Alla richiesta di fallimento formulata dal Pubblico Ministero ai sensi della L. Fall., articolo 162, comma 2, quale conseguenza dell’inammissibilita’ e/o improcedibilità della proposta di concordato preventivo, non si applica il disposto della L. Fall., articolo 7

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 16 maggio 2018, n. 12010.

La massima estrapolata:

Alla richiesta di fallimento formulata dal Pubblico Ministero ai sensi della L. Fall., articolo 162, comma 2, quale conseguenza dell’inammissibilita’ e/o improcedibilità della proposta di concordato preventivo, non si applica il disposto della L. Fall., articolo 7, alla cui ratio, peraltro, anche la specifica disciplina della richiesta in questione si conforma. Invero, il Pubblico Ministero, informato della proposta di concordato preventivo (articolo 161, comma 5), partecipa ordinariamente al procedimento, nel rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa delle altre parti, mediante la presenza in udienza, ivi compresa quella fissata dal tribunale ai fini della declaratoria di inammissibilita’ e/o improcedibilità della domanda, rassegnando le proprie conclusioni orali, che comprendono, oltre alla valutazione negativa sulla proposta concordataria, anche l’eventuale richiesta di fallimento in ragione della ritenuta insolvenza dell’imprenditore, di cui e’ venuto a conoscenza a seguito della partecipazione alla procedura.

Sentenza 16 maggio 2018, n. 12010

Data udienza 9 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 19604/2016 r.g. proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., cod. fisc. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), con sede in (OMISSIS); (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), con sede in (OMISSIS); (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), con sede in (OMISSIS); (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), con sede in (OMISSIS); (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Pierluigi Gallo, con sede in (OMISSIS); (OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS); (OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS); (OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS); (OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS); (OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS); (OMISSIS) LTD, cod. fisc. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS).
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., cod. fisc. (OMISSIS), in persona del curatore Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta autorizzazione del G.D. del 16 settembre 2016 e procura speciale apposta in calce al controricorso, anche disgiuntamente, dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con i quali elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS).
– controricorrente –
e
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PADOVA.
– intimata –
e nei confronti:
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA; PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimate –
nonche’ sul ricorso incidentale proposto da:
FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., come sopra rappresentato e difeso.
– ricorrente incidentale –
nei confronti di:
(OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) LTD, tutti come sopra rappresentati e difesi.
– controricorrenti –
e
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PADOVA, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE.
– intimate –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di VENEZIA, depositata il 19/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/03/2018 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento di quello incidentale;
udito, per i ricorrenti, l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il ricorso.
udito, per il controricorrente, l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto rigettarsi il ricorso principale, ed in via subordinata, in ipotesi di suo accoglimento anche parziale, accogliersi il ricorso incidentale condizionato.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il 17 settembre 2015, la (OMISSIS) s.p.a. deposito’ presso il Tribunale di Padova, innanzi al quale gia’ pendevano, a suo carico, ricorsi di fallimento, domanda di ammissione a concordato preventivo in continuita’, L. Fall., ex articolo 161, comma 6, ma il successivo 12 novembre 2015, su istanza del nominato commissario giudiziale, il tribunale ne fisso’ l’udienza del 19 novembre 2015 per la declaratoria d’inammissibilita’ ai sensi della L. Fall., articolo 173, comma 1, convocando detta societa’ davanti al collegio e dandone notizia al Pubblico Ministero.
1.1. Il 18 novembre 2015, dopo che, medio tempore, quei ricorsi di fallimento erano stati desistiti, la (OMISSIS) s.p.a. rinuncio’ alla domanda concordataria, ed all’udienza del 19 novembre 2015 il giudice di prime cure, rilevato che il P.M. aveva depositato, in sede di procedura concordataria, il 18 novembre 2015 (stessa data della citata rinuncia), una richiesta di fallimento di quella societa’ ai sensi della L. Fall., articolo 161, comma 6, L. Fall., articolo 162, comma 2, e L. Fall., articolo 173, la riuni’ alla procedura concordataria, concesse termine per deposito di note difensive e rinvio’ all’udienza del 10 dicembre 2015, all’esito della quale diede atto dell’avvenuta rinuncia alla domanda concordataria, nulla disponendo, pero’, in merito, e, sciogliendo la riserva assunta alla medesima udienza, dispose una perizia ai fini della verifica del presupposto di cui alla L. Fall., articolo 5.
1.1.1. A seguito di un’ulteriore istanza di declaratoria di improcedibilita’ della domanda concordataria, poi, fu emesso, il 29 gennaio 2016, il corrispondente formale decreto, e successivamente, espletata la c.t.u., il Tribunale di Padova, con sentenza del 29 aprile 2016, dichiaro’ il fallimento della menzionata societa’.
1.2. Avverso tale decisione quest’ultima propose reclamo I.fall..
ex articolo 18, davanti alla Corte d’Appello di Venezia, chiedendone la revoca ed invocando, nell’ordine: la carenza di legittimazione del P.M.; la nullita’ della consulenza tecnica d’ufficio, per violazione del principio del contraddittorio di cui al combinato disposto dell’articolo 197 c.p.c. e articolo 201 c.p.c., comma 2; la nullita’ della consulenza tecnica d’ufficio per omessa risposta al quesito posto dal giudice; l’insussistenza dello stato d’insolvenza. Il 30 maggio 2016, inoltre, venne depositato un secondo reclamo dalla (OMISSIS) Ltd, proprietaria di oltre il 97% delle azioni della fallita, da varie societa’ controllate e/o partecipate dalla medesima, nonche’ da innumerevoli terzi aventi tutti interesse alla revoca della sentenza suddetta.
