La circostanza aggravante dei motivi futili

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 17 maggio 2018, n. 21951.

La massima estrapolata:

La circostanza aggravante dei motivi futili sussiste quando la determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno cosi’ lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravita’ del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, piu’ che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale: la circostanza aggravante in questione ha dunque natura soggettiva, dovendosi individuare la ragione giustificatrice della condotta nel fatto che la futilita’ del motivo a delinquere e’ indice univoco di un istinto criminale piu’ spiccato e della piu’ grave pericolosita’ del soggetto;
In ragione di tale natura, la futilita’ dei motivi caratterizzanti il dolo si desume in concreto dal contenuto di confessione specifica sul punto da parte dell’imputato ovvero, di regola, da fatti esterni dalla cui sussistenza sia possibile razionalmente dedurre che l’agire dell’autore del reato sia sostenuto da tali motivi.

Sentenza 17 maggio 2018, n. 21951

Data udienza 19 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella Patriz – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/04/2016 della CORTE APPELLO di PERUGIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. VANNUCCI MARCO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DI LEO GIOVANNI, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Che con sentenza emessa l’11 aprile 2016 la Corte di appello di Perugia confermo’ la sentenza, emessa il 4 novembre 2015 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Terni a definizione di procedimento svoltosi nelle forme del giudizio abbreviato, con la quale (OMISSIS) (di nazionalita’ filippina): venne ritenuto responsabile del tentativo di omicidio, aggravato da futile motivo, del connazionale (OMISSIS), commesso in (OMISSIS); previa concessione di circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, venne condannato alla pena di sei anni di reclusione, dichiarato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena; condannato infine a risarcire il danno cagionato a (OMISSIS) e ad (OMISSIS) in misura da liquidare in separato processo civile, con il pagamento immediato di provvisionali rispettivamente pari ad Euro 50.000 e ad Euro 20.000;
che e’ incontroverso che la sera del 6 agosto 2014 l’imputato colpi’ ventidue volte con un coltello da cucina il torace di (OMISSIS) mentre costui si trovava, in una piazza di (OMISSIS), in sella ad una bicicletta e che tale fatto e’ qualificabile come tentativo di omicidio (sul punto non vi e’ stato appello: l’accertamento giurisdizionale e’ dunque su tale punto definitivo);
che in risposta all’unico motivo di appello dell’imputato, la sentenza di appello conferma la sussistenza nel caso concreto della circostanza aggravante del futile motivo caratterizzante l’azione delittuosa (articolo 61 c.p., n. 1), in quanto: e’ accertato che l’imputato commise il delitto animato da “”spirito vendicativo” ovvero punitivo nutrito dal (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS), poiche’ la sua onorabilita’ era stata lesa dalle voci che circolavano e riguardanti la relazione amorosa tra la propria moglie e il (OMISSIS), indipendentemente dalla fondatezza delle voci stesse”; l’esistenza di tale movente trova riscontro nel contenuto delle dichiarazioni rese dalla moglie dell’aggredito, nell’assenza di prove in ordine all’esistenza della relazione amorosa extraconiugale e di un qualsiasi tentativo dell’imputato di verificare la fondatezza delle voci, nonche’ nel fatto che il reato venne commesso in una piazza costantemente frequentata da molte persone; sussiste notevole sproporzione fra intento di punire chi sia ritenuto responsabile di lesione alla propria onorabilita’ ed estrema gravita’ del reato voluto dall’imputato;
che per la cassazione di tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso (atto sottoscritto dal difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS)) che censura la motivazione per manifesta illogicita’, nella parte in cui afferma sussistente la circostanza aggravante dei futili motivi, in quanto: la condotta di esso ricorrente fu dettata, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di appello, da “impulso di gelosia dovuto alla possibile relazione amorosa della moglie con la persona offesa”;
