Bancarotta fraudolenta ed investimento fatto in anni precedenti privo di giustificazione imprenditoriale

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 18 ottobre 2018, n. 47503.

La massima estrapolata:

È configurabile il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale nel caso in cui, in seguito al fallimento della società, si scopre che un investimento fatto in anni precedenti era privo di alcuna giustificazione o ragionevolezza imprenditoriale. Deve considerarsi tale, infatti, il versamento di 100mila euro da parte dell’amministratore di una Srl, che all’epoca già navigava in cattive acque, nei confronti di una società di marketing specializzata nella «pubblicità di singoli candidati», dal momento che il Parlamento aveva già approvato il Porcellum con il suo corollario di liste bloccate e divieto di esprimere preferenze. Non passa la tesi dell’imputato secondo cui si era trattato di un investimento, operato in un periodo in cui la società era in massima espansione, nel settore di marketing politico, che non aveva avuto esito felice a causa della nuova legge elettorale.

Sentenza 18 ottobre 2018, n. 47503

Data udienza 4 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luig – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere

Dott. CATENA Rossella – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/05/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EDUARDO DE GREGORIO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. SALZANO FRANCESCO che ha concluso per il rigetto.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Milano, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, che aveva condannato l’imputato (OMISSIS), quale amministratore della “(OMISSIS) srl”, alla pena di giustizia per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale per irregolare tenuta delle scritture contabili e preferenziale, dichiarando la prescrizione di quest’ultimo reato e confermando nel resto la pronunzia; sentenza dichiarativa di fallimento del (OMISSIS).
1.Avverso la decisione ha proposto ricorso l’imputato, lamentando col primo motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione circa la conferma dell’ipotesi di bancarotta fraudolenta. La Corte territoriale,infatti, aveva ritenuto il finanziamento verso la societa’ (OMISSIS), pari a poco piu’ di 100 mila Euro, privo di giustificazione, mentre era stato evidenziato che si era trattato di un investimento, operato in un periodo in cui la societa’ era in massima espansione, nel settore di marketing politico, che non aveva avuto esito felice a causa della nuova legge elettorale che impediva l’indicazione di preferenze; d’altra parte l’oggetto sociale di (OMISSIS), pubblicita’ elettorale di singoli candidati alle elezioni, era convergente con quello della fallita e, cio’ confermava che si trattava di una spesa razionale,sostenuta nell’interesse della societa’.
1.1 Per altro aspetto la sentenza aveva qualificato come spese personali e, quindi, di natura distrattiva, l’esborso di poco piu’ di 3000 Euro per un soggiorno in Sardegna, che, invece, era stato funzionale alla conoscenza con l’imprenditore (OMISSIS) ed alla stipula di contratti col suo gruppo, poi non eseguiti per cause di forza maggiore.
1.2La Corte avrebbe errato anche nel ritenere, senza spiegazione, distratto l’importo di 101mila Euro, che era addebitabile ad una truffa subita dall’imputato, per la quale il curatore fallimentare aveva sporto querela.
1.3Quanto alla collaborazione con la societa’ (OMISSIS), i Giudici del merito avevano posto in risalto che l’operazione aveva fruttato a tale societa’ utili per 600 mila Euro, ma non avevano considerato che nell’ambito della partnership (OMISSIS) aveva conferito a Chiara srl, nel corso del 2006, oltre 400 mi1a Euro e per questo motivo avevano definito l’intero intervento privo di coerenza commerciale.
2. Col secondo motivo e’ stata censurata la motivazione per illogicita’ quanto alla ritenuta bancarotta documentale, poiche’ nel corso del giudizio di merito era stato dimostrato, tramite la testimonianza del curatore, che il movimento degli affari ed il patrimonio della fallita erano stati ricostruiti, senza speciali difficolta’, attraverso i documenti contabili che, a piu’ riprese l’imputato aveva depositato al curatore. Del resto questi aveva analiticamente annotato nella sua relazione tutte le scritture contabili consegnategli e non ne aveva chieste ulteriori, dovendo, in tal modo ritenersi adempiuto l’obbligo di consegna della documentazione contabile da parte del fallito.
2.1 Trascurando tali elementi di prova, la Corte aveva considerato integrato il delitto di bancarotta fraudolenta documentale ed inoltre non aveva tenuto in conto che la societa’ nell’anno 2007 non era stata operativa, giustificando la conferma dell’affermazione di responsabilita’ anche per le carenze documentali relative al periodo di mancata attivita’.
3. Tramite il terzo motivo e’ stato dedotto il vizio di omessa motivazione sulla richiesta di riqualificazione giuridica del fatto come bancarotta semplice. La difesa ha rappresentato che l’amministrazione da parte dell’imputato era stata imprudente e gli atti di gestione incriminati erano stati realizzati nell’interesse della societa’ ma con esito sfortunato. A dimostrazione il ricorrente, tra l’altro, ha posto in luce che era stato proposto il concordato preventivo, rifiutato da uno dei creditori ed anche per questo profilo del fatto appariva da escludere la sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
4. Nel quarto motivo il ricorrente ha richiamato la sentenza Corvetta di questa stessa Sezione, assumendo che tutte le circostanze di fatto dimostrate dai processi di merito inducevano a ritenere non provata la consapevolezza del giudicabile di depauperare il patrimonio societario al fine di provocarne il fallimento.
All’odierna udienza il PG, Dr. Salzano, ha concluso come in epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato.
1. In relazione alla condotta distrattiva consistita nell’aver finanziato ingiustificatamente la societa’ (OMISSIS), occorre osservare come non possa accogliersi la tesi della difesa circa le ripercussioni negative, in termini economici, delle modifiche apportate dalla riforma elettorale risalente al 2005.