1.2.1. La Procura Generale della Repubblica presso la citata Corte d’Appello rese parere positivo di accoglimento totale del primo reclamo, sia in rito che in merito, e dichiaro’, quanto al secondo, di non volersi avvalere della facolta’ di intervenire e di formulare eccezioni.
1.2.2. La corte veneziana, quindi, riuniti i procedimenti, con sentenza n. 1665 del 2016, respinse entrambi i reclami.
1.2.3. Per quanto qui ancora di interesse, la stessa ritenne, in estrema sintesi, che: 1) al di la’ del richiamo normativo operato dal P.M. nell’intestazione della propria richiesta, dal suo contenuto emergeva manifestamente che il fallimento della (OMISSIS) s.p.a. fosse pronunciato indipendentemente dalla pendenza della procedura concordataria, atteso che l’insolvenza della societa’ era emersa nel corso del procedimento penale n. 9264/15 r.g.n.r.; 2) non sussisteva la nullita’ della c.t.u., sotto tutti i profili prospettati, ne’, conseguentemente, della sentenza impugnata che ne aveva recepito le risultanze; 3) una pluralita’ di univoci fatti obbiettivi esteriori conclamavano la situazione di irreversibile dissesto della menzionata societa’.
2. Avverso questa sentenza la (OMISSIS) s.p.a, la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) Ltd, nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui la curatela del Fallimento (OMISSIS) s.p.a. resiste con controricorso, spiegando, altresi’, ricorso incidentale condizionato recante un motivo, a sua volta resistito dai ricorrenti principali. Entrambe queste parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c., mentre non hanno spiegato difese la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova, la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Venezia e la Procura Generale della Repubblica presso la Suprema Corte di Cassazione.
3. Il primo motivo del ricorso principale, rubricato “violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., articoli 6, 7 e 15, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, prospetta la carenza di legittimazione attiva del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Padova per avere questi esercitato l’iniziativa per la richiesta di fallimento in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo ai sensi della L. Fall., articolo 161, comma 6, L. Fall., articolo 162, comma 2 e L. Fall., articolo 173, ed insistendo per la declaratoria di fallimento in sede di reclamo, pur essendo privo di legittimazione, e contro il parere completamente positivo della Procura Generale, sia in rito che nel merito, di tutti e ciascuno dei motivi di reclamo, tenuto conto che fra la Procura della Repubblica e la Procura Generale corre un rapporto di sovraordinazione.
3.1. Il secondo motivo, recante “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 101 e 197 c.p.c., in combinato disposto con l’articolo 201 c.p.c., comma 2, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, ascrive al giudice di prime cure di avere omesso il contraddittorio fra il consulente della parte e quello del giudice all’udienza in Camera di consiglio del 12 aprile 2016 (cosi’ dovendosi correttamente intendere l’erronea data del 12 dicembre 2015 ivi menzionata).
3.2. Il terzo motivo lamenta l’omesso esame sull’effettiva valutazione delle rimanenze di (OMISSIS) s.p.a., pari ad Euro 26.392.252,55 alla data della perizia, anziche’ di Euro 600.000,00 come sostenuto dal c.t.u., quale fatto decisivo in relazione all’ipotesi di nullita’ della perizia per omessa risposta al quesito, a cui si associa la nullita’ della sentenza impugnata, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
3.3. Il quarto motivo denuncia l’omesso esame dei seguenti documenti: 1) verbale del collegio sindacale con attestazione della situazione patrimoniale ed economico finanziaria dell’azienda al 31 marzo 2016;
richiesta emissione fattura (OMISSIS) finale e fattura contratto (OMISSIS) n. (OMISSIS) dell’Universita’ Ca’ Foscari Venezia, prot. n. 19453 del 3 maggio 2016, a prova della regolarita’ contributiva; 3) estratto del cassetto fiscale di (OMISSIS) s.p.a. al 14 marzo 2016 e richiesta di rateazione del 27 aprile 2016, nonche’ parere pro veritate dell’Avv. (OMISSIS) a prova dell’effettiva consistenza del debito effettivamente esigibile dall’erario pari ad Euro 220.889,06 e non di Euro 3.223.943,62, come erroneamente scritto nella sentenza impugnata; 4) transazioni e rateizzazioni fornitori (OMISSIS) s.p.a. dopo il 31 gennaio 2016, in allegato n. 07 alle osservazioni alla perizia del c.t.u., quali fatti rilevanti ulteriori a quelli inseriti nei dati in c.t.u. e che comportano una riduzione del debito di fornitura subito esigibile da Euro 3.358.064,85 ad Euro 1.667.820,64 alla data del 23 marzo 2016; 5) prospetto sulle agevolazioni bancarie inserito in perizia, in cui la parte che eccede l’accordato rispetto all’utilizzato e’ pari ad Euro 1.507.286,42 per le sovvenzioni, oltre ad Euro 1.480.517,66 per mutui ipotecari ed Euro 4.904.193,76 per conti correnti ipotecari, per un totale di Euro 7.891.997,84, e non di Euro 10.200.000,00 come citato erroneamente in perizia. Si rappresenta, inoltre, che tutte le posizioni hanno una garanzia ipotecaria estremamente capiente, che azzera il rischio creditizio come chiaramente indicato nella Centrale dei Rischi di Banca d’Italia. Si assume che l’omissione della valutazione sui fatti decisivi per il giudizio, che emergono dai documenti salienti di cui ai punti 1), 2), 4), oggetto di discussione fra le parti, impedisce una congrua interpretazione dei conti aziendali, che e’ incompatibile con le motivazioni della sentenza impugnata sugli indici dello stato d’insolvenza, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
3.4. Il quinto motivo, infine, rubricato “violazione e/o falsa applicazione della L. n. 108 del 1996, articolo 2, in combinato disposto con gli articoli 1283 e 1284 c.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, ascrive al giudice di merito di avere erroneamente non considerato che le eccezioni di nullita’ contrattuale sollevate dai ricorrenti sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
4. L’unico motivo del ricorso incidentale condizionato del Fallimento (OMISSIS) s.p.a. prospetta l’omesso esame in relazione alla eccepita carenza di legittimazione e di interesse delle parti odierne ricorrenti, diverse dalla fallita, a proporre il reclamo L. Fall., ex articolo 18, avverso la dichiarazione di fallimento di quest’ultima.
