Il licenziamento per superamento del comporto non puo’ assimilarsi ad un licenziamento disciplinare con i connessi obblighi in tema di specificita’ ab origine della contestazione

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 11 giugno 2018, n. 15095.

La massima estrapolata:

Il licenziamento per superamento del comporto non puo’ assimilarsi ad un licenziamento disciplinare con i connessi obblighi in tema di specificita’ ab origine della contestazione, che il datore di lavoro non e’ tenuto a specificare i giorni di assenza di malattia, salva esplicita richiesta del lavoratore L. n. 604 del 1966, ex articolo 2, tuttavia, una volta indicate le assenze nella lettera di licenziamento, esse non possono essere poi modificate dal datore di lavoro.

Sentenza 11 giugno 2018, n. 15095

Data udienza 6 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 8871-2016 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4551/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/10/2015, r.g. n. 994/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2018 dal Consigliere Dott. BALESTRIERI FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI RENATO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 6.3.2013 (OMISSIS) – ex dipendente della (OMISSIS) s.p.a., e da questa licenziata in data 25.5.11 per superamento del periodo di comporto proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva respinto le sue domande volte ad ottenere l’accertamento dell’illegittimita’ del licenziamento, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e condanna della societa’ al risarcimento del danno pari alle mensilita’ di retribuzione maturate dal licenziamento sino alla effettiva riammissione in servizio. L’appellante censurava la sentenza per avere il giudice di prime cure disatteso il principio secondo il quale nel caso in cui, nella lettera di licenziamento, il datore di lavoro indichi analiticamente i giorni di assenza conteggiati ai fini del calcolo del comporto, nella verifica della legittimita’ del recesso non puo’ farsi riferimento a giorni di assenza diversi; censurava, inoltre, la sentenza per avere il Tribunale ritenuto conforme a buona fede e correttezza la condotta posta in essere dalla societa’.
Si costituiva in giudizio la (OMISSIS) s.p.a., sostenendo l’infondatezza delle doglianze avversarie e, con appello incidentate, censurava a sua volta la sentenza per avere il Tribunale escluso che l’indicazione, nella lettera di licenziamento, della data del 21.05.11, potesse considerarsi effetto di mero errore.
Con sentenza depositata il 5.10.15, la Corte d’appello di Roma dichiarava illegittimo il licenziamento, con ordine di reintegra e pronunce consequenziali ex articolo 18 Stat.lav..
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la (OMISSIS), affidato a sei motivi. Resiste la (OMISSIS) con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo la societa’ ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., considerando che la (OMISSIS), nel ricorso in primo grado, aveva chiesto la declaratoria di illegittimita’ del licenziamento in quanto intimato per superamento del periodo di comporto ma adottato anteriormente alla scadenza di esso, sicche’ la corte di merito avrebbe dovuto solo accertare se il licenziamento del 25.5.11 era stato o meno adottato anteriormente alla scadenza del periodo di comporto, e piu’ specificamente se alla data del 25.5.11 fossero decorsi o meno i 180 giorni di assenza per malattia, mentre la sentenza impugnata dichiaro’ che i giorni da considerare ai fini del calcolo erano solo quelli indicati nella lettera di licenziamento.