la non sussistenza di prova in ordine a tale relazione non esclude che in esso ricorrente fosse nato un sentimento di gelosia per le voci che si erano diffuse in ordine al presunto tradimento della propria moglie e che ritenesse credibili tali voci; in effetti fu proprio un sentimento di gelosia incontrollabile a causare in un brevissimo lasso temporale il diverbio e l’aggressione; in buona sostanza, “rimane oscuro il motivo per cui si e’ ritenuto di propendere per l’esistenza del movente della vendetta rispetto alla gelosia”, essendo, di contro, evidente che proprio il sospetto della relazione extraconiugale fra la moglie di esso ricorrente e la vittima abbia acceso in esso ricorrente un sentimento di gelosia alla base della volonta’ di uccidere;
che le parti civili non si sono costituite nel presente giudizio;
che il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso in ragione della relativa manifesta infondatezza;
che la circostanza aggravante dei motivi futili sussiste quando la determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno cosi’ lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravita’ del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, piu’ che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale (in questo senso, cfr. fra le molte, Cass. Sez. 1, n. 59 del 1 ottobre 2013, dep. 2014, Femia, Rv. 258598; Cass. Sez. 1, n. 39261 del 13 ottobre 2010, Mele, Rv. 248832): la circostanza aggravante in questione ha dunque natura soggettiva, dovendosi individuare la ragione giustificatrice della condotta nel fatto che la futilita’ del motivo a delinquere e’ indice univoco di un istinto criminale piu’ spiccato e della piu’ grave pericolosita’ del soggetto (cfr., per tutte, Cass. Sez. 1, n. 17309 del 19 marzo 2008, Calisti, Rv. 240001);
che, in ragione di tale natura, la futilita’ dei motivi caratterizzanti il dolo si desume in concreto dal contenuto di confessione specifica sul punto da parte dell’imputato ovvero, di regola, da fatti esterni dalla cui sussistenza sia possibile razionalmente dedurre che l’agire dell’autore del reato sia sostenuto da tali motivi;
che, tenuto presente tale ordine di concetti, si osserva che, nella specie: l’odierno ricorrente si avvalse nel processo della facolta’ di non rispondere (il fatto risulta dal contenuto della sentenza impugnata); l’unico elemento da cui la sentenza impugnata desume (con motivazione sostanzialmente sovrapponibile a quella caratterizzante la sentenza di primo grado) la sussistenza della circostanza aggravante e’ individuato nel contenuto delle dichiarazioni rese dalla moglie della persona offesa, secondo cui nella (ristretta) comunita’ filippina di Terni “girava la voce” che nell’anno precedente quello di commissione del delitto il marito di costei fosse stato l’amante della moglie dell’aggressore; da tale asserzione la sentenza impugnata ha, con un salto logico, inferito che l’odierno ricorrente ebbe a commettere il reato per “”spirito vendicativo” ovvero punitivo nutrito dal (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS), poiche’ la sua onorabilita’ era stata lesa dalle voci che circolavano e riguardanti la relazione amorosa tra la propria moglie e il (OMISSIS), indipendentemente dalla fondatezza delle voci stesse”;
che, non potendosi senz’altro desumere dal contenuto di una voce corrente nell’ambito di una comunita’ ristretta di citta’ di piccole dimensioni che il motivo fondante l’azione delittuosa sia stato senz’altro quello della gelosia, ovvero della vendetta, nessuna prova sussiste in realta’ in ordine ai motivi dell’agire dell’imputato;
che la sentenza impugnata e’ per tale motivo da censurare, dovendosi escludere che il delitto sia stato dal ricorrente commesso per motivo futile;
che in conseguenza dell’accertata non sussistenza della circostanza aggravante, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Firenze (in applicazione della regola contenuta nell’articolo 623 c.p.p., lettera c), che dovra’ procedere ad una nuova determinazione della pena: mantenendo ferma quella indicata dalla sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Terni (nove anni di reclusione); effettuando la relativa diminuzione, in applicazione del precetto recato dall’articolo 65 c.p., n. 3), in considerazione delle circostanze attenuanti generiche concesse con la sentenza di primo grado, con specifica motivazione in ordine alla misura della diminuzione in concreto eseguita; dopo l’esercizio del potere discrezionale nella determinazione della misura della diminuzione entro il limite segnato dalla disposizione di legge sostanziale da ultimo citata, facendo applicazione dell’articolo 442 c.p.p., comma 2, in ragione del rito applicato per la definizione del processo di primo grado.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante dei futili motivi, che esclude, e rinvia per nuovo giudizio sulla determinazione della pena alla Corte di appello di Firenze.

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