5. Il primo motivo del ricorso principale, certamente ammissibile in relazione alla specifica questione che propone (sussistenza, o meno, della legittimazione del Pubblico Ministero a richiedere il fallimento nel corso di una procedura di concordato preventivo cui la societa’ istante abbia rinunciato), in ordine alla quale solo recentemente questa Corte ha avuto modo di esprimersi (con decisione riferita al ricorso n. 19859/2016, tuttora in corso di pubblicazione), e’ infondato.
5.1. In sostanza, i ricorrenti assumono che il Pubblico Ministero, unico istante rimasto in giudizio per essere stati medio tempore desistiti i vari ricorsi per la dichiarazione di fallimento gia’ pendenti in danno della (OMISSIS) s.p.a., non fosse legittimato a chiederne il fallimento, ai sensi della L. Fall., articolo 161, comma 6, L. Fall., articolo 162, comma 2 e L. Fall., articolo 173, poiche’ il procedimento ivi disciplinato era stato rinunciato dalla menzionata societa’, che lo aveva intrapreso, nella stessa data della suddetta richiesta, benche’ la declaratoria di sua improcedibilita’ fosse intervenuta solo successivamente ad essa. La scelta del P.M., peraltro, sarebbe stata “…soggetta al principio di tassativita’…” della sua azione, ex articoli 69 e 70 c.p.c., cosi’ da “…non poter essere oggetto di autonoma e diversa qualificazione giuridica da parte del giudicante, che non puo’ mutare la natura tassativa ne’ i presupposti dei poteri officiosi secondo la scelta processuale esercitata dal P.M…” (cfr. pag. 12 del ricorso). Pertanto, difettando il presupposto della L. Fall., articolo 7, n. 1, cioe’ l’azione esercitata in specifica relazione alla pendenza di un procedimento penale nei confronti della stessa societa’, nell’ambito del quale sia risultata l’insolvenza di quest’ultima, la dichiarazione di fallimento, cio’ nonostante emessa dal tribunale, sarebbe da ritenersi affetta da nullita’, senza che rilevi che l’eventuale qualita’ di parte del procedimento penale sia stata assunta dalla societa’ successivamente.
5.2. Rileva, preliminarmente, il Collegio che la decisione oggi impugnata ha espressamente ritenuto che, al di la’ del richiamo normativo operato dal P.M. alla L. Fall., articolo 161, comma 6, L. Fall., articolo 162, comma 2 e L. Fall., articolo 173, nell’intestazione della propria richiesta del 18 novembre 2015, dal suo contenuto emergeva manifestamente che il fallimento della (OMISSIS) s.p.a. fosse ivi invocato alla stregua della L. Fall., articolo 7, n. 1, indipendentemente, quindi, dalla pendenza della procedura concordataria, non trovando, altrimenti, diversa spiegazione i riferimenti, contenuti nella medesima richiesta: a) all’acquisizione di informazioni, ad opera del Nucleo di Polizia Tributaria, dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate; b) alle desistenze dei creditori in relazione ai ricorsi L. Fall., ex articolo 6, depositati fra il 30 marzo ed il 19 settembre 2015, ritenute dal P.M. “indici del pagamento preferenziale di alcuni creditori a danno della massa creditoria, in considerazione della grave situazione debitoria e di sbilancio patrimoniale gia’ evidenziate”; c) alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS), il primo “sentito dalla P.G. in data 25.9.2015”, il secondo il 30 settembre 2015. Su tali premesse, la corte territoriale ha affermato che “il tenore letterale della richiesta, di per se’ solo, chiarisce l’esistenza di un procedimento penale in corso, ed i documenti ad essa allegati vieppiu’ evidenziano l’attivita’ di indagine espletata nel procedimento penale n. 9264/15 r.g.n.r…. La tesi della societa’ reclamante e dell’Avvocatura Generale non e’ dunque condivisibile, poiche’ basata su di un presupposto errato, ossia che la richiesta del P.M. fosse unicamente fondata sulla facolta’ di chiedere la dichiarazione di fallimento nell’ambito del concordato preventivo, mentre si trattava di richiesta svolta in ragione del fatto che l’insolvenza di (OMISSIS) s.p.a. era emersa nell’ambito di un procedimento penale” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
5.3. La censura degli odierni ricorrenti contesta, come si e’ visto, sia la legittimazione del P.M. ad invocare, ai sensi della L. Fall., articolo 161, comma 6, L. Fall., articolo 162, comma 2 e L. Fall., articolo 173, il fallimento della proponente una domanda di concordato preventivo che ad essa abbia poi rinunciato, sia, invocandosi il principio di tassativita’ delle scelte del P.M., ex articoli 69 e 70 c.p.c., la possibilita’ che il giudice possa procedere ad un’autonoma e diversa qualificazione giuridica di quella scelta. E’ chiaro, allora, che ove si giunga comunque a riconoscere come esistente quella legittimazione al P.M., la descritta doglianza perderebbe interesse quanto al suo secondo profilo.
