Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 21 dicembre 2015, n. 5803

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5953 del 2015, proposto da:

El. Srl;

contro

Ministero della Difesa ed altri (…);

per la riforma;

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE II n. 00869/2015, resa tra le parti, concernente aggiudicazione definitiva dei lavori di adeguamento e rinnovamento dell’impianto elettrico di distribuzione secondaria c/o immobile denominato palazzo ex arsenale esercito.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Sa. Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2015 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Ug. ed altri (…);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con bando di gara pubblicato il 9 giugno 2014 il primo reparto Infrastrutture di Torino indiceva una gara di appalto, da aggiudicarsi col criterio del prezzo più basso, per l’affidamento dei lavori di adeguamento e rinnovamento dell’impianto elettrico di distribuzione secondaria presso l’immobile denominato Palazzo ex Arsenale Esercito sito in Torino. Il disciplinare di gara, tra le altre previsioni, prescriveva al punto 2, in relazione ai requisiti che i concorrenti dovevano dimostrare di possedere per la partecipazione alla gara, la presentazione delle dichiarazioni sostitutive dell’assenza di cause di esclusione di cui all’art.38 codice contratti.

La gara si svolgeva e all’esito della stessa veniva dichiarata aggiudicataria definitiva dell’appalto con determina del responsabile del procedimento n. 13/2014 dell’11 agosto 2014 la Sa. che aveva offerto un ribasso del 28 per cento.

La odierna appellante, El. srl, dopo aver esperito l’accesso agli atti, proponeva innanzi al Tar del Piemonte ricorso avverso gli atti di gara nonché avverso il provvedimento di aggiudicazione sopra menzionato, denunciando la illegittimità degli atti gravati sotto vari profili.

In particolare poi deduceva il vizio di violazione dell’art.38 lettera e) del dlgs n.163/2006 e della prescrizione del punto 2 del Disciplinare, in quanto la Sa., che pure aveva nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara preso in affitto il ramo di azienda della Ne. srl, aveva mancato di presentare le dichiarazioni relative all’amministratore unico e al responsabile tecnico di questa Società nonché del suo socio di maggioranza.

L’adito Tribunale in sede di giudizio cautelare con ordinanza n.439/2014 accoglieva la relativa istanza ritenendo, allo stato, fondato il ricorso, nondimeno faceva salvo “il potere- dovere dell’Amministrazione di consentire alla parte controinteressata Sa. di integrare la prova dei requisiti mancanti ai sensi dell’art.46 del d.lgs. n. 163/2006, attesa la mancata previsione esplicita di comminatoria di esclusione…”.

Successivamente e precisamente all’udienza pubblica del 14 gennaio 20125 il ricorso veniva introitato per la decisione e con sentenza n.190 /2015, pubblicata il 30/1/2015, il gravame stesso veniva accolto.

Intanto, nelle more della pubblicazione della suindicata sentenza l’Amministrazione militare, dando seguito a quanto in precedenza statuito dal Tar Piemonte con la citata ordinanza n. 439/2014, confermava, con determina n.1 del 19 gennaio 2015, dopo rinnovata istruttoria, l’aggiudicazione della gara in favore di Sa..

El., quindi, con altro ricorso e successivi motivi aggiunti gravava quest’ultima determina innanzi al Tar del Piemonte che con sentenza n. 869/2015 rigettava la proposta impugnativa.

Di qui l’appello avverso tale decisum, a sostegno del quale con un unico, articolato motivo sono state dedotte le censure di erronea interpretazione dei commi 1 e 1 bis dell’art.46 del codice contratti ed erronea affermazione della possibilità di dar corso nella fattispecie al c.d. potere di soccorso.

Gli assunti del Tar si pongono, ad avviso di parte appellante, in contrasto con i principi sanciti in subiecta materia da questo Consiglio di Stato in tema di inderogabilità dell’obbligo di rendere le dichiarazioni ex art. 38 attestanti l’assenza di condizioni ostativeanche in relazione alla impossibilità di attivare il c.d. soccorso istruttorio in presenza di dichiarazioni radicalmente mancanti.

Secondo parte appellante l’incompleta dichiarazione resa dalla Sa. ai sensi del citato art.38 avrebbe dovuto comportare la esclusione dalla gara della medesima, senza che fosse possibile attivare nei confronti della suindicata Società la procedura del c.d. soccorso istruttorio

Parte appellante ha altresì proposto istanza principale di risarcimento in forma specifica a mezzo di dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato e con riaggiudicazione dell’appalto e in via subordinata domanda di risarcimento per equivalente.

Si è costituito in giudizio l’intimato Ministero della Difesa.

