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L’attendibilità dell’offerta va valutata pertanto nel suo complesso e non con riferimento a singole voci di prezzo eventualmente ritenute incongrue, avulse dall’incidenza che potrebbero avere sull’offerta economica nel suo insieme (conformi, ex plurimis, Cons. Stato, V, 17 gennaio 2014, n. 162; V, 14 giugno 2013, n. 3314; IV, 22 marzo 2013, n. 1633).
Su queste basi il sindacato del giudice amministrativo può riferirsi alle valutazioni svolte dalla stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia, solamente nei limiti della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, oltre che della congruità della relativa istruttoria, ma non può in alcun modo tradursi in una nuova verifica di merito, trattandosi di questione riservata all’esclusiva discrezionalità (tecnica) dell’amministrazione.
Né il giudice potrebbe operare autonomamente una verifica delle singole voci dell’offerta, “sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio – non erroneo né illogico – formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, il Giudice invaderebbe una sfera propria della P.A. (C.d.S., IV, 27 giugno 2011, n. 3862; V, 28 ottobre 2010, n. 7631)” (così Cons. Stato, V, n. 162 del 2014 cit.).
Nel caso di specie, non è dato rilevare macroscopiche illogicità, ovvero valutazioni abnormi o affette da errori di fatto nel giudizio compiuto dall’amministrazione.
Non può quindi trovare accoglimento la doglianza secondo cui l’offerta dell’aggiudicataria dovrebbe ritenersi inattendibile, prevedendo in concreto un utile “pari a zero, anzi al di sotto di 0,01 per ogni singolo pasto prodotto”, atteso che il relativo giudizio della stazione appaltante – doverosamente riferito all’offerta nel suo complesso – appare coerente con le premesse istruttorie, a loro volta adeguatamente dettagliate.
In merito alla questione dell’utile d’impresa, la commissione di gara, dopo aver prudenzialmente stimato in rialzo alcune voci delle “spese generali”, ha peraltro dato atto che, “anche considerando tali spese resta comunque un utile per l’impresa, a pasto, pari ad ? 0,02, per un incidenza percentuale del 0,44” (così nel verbale n. 12 del 14 marzo 2016).
E’ altresì corretto a tal riguardo il rilievo dell’appellata Si. secondo cui “la concessione del centro di cottura, con possibilità di utilizzo anche in favore di altre commesse, costituisce già di per sé un ulteriore motivo di utile, consentendo all’aggiudicataria di avere la disponibilità di un centro di cottura da poter utilizzare in altri servizi ed appalti” rappresenterebbe di per sé un ulteriore motivo di utile rispetto a quello più direttamente finanziario.
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