Il motivo e’ infondato posto che, come risulta dalla sentenza impugnata: “Nel costituirsi in giudizio (in primo grado) la (OMISSIS) ha sostenuto che per mero errore nella lettera di licenziamento era stato indicato “come ultimo giorno di assenza da calcolarsi ai fini del comporto per malattia”, il 21.05.2011 e non il 25.5.2011; che, comunque, la societa’ non aveva alcun obbligo di indicare analiticamente, nella lettera di licenziamento, i giorni di assenza per malattia del lavoratore…. Il giudice di prime cure, ritenuto decisivo il fatto che la ricorrente fosse ancora assente per malattia alla data del licenziamento e che a quella data il periodo di comporto era stato effettivamente superato, ha respinto il ricorso. Con il primo motivo di appello (OMISSIS) censura la sentenza per avere il Tribunale disatteso il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale qualora il datore di lavoro, pur non essendovi tenuto, indichi analiticamente nella lettera di licenziamento le giornate di assenza per malattia che hanno, a suo avviso, determinato il superamento del periodo di comporto, l’indicazione e’ vincolante e preclude la possibilita’ di considerare, ai fini della legittimita’ del recesso, altre giornate di assenza”.
Da quanto sopra emerge che la questione esaminata dalla corte di merito (se i giorni di assenza indicati nella lettera di licenziamento determinavano effettivamente il superamento del comporto) le era stata assolutamente devoluta.
Del resto la stessa societa’ aveva ammesso, sin dal primo grado, che le assenze per malattia indicate nella lettera di licenziamento non determinavano il superamento del periodo di comporto, che sarebbe scaduto invece il 25.5.11, donde la doglianza, contenuta nell’attuale ricorso (pag. 11), della necessita’, da parte della sentenza d’appello, di valutare solo se alla data del licenziamento (25.5.11) il periodo di comporto era scaduto o meno, risulta infondata.
2. – Con il secondo motivo la societa’ denuncia la violazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7 e della L. n. 604 del 1966, articolo 2, per non avere considerato l’insussistenza di un obbligo del giudicante di valutare i giorni di assenza indicati nella lettera di licenziamento, non sussistendo alcun obbligo del datore di lavoro di indicare specificamente in essa i giorni di assenza considerati ai fini del calcolo del comporto, in mancanza di una esplicita richiesta del lavoratore.
Il motivo e’ infondato.
Ed invero seppure deve convenirsi, in base al principio secondo cui il licenziamento per superamento del comporto non puo’ assimilarsi ad un licenziamento disciplinare con i connessi obblighi in tema di specificita’ ab origine della contestazione (ex aliis, Cass. n. 8440/13), che il datore di lavoro non e’ tenuto a specificare i giorni di assenza di malattia (Cass. n. 21377/16), salva esplicita richiesta del lavoratore L. n. 604 del 1966, ex articolo 2 (Cass. n. 2554/15), tuttavia, una volta indicate le assenze nella lettera di licenziamento, esse non possono essere poi modificate dal datore di lavoro (Cass. n. 18283/09; cfr. altresi’ Cass. n. 7950/11). Peraltro nella specie assume rilievo la circostanza, evidenziata dalla sentenza impugnata, che la societa’ dapprima dedusse che il termine dell’ultima assenza per malattia doveva intendersi il 25.5.11 (e non il 21.5.11), poi contraddittoriamente deducendo che tale data doveva intendersi 31.5.11, avendo erroneamente indicato il 21 per il 31.
3. – Con il terzo motivo la societa’ denuncia la violazione degli articoli 1429, 1431 e 1433 c.c., per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, lamentando, come detto, che per mero errore di “battitura” era stata indicata nella lettera di licenziamento la data del 21.5.11 anziche’ quella del 31.5.11.
Il motivo e’ inammissibile non esistendo piu’ il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma solo l’omesso esame di un fatto decisivo, che nella specie non sussiste avendo la sentenza impugnata congruamente esaminato tale fatto, anche a voler prescindere dalla mancanza di prova circa il dedotto “errore di battitura”.
4. – Con il quarto, quinto e sesto motivo la societa’ denuncia la violazione degli articoli 1429, 1431 e 1433 c.c. “per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo’, sempre in ordine alla sussistenza dell’effettivo superamento del comporto alla data del 25.5.11, oltre alla palese erronea indicazione della data del 21.5.11 in luogo di quella, corretta, del 25.5.11.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati alla luce delle considerazioni che precedono, essendo risultato indimostrato l’errore di “battitura” di cui sopra, ed essendo pacifico che al 21.5.11 la ricorrente non aveva superato il periodo di comporto.
7. – Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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