Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 21 febbraio 2017, n. 811

Il parere negativo è motivato in modo esauriente con il richiamo al contrasto del manufatto con il contesto paesistico, essendo legittimo il suo recepimento nel diniego, che può basarsi anche sul mero rinvio per relationem al medesimo

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 21 febbraio 2017, n. 811

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4587 del 2006, proposto da:

La. Sa. e Ma. Fr. De., rappresentati e difesi dagli avv.ti Pi. Co. e Ma. Pa., per mandato in calce all’appello, nonché dall’avv. Al. Ar., per mandato in calce ad atto di costituzione di nuovo difensore, in aggiunta ai difensori già costituiti, rilasciato da As. De. Bu., quale procuratrice generale ad negotia, per procura autenticata per atto di notaio, e elettivamente domiciliati in Roma, alla via (…), presso lo studio dell’avv. Mi. Fe.;

contro

Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, non costituito nel giudizio di primo grado e nel giudizio d’appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Toscana, Sezione 3^, n. 1429 del 22 marzo 2005, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n. r. 500/1993, proposto per l’annullamento del provvedimento sindacale in data 17 novembre 1992, recante diniego di condono edilizio, della deliberazione di Giunta Municipale n. 727 dell’11 agosto 1992, recante diniego di autorizzazione paesistica, e dell’ivi richiamato parere negativo della Commissione per la tutela dei beni ambientali n. 1074 del 6 giugno 1989

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e udito l’avv. A. Ar. per gli appellanti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.) Con istanza in data 25 marzo 1986 i coniugi Ma. Sc. e An. Ma. Lo. chiedevano il rilascio di condono edilizio per un fabbricato a solo piano terra di natura residenziale, in zona assoggettata a vincolo paesistico.

Con provvedimento sindacale del 17 novembre 1992 l’istanza era rigettata, in relazione al diniego di autorizzazione paesistica di cui alla deliberazione di Giunta Municipale n. 727 dell’11 agosto 1992, espressa in base al richiamato parere negativo della Commissione per la tutela dei beni ambientali dell’associazione intercomunale n. (omissis) “Co. d’A.” (istituita ai sensi dell’art. 5 della l.r. 2 novembre 1979, n. 52), di cui alla decisione n. 1074 del 6 giugno 1989.

2.) Con ricorso in primo grado n. r. 1429/1993, i coniugi Sc., nella qualità di alienanti e i coniugi La. Sa. e Ma. Fr. De., nella qualità di acquirenti dell’immobile, impugnavano i suddetti provvedimenti, deducendo in sintesi:

1) Violazione degli artt. 7 e 3 della legge n. 241/1990, in relazione all’omessa allegazione di copia dell’atto presupposto e della mancanza della comunicazione d’avvio del procedimento di diniego.

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti per illogicità manifesta, perché è stata recepita in modo acritico la generica e stereotipata motivazione del parere negativo della commissione per la tutela dei beni ambientali, senza considerare né le caratteristiche della zona (classificata come (omissis) di completamento residenziale, edificata e servita da rete completa di urbanizzazioni), né quelle del manufatto realizzato con materiali adeguati e di pregio e con linee architettoniche e caratteristiche edilizie congrue, e non configurabile alla stregua di altri manufatti ricadenti nella zona, per i quali è stato negato il condono, trattandosi di “baracche” o comunque di opere eseguite con materiali “improvvisati”.

3) Eccesso di potere per difetto di motivazione, disparità di trattamento e sproporzione tra fatto e sanzione, insistendosi nelle censure già dedotte sub 2) ed evidenziando che sarebbero state rilasciate concessioni edilizie, anche a sanatoria, per manufatti consimili, e lamentando l’omessa indicazione delle eventuali modifiche atte a consentire il conseguimento del parere favorevole e della sanatoria.

4) Violazione dell’art. 32 della legge n. 47/1985 in relazione all’art. 7 della legge n. 1497/1939, perché dovevano indicarsi le specifiche ragioni di disarmonia con il contesto paesistico e gli eventuali interventi che avrebbero potuto consentire un giudizio di compatibilità.

2.) Con sentenza n. 1429 del 22 marzo 2005, il T.A.R. per la Toscana ha rigettato il ricorso, in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

– il parere negativo, compendiato nell’osservazione che “i manufatti riguardano un punto di elevatissimo interesse ambientale e paesistico, nei confronti del quale costituiscono una presenza di degrado estetico per la natura e la forma dei manufatti e costituiscono altresì una presenza preoccupante per i rischi derivati all’ambiente da un incontrollato aumento del carico antropico” esprime una motivazione sintetica ma esauriente “…effettuata considerando le opere abusive in ragione di alcune loro caratteristiche accertate, traendone un giudizio di degrado estetico”, rispetto alla quale la ricorrente non ha fornito alcun elemento di segno contrario, tenuto conto che il manufatto insiste in località di diffuso abusivismo;

