Il delitto di cui all’articolo 624-bis c.p., ha natura di reato complesso, siccome previsto dall’articolo 84 c.p., essendo composto dall’unione di furto e violazione di domicilio

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 2 maggio 2018, n. 18669

La massima estrapolata

L’articolo 624-bis c.p., pur avendo ampliato l’area della punibilita’ in riferimento al luogo di commissione del reato, per nulla ha innovato rispetto al requisito del nesso finalistico fra l’ingresso nel luogo di privata dimora e l’impossessamento della cosa mobile altrui: nesso gia’ valorizzato nell’analisi ermeneutica della norma previgente di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 1. Invero, la dizione “mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora”, propria del testo di cui all’articolo 624-bis c.p., comma 1, esprime una strumentalita’ dell’introduzione nell’edificio o nell’abitazione altrui quale mezzo di commissione del reato, non diversamente da come era previsto per l’aggravante contemplata dall’articolo 625 c.p., comma 1, n. 1.
A cio’ deve aggiungersi, come sottolineato da cospicua dottrina, che con la conseguenza che, allorquando taluno si introduca in un edificio o in un luogo di privata dimora per la commissione di un furto, vale il principio dell’assorbimento del reato della violazione di domicilio in quello di furto in abitazione, non essendo ipotizzabile un concorso di tali reati.

Sentenza 2 maggio 2018, n. 18669

Data udienza 21 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. FUMU Giacomo – Presidente

Dott. BRUNO Mariarosar – Rel. Consigliere

 

