Il legame tra i soci e il precedente amministratore, moglie del ricorrente, non basta – in assenza di rilievi sul ruolo di amministratore di fatto svolto dallo stesso prima dell’assunzione della carica a fondare un’affermazione di responsabilità per la tenuta delle scritture contabili

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 3 settembre 2018, n. 39484.

La massima estrapolata:

Il legame tra i soci e il precedente amministratore, moglie del ricorrente, non basta – in assenza di rilievi sul ruolo di amministratore di fatto svolto dallo stesso prima dell’assunzione della carica a fondare un’affermazione di responsabilità per la tenuta delle scritture contabili.

Sentenza 3 settembre 2018, n. 39484

Data udienza 6 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere

Dott. SCOTTI Umberto L. C. – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – rel. Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/09/2017 della CORTE APPELLO di CAGLIARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO;
Udito in pubblica udienza il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Dott.ssa. A. Picardi, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 14/09/2017, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza del 07/10/2015, con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile, in relazione a (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il (OMISSIS), dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per aver distratto beni della societa’ del valore di circa 82 mila Euro e la somma di 9.600 Euro risultante dalla vendita di un veicolo Isuzu), bancarotta fraudolenta documentale (per avere tenuto le scritture contabili in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della societa’, consegnando al curatore parte della documentazione relativa agli anni 2005 e 2006 e omettendo di consegnare tutta la documentazione contabile dal 2007 al fallimento), bancarotta semplice (per aver aggravato il dissesto astenendosi dal richiedere il fallimento della societa’ in dissesto dal 2006) e, esclusa la circostanza aggravante del danno di particolare gravita’, applicate le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva e alla circostanza aggravante della pluralita’ dei fatti di bancarotta, lo aveva condannato alla pena di giustizia.
2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Cagliari ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), attraverso il difensore avv. (OMISSIS), denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, – vizi di motivazione, inosservanza dell’articolo 192 c.p.p., mancata assunzione di una prova decisiva, inosservanza della legge penale e della legge processuale.
2.1. Erroneamente non e’ stata accolta la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per procedere all’esame del teste Roscini, la cui decisivita’ risultava dall’atto di appello che aveva richiamato le dichiarazioni di (OMISSIS) secondo cui il veicolo era stato retrocesso alla (OMISSIS), rimasta nel possesso materiale del bene, laddove la Corte di appello stigmatizza la condotta dell’imputato in ordine alla vendita dell’autoveicolo Isuzu con motivazione basata su mere ipotesi e non su riscontri oggettivi, nonostante la produzione documentale della difesa relativa ai passaggi di proprieta’ del veicolo. Sempre con riferimento alla distrazione del veicolo Isuzu, la Corte di appello afferma che la mancata documentazione del pagamento di circa 24 mila Euro per l’acquisto del veicolo non dimostra che non vi fu un passaggio di denaro, ma tali rilievi si fondano su mere ipotesi non documentate, mentre del tutto apodittico e’ il riferimento alla circostanza che se la societa’ non avesse pagato il veicolo si porrebbe il problema della distrazione dei contributi erogati dallo Stato, posto che detta erogazione risale principalmente ad epoca in cui l’imputato non era amministratore, tanto piu’ che la sentenza impugnata nulla dice in ordine alla denunciata incompletezza della documentazione relativa all’estratto conto del (OMISSIS) prodotta dal curatore.
2.2. Quanto alla bancarotta documentale, la sentenza impugnata e’ carente di logica motivazione sull’effettiva consapevolezza in capo a (OMISSIS) dello stato delle scritture contabili, posto che le stesse furono consegnate al curatore dalla consulente del lavoro (OMISSIS) e dalla dott.ssa (OMISSIS), che nel novembre del 2007 aveva rinunciato all’incarico per il venir meno dei contatti con il precedente amministratore (OMISSIS), epoca dalla quale le scritture rimasero presso le due professioniste essendo cessata l’attivita’ della societa’. Anche con riferimento alla cessione del veicolo Isuzu (il cui corrispettivo non e’ stato incassato da (OMISSIS) perche’ mai corrisposto da (OMISSIS)), erroneamente la Corte di appello rileva che la mancata tenuta della contabilita’ era stata funzionale alla dissimulazione delle operazioni distrattive, in quanto la contabilita’ era stata tenuta fino alla cessazione di fatto della societa’ e conservata dalle due professioniste indicate, laddove nel disinteressamento circa le sorti della societa’ da parte di (OMISSIS) puo’ ravvisarsi solo la colpa e non il dolo.
