Accordo CTU non è conciliazione giudiziale tipica

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 gennaio 2025| n. 2212.

Accordo CTU non è conciliazione giudiziale tipica

Massima: L’accordo fra le parti, verbalizzato dal consulente tecnico d’ufficio, pur non integrando una conciliazione giudiziale con efficacia estintiva del giudizio, in quanto redatto in assenza del giudice ed al di fuori delle ipotesi di controversia contabile previste dall’art. 199 c.p.c., ben può costituire, ove il giudice ne ravvisi gli estremi, un negozio transattivo sostanziale, idoneo a determinare, da un lato, la cessazione dell’originaria materia del contendere e, dall’altro, l’insorgere di nuove obbligazioni a carico delle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che ha ritenuto non vincolante, in quanto non trasfuso in un provvedimento giudiziario, l’accordo raggiunto tra le parti nel corso di un processo successivamente estintosi a seguito del deposito del verbale di definizione pattizia).

 

Ordinanza|30 gennaio 2025| n. 2212. Accordo CTU non è conciliazione giudiziale tipica

Integrale

Tag/parola chiave: Prova civile – Consulenza tecnica – Conciliazioni delle parti dinanzi al consulente tecnico – Processo verbale di conciliazione accordo concluso tra le parti in presenza del consulente tecnico d’ufficio – Conciliazione giudiziale – Esclusione – Negozio transattivo sostanziale – Idoneità – Limiti – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Relatore

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13955/2019 R.G. proposto da:

Mo.Gi., rappresentato e difeso dall’avvocato MO.CO. (Omissis);

-ricorrente-

contro

An.Ma., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI.SA., presso lo studio dell’avvocato MA.EL., rappresentato e difeso dall’avvocato D.AU. (Omissis);

-controricorrente-

Mo.Em., St.An.;

-intimate-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 179/2019, depositata l’11/02/2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

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PREMESSO CHE

1. Mo.Gi., assumendosi proprietario di un terreno e di un fabbricato confinanti con la proprietà dei coniugi An.Ga. e Mo.Ma., li chiamava in giudizio, deducendo: che i convenuti avevano impedito l’irrigazione del terreno di sua proprietà; che non avevano adempiuto a un obbligo di fare imposto dal Tribunale di Nocera inferiore, che li aveva condannati a riportare una strada alle misure concordate con una scrittura privata; che avevano posizionato una scala in ferro impedendo all’attore di accedere a un bagno comune. L’attore chiedeva pertanto di accertare gli abusi edilizi commessi dai convenuti, con conseguente abbattimento delle opere abusive ed esecuzione dei lavori di ripristino dello stato dei luoghi.

I convenuti si costituivano e in via riconvenzionale chiedevano al Tribunale di accertare la loro esclusiva proprietà della strada, con servitù di passaggio in favore del fondo dell’attore. Nel corso del giudizio interveniva An.Ma. quale erede dei convenuti.

Con la pronuncia n. 506/2015, il Tribunale di Nocera inferiore ha rigettato le domande dell’attore e ha invece accolto la domanda riconvenzionale dei convenuti, accertando la loro proprietà esclusiva della strada, con diritto di passaggio in favore del fondo dell’attore.

2. La sentenza è stata impugnata in via principale da Mo.Gi. An.Ma. ha impugnato la sentenza in via incidentale, in quanto il Tribunale ha statuito che il diritto di passaggio di Morrone sulla strada non ha il contenuto e l’ampiezza stabiliti dal titolo originario, ma quelli previsti da un accordo del 1987. Nel corso del giudizio si costituiva Mo.Gi., quale erede di Mo.Gi. nel frattempo deceduto; si costituivano quali eredi di Mo.Gi. anche Mo.Em. e St.An.

Con la pronuncia n. 179/2019, la Corte d’Appello di Salerno ha respinto l’appello principale e ha accolto l’appello incidentale; in parziale riforma della sentenza impugnata, ha quindi accertato che gli eredi di Mo.Gi. vantano sulla strada di proprietà di An.Ma. “il diritto di passaggio da praticarsi partendo dalla strada comunale sulla (omissis) e dopo avere attraversato la (Omissis) sulla (Omissis) per una lunghezza di mt 80 fino a raggiungere il fondo intercluso di proprietà di parte appellante”; ha poi condannato gli eredi di Mo.Gi. in solido tra loro al pagamento delle spese di lite in favore di controparte.