5.4. Orbene, con riguardo alla legittimazione del Pubblico Ministero alla “richiesta” – questa la locuzione adottata dalla L. Fall., articolo 6, mentre i creditori agiscono con ricorso – di dichiarazione di fallimento, occorre, in generale, evidenziare che l’articolo 7 della stessa legge, riconducibile alla previsione dell’articolo 69 c.p.c., secondo cui “il pubblico ministero esercita l’azione civile nei casi stabiliti dalla legge”, gli riconosce l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento: 1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dall’irreperibilita’ o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore; 2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.
5.4.1. A quest’ultimo riguardo, rientra nel campo del “procedimento civile” anche l’istruttoria prefallimentare. Infatti, la formulazione del citato articolo 7, che, senza porre limiti, ricollega l’iniziativa del P.M. alla segnalazione del giudice civile, impone di ricomprendervi anche le segnalazioni effettuate nell’ambito delle procedure fallimentari. In tal senso, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che “le modifiche operate dal legislatore, per quanto certamente in parte sollecitate anche dalla intervenuta soppressione della dichiarazione di fallimento di ufficio, depongono per una previsione estensiva rispetto al passato del dovere di segnalazione, essendo stato sostituito il precedente riferimento allo stato di insolvenza risultante in giudizio civile… – e quindi non in una procedura prefallimentare – con quello della rilevazione effettuata nel corso di un procedimento civile… nel cui ambito va certamente annoverato anche quello prefallimentare” (cfr. Cass., S.U., n. 9409 del 2013). Sicche’, quando il procedimento finalizzato alla dichiarazione di fallimento non si concluda con una decisione nel merito, il tribunale fallimentare puo’ disporre, ai sensi dell’articolo 7, la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero affinche’ valuti se instare per la dichiarazione di fallimento (cfr. Cass., S.U., n. 9409 del 2013; nello stesso senso, vedi Cass. n. 19597 del 2016).
5.4.2. In tale prospettiva, la ratio della L. Fall., articolo 7, “va individuata nell’intento di favorire quanto piu’ possibile un ampio flusso informativo alla Procura della Repubblica, in ragione dell’interesse pubblico alla tempestiva instaurazione di una procedura concorsuale ove ne ricorrano i presupposti” (cfr. Cass., S.U., n. 9409 del 2013; analogamente Cass. n. 23391 del 2016).
5.4.3. Passando, poi, all’esame della posizione del Pubblico Ministero nell’ambito del procedimento di concordato preventivo, le riforme della L. Fall., del 2006/2007, nell’escludere in ogni caso la dichiarazione del fallimento d’ufficio, hanno stabilito: 1) che il tribunale, quando dichiara l’inammissibilita’ della proposta concordataria, “su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore” (articolo 162, comma 2); 2) che, a conclusione del procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, il tribunale provvede con decreto “e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell’articolo 18” (articolo 173, comma 2); 3) che, se non si raggiungono le maggioranze richieste dalla legge per l’approvazione del concordato, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, “che deve provvedere a norma dell’articolo 162, comma 2” (articolo 179), dichiarando, cioe’, il fallimento, in presenza dei presupposti di legge, anche su richiesta del Pubblico Ministero; 4) che, nel giudizio di omologazione del concordato, il tribunale, se denega l’omologazione, “su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui gli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto” (articolo 180, u.c.).
5.4.4. Se si considera, inoltre, il dettato della L. Fall., articolo 161, comma 5, secondo cui la domanda di concordato e’ comunicata al Pubblico Ministero, unitamente ai documenti depositati dal debitore e, in seguito, alla relazione del commissario giudiziale di cui all’articolo 172, non v’e’ dubbio che il Pubblico Ministero partecipi a pieno titolo al procedimento concordatario e, dunque, possa comparire in udienza ed interloquire nei termini ritenuti opportuni, rassegnando conclusioni e, in particolare, richiedendo nei casi previsti la dichiarazione di fallimento.