Dal canto suo Sa. ha prodotto atto di controricorso con cui ha riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti già sollevate in prime cure e rilevato la infondatezza del gravame all’esame con riferimento sia al motivo di appello che alla formulata istanza risarcitoria.

Sempre in punto di fatto va pure precisato che questa Sezione con sentenza n. 4100/2015 pubblicata l’1 settembre 20125 ha respinto l’appello proposto da Sa. nei confronti della sentenza n. 190 che aveva definito favorevolmente il ricorso proposto da El. avverso la determina di aggiudicazione dell’appalto n.13/2014.

All’udienza pubblica del 10 novembre 2015 il ricorso in appello in epigrafe indicato è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e va, pertanto, accolto.

Il Tar con il decisum qui in contestazione avalla la legittimità dell’operato della stazione appaltante e aderisce in particolare ad una impostazione sostanzialistica della problematica relativa all’art.38 codice del dei contratti, nel senso di ritenere che l’inosservanza dell’obbligo dichiarativo può portare alla esclusione dalla gara solo se è prevista dal bando.

Nella specie, soggiunge sempre il primo giudice, il bando di gara non prevedeva in modo specifico che la dichiarazione fosse riferita anche all’amministratore di un’azienda acquisita né correlava l’incompletezza della dichiarazione alla sanzione espulsiva, sicchè,secondo il TAR, non doveva essere disposta l’esclusione della Sa..

Le argomentazioni e conclusioni del Tribunale amministrativo piemontese non sono condivisibili.

E’ pacifico in punto di fatto che Sa. nel partecipare alla gara non ha inserito nella propria offerta le dichiarazioni ex art.38 citato relative anche all’amministratore unico della Ne. e al Direttore tecnico della stessa, pur avendo dalla stessa Società preso il fitto d’azienda, intervenuto, in particolare, tre mesi prima della pubblicazione del bando di gara.

In relazione a tale indiscussa circostanza l’indagine giuridica da condursi da parte del Collegio non può non interessare i seguenti punti e cioè:

se con riferimento alle prescrizioni normative (art. 38 dlgs n. 163/2006) e di quelle recate dalla lex specialis di gara la Sa. avrebbe dovuto o meno rendere la dichiarazione ex art. 38 più volte citato relativamente alla società dalla quale aveva affittato l’azienda;

se la manchevolezza in cui è incorsa Sa., una volta accertato l’obbligo a rendere la dichiarazione nei sensi di cui sopra, costituiva causa giustificativa di esclusione dalla gara oppure siffatta “irregolarità” era sanabile con l’attivazione, come poi di fatto avvenuto, del c.d. soccorso istruttorio.

Ora, avuto riguardo alla questione sub a) questa Sezione non può non richiamare il principio giurisprudenziale costantemente affermato (Cons. Stato Sez. 5/11/2014 n. 5470) e di recente ribadito da questa Sezione proprio in occasione della definizione del parallelo giudizio instaurato per controversia all’esame (sentenza n. 4100 dell’1/9/2015) secondo il quale: “ai fini della partecipazione alle gare di appalto la fattispecie dell’affitto di azienda rientra tra quelle che soggiacciono all’obbligo di rendere dichiarazioni di cui all’art. 38 comma 1 lettera c del d.lgs. n.16372006 riguardante anche gli amministratori e direttori tecnici dell’impresa cedente nel caso in cui sia intervenuta un’operazione di cessione di azienda in favore del concorrente nell’anno anteriore alla pubblicazione del bando”.

Sul punto poi è utile altresì rammentare quanto sancito dall’Adunanza Plenaria con le pronunce n. 10 e 21 del 2012, secondo cui l’obbligo dichiarativo ex art. 38 scaturisce direttamente dalla legge.

Da tale assunto “maggiore” deriva anche la soluzione della questione sub b), nel senso che, a fronte della obbligatorietà ex lege della dichiarazione relativa alla posizione della impresa cedente, l’inosservanza di un tale onere documentale comporta la esclusione dalla gara del soggetto concorrente, ancorchè la misura espulsiva non sia stata espressamente contemplata dalla lex specialis di gara.

Neppure appare configurabile l’esperimento del c.d soccorso istruttorio di cui all’art. 46 dlgs n. 163/2006 ai fini di ottenere una sorta di sanatoria della inadempienza documentale di che trattasi.

Invero, come chiarito di recente dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 9 del 24/2/2014, in presenza di un obbligo dichiarativo ex lege non può trovare spazio la regolarizzazione disposta dalla stazione appaltante, non essendo consentita la produzione tardiva della dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa.