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/01/2017 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Bruno Mariarosaria;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Fimiani Pasquale che ha concluso per l’annullamento con rinvio e trasmissione atti;
per la parte civile e’ presente con nomina depositata in aula l’avv. (OMISSIS) del foro di Varese il quale conclude per il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese;
e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di Sondrio in difesa di (OMISSIS) il quale chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 16 gennaio 2017, la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Sondrio di condanna di (OMISSIS) alla pena di anni 2, mesi 6 di reclusione ed Euro 600,00 di multa per i reati di cui agli articoli 614, 624-bis e 392 c.p..
L’imputato era altresi’ condannato al risarcimento del danno nei confronti della persona offesa costituita parte civile, (OMISSIS), con riconoscimento in suo favore di una provvisionale di Euro 10.000,00.
Era contestato all’imputato di essersi impossessato di diversi beni esistenti nell’abitazione della persona offesa, vicino di casa del ricorrente e di avere cambiato la serratura dello stabile abitato dal (OMISSIS) al fine di esercitare un preteso diritto.
2. Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo di difensore, deducendo, in sintesi, giusta il disposto di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, i seguenti motivi di ricorso.
Primo motivo: vizio di motivazione, per contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento alla sussistenza del reato di furto in abitazione e violazione di domicilio. Ripercorrendo la vicenda processuale oggetto del presente giudizio, la difesa sosteneva che la Corte territoriale aveva erroneamente interpretato taluni elementi probatori emersi nel corso della istruzione dibattimentale, quali: la presenza di segni di effrazione all’esterno dell’immobile della persona offesa; la natura dei rumori avvertiti la sera del furto; la presenza delle luci nell’appartamento della persona offesa all’atto della perpetrazione del furto.
Secondo motivo: contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in punto di sussistenza del reato di violazione di domicilio aggravata dalla violenza sulle cose ai sensi dell’articolo 614 c.p., comma 4.
Rammentava il difensore che, in base al dettato normativo, la violenza deve costituire il mezzo attraverso il quale viene realizzata la violazione di domicilio. Tuttavia, tale violenza e’ stata esplicitamente esclusa dal Tribunale. Pertanto, vi sarebbe un evidente discrasia logica nel ragionamento seguito dai giudici di merito.
Terzo motivo: contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in punto di sussistenza del furto in abitazione, sia sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato, sia sotto il profilo dell’elemento materiale del reato.
Quarto motivo: contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione; violazione di legge con riferimento alla possibilita’ di ravvisare nei fatti sia il reato di furto in abitazione, sia il reato di violazione di domicilio. Sul punto, la difesa osservava che il reato di furto in abitazione costituisce una fattispecie complessa che contiene in se’ gli elementi costitutivi del reato di violazione di domicilio.
Quinto motivo: contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione con riferimento all’articolo 635 c.p.. La difesa lamentava che la motivazione della sentenza era tutta incentrata sull’analisi del reato di danneggiamento, reato depenalizzato.
Sesto motivo: violazione di legge con riferimento all’articolo 124 c.p., comma 1 e articolo 392 c.p.. La difesa deduceva nell’ultimo motivo di ricorso, la intempestivita’ della querela con riferimento al delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Fondato e’ il quarto motivo di ricorso, attinente alla impossibilita’ di configurare la contestuale ricorrenza del delitto di furto in abitazione e di violazione di domicilio.
2. Si e’ precipuamente osservato nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, n. 21293 del 01/04/2014, Licordari, Rv. 26022501; Sez. 5, n. 14868 del 15/12/2009, Franquillo, Rv. 246886) che l’articolo 624-bis c.p., pur avendo ampliato l’area della punibilita’ in riferimento al luogo di commissione del reato, per nulla ha innovato rispetto al requisito del nesso finalistico fra l’ingresso nel luogo di privata dimora e l’impossessamento della cosa mobile altrui: nesso gia’ valorizzato nell’analisi ermeneutica della norma previgente di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 1 (Sez. 2, n. 2347 del 21/12/2004, Albe, Rv. 230695; Sez. 2, n. 8926 del 11/02/1988, Lo Faso, Rv. 179088). Invero, la dizione “mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora”, propria del testo di cui all’articolo 624-bis c.p., comma 1, esprime una strumentalita’ dell’introduzione nell’edificio o nell’abitazione altrui quale mezzo di commissione del reato, non diversamente da come era previsto per l’aggravante contemplata dall’articolo 625 c.p., comma 1, n. 1.
A cio’ deve aggiungersi, come sottolineato da cospicua dottrina, che il delitto di cui all’articolo 624-bis c.p., ha natura di reato complesso, siccome previsto dall’articolo 84 c.p., essendo composto dall’unione di furto e violazione di domicilio con la conseguenza che, allorquando taluno si introduca in un edificio o in un luogo di privata dimora per la commissione di un furto, vale il principio dell’assorbimento del reato della violazione di domicilio in quello di furto in abitazione, non essendo ipotizzabile un concorso di tali reati.
Tale impostazione, attualmente sostenuta da ampia parte della dottrina, risponde a criteri da lungo tempo affermati nella giurisprudenza di legittimita’, tradizionalmente orientata, anche prima della introduzione del delitto di cui all’articolo 624-bis c.p., ad escludere il concorso del reato di furto aggravato dalla introduzione nell’altrui abitazione con il reato di violazione di domicilio. Si e’ invero affermato, gia’ in epoca risalente, che il reato di violazione di domicilio resta assorbito nel reato di cui all’articolo 624 c.p., e articolo 625 c.p., n. 1 quando l’agente si introduca o si trattenga nell’altrui abitazione al fine esclusivo di commettere un furto (cosi’, Sez. 2, n. 653 del 17/03/1969, Cappellini, Rv. 111682. Nella massima si e’ precisato che il concorso di entrambi i reati e’ da ravvisarsi nel caso in cui l’agente si introduca nell’altrui abitazione, contro la espressa volonta’ di chi aveva il diritto di escluderlo, per fini diversi dal furto – nella specie, per congiungersi carnalmente con una donna trattenendosi poi in essa allo scopo di sottrarre cose dall’abitazione).
Venendo al caso in esame, risulta in modo evidente dalla emergenze processuali che il soggetto agente si e’ introdotto nell’abitazione della persona offesa allo scopo di sottrarre gli oggetti ivi esistenti, analiticamente indicati nel capo di imputazione. Pertanto, la violazione di domicilio, quale condotta ineludibile, strumentalmente necessaria per la realizzazione del furto, perdendo la sua individualita’, dovra’ ritenersi assorbita nel reato di furto in abitazione, con conseguente necessita’ di una rivisitazione del trattamento sanzionatorio.
3. Gli ulteriori motivi di doglianza risultano tutti infondati. Il secondo motivo di ricorso, riguardante la lamentata insussistenza del reato di violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose, attiene a questioni superate dal ritenuto assorbimento del delitto di violazione di domicilio in quello di furto in abitazione.
Il primo ed il terzo motivo di ricorso, riguardanti gli asseriti vizi motivazionali della sentenza in ordine alla sussistenza del delitto di furto ed alla sua riferibilita’ alla persona del ricorrente, risultano privi di pregio.
Nella sostanza, si propongono mere eccezioni in fatto, la cui valutazione e’ preclusa alla Corte di legittimita’, fornendosi argomentazioni che ripropongono una diversa ricostruzione della vicenda che non puo’ formare oggetto di considerazione in questa sede. Sul punto, e’ sufficiente rilevare come la Corte territoriale, in uno con il giudice di primo grado, abbia fornito adeguata e congrua risposta in ordine alla sussistenza del reato di furto ed alla sua riferibilita’ all’imputato, svolgendo considerazioni del tutto logiche sul piano del ragionamento e conformi ai principi di diritto.
Il quinto motivo di ricorso richiama l’attenzione della Corte su difetti motivazionali che non trovano riscontro nella lettura degli atti.
Parimenti infondato e’ il motivo di doglianza che riguarda la intempestivita’ della querela sporta dalla persona offesa per il reato di cui all’articolo 392 c.p..
Benche’ il ricorrente, per mezzo del suo difensore, abbia eccepito la tardivita’ della querela, non ha offerto elementi valevoli per una precisa individuazione della data in cui la persona offesa ha avuto piena cognizione della realizzazione del reato ai suoi danni. Deve all’uopo rammentarsi che, per consolidato orientamento della Corte di legittimita’, il termine di 90 giorni stabilito ex lege per la proposizione della querela, decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, conoscenza che puo’ essere acquisita in modo completo soltanto se e quando il soggetto passivo abbia contezza dell’autore e possa, quindi, liberamente determinarsi (cosi’ Sez. 5, n. 33466 del 09/07/2008, Rv. 241395). A cio’ deve aggiungersi che, qualora venga eccepita la tardivita’ della querela, la prova del difetto di tempestivita’ deve essere fornita da chi la deduce e, comunque, un’eventuale situazione di incertezza deve essere ritenuta in favore del querelante (cosi’ Sez. 5, n. 2486 del 10/11/1998 Ud. (dep. 25/02/1999) Rv. 212720).
4. In considerazioni delle argomentazioni sin qui espresse, la sentenza impugnata dovra’ essere annullata limitatamente al reato di cui all’articolo 614 c.p., da ritenersi assorbito in quello di cui all’articolo 624-bis c.p., con trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per la determinazione della pena relativa al residuo reato di cui all’articolo 392 c.p., rispetto al quale si dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’. Si rigetta il ricorso nel resto. Si sondanna il ricorrente altresi’ alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio che liquida come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’articolo 614 c.p. da ritenersi assorbito in quello di cui all’articolo 624 bis c.p. e dispone la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per la determinazione della pena relativa al residuo reato di cui all’articolo 392 c.p., rispetto al quale dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’. Rigetta il ricorso nel resto. Condanna il ricorrente altresi’ alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 2500,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA.

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