Sc. quasi due anni prima di conoscere il decreto di citazione diretta a giudizio, cosicché la mancata sottoscrizione del contratto non sarebbe a lei imputabile.
La doglianza è infondata.
Un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui la Sezione non intende discostarsi, insegna che, in base all’art. 48, comma 1, del D. Lgs. 163/2006 (applicabile ratione temporis), l’incameramento della cauzione provvisoria costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione dalla gara, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della evento che ha comportato l’esclusione (ex plurimis Cons. Stato, A. P., 29/2/2016, n. 5; Sez. V, 28/8/2017, n. 4086; Sez. VI, 15/9/2017 n. 4349).
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero dell’Interno e dell’Agenzia del Demanio, liquidandole forfettariamente in complessivi € 2.500/00 (duemilacinquecento) pro parte, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Federico Di Matteo – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
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