Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 16 febbraio 2015, n. 6785
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Napoli ha confermato la condanna di E.M. per il reato di diffamazione commesso ai danni di P.P. mediante il caricamento in internet in condivisione con gli altri utenti della rete di un file contenete un’immagine attinente la vita privaa.della persona offesa. In parziale riforma della pronunzia di primo grado la Corte distrettuale ha invece assolto l’imputato dai reati di interferenza illecita nella vita privata della persona offeso’ d oggetto l’acquisizione della menzionata immagine e di illecita divulgazione della medesima, provvedendo conseguentemente alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato articolando sette motivi.
2.1 Con il primo motivo viene eccepita la nullità della declaratoria di contumacia dell’imputato nel giudizio d’appello in conseguenza dell’omessa notifica al medesimo del decreto di citazione ex art. 601 c.p.p. presso il domicilio eletto, nonché l’omessa notifica all’E. dell’estratto contumaciale della sentenza impugnata, con conseguente mancato decorso nei confronti dello stesso del termine per impugnare. 2.2 Con il secondo motivo viene invece riproposta l’eccezione, già rigettata dalla Corte distrettuale, di nullità della sentenza di primo grado in conseguenza della mancata sottoscrizione delle trascrizioni dei verbali stenotipici delle udienze del 16 ottobre e del 13 novembre 20009 da parte degli operatori che li avevano redatti. 2.3 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 517 c.p.p. per il difetto di contestazione all’imputato dell’aggravante di cui al terzo comma dell’art. 595 c.p. ritenuta in sentenza, peraltro sulla base di una errata interpretazione dell’orizzonte applicativo di tale norma, atteso che quando il legislatore ha voluto riferire l’incriminazione alle reti telematiche lo ha fatto espressamente come, ad esempio, nell’art. 617 quater c.p.
2.4 Con il quarto motivo viene dedotta violazione di legge e correlati vizi di motivazione in relazione all’ordinanza del 6 giugno 2013 con cui la Corte territoriale ha resP. l’istanza di sospensione dell’esecuzione della condanna dell’imputato al pagamento della provvisionale svalutando apoditticamente le eccepite condizioni di salute dell’Errati e la loro incidenza sulla sua capacità di esercitare la propria professione, nonché l’onerosità della cifra di cui è stato imposto il pagamento. 2.5 Con il quinto motivo il ricorrente censura il mancato accoglimento dell’istanza di rinnovazione del’istruttoria dibattimentale ad oggetto l’acquisizione di alcuni sms idonei a dimostrare l’inattendibilità della persona offesa e l’espletamento dì un accertamento tecnico teso a dimostrare come non fosse stato l’Errati a “postare” in Internet la fotografia incriminata, nonché la natura meramente apparente della motivazione della sentenza in punto di responsabilità dell’imputato in quanto resa senza tenere conto di tali prove decisive.
2.6 Con il sesto viene inoltre dedotto il difetto di motivazione in relazione ad alcune delle doglianze svolte con il gravame di merito e precisamente a quelle relative all’attendibilità della persona offesa; al difetto di identità tra la foto caricata in internet e quella rinvenuta nel telefonino dell’imputato; al mancato rinvenimento nella disponibilità di quest’ultimo di una macchina fotografica del tipo di quella con cui è stato accertato venne scattata la foto oggetto di contestazione e sul suo computer fisso del relativo software di gestione, nonchè di immagini della P., nemmeno cancellate, o di file che lasciassero presumere che egli fosse stato l’autore della diffusione della foto in questione; alla non corrispondenza delle date di connessione dell’Errati al sito Emule con quelle dei fatti denunciati dalla P..
2.7 Analoghi vizi della motivazione, infine, vengono denunciati con il settimo ed ultimo motivo con riferimento alla determinazione della pena, nonostante la stessa sia stata determinata in prossimità del massimo edittale.