3. Avverso la sentenza ricorre per cassazione Mo.Gi. in proprio e quale erede di Mo.Gi. Resiste con controricorso An.Ma. Con ordinanza interlocutoria n. 7605/2024, questa Corte ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Mo.Em. e St.An., integrazione che è stata tempestivamente eseguita.

Mo.Em. e St.An. non hanno proposto difese.

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CONSIDERATO CHE

1.1 Il ricorso è articolato in due motivi.

1. Il primo motivo contesta violazione dell’art. 159 c.p.c.: la Corte d’Appello ha fatto dipendere la validità dell’accordo del 1987 dalla sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. 230/2001, ricavandone così l’inutilizzabilità per estensione ad esso della nullità della sentenza dichiarata dalla Corte di cassazione; in realtà la declaratoria di nullità della sentenza del 2001 non ha in alcun modo inciso sulla validità del precedente accordo del 1987, trattandosi di un patto autonomo e indipendente, anteriore ai fatti del 1995 posti da Mo.Gi. alla base della domanda qiudiziale del 1987;

la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15879/2006, ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado per difetto del contraddittorio, pronunciando così una sentenza di mero rito inidonea ad incidere sul patto precedente.

1.2 Il secondo motiva lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1350, 2699, 2700, 2701, 2702 c.c.: la Corte d’Appello, sotto altro profilo, sembra ritenere che la validità ed efficacia dell’accordo del 1987 dipenda dall’essere stata trasfusa in un provvedimento giudiziario; il patto invece è racchiuso in un verbale con il quale si conclusero le operazioni condotte dal consulente tecnico d’ufficio nel corso di un processo, estintosi a seguito del deposito del verbale di definizione pattizia della lite; il verbale, da ritenersi atto pubblico in quanto redatto da un pubblico ufficiale, il consulente tecnico d’ufficio, faceva e fa piena fede nei confronti delle parti che lo stipularono e dei loro eredi, quali gli attuali litiganti, efficacia vincolante che il verbale d’altro canto ha anche considerandolo una mera scrittura privata.

2 Per ragioni di priorità logica va esaminato anzitutto il secondo motivo.

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Il motivo è fondato.

In relazione all’accordo del 28 marzo 1987 davanti al CTU, la Corte d’Appello osserva che esso era stato soltanto richiamato nella sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore del 2001, sentenza impugnata in appello e poi cassata, e non è poi chiarito se “esso sia stato trasfuso in un provvedimento giudiziario o le parti abbiano stipulato una scrittura privata”, così che di esso “non può tenersi conto”. La Corte d’Appello si è limitata quindi a considerare che l’accordo era stato solo richiamato da una sentenza poi cassata e ha errato nel ritenere irrilevante l’accordo perché non trasfuso in un provvedimento giudiziario.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “l’accordo fra le parti verbalizzato dal consulente tecnico d’ufficio in una controversia avente ad oggetto l’esecuzione di un contratto…, pur non integrando una conciliazione giudiziale con efficacia estintiva del giudizio, in quanto redatto in assenza del giudice ed al di fuori delle ipotesi di controversia contabile previste dall’art. 199 c.p.c., ben può costituire, ove il giudice ne ravvisi gli estremi, un negozio transattivo sostanziale, idoneo a determinare, da un lato, la cessazione dell’originaria materia del contendere e, dall’altro, l’insorgere di nuove obbligazioni a carico delle parti” (così Cass. n. 13578/2008; cfr. pure Cass. n. 909/1981).

Si rende pertanto necessario un nuovo esame per rimediare all’errore di diritto.

L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo motivo.

II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Salerno, che deciderà attenendosi al principio di diritto sopra ricordato. Il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

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P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, dichiara assorbito il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2024.

Depositato in cancelleria il 30 gennaio 2025.

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