5.4.5. Il sistema che ne risulta si compendia in cio’, che, mentre nel quadro di applicazione della L. Fall., articolo 7, il potere di iniziativa del Pubblico Ministero e’ innescato, per quanto qui interessa, dalla segnalazione del giudice civile, nel contesto del concordato preventivo, al cui procedimento il Pubblico Ministero come si e’ visto partecipa, il suo potere di richiedere il fallimento non e’ condizionato ad una qualche segnalazione del tribunale, ma e’ direttamente ed espressamente contemplato dalla legge, ogni qual volta il procedimento non attinga il suo esito fisiologico con l’omologazione. E, nondimeno, la ratio sottesa all’articolo 7 coincide con quella posta a base delle norme che conferiscono al Pubblico Ministero il potere di chiedere il fallimento nell’ambito del procedimento concordatario (cfr. Cass. n. 9574 del 2017): “ampliare la legittimazione del Pubblico Ministero alla presentazione della richiesta per dichiarazione di fallimento a tutti i casi nei quali l’organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis” (cfr. Cass. n. 19797 del 2015).
5.4.6. Va da se’ che, sebbene non espressamente contemplata dalla legge, la dichiarazione d’improcedibilita’ del concordato per rinunzia alla proposta concordataria, quantunque intervenuta nel corso del subprocedimento di revoca di cui all’articolo 173, si colloca, attesa l’assimilabilita’ degli effetti processuali, consistenti nella chiusura del procedimento concordatario in difetto dell’omologazione, sul medesimo piano della dichiarazione di inammissibilita’ di cui alla L. Fall., articolo 162, comma 2, con conseguente potere del Pubblico Ministero di richiedere il fallimento, ovviamente prima che l’improcedibilita’ sia stata dichiarata, rimanendo successivamente impregiudicato il potere di chiedere il fallimento in presenza dei presupposti di cui all’articolo 7: dichiarazione di improcedibilita’ e dichiarazione di fallimento sono poi suscettibili di essere pronunciati con la medesima decisione, come questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire con riguardo alla dichiarazione di inammissibilita’, che puo’ essere contenuta nella sentenza di fallimento (cfr. Cass. n. 11423 del 2014), ma nulla osta ad una eventuale loro non contestualita’ (come accaduto nella fattispecie in esame).
5.4.7. Vero e’, d’altro canto, che la rinunzia alla proposta concordataria conduce alla dichiarazione di improcedibilita’: ma cio’ non vuol dire che, come talora ritenuto da qualche pronuncia di merito, il procedimento di concordato preventivo – indipendentemente dalle questioni, che si collocano al di fuori del tema su cui la Corte e’ chiamata a pronunciarsi: se la rinuncia alla originaria domanda di concordato e la rinuncia alla proposta concordataria si pongano sullo stesso piano; se la rinuncia, atteso il collocarsi del concordato sul crinale tra negozio e processo, richieda l’accettazione dei creditori; se sia ammissibile una rinuncia sopravvenuta all’apertura del giudizio di revoca – termini automaticamente per effetto della rinunzia, cosi’ da collocare la richiesta di fallimento da parte del Pubblico Ministero al di fuori di esso, occorrendo per l’appunto che detto procedimento, lungi dal rimanere sospeso nel vuoto in assenza di una pronuncia terminativa (nel qual caso, tra l’altro, in ipotesi di riproposizione della domanda concordataria, si troverebbero ad essere pendenti due procedimenti di concordato), si concluda con la dichiarazione menzionata.
5.4.8. Non e’, dunque, pertinente la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, in pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del Pubblico Ministero, puo’ essere dichiarato soltanto quando ricorrono gli eventi previsti L. Fall., articoli 162, 173, 179 e 180 e cioe’, rispettivamente, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l’ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all’esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato (cfr. Cass., S.U., n. 9935 del 2015; successivamente vedi Cass. n. 17764 del 2016; Cass. n. 1169 del 2017). Tale decisione si confronta, invero, con i rapporti fra concordato preventivo e procedimento per dichiarazione di fallimento, in relazione al principio di prevalenza del primo rispetto al secondo, ma non contiene alcun elemento, esplicito o implicito, dal quale desumere che la rinunzia alla proposta concordataria privi il Pubblico Ministero del potere di chiedere il fallimento.
5.4.9. Pertanto, occorre piuttosto far riferimento al principio – riferito alla pronuncia di inammissibilita’ ed adattato a quella assimilabile di improcedibilita’ per intervenuta rinunzia alla proposta concordataria recentemente affermato da questa Corte secondo cui, alla richiesta di fallimento formulata dal Pubblico Ministero ai sensi della L. Fall., articolo 162, comma 2, quale conseguenza dell’inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo, non si applica il disposto della L. Fall., articolo 7, alla cui ratio, peraltro, anche la specifica disciplina della richiesta in questione si conforma. Invero, il Pubblico Ministero, informato della proposta di concordato preventivo (articolo 161, comma 5), partecipa ordinariamente al procedimento, nel rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa delle altre parti, mediante la presenza in udienza, ivi compresa quella fissata dal tribunale ai fini della declaratoria di inammissibilita’ della domanda, rassegnando le proprie conclusioni orali, che comprendono, oltre alla valutazione negativa sulla proposta concordataria, anche l’eventuale richiesta di fallimento in ragione della ritenuta insolvenza dell’imprenditore, di cui e’ venuto a conoscenza a seguito della partecipazione alla procedura (cfr. Cass. n. 9574 del 2017). Ne’ puo’ mancarsi di rammentare, infine, che gia’ Cass. 14 gennaio 2015, n. 495, ha confermato la decisione di merito che, sulla rinuncia della societa’ debitrice alla proposta di concordato, espressa in sede di procedimento di revoca, con contestuale presentazione di nuova proposta, aveva revocato la precedente ammissione al concordato per l’intervenuta rinuncia, dichiarato l’inammissibilita’ della nuova proposta e dichiarato il fallimento.
5.5. Tanto premesso, e ricordato che, nella specie, la richiesta di fallimento della (OMISSIS) s.p.a. venne depositata dal Pubblico Ministero dopo l’apertura del procedimento di revoca L. Fall., ex articolo 173 e nella stessa data (18 novembre 2015) in cui la predetta societa’ rinuncio’ alla propria domanda di ammissione al concordato preventivo, deve concludersi nel senso che quella richiesta abbia comunque mantenuto la sua efficacia anche dopo la declaratoria (ad essa chiaramente successiva) di improcedibilita’ della domanda concordataria, sicche’ il motivo in esame va respinto alla stregua del principio secondo cui la rinuncia alla proposta di concordato, formulata dal debitore nel corso del procedimento di revoca del concordato, non determina di per se’, prima di una formale dichiarazione di improcedibilita’ ad opera del tribunale, la chiusura del procedimento di concordato preventivo. Ne consegue che il Pubblico Ministero, che, a seguito della comunicazione L. Fall., ex articolo 173, partecipa ordinariamente alprocedimento, nel rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa delle altre parti, ben puo’ rassegnare le proprie conclusioni che comprendono, oltre alla valutazione negativa della proposta concordataria, anche l’eventuale richiesta di fallimento in ragione della ritenuta insolvenza dell’imprenditore di cui sia venuto a conoscenza a seguito di tale partecipazione.
6. Miglior sorte non merita il secondo motivo del ricorso principale, che ribadisce, indirizzandole questa volta alla motivazione adottata sul punto dalla corte veneziana, le medesime critiche gia’ rivolte, in sede di reclamo, al giudice di prime cure per avere omesso il contraddittorio fra il consulente della parte e quello del giudice all’udienza in camera di consiglio del 12 aprile 2016.
6.1. Giova premettere che la decisione oggi impugnata (sulla quale unicamente si svolge il sindacato di questa Corte) ha, sullo specifico punto, ritenuto che “Dal verbale dell’udienza del 12 aprile 2016 risulta che il Dott. (OMISSIS) non ha affatto reso chiarimenti al giudice designato per la trattazione del procedimento prefallimentare, in merito ai quali – se formulati – il c.t.p. della societa’ debitrice avrebbe potuto interloquire, secondo quanto previsto dall’articolo 201 c.p.c., comma 2. In realta’, in disparte il fatto che il difensore di (OMISSIS) s.p.a. non si e’ opposto alla presenza in quella udienza del Dott. (OMISSIS), e’ dirimente osservare che il c.t.u. si e’ limitato a replicare esclusivamente alle osservazioni con le quali il difensore della reclamante ha riproposto alcune delle critiche gia’ mosse dal c.t.p. della societa’ alla bozza della relazione trasmessagli il 17 marzo 2016, e depositata in data 30 marzo 2016 nella stesura corredata della risposta alle osservazioni del c.t.p.” (cfr. pag. 7).
6.1.1. Di tale convincimento e’ stata, poi, data esauriente giustificazione (cfr., amplius, pag. 7), all’esito affermandosi che: 1) “…Sarebbe, quindi, davvero arduo ritenere che il c.t.u. abbia reso chiarimenti al giudice relatore, non essendo stata da questi esplicitata alcuna richiesta in merito alle conclusioni rassegnate dal Dott. (OMISSIS) nell’elaborato peritale, anche a non voler considerare che le critiche mosse dal difensore di (OMISSIS) s.p.a. ripropongono, per lo piu’, le osservazioni gia’ formulate dal c.t.p., alle quali come si e’ detto – il c.t.u. ha risposto alle pagine 76-94 della propria relazione” (cfr. pag. 7); li) “D’altronde, nel ricorso L. Fall., ex articolo 18, la stessa (OMISSIS) s.p.a. fa riferimento alle osservazioni alla c.t.u. “ribadite all’udienza del 12.04.2016″ (pagina 13). Cio’ costituisce indiretta riprova che il dott. (OMISSIS) a quell’udienza non ha esposto alcuna argomentazione non contenuta nella propria relazione del 30 marzo 2016, a fronte della reiterazione delle osservazioni gia’ espresse dal c.t.p., cosicche’ deve escludersi che ci sia stata compromissione del diritto di difesa della reclamante. Ne’ (OMISSIS) s.p.a. e gli altri reclamanti hanno evidenziato, nei rispettivi reclami, quali nuove argomentazioni il c.t.p. rag. (OMISSIS) avrebbe potuto opporre alle risposte fornite dal c.t.u. alle contestazioni mosse al suo operato dal difensore della societa’ dichiarata fallita. Ne discende che la partecipazione del Dott. (OMISSIS) all’udienza del 12 aprile 2016, lungi dal determinare una lesione del contraddittorio, ha consentito (non gia’ al giudice relatore di ottenere chiarimenti, quanto piuttosto) al difensore della debitrice di riproporre direttamente al c.t.u. le censure gia’ mosse dal c.t.p., sicche’ neppure sotto il profilo qui considerato sussiste la nullita’ della c.t.u., ove anche si consideri che (OMISSIS) s.p.a. – giova ribadirlo – non ha in questa sede allegato quali ulteriori e diversi argomenti il proprio consulente avrebbe potuto addurre in replica”.