Insomma questo Consesso ha avuto modo più volte di sconfessare la c.d. teoria del falso innocuo o sostanzialistica ponendo l’accento sulla necessità degli obblighi dichiarativi e sul valore della completezza delle dichiarazioni in sede di offerta, corollario di principi di matrice comunitaria come quelli della trasparenza, par condicio tra i partecipanti e proporzionalità (cfr Cons. Stato n. 21/12 già citata; idem Sez. III 6/2/2014 n.583).

Conclusivamente la carenza di dichiarazione fatta registrare dalla controinteressata Società Sa. costituisce violazione di un obbligo prescritto dalla legislazione che regge a monte la gara di che trattasi; e l’inverarsi di tale omissiva circostanza, come fondatamente eccepito dalla parte appellante, avrebbe dovuto produrre l’adozione della misura sanzionatoria di esclusione dalla procedura concorsuale a carico dell’attuale appellata.

L’Amministrazione appaltante a seguito di una non consentita integrazione documentale ha confermato l’aggiudicazione della gara con la determina n. 1 del 19 gennaio 2015 dell’appalto de quo in favore di Sa. e non v’è dubbio che un tale provvedimento, per quanto sopra esposto, si appalesa illegittimo e va perciò annullato.

Per completezza della trattazione della causa va esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata ex adverso dalla difesa della Sa..

Secondo l’attuale appellata, El. si è limitata ad impugnare il provvedimento di conferma dell’aggiudicazione senza gravare gli atti della procedura ed in particolare il verbale della seduta del 1/7/2014 in cui la Sa. è stata ammessa alla procedura di gara.

L’eccezione è infondata.

In primo luogo deve rilevarsi come l’attuale appellante ha conseguito favorevolmente la definizione dell’originaria impugnazione della determina n. 13/2014 di aggiudicazione della gara e tale decisum (sentenza n.190/2015) è stata confermata in appello dal Consiglio di Stato con sentenza 4100/2015 con conseguente formazione del giudicato.

In ogni caso alcun onere di specifica impugnazione del verbale di ammissione alla gara di Sa. può ravvisarsi in capo ad El., trattandosi di atto endoprocedimentale e nemmeno lesivo delle proprie posizioni, avuto riguardo al fatto che allo stato l’esito della gara era ancora del tutto incerto, sicchè anche sotto un profilo pratico non v’era da impugnare (all’epoca) alcunché.

L’appello va accolto anche in relazione alla domanda risarcitoria.

Invero dal comportamento contra legem tenuto dalla stazione appaltante deriva un danno alla posizione dalla concorrente, appunto per mancata aggiudicazione, che può trovare ristoro in forma specifica, con la riasssegnazione dell’aggiudicazione in favore dell’appellante Società e subentro nel contratto illegittimamente stipulato.

In ipotesi poi di sostanziale non praticabilità del subentro nel rapporto contrattuale, stante il tempo trascorso e lo stato di avanzamento dei lavori nel frattempo eseguiti, dovrà essere riconosciuto alla Società appellante il risarcimento per equivalente.

In particolare venendo alla quantificazione del risarcimento, trattandosi di danno da mancata aggiudicazione dell’appalto esso va commisurato alle utilità economiche che El. ha perduto a causa della mancata esecuzione del contratto (Cons Stato Sez. VI 5/5/2015 n. 4283).

Spetta quindi alla suindicata Società:

l’utile effettivo che El. avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria quale risultante dall’offerta economica presentata in sede di gara (Cons. Stato n. 4283/2015 citata);

il danno c.d. curriculare dovuto alla perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale (Cons. Stato Sez. VI 9/6/2008 n. 1751), da liquidarsi in via equitativa in una somma pari al 5 per cento sull’importo del’appalto.

Spettano,ancora all’appellante gli interessi legali sulle predette somme progressivamente e via via rivalutate, dalla data di stipula sino alla liquidazione del danno, in funzione compensativa della mancata disponibilità del denaro a titolo di risarcimento danno.

Per le suesposte considerazioni l’appello, in quanto fondato va accolto in relazione sia agli aspetti impugnatori che risarcitori, con integrale riforma dell’impugnata sentenza.

Le spese e competenze di causa seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta –

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado proposto da El. s.r.l. nei sensi e per gli effetti d cui in motivazione.

Condanna il Ministero della Difesa e la Sa. s.r.l., in solido tra loro, al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio in favore di parte appellante che si liquidano complessivamente in euro 6.000,00 (seimila/00) oltre IVA e CPA, di cui la metà a carico dell’amministrazione statale e l’altra metà a carico della Società appellata

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico – Presidente

Raffaele Potenza – Consigliere

Andrea Migliozzi – Consigliere, Estensore

Alessandro Maggio – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere

Depositata in Segreteria il 21 dicembre 2015.

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