– è irrilevante l’allegata più o meno estesa urbanizzazione della zona “…poiché tale situazione di fatto non è di per sé idonea a legittimare interventi edilizi non rispettosi degli interessi sottesi ai vincoli imposti, ma anzi contribuisce ad aggravare, sotto il profilo quantitativo, il danno arrecato dalla costruzioni non rispettose delle finalità dei vincoli, rafforzando la conseguente necessità di provvedere alla loro tutela”;

– è carente di ogni prova, oltre che irrilevante, la deduzione relativa alla presenza di manufatti consimili assentiti anche in via di sanatoria;

– l’omessa allegazione dell’atto presupposto è irrilevante perché in ogni caso gli interessati se ne sono procurata copia e l’ha impugnato, e la comunicazione d’avvio non è necessaria in procedimenti a istanza di parte.

3.) Con appello notificato il 4 maggio 2006 e depositato il 26 maggio 2006, proposto dai soli acquirenti coniugi Sa., la sentenza è stata gravata, deducendo, in sintesi, senza rubricazione di motivi, le seguenti censure:

– la comunicazione d’avvio del procedimento di diniego di condono deve considerarsi dovuta in riferimento allo sviluppo temporale del procedimento, posto che dalla presentazione dell’istanza di sanatoria e sino al parere della commissione per la tutela dei beni ambientali sono trascorsi oltre tre anni e sino alla deliberazione di giunta e al provvedimento sindacale ben sei anni;

– la motivazione del diniego e dei suoi atti presupposti è generica e stereotipata per imprecisate caratteristiche di natura e forma;

– gli interessati aveva depositato produzione documentale illustrativa delle caratteristiche del manufatto, che comprova come esso, per linee e caratteristiche architettoniche, si integri nei canoni costruttivi delle altre opere edilizie presenti in zona;

– si censura l’omesso esame in ordine alle censure relative alla situazione urbanistico-edilizia della zona, e la contraddittorietà tra il parere negativo e le modeste dimensioni dell’immobile.

Con atto depositato in data 9 marzo 2015 si è costituito ulteriore difensore in aggiunta a quelli officiati con l’appello.

Con memoria depositata il 15 novembre 2016 gli appellanti hanno insistito per l’accoglimento del gravame, in specie rilevando la radicale diversità compositiva di altri manufatti per i quali era stato espresso parere negativo e l’assimilabilità ad altri che hanno successivamente conseguito il condono edilizio, secondo le indicazioni di relazione peritale e allegata documentazione depositata il 4 novembre 2016.

All’udienza pubblica del 15 dicembre 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

4.) L’appello in epigrafe è infondato e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.

4.1) In ordine alla prima censura, relativa all’omissione delle formalità partecipative, è sufficiente ricordare che il diniego di condono edilizio, in quanto provvedimento vincolato, non richiede alcuna comunicazione preventiva dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (cfr. tra le tante e più recenti Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2014, n. 4809 e 7 dicembre 2012, n. 6262, Sez. VI, 17 dicembre 2013, n. 6042).

4.2) Non ha maggior pregio la seconda censura, afferente al vizio funzionale di carente motivazione, poiché il parere negativo è motivato in modo esauriente con il richiamo al contrasto del manufatto con il contesto paesistico, essendo legittimo il suo recepimento nel diniego, che può basarsi anche sul mero rinvio per relationem al medesimo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV 21 ottobre 2014 n. 5173, vedi anche Sez. V, 6 settembre 2010 n. 6457).

4.3) Con riguardo al terzo ordine di censure, è assorbente il rilievo che non è documentato il rilascio di provvedimenti di sanatoria relativi a manufatti consimili, e in ogni caso essi non sarebbero conducenti ad alcuna affermazione d’illegittimità ex se, poiché, come osservato dalla giurisprudenza “l’illegittimità, per disparità di trattamento, del diniego del nulla osta previsto dall’art. 7, l. 29 giugno 1939 n. 1497, è configurabile solo in casi macroscopici e presuppone un’assoluta identità delle situazioni di fatto prese in considerazione” (così Cons. Stato, Sez. VI, 24 ottobre 2008 n. 5267).

4.4) In relazione alla quarta censura, il Collegio osserva che, a fronte del contrasto con il vincolo, è affatto irrilevante la situazione di più o meno diffusa urbanizzazione della zona o la presenza di altri manufatti, siano essi assentiti con titoli edilizi o di natura abusiva, in funzione della salvaguardia dei residui valori paesistici.

5.) In conclusione, l’appello deve essere rigettato, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

6.) Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio d’appello, in ragione della mancata costituzione del Comune di (omissis) appellato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), così provvede sull’appello in epigrafe n. r. 4587 del 2006:

1) rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per la Toscana, Sezione 3^, n. 1429 del 22 marzo 2005;

2) dichiara non luogo a provvedere sulle spese del giudizio d’appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi – Presidente

Raffaele Greco – Consigliere

Andrea Migliozzi – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore

Nicola D’Angelo –

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