All’epoca del finanziamento, avvenuto tra il 2004-2005, infatti, i profili di riforma e, in particolare, l’impossibilita’ per gli elettori di indicare singole preferenze, seppur formalmente entrati in vigore dal dicembre 2005, erano noti e avrebbero dovuto esserlo ancor piu’ nel settore all’interno del quale operava l’odierno ricorrente. La giustificazione addotta, pertanto, non risulta adeguata a smentire la prospettazione accusatoria, recepita dai Giudici del merito, che hanno ravvisato nel finanziamento a (OMISSIS) un’operazione idonea ad incidere sull’integrita’ patrimoniale della societa’, essendo gia’ in stato di crisi l’impresa del ricorrente.
Secondo quanto chiarito dalle SU di questa Corte (sent. 22474 del 31.3.2016 Passarelli) una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, i fatti distrattivi assumono rilievo in qualsiasi momento essi siano stati commessi e, quindi, anche quando l’impresa non versava in condizioni di insolvenza. Cio’ a maggior ragione quando – come nel caso in esame – la sussistenza dell’elemento soggettivo (dolo generico) sia agevolmente desumibile da evidenti “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta, alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, nella irriducibile estraneita’ del fatto generatore dello squilibrio tra attivita’ e passivita’ rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale. La verifica di tali indici e’ considerata necessaria a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrita’ del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volonta’ della condotta in concreto pericolosa. (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017 – dep. 01/08/2017, Sgaramella e altro, Rv. 27076301).
1.1. Applicando tali principi al caso di specie risulta evidente come l’operazione contestata, avuto riguardo ai dati gia’ richiamati dell’entita’ dell’esborso patrimoniale, della capacita’ economica della societa’ nel contesto nel quale aveva operato, abbia concretamente messo in pericolo l’integrita’ patrimoniale della stessa.
1.2. Il profilo del ricorso volto a contestare la qualificazione delle spese sostenute in occasione di un soggiorno in Sardegna come personali appare inammissibile. Come correttamente sostenuto dai giudici del merito, il ricorrente ha asserito genericamente che il viaggio sia stato funzionale alla stipulazione di contratti lavorativi poi non autorizzati dal Comune di Milano senza dedurre, pero’, alcuna prova della loro esistenza.
1.3. In relazione alla condotta distrattiva di Euro 101.000, la doglianza della difesa risulta infondata. La configurazione della truffa come causa della perdita economica subita dalla societa’ non si ritiene verosimile per come descritta dal ricorrente. L’esborso di una somma cosi elevata a titolo di prestito personale a fronte di un futuro ed incerto finanziamento risulta al di fuori da ogni canone di ragionevolezza. Per altro verso, il carattere surreale della dinamica dei fatti per come presentata dal ricorrente – e riassunta a pag 3 della sentenza – non puo’ essere superato dalla semplice presenza della querela sporta dal curatore, che non assume di per se’ carattere di prova circa l’effettiva verificazione della truffa.
1.4. Quanto alla collaborazione con la societa’ (OMISSIS), il ricorrente ha dedotto genericamente l’esistenza di un ricavato di circa 400.000 Euro di cui la Corte non avrebbe tenuto conto, non allegando, pero’, alcun riscontro contabile che dia prova di quanto affermato.
2. Con riferimento alla contestazione della bancarotta documentale occorre premettere che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il reato previsto dall’articolo 216, comma 1, n. 2, L.F. richiede il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilita’ potra’ rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volonta’ di impedire quella ricostruzione. Sez. 5, Sentenza n. 5264 del 17/12/2013 Ud. (dep. 03/02/2014) Rv. 258881.
2.1 Nel caso di specie i Giudici del merito hanno fatto corretta applicazione di tali principi, poiche’ hanno ritenuto accertata la tenuta di registri e scritture in modo inidoneo alla ricostruzione degli affari e del patrimonio della fallita, e coerentemente integrata la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale.
Infatti, la motivazione ha richiamato plurime incongruenze nelle scritture e nei libri contabili, quali, a titolo esemplificativo, il numero nettamente inferiore di creditori della societa’ che da esse emergeva, pari a 22 mentre in realta’ il loro numero era di 252, e l’errata individuazione dei soggetti debitori, che dalla verifica delle scritture risultavano in realta’ aver gia’ adempiuto alle rispettive obbligazioni.
3. La sussistenza delle condotte analiticamente individuate nel provvedimento impugnato esclude l’invocata riqualificazione del fatto in bancarotta semplice.
4. Da ultimo, il profilo del ricorso relativo alla consapevolezza del giudicabile circa il depauperamento della societa’ risulta infondato.
Occorre ribadire che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale del tutto consolidato, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non e’ necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento (RV 261942; RV 262741; RV 261683) e, d’altro canto, il delitto in questione e’ reato di pericolo a dolo generico, per la cui sussistenza, pertanto, non e’ necessario che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, ne’ che abbia agito con l’intenzione di recare pregiudizio ai creditori (RV253932; RV 260407).
4.1 Le pronunce richiamate hanno ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, dal quale, in modo del tutto isolato, si era discostata sez. 5 N. 47520 Corvetta, menzionata nel ricorso dell’odierno ricorrente, affermando che lo stato d’insolvenza che da’ luogo al fallimento, in qualita’ di evento del reato, deve porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente e deve essere sorretto dall’elemento soggettivo del dolo.
In tal senso le SU, con la ricordata sentenza Passarelli, hanno ribadito che, ai fini del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non e’ necessaria la sussistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le sue risorse ad impieghi estranei alla sua attivita’. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Avv. Renato D’Isa