Mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell’articolo 1117 c.c., non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, ne’ essendo destinati all’uso o al servizio di esso, il rivestimento del parapetto e della soletta devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo cosi’ elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole.
Cio’ premesso, l’azione di un condomino diretta alla demolizione, al ripristino, o comunque al mutamento dello stato di fatto degli elementi decorativi del balcone di un edificio in condominio (nella specie, relativi ai frontali ed ai parapetti), costituenti, come tali, parti comuni ai sensi dell’articolo 1117 c.c., n. 3, va proposta nei confronti di tutti i partecipanti del condominio, quali litisconsorti necessari, essendo altrimenti la sentenza “inutiliter data”.
Si consideri, infine, che la necessita’ di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi deve essere valutata non “secundum eventum litis” (ovvero, come assume il ricorrente, sulla base delle diverse modalita’ attuative dell’intervento tecnico di ripristino del balcone che il giudice potrebbe disporre), ma al momento in cui l’azione sia proposta, valutando se la stessa, sulla base del “petitum” (e, cioe’, del risultato perseguito in giudizio dall’attore con la sua domanda), sia potenzialmente diretta anche ad una modificazione della cosa comune.

Sentenza 14 dicembre 2017, n. 30071
Data udienza 25 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 27722-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2859/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/10/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mistri Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), proprietario di appartamento in (OMISSIS), ha proposto ricorso, articolato in unico motivo, avverso la sentenza 24 giugno 2015, n. 2859/2015, resa dalla Corte d’Appello di Napoli, la quale, in accoglimento dell’impugnazione formulata da (OMISSIS), ha dichiarato la nullita’ della sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Benevento in data 22 gennaio 2009 per difetto di litisconsorzio necessario. Il giudizio aveva avuto inizio con citazione del 20 luglio 2006 con cui (OMISSIS) aveva convenuto davanti al Tribunale di Benevento (OMISSIS), per sentire condannare quest’ultimo ad eliminare le cause della caduta d’acqua dal balcone dell’unita’ immobiliare di sua proprieta’ sul sottostante balcone di proprieta’ (OMISSIS). Il Tribunale, accogliendo la domanda di (OMISSIS), aveva condannato (OMISSIS) ad eseguire le necessarie opere indicate dal CTU per l’eliminare il denunciato inconveniente. La Corte d’Appello di Napoli accertava, tuttavia, che i parapetti aggettanti dei balconi dell’edificio di via (OMISSIS), per loro forma, materiali e colore, avessero funzione di accrescere la gradevolezza estetica del fabbricato, e percio’ rientrassero tra le parti comuni ex articolo 1117 c.c., di proprieta’ di tutti i condomini, con conseguente difetto del necessario contraddittorio e rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’articolo 354 c.p.c., comma 1.
(OMISSIS) si difende con controricorso.
Su proposta del relatore, che aveva ritenuto il giudizio definibile nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in riferimento all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), era stata dapprima fissata l’adunanza della camera di consiglio. Il Collegio, con ordinanza del 10 marzo 2017, ritenne tuttavia che non ricorresse l’ipotesi di cui all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), e rimise la causa alla pubblica udienza.
Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso e’ ammissibile, in quanto la sentenza, con cui il giudice d’appello riforma o annulla la decisione di primo grado e rimette la causa al giudice “a quo” ex articoli 353 o 354 c.p.c., e’ immediatamente ricorribile per cassazione, trattandosi di sentenza definitiva, che non ricade nel divieto, dettato dall’articolo 360 c.p.c., comma 3, di separata impugnazione in cassazione delle sentenze non definitive su mere questioni, per tali intendendosi solo quelle su questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito che non chiudono il processo dinanzi al giudice che le ha pronunciate (Cass. Sez. U, 22/12/2015, n. 25774).

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