6.2. A fronte di tali esaustive argomentazioni, l’odierna censura si limita (oltre che a ribadire i medesimi assunti gia’ disattesi dalla corte veneziana) a contestare “..fermamente, perche’ mera petizione di principio, l’assunto della Corte in cui si afferma che il c.t.u. “non ha affatto reso chiarimenti al giudice designato per la trattazione del procedimento prefallimentare, in merito ai quali – se formulati – il c.t.p. della societa’ debitrice avrebbe potuto interloquire secondo quanto previsto dall’articolo 201 c.p.c., comma 2”, assumendo, poi, che “… in assenza di consulente di parte, (OMISSIS) s.p.a. non ha potuto sviluppare le proprie difese tecniche essendo il difensore stato costretto ad improvvisare una disamina di dati tecnici e specialistici che avrebbero dovuto essere svolti in contraddittorio con il consulente di parte Rag. (OMISSIS)….” (cfr. pag. 17 del ricorso).
6.2.1. Ne appare, pero’, evidente la sua inammissibilita’, in quanto, nel confutare l’affermazione della corte di appello circa quanto avvenuto nella udienza del 12 aprile 2016 innanzi ad essa, sollecita una rivisitazione dell’accertamento in fatto risultante, sul punto, dalla sentenza impugnata, non consentito a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte a fondamento della decisione.
6.2.2. A tanto, peraltro, deve aggiungersi che, come costantemente chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’, la parte che propone ricorso per cassazione facendo valere un vizio dell’attivita’ del giudice, lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivatole (cfr. Cass. n. 19759 del 2017; Cass. n. 26157 del 2014; Cass. n. 4340 del 2010). Piu’ specificamente, in tema di consulenza tecnica, eventuali irritualita’ dell’espletamento ne determinano la nullita’ solo ove procurino una violazione in concreto del diritto di difesa, con la conseguenza che e’ onere del ricorrente specificare quali lesioni di tale diritto siano conseguite alla denunciata irregolarita’ (cfr. Cass. n. 15874 del 2010; Cass. n. 13428 del 2007; Cass. n. 9231 del 2001).
6.2.3. Spettava, pertanto, agli odierni ricorrenti chiarire, oltre all’attivita’ processuale che gli era stata preclusa per effetto della prospettata doglianza, le conseguenze che la stessa avrebbe sortito (o potuto comunque sortire) sul piano degli esiti concreti del giudizio: il corrispondente onere e’ rimasto, pero’, sostanzialmente insoddisfatto anche in questa sede (come gia’ avvenuto nel giudizio di reclamo), rinvenendosi nel loro ricorso (cfr. pag. 18) affermazioni, sul punto, affatto generiche.
7. Sono poi inammissibili il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale, di cui e’ possibile l’esame congiunto, entrambi censurando l’asserito omesso esame di risultanze di documentazione contabile e/o di fatti da quest’ultima ricavabili.
7.1. Gli stessi, infatti, mirano a sollecitare un riesame dell’apprezzamento compiuto dal giudice di merito (anche avvalendosi della espletata c.t.u.), in ordine alla valenza probatoria dei documenti prodotti, la cui sindacabilita’ in sede di legittimita’, gia’ esclusa in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, trattandosi di un profilo non attinente all’interpretazione di una norma di legge, ma alla ricostruzione della fattispecie concreta, deve ritenersi non piu’ consentita neppure sotto il profilo del vizio di motivazione: a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tale vizio risulta, invero, circoscritto all’omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, da intendersi come totale omissione, e non gia’ come semplice insufficienza o contraddittorieta’, della motivazione in ordine ad un fatto storico, principale o secondario, idoneo a determinare direttamente l’esito del giudizio, la cui esistenza risulti dalla stessa sentenza o dagli atti processuali, con la conseguente esclusione della possibilita’ di far valere, quale motivo di ricorso, l’omessa o errata valutazione di elementi istruttori (cfr., ex multis, Cass. n. 7472 del 2017; Cass. n. 21304 del 2016; Cass. n. 14324 del 2015; Cass. n. 16300 del 2014; Cass. n. 15205 del 2014; Cass., S.U., n. 8053 del 2014).
7.2. Va peraltro rimarcato, con specifico riguardo al terzo motivo, che non sono state compiutamente riportate in ricorso le parti della relazione del c.t.u. sottoposte a critica (in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), cosi’ impedendosi a questa Corte di poterne valutare la decisivita’ e rilevanza (la mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolve nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimita’. Cfr. Cass. 19427 del 2017; Cass. n. 11482 del 2016), e che, comunque, il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perche’ incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio gia’ valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (cfr. Cass. n. 1815 del 2015).
