Nel caso in cui il curatore si intervenuto nell’esecuzione promossa dal creditore fondiario, il tribunale deve verificare se l’attività svolta in concreto si sia tradotta in un risultato realmente utile per la massa dei creditori, valutando ad esempio se il curatore abbia riscosso le rendite dei beni ipotecati o in parte il prezzo.

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 6 giugno 2018, n. 14631.

La massima estrapolata:

Nel caso in cui il curatore si intervenuto nell’esecuzione promossa dal creditore fondiario, il tribunale deve verificare se l’attività svolta in concreto si sia tradotta in un risultato realmente utile per la massa dei creditori, valutando ad esempio se il curatore abbia riscosso le rendite dei beni ipotecati o in parte il prezzo.

Ordinanza 6 giugno 2018, n. 14631

Data udienza 19 gennaio 2018.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 1436/2013 proposto da:
(OMISSIS), (CF (OMISSIS)) rapp.to e difeso per procura in calce al ricorso dall’avv. (OMISSIS) presso il quale elettivamente domicilia in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (CF (OMISSIS)) e (OMISSIS) ((OMISSIS)) in proprio e nella qualita’ di curatori del fallimento di Giordano Pietro, elettivamente domiciliati in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) che li rappresenta e difende in virtu’ di procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
e
(OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del 5 novembre 2012 del Tribunale di Benevento;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2018 dal relatore dr. Aldo Ceniccola.
RILEVATO
che:
con decreto del 5.11.2012 il Tribunale di Benevento, sulla richiesta di liquidazione dei compensi avanzate dai curatori che nel tempo si erano succeduti nella gestione del Fallimento di (OMISSIS), liquidava, tenuto conto dell’ammontare delle attivita’ realizzate, del passivo fallimentare, dell’opera prestata da ciascuno, della difficolta’, laboriosita’ e durata dell’incarico, in favore della d.ssa (OMISSIS) la somma di Euro 8.500, in favore del dott. (OMISSIS) la somma di Euro 1500 ed in favore dell’avv. (OMISSIS) e del dr. (OMISSIS) la somma complessiva di Euro 1500, il tutto oltre accessori e spese in favore di ciascuno;
avverso tale decreto il dott. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Resistono l’avv. (OMISSIS) ed il dr. (OMISSIS) in proprio e quali curatori del fallimento Giordano Pietro, mediante controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1) con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 39, in relazione all’articolo 102 c.p.c., agli articoli 111 e 24 Cost., agli articoli 737 c.p.c. e ss. ed al Decreto Ministeriale n. 30 del 2012, articoli 1 e 2 (ex articolo 360 c.p.c., n. 3), nonche’ la nullita’ del procedimento e del provvedimento impugnato (articolo 360 c.p.c., n. 4), in quanto nel corso del procedimento L. Fall., ex articolo 39. il Tribunale avrebbe omesso di assicurare il contraddittorio tra i curatori succedutisi nel tempo; in particolare, lamenta che non gli sia stato reso noto ne’ il contenuto delle istanze di liquidazione dei compensi degli altri curatori ne’ il contenuto dei chiarimenti depositati dall’avv. (OMISSIS) e dal dr. (OMISSIS) sulla sua richiesta di liquidazione e su quella depositata dalla d.ssa (OMISSIS), e che gli sia stato percio’ impedito di esporre al riguardo eventuali controdeduzioni;
2) con il secondo motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5) avendo il Tribunale omesso di considerare, ai fini del calcolo dell’attivo al quale rapportare il compenso, due rilevanti poste, quali il ricavato dalla vendita coattiva di un immobile intervenuta nella procedura esecutiva, gia’ in atto alla data del fallimento, promossa dalla creditrice fondiaria (OMISSIS), ed il valore di un terreno (in comproprieta’ tra il fallito e la moglie) acquisito alla procedura fallimentare e valutato per l’intero in Euro 42.000;
3) con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 39 e del Decreto Ministeriale n. 30 del 2012, articolo 1 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) in quanto il Tribunale, trascurando l’esistenza ed il valore dei cespiti sopra indicati, non avrebbe calcolato il compenso spettante ai curatori tenendo conto dell’effettivo attivo realizzato;
