Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 20 giugno 2018, n. 28430.
La massima estrapolata:
Integra il delitto di cui all’articolo 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilita’ della contraffazione grossolana, considerato che l’articolo 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non gia’ la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanita’ della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilita’ che gli acquirenti siano tratti in inganno.
Sentenza 20 giugno 2018, n. 28430
Data udienza 17 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI G. – Presidente
Dott. DI PAOLA Sergi – Consigliere
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere
Dott. PELLEGRINO Andre – Consigliere
Dott. PARDO Ignaz – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30/11/2016 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. IGNAZIO PARDO:
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PINELLI MARIO MARIA STEFANO che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.1 La CORTE APPELLO di MESSINA, con sentenza in data 30/11/2016, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal tribunale monocratico di Messina, in data 30-112016, nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai reati di cui agli articoli 474 e 648 c.p.concedendo al predetto il beneficio della non menzione della condanna.
1.2 Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilita’ ex articolo 474 c.p. ed intervenuta prescrizione di tale reato prima della sentenza di appello;
– vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione della attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4 ed alla omessa applicazione della pena sostitutiva.
2.1 Il ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente non fondato.
I rilievi difensivi circa la riferibilita’ all’imputato della condotta delittuosa e la grossolanita’ dei marchi contraffatti sono del tutto generici perche’ ripropongono argomenti prospettati nell’atto di appello, ai quali la Corte territoriale ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera ne specificatamente censura.
La Corte di appello si e’ correttamente conformata – quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati – al consolidato orientamento di questa Corte di legittimita’ (da ultimo, Sez. 5, n. 5260 dell’11/12/2013 – 03/02/2014, Rv. 258722), per la quale integra il delitto di cui all’articolo 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilita’ della contraffazione grossolana, considerato che l’articolo 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non gia’ la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanita’ della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilita’ che gli acquirenti siano tratti in inganno.
Quanto alla deduzione di intervenuta prescrizione prima della pronuncia di secondo grado, vale il principio secondo cui la recidiva contestata e accertata nei confronti dell’imputato e solo implicitamente riconosciuta dal giudice di merito che, pur non ritenendo di aumentare la pena a tale titolo, abbia specificamente valorizzato, per negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, i precedenti penali dell’imputato, rileva ai fini del calcolo del tempo necessario ai fini della prescrizione del reato (Sez. 5, Sentenza n. 34137 del 11/05/2017, Rv. 270678).
E pertanto, nel caso di specie, avuto riguardo alla contestazione della recidiva specifica ed alla valutazione operata dal giudice di primo grado per negare le attenuanti generiche, deve ritenersi implicitamente riconosciuta la circostanza di cui all’articolo 99 c.p., comma 2, n. 1, che determina l’aumento del termine di prescrizione ad anni 9 e l’impossibilita’ di ritenere maturata la causa estintiva entro la data di emissione della sentenza di appello avuto riguardo a quella di consumazione dei fatti ((OMISSIS)).
2.2 Quanto alle ulteriori doglianze il ricorso e’ manifestamente infondato.
L’attenuante dell’aver cagionato alla persona offesa del reato un danno patrimoniale di speciale tenuita’, prevista dall’articolo 62 c.p., n. 4, e’ infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, n. 13330 del 26/04/1989, Beggio, Rv. 182221; Sez. 2, n. 32832 del 09/05/2007, Ferrari; Sez. 7, n. 19744 del 26/01/2016, Sabani, Rv. 266673), compatibile con l’ipotesi attenuata di ricettazione prevista dall’articolo 648 c.p., comma 2, solo se la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuita’ del fatto che caratterizza l’ipotesi attenuata di ricettazione, perche’ ove il danno patrimoniale sia stato tenuto presente in tale giudizio l’attenuante prevista dall’articolo 62, n. 4 e’ assorbita nell’ipotesi attenuata di cui all’articolo 648 c.p., comma 2; e poiche’ il giudice di primo grado con valutazione confermata in appello ha ritenuto l’attenuante speciale in forza della scarsa entita’ del fatto non poteva anche concedersi l’attenuante comune di cui all’articolo 62 c.p., n. 4.
In relazione alla conversione della pena questa corte ha affermato che in tema di sostituzione di pene detentive brevi con sanzioni pecuniarie, pur potendo beneficiare della sostituzione in pena pecuniaria colui che si trovi in disagiate condizioni economiche, il giudice puo’ respingerne la richiesta nel caso in cui, sulla base di elementi di fatto, sia possibile esprimere un giudizio sulla solvibilita’ del reo con prognosi negativa in ordine alla capacita’ di adempiere (Sez. 3, n. 39495 del 19/09/2008, Rv. 241323). Pertanto immune da censure si profila la valutazione operata sul punto dalla corte di Messina.
Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Leave a Reply