7.3. I ricorrenti, inoltre, obliterano totalmente, l’esaustivo passaggio motivazionale in cui la corte veneziana, premettendo che l’insolvenza di cui alla L. Fall., articolo 5, non e’ una nozione aziendalistica, ma giuridica, perche’ la norma assegna precipuo rilievo alla manifestazione di fatti esteriori che dimostrino che il debitore non e’ piu’ in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, ha ritenuto di ricavare l’esistenza dello stato di insolvenza della (OMISSIS) s.p.a. non solo dalla valutazione complessiva di tutti i fatti analiticamente indicati alle pagine 9-10 della sentenza oggi impugnata (“Tali univoci obbiettivi fatti esteriori conclamano, di per se’ soli, l’irreversibilita’ della situazione di dissesto della (OMISSIS) s.p.a., che non ha mai contestato tali dati, bensi’ le valutazioni operate dal c.t.u. e la prognosi infausta sul futuro dell’impresa delineata dal Dott. (OMISSIS) all’esito degli accertamenti effettuati”), ma anche da un elenco dei debiti verso fornitori depositato dalla medesima societa’ il 4 maggio 2016, all’indomani della dichiarazione di fallimento, dal quale risulta che l’ammontare dello scaduto e’ pari ad Euro 3.223,943,62, importo ben superiore a quello di Euro 1.667.820,64, indicato dalla reclamante come ammontare complessivo di tutti i debiti scaduti (dato inesatto da cui essenzialmente trae fondamento la contestazione dello stato di insolvenza).
7.3.1. Quella corte, dunque, avvalendosi della giurisprudenza di legittimita’ secondo cui, nel giudizio di reclamo avverso la pronuncia di fallimento, l’accertamento dello stato di insolvenza va compiuto con riferimento alla data della dichiarazione di fallimento, ma puo’ fondarsi anche su fatti diversi da quelli in base ai quali il fallimento e’ stato dichiarato, purche’ si tratti di fatti anteriori alla pronuncia, anche se conosciuti successivamente in sede di gravame e desunti da circostanze non contestate dello stato passivo (cfr. Cass. n. 10952 del 2015), affatto correttamente ha utilizzato anche l’elenco suddetto, ritenendolo sufficiente a “…smentire radicalmente la tesi dell’erroneita’ delle conclusioni cui e’ pervenuto il c.t.u. sull’analisi della situazione patrimoniale dell’impresa…”, con la ulteriore precisazione, da parte della medesima corte, che quella c.t.u. “…assume un rilievo non dirimente, alla luce delle plurime manifestazioni dello stato di decozione di (OMISSIS) s.p.a., posto che esso “si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprime, secondo una tipicita’ desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacita’ di produrre beni con margine di redditivita’ da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l’estinzione dei debiti), nonche’ nell’impossibilita’ di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio” (Cass. n. 7252 del 2014)” (cfr. pag. 10-11 della decisione impugnata).
7.3.2. Posto, allora, che nel quadro del principio, espresso nell’articolo 116 c.p.c.., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), il giudice civile ben puo’ apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad alcuni di essi valore preminente rispetto ad altri, e che il relativo apprezzamento e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati (cfr. Cass. n. 11176 del 2017), l’inammissibilita’ delle censure in esame deriva, alla stregua di quanto si e’ appena detto, anche da un evidente difetto della loro decisivita’, ossia dell’idoneita’ a determinare un esito diverso della controversia (cfr. Cass. n. 23238 del 2017).
8. Il quinto motivo del ricorso principale, infine, e’ inammissibile, atteso che la corte veneziana ha espressamente ritenuto (cfr. pag. 11 della decisione impugnata) gli elaborati econometrici in esso invocati – di cui ha, peraltro, sottolineato anche il carattere meramente assertivo e la loro mancata verifica in contraddittorio con le banche interessate – come inidonei ad “…elidere la pregnanza degli altri plurimi indici esteriori di dissesto dei quali si e’ detto in precedenza, ne’ – tanto meno – il gravissimo deficit maturato da (OMISSIS) s.p.a. nei rapporti intrattenuti con gli istituti di credito, si’ da indurre taluni di essi alla segnalazione alla Centrale Rischi, la quale “richiede una valutazione, da parte dell’intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, e non puo’ quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficolta’ economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza…” (Cass. n. 15609 del 2014)”. Nessuna decisivita’, quindi, potrebbe attribuirsi alla censura in esame, indipendentemente da qualsivoglia ulteriore considerazione circa la sua fondatezza, o meno.
9. Da ultimo, va dichiarato assorbito il ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS) s.p.a., perche’ espressamente proposto in via condizionata all’accoglimento (invece mancato) di quello principale.
10. Alla stregua dei principi tutti fin qui esposti, dunque, l’odierno ricorso principale va respinto, con assorbimento di quello incidentale condizionato della curatela fallimentare, restando le spese di questo giudizio regolate dal principio di soccombenza e dandosi atto – mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr., tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass., Sez., U. 27/11/2015, n. 24245; Cass., Sez., U. 20/06/2017, n. 15279) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (applicabile ratione temporis, essendo stati il ricorso principale proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione e’ vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, a norma del detto articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti ed in via solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, giusta dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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