2.3. Quanto alla contestata distrazione dei beni della societa’, la sentenza impugnata non ha esaminato il motivo di appello che evidenziava come il curatore fosse a conoscenza dell’ubicazione della sede secondaria della societa’ a Roma ove svolgere accertamenti anche nel caso di eventuale mancata ricezione della mail inviata da (OMISSIS), mentre e’ affetta da travisamento l’affermazione secondo cui la societa’ operava effettivamente nell’unita’ locale di (OMISSIS); neppure e’ stato esaminato il motivo che deduce come i beni si trovavassero nella sede secondaria alla quale il curatore avrebbe potuto e dovuto accedere.
2.4. Erroneamente la Corte di appello ha ritenuto inammissibile il motivo relativo alla mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto, nei termini di seguito indicati.
2. Con riguardo alla bancarotta fraudolenta per distrazione del veicolo Isuzu, le censure sono fondate. Come si desume dalla stessa sintesi delle doglianze proposte con il gravame offerta dalla sentenza impugnata, l’appellante aveva sostenuto che: l’auto – mai pagata e mai ritirata dal concessionario – era stata “retrocessa” al venditore mediante l’emissione di una fattura da parte della societa’ poi fallita dell’importo di 9 mila Euro corrispondente all’entita’ della svalutazione subita dal veicolo; il curatore non aveva indicato in modo completo l’estratto conto del (OMISSIS), nel quale, dalle due pagine successive alla prima, si sarebbe potuto rilevare che nessun pagamento dell’importo di 24.348 Euro era stato effettuato in favore della (OMISSIS), anche perche’ l’ultima tranche del finanziamento pubblico – pari a piu’ di 14 mila Euro – era stata trattenuta dalla banca a parziale compensazione del saldo negativo; dall’estratto cronologico dei proprietari del veicolo risulta che (OMISSIS) aveva venduto il bene a (OMISSIS) e nessuna verifica era stata effettuata dal curatore per accertare da chi questi avesse effettuato l’acquisto.
La Corte distrettuale ha ritenuto infondato il motivo sostenendo che la mancata documentazione, nelle scritture sociali, del pagamento dei 24.348 Euro non dimostra che non vi fu passaggio di denaro verso la concessionaria, anche per l’inattendibilita’ della contabilita’ della societa’, ove non vi era alcuna traccia della successiva vendita e del relativo prezzo, e che se la societa’ non aveva pagato l’auto (come sostenuto dall’imputato) si poneva il problema della distrazione dei contributi statali ricevuti; ha rilevato inoltre il giudice di appello che la mancata insinuazione al passivo di (OMISSIS) e’ compatibile con l’integrale pagamento del prezzo e che la restituzione del veicolo a (OMISSIS) era una vendita intermedia fatturata per la cessione a terzi, tanto piu’ che un valore residuo di cessione di 9 mila Euro di un bene che un anno prima ne valeva 24 mila e’ indicativo del carattere distrattivo dell’operazione.
Nei termini sintetizzati, la sentenza impugnata non e’ esente dai vizi motivazionali denunciati. Nessuna risposta e’ stata data alla censura relativa al “trattenimento” di una parte significativa del contributo statale da parte della banca a titolo di (parziale) compensazione del saldo negativo della societa’. Si tratta di una censura potenzialmente idonea ad inficiare il collegamento tra il finanziamento statale e l’acquisto (e il pagamento) dell’auto, collegamento, peraltro, sviluppato dalla Corte anche sul piano – alternativo – della eventuale distrazione dell’importo del finanziamento: rilievo, questo, estraneo alla contestazione e, comunque, all’evidenza implicato dalla censura non esaminata. Con riguardo poi all’argomentazione relativa al pagamento della somma di 24.348 Euro, la motivazione della sentenza impugnata rende ragione solo di una possibile eventualita’ (il pagamento pur non registrato dalla contabilita’ della societa’, peraltro con un finanziamento erogato alla stessa societa’), ma, disancorata dal compiuto esame delle doglianze proposte dal gravame, conferma il vizio motivazionale rilevato. Di conseguenza, in parte qua, la sentenza deve essere annullata, restando assorbite le censure relative all’omessa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
3. Anche in relazione al capo relativo alla bancarotta per distrazione dei beni della societa’, la sentenza impugnata non e’ esente dai vizi motivazionali denunciati. Alla tesi dell’appellante, volta ad affermare l’esistenza dei beni presso la sede secondaria della societa’ a Roma (documentata con foto mandate via mail al curatore), la Corte di appello, rifacendosi alla sentenza di primo grado, ha replicato, da un lato, richiamando le dichiarazioni della commercialista dott.ssa (OMISSIS) (che ha riferito di non aver ricevuto la mail e che comunque le foto non dimostravano con certezza che si trattasse dei beni della fallita) e, dall’altro, rilevando che (OMISSIS) non aveva spiegato come e perche’ i beni, in gran parte acquistati con finanziamenti pubblici, non si fossero trovati nella sede di (OMISSIS), ne’ nell’unita’ locale di (OMISSIS) ove