4) con il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 39, anche in relazione al Decreto Ministeriale n. 30 del 2012, articoli 1 e 2 (articolo 360 c.p.c., n. 3), nonche’ la motivazione apparente e la nullita’ del provvedimento impugnato, avendo il Tribunale violato ogni criterio di proporzionalita’ nella suddivisione delle somme spettanti ai curatori e trascurato ogni riferimento ai periodi di effettivo svolgimento delle rispettive funzioni ed alle attivita’ liquidatorie da ciascuno specificamente svolte;
5) il primo motivo e’ fondato;
secondo quanto gia’ condivisibilmente statuito da questa Corte “la previsione della complessiva determinazione del compenso al curatore e del successivo riparto tra i due curatori, succedutisi nella funzione, comporta, stante l’unitarieta’ della situazione sostanziale, la necessita’ della partecipazione al procedimento camerale di cui alla L. Fall., articolo 39 di ambedue i soggetti che hanno rivestito tale qualita’, al fine di individuare la frazione spettante a ciascuno, nel rispetto del principio del contraddittorio” (Cass. n. 13551 del 2012);
il richiamo alla necessita’ del rispetto del principio del contraddittorio e’ presente anche in Cass. n. 25532 del 2016, secondo cui “la complessiva determinazione del compenso spettante al curatore del fallimento ed il suo successivo riparto tra i soggetti succedutisi nella funzione necessita, stante l’unitarieta’ della situazione sostanziale, della partecipazione al procedimento camerale di tutti coloro che hanno rivestito tale qualita’, al fine di individuare la frazione spettante a ciascuno nel rispetto del principio del contraddittorio” ed in Cass. n. 8404 del 2016 (sia pure, in quest’ultima, con il riferimento “alle forme piu’ idonee individuate dal collegio”);
affinche’ tale principio possa considerarsi realmente ed efficacemente rispettato, tuttavia, con riferimento al caso in cui due (o piu’ curatori) si siano avvicendati nella carica, non e’ sufficiente che il primo sia stato posto nella condizione di evidenziare al Tribunale, attraverso il deposito di una memoria esplicativa, i singoli aspetti qualificanti l’attivita’ di gestione posta in essere, unitamente ai conteggi relativi alle proprie spettanze, occorrendo piuttosto che, qualora dall’esame della memoria depositata dall’ultimo curatore emergano elementi concretamente idonei a smentire il quadro ricostruttivo svolto dal precedente curatore (e dunque suscettibili di incidere negativamente sulla determinazione del suo compenso), quest’ultimo sia posto in grado, eventualmente attraverso il deposito di un’ulteriore memoria illustrativa, di poter replicare efficacemente alle osservazioni contenute nella relazione presentata al Tribunale dall’ultimo curatore e diretta alla determinazione del compenso complessivo e della frazione spettante a ciascuno;
la piena attuazione del principio del contraddittorio, infatti, ripetutamente richiamato nei citati arresti, deve trovare piena attuazione: non solo, dunque, con riferimento al suo aspetto partecipativo (consentendo al curatore di accedere al procedimento volto alla determinazione del compenso), ma anche riguardo al profilo piu’ strettamente difensivo, ponendolo nelle condizioni di replicare alle osservazioni, svolte dal curatore successivo, potenzialmente in grado di influire in modo peggiorativo sulla sua posizione;
6) il secondo ed il terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.
come risulta dal controricorso, il tribunale ha omesso di includere fra l’attivo realizzato il valore di un immobile abbandonato dalla procedura fallimentare e di un ulteriore immobile oggetto di esecuzione forzata da parte del creditore fondiario, in relazione al quale nessuna attivita’ e’ stata compiuta dalla curatela;
in proposito va rilevato che il valore dell’immobile abbandonato non va in effetti considerato ai fini della determinazione dell’attivo rilevante per il calcolo del compenso, dovendosi fare riferimento solo all’attivo derivante da una attivita’ di tipo realmente liquidatorio e dunque idonea a realizzare un incremento patrimoniale per la procedura fallimentare;
quanto all’ulteriore elemento trascurato dal tribunale, consistente nel valore dell’immobile venduto in sede esecutiva su iniziativa del creditore fondiario, si osserva quanto segue;
secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, la valutazione delle attivita’ compiute dal curatore ai fini della realizzazione dell’attivo nell’ambito della procedura concorsuale costituisce apprezzamento di fatto rimesso all’esclusiva valutazione del tribunale: partendo da tale presupposto, Cass. n. 11952 del 1993 ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale di escludere che l’importo ricavato dalla procedura singolare promossa dal creditore fondiario fosse configurabile come “attivo realizzato”, sul rilievo che, se pure il curatore era intervenuto nella procedura esecutiva, l’importo stesso era stato interamente ricavato al di fuori del fallimento merce’ l’operato di organi diversi dalla curatela e che esso non era in alcun modo e neanche in parte confluito nella massa attiva del fallimento;
da tale decisione si ricava chiaramente il principio secondo il quale allorche’ il curatore sia intervenuto nell’esecuzione promossa dal creditore fondiario, il tribunale, con apprezzamento di fatto insuscettibile di sindacato in sede di legittimita’, deve verificare se l’attivita’ concretamente posta in essere dal curatore si sia tradotta in un risultato realmente utile per la massa dei creditori, verificando ad esempio se il curatore abbia riscosso le rendite dei beni ipotecati o in parte il prezzo ai fini della graduazione;
nella stessa prospettiva, d’altronde, va considerato l’ulteriore precedente (citato dal ricorrente nella memoria, sebbene per ricavarne un’opposta conclusione) rinvenibile in Cass. n. 100 del 1998 che, confermando espressamente il criterio di valutazione sostanzialistica dell’opera del curatore e riaffermata l’esigenza che il compenso venga determinato valutando l’attivita’ nel suo complesso, ha preso in esame il caso in cui la vendita dell’unico cespite immobiliare gravato da ipoteca per credito fondiario era stata realizzata direttamente dal curatore, per pervenire alla conclusione che l’attivita’ andava compensata con riferimento all’effettivo valore del bene, corrispondente appunto al prezzo realizzato;
con riferimento all’ipotesi oggetto del presente giudizio, deve rilevarsi che se e’ vero che il Tribunale ha omesso di motivare riguardo alle ragioni della mancata inclusione, nell’attivo realizzato, del ricavato della vendita promossa dal creditore fondiario, e’ anche vero che il ricorrente ha trascurato a sua volta di evidenziare i fatti dai quali dipende la decisivita’ dell’omissione, se cioe’ il curatore sia intervenuto nella procedura esecutiva, se abbia svolto un’attivita’ diretta a realizzare una concreta utilita’ per la massa dei creditori, se una parte del ricavato della vendita sia stata incamerata dalla procedura fallimentare;
intanto dunque l’omissione del Tribunale avrebbe avuto un peso decisivo se ed in quanto il ricorrente avesse valorizzato il compimento di un’attivita’ concretamente preordinata alla gestione dell’immobile, alla realizzazione del ricavato o alla distribuzione di parte di quest’ultimo in favore dei creditori, non potendosi, in mancanza, considerare scorretta la mancata inclusione nell’attivo realizzato del ricavato della vendita promossa in sede espropriativa dal creditore fondiario;
l’accoglimento del primo motivo di ricorso, che comporta l’assorbimento del quarto, impone di cassare il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Benevento che, in diversa composizione, provvedera’ a statuire anche sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte, rigettati il secondo ed il terzo motivo del ricorso, accoglie il primo, dichiara assorbito il quarto, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Benevento in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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