Il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non è passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento.
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 26 aprile 2017, n. 10208
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avv.ti (OMISSIS) (p.e.c. (OMISSIS), fax (OMISSIS)) e (OMISSIS) (p.e.c. (OMISSIS), fax (OMISSIS)), giusta procura con atto in autentica del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS);
– ricorrente –
nei confronti di:
Fallimento (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS) e del socio accomandatario (OMISSIS), in persona del curatore dott. (OMISSIS), domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dagli avv.ti (OMISSIS) (p.e.c. (OMISSIS), fax (OMISSIS)) e (OMISSIS) (fax (OMISSIS), p.e.c. (OMISSIS)) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 7111/15 del Tribunale di Rovigo, emesso il 17 luglio 2015 e depositato il 20 luglio 2015, n. R.G. 966/2015.
RILEVATO
che:
1. Con decreto del 20.7.2015 il Tribunale di Rovigo ha rigettato l’opposizione allo stato passivo proposta dal (OMISSIS) volta a far valere il proprio credito riconosciuto da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Padova e che il giudice delegato aveva ammesso al passivo solo in parte.
2. Avverso tale decreto il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
3. Con il primo motivo di ricorso il Banco ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 52 e 96 e degli articoli 324 e 647 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3), avendo il Tribunale rigettato l’opposizione unicamente considerando che l’esecutivita’ del decreto ingiuntivo, posta a fondamento della domanda di insinuazione, era successiva al fallimento ma trascurando la circostanza che il decreto era gia’ divenuto definitivo, una volta decorsi i termini di opposizione, in data anteriore alla dichiarazione di fallimento.
4. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 45 e 52 e dell’articolo 647 c.p.c., alla luce del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 (conv. con L. n. 221 del 2012) e del Decreto Legge 25 giugno 2014, n. 90 (conv. con L. n. 114 del 2014), in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c., atteso che, a seguito dell’introduzione del processo civile telematico, il deposito dell’istanza volta all’ottenimento della declaratoria di esecutivita’ deve avvenire in forma esclusivamente telematica e quindi in casi come quello in esame dovrebbe necessariamente considerarsi, ai fini dell’opponibilita’ al fallimento, la data nella quale il creditore abbia domandato la dichiarazione di esecutivita’, non potendo il creditore soffrire un pregiudizio a causa del tempo impiegato dal giudice per emettere tale dichiarazione (che, appunto, potrebbe intervenire dopo il fallimento).
RITENUTO
che:
5. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto strettamente connessi, sono infondati. La giurisprudenza di legittimita’ ritiene che “in assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’articolo 647 c.p.c.. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall’articolo 124 o dall’articolo 153 disp. att. c.p.c. e consiste in una vera e propria attivita’ giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione e a cui non puo’ surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorieta’ non e’ passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non e’ opponibile al fallimento, neppure nell’ipotesi in cui il decreto ex articolo 647 c.p.c. venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi della L. Fall., articolo 52” (Cass. civ. sezione 1, nn. 1650 del 27 gennaio 2014, 2112 del 31 gennaio 2014 e 23202 dell’il ottobre 2013). Tali considerazioni assorbono ogni ulteriore questione concernente i possibili ritardi del giudice e le possibili conseguenze – per altro riguardanti uno scenario solo ipotetico e non pertinenti nel caso in esame – che derivano dall’introduzione del processo civile telematico.
6. Il ricorso va pertanto respinto con condanna della societa’ ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 7.500 Euro di cui 100 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis
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