la societa’ operava, ma in una sorta di discarica nella periferia romana. Al riguardo, deve rilevarsi che la sentenza di appello non ha preso in considerazione la deduzione difensiva circa l’invio di una mail con l’indicazione della sede secondaria ove si trovavano i beni alla curatrice (e non alla commercialista), sede risultante dalla visura camerale estratta dal fascicolo fallimentare, cosi’ sottraendosi all’esame del punto effettivamente devoluto al giudice di appello; ne’ in senso contrario puo’ argomentarsi sulla base della provvista (i finanziamenti pubblici erogati alla societa’) con la quale sarebbero stati acquistati i beni, posto che il dato, nei termini in cui e’ stato valorizzato, non dimostra il mancato utilizzo degli stessi presso una sede secondaria della fallita. Le carenze motivazionali della sentenza impugnata neppure possono dirsi superate dal riferimento alle pronunce di questa Corte richiamate dal giudice di appello, posto che, secondo la tesi difensiva non congruamente disattesa dalla Corte di appello di Cagliari, l’imputato ha indicato al curatore che i beni si trovavano presso la sede di Roma: e che tale sede sia una “discarica” e’ affermazione del tutto apodittica dei giudici di merito, tanto piu’ che risulta in toto omesso l’esame delle specifiche deduzioni dell’appellante in ordine all’organizzazione e alla ripartizione del lavoro (anche tra sedi sarde e sede romana) della societa’, deduzioni articolate sulla base dell’esame dell’imputato. Pertanto, anche con riferimento all’imputazione in esame la sentenza di appello deve essere annullata.
4. Con riguardo all’imputazione di bancarotta documentale, l’appello aveva sostenuto che l’impossibilita’ di ricostruire il volume degli affari della fallita era imputabile ai precedente amministratore, resosi irreperibile, e che la situazione contabile e patrimoniale era cristallizzata al 2007, poiche’ da tale data la societa’ aveva di fatto cessato di operare. Sul punto, la sentenza impugnata rileva che (OMISSIS) era stato socio di una societa’ a ristrettissima base sociale (i soci erano lo stesso imputato, la moglie e la figlia) e ne era divenuto amministratore dal 01/11/2007: pertanto, era perfettamente a conoscenza delle vicende societarie e dei beni aziendali (avendo, tra l’altro, partecipato all’assemblea del 30/06/2007 dove si era rilevata la riduzione del capitale sotto i minimi del capitale sociale); inoltre, (OMISSIS) aveva posto in essere l’operazione di vendita dei veicolo Isuzu nel settembre del 2008, sicche’ la mancata tenuta della contabilita’, in tale contesto, aveva impedito la ricostruzione del patrimonio sociale ed era stata funzionale alla dissimulazione delle operazioni distrattive degli altri beni aziendali contestate all’imputato.
Anche con riguardo all’imputazione in esame, sussistono i vizi motivazionali denunciati: la Corte di appello non confuta espressamente il rilievo difensivo relativo alla cessazione dell’attivita’ della fallita, ma ritiene di poterne neutralizzare la valenza critica delle conclusioni cui era giunto il giudice di primo grado richiamando la peculiare composizione della compagine sociale, circoscritta al nucleo familiare dell’imputato, e la conoscenza da parte sua delle vicende negative – della societa’ (assemblea del 30/06/2007). Nessuno dei due argomenti, tuttavia, e’ idoneo a dar conto in termini immuni da vizi logico-argomentativi della conferma del giudizio di condanna di primo grado: quanto alla compagine sociale, il legame tra i soci e il precedente amministratore, moglie di (OMISSIS), non e’ idoneo, in assenza di alcun rilievo sul ruolo di amministratore di fatto svolto dallo stesso prima dell’assunzione della carica (ruolo neppure contestato), a fondare un’affermazione di responsabilita’ per la tenuta delle scritture contabili in epoca anteriore al novembre del 2007; rilievo, questo, estensibile anche alla conoscenza delle vicende della societa’. La Corte di appello, allora, pur non confutando espressamente la tesi difensiva circa la cessazione dell’attivita’ della societa’ nel 2007, ne proietta l’attivita’ – e, con essa, la responsabilita’ di (OMISSIS) quale amministratore successivamente al novembre del 2007 – correlandola ai fatti di bancarotta per distrazione esaminati: l’annullamento della sentenza impugnata con riguardo a tali imputazioni, tuttavia, si riflette all’evidenza sulla tenuta della motivazione anche con riguardo all’imputazione di bancarotta documentale. Anche in parte qua la sentenza impugnata deve dunque essere annullata.
5. Pertanto, con esclusione dell’imputazione di bancarotta semplice (in relazione alla quale non e’ stato proposto ricorso) e assorbite le censure relative alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale e quelle relative al trattamento sanzionatorio (quest’ultimo da valutare in sede di rinvio sulla base delle determinazioni relative alle imputazioni in relazione alle quali la sentenza impugnata e’ stata annullata), la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle imputazioni di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *