Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 10 ottobre 2017, n. 4680. Non sono apriori inammissibili modifiche delle giustificazioni ovvero giustificazioni sopravvenute

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8. Successivamente tutte le parti ulteriormente illustravano con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive ed all’udienza del 27 luglio 2017 la causa passava in decisione.

DIRITTO

9. Va preliminarmente esaminata, per ragioni di priorità logica, l’eccezione di irricevibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, formulata dalla Si. e dal Comune di (omissis).

Al riguardo risulta dagli atti che effettivamente la Ca. Gr. s.r.l. è risultata destinataria, in data 28 aprile 2016, di una interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Catanzaro.

La circostanza è riconosciuta dallo stesso appellante, che però ne sminuisce la rilevanza per averla impugnata avanti al giudice amministrativo competente (giudice che, però, non risulta averne sospesa l’efficacia).

La questione va risolta facendo applicazione del principio di diritto (ex multis, Cons. Stato, IV, 20 luglio 2016, n. 3247) secondo cui tale tipo di interdittiva implica un “accertamento dell’incapacità originaria del privato ad essere parte contrattuale della pubblica amministrazione”, con l’automatica conseguenza che, ai sensi degli artt. 67 e 94 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), le varie amministrazioni pubbliche “non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni”.

A fronte di un provvedimento interdittivo valido ed efficace, quale risulta essere quello su cui si controverte, viene dunque meno ogni possibilità per l’appellante di ottenere, anche in caso di esito positivo dell’appello, il bene della vita cui aspira, con conseguente cessazione di un obiettivo interesse a coltivare il gravame.

10. Nel merito l’appello è infondato.

10.1 Con il primo profilo di gravame (declinato nei motivi sub B.1 e B.2), la Ca. Gr. impugna la sentenza nella parte in cui ha dichiarato irricevibile la doglianza sulla presunta mancata considerazione, nell’offerta – poi risultata aggiudicataria – della Si., dei cd. “costi interferenziali”.

L’irricevibilità viene fatta discendere, dal giudice di prime cure, dalla mancata proposizione di tale specifica doglianza in occasione del precedente ricorso contro la (prima) aggiudicazione dell’appalto alla Si., pur essendo la ricorrente, all’epoca, a conoscenza dei presupposti di fatto su cui si fonda tale doglianza: ciò violerebbe il principio generale, di carattere processuale, secondo cui il giudicato nel frattempo formatosi sul primo giudizio copre il dedotto ed il deducibile (ossia consuma il potere di impugnativa per tutti i vizi sin da principio deducibili).

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