3. Con ordinanza emessa all’udienza del 27 maggio 2014 questa Sezione rilevata la pregiudizialità e la fondatezza della eccezione relativa all’omessa notifica all’imputato dell’estratto contumaciale della sentenza impugnata, disponeva ritrasmettersi gli atti alla Corte di appello di Napoli perché provvedesse alla suddetta notifica al domicilio eletto dall’E..
4. A seguito dell’esecuzione della menzionata notifica il difensore dell’imputato ha depositato il 7 novembre 2014 un nuovo ricorso articolato in quattro motivi.
Con il primo e il secondo ripropone sostanzialmente le doglianze già contenute, rispettivamente, nel terzo e quinto motivo del ricorso originario, mentre con il terzo ed il quarto quelle contenute, rispettivamente, nel sesto e settimo motivo dello stesso ricorso.
Considerato in diritto
1.Prelimìnarmente deve rilevarsi che il 4 giugno 2014 si è compiuto il termine di prescrizione del residuo reato per il quale è stata confermata la condanna dell’E.. La presenza delle statuizioni civili, peraltro, impone al Collegio di esaminare i motivi di gravame in funzione del giudizio di responsabilità, seppure ai limitati suddetti fini, senza ricorrere alla regola di giudizio di cui all’art. 129 c.p.p., fermo l’annullamento senza rinvio della sentenza agli effetti penali, posto che, come si illustrerà in seguito, non tutte le doglianze del ricorrente possono ritenersi inammissibili.
2. Sanata l’omessa notifica dell’estratto contumaciale della sentenza impugnata (e dunque superata la relativa eccezione sollevata con il primo motivo di ricorso), pregiudiziale, atteso il suo carattere assorbente, è l’esame dell’altra eccezione processuale sollevata sempre con il primo motivo del ricorso originario, la quale risulta peraltro manifestamente infondata.
2.1 Dagli atti emerge infatti che il decreto ex art. 601 c.p.p. è stato notificato all’imputato l’11 marzo 2013 a mani proprie, seppure presso la sua residenza – dove l’E. aveva originariamente dichiarato il proprio domicilio con atto del 7 novembre 2006 – e non presso lo studio del difensore – luogo in cui aveva invece successivamente eletto domicilio con dichiarazione depositata nella cancelleria del Tribunale il 30 agosto 2010 nelle more della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado. Va infatti ribadito che la notifica di atti e avvisi eseguita a mani proprie dell’imputato sebbene in presenza di un’elezione di domicilio, è valida dovunque essa avvenga, in quanto forma più sicura per portare l’atto a conoscenza del destinatario (ex multis Sez. 2, n. 6910 del 25 gennaio 2011, Macri’, Rv. 249360).
2.2 Ne consegue la regolarità della citazione dell’imputato per il giudizio d’appello e la ritualità della dichiarazione della sua contumacia nel suddetto giudizio, nonché la validità della sentenza pronuniata all’esito del medesimo.
3. L’ulteriore eccezione processuale sollevata con il secondo motivo è anch’essa manifestamente infondata.
3.1 Come già ricordato da questa Corte in precedenti occasioni, non è causa di nullità la mancata sottoscrizione da parte del tecnico delle trascrizioni stenotipiche delle udienze (Sez. 5, n. 45506 del 4 novembre 2008, Nerini, Rv. 242101; Sez. 1, n. 8452 del 11 gennaio 2007, Risaliti ed altri, Rv. 235684).
3.2 II ricorso lamenta la mancata sottoscrizione non già dei verbali di udienza, che la sentenza (senza venire contestata sul punto dal ricorrente) attesta essere stati redatti in forma riassuntiva e regolarmente firmati, ma di quelli stenotipici. Contrariamente al convincimento difensivo, infatti, in tema di documentazione degli atti, bisogna distinguere il verbale riassuntivo che deve necessariamente essere sottoscritto a pena di nullità ai sensi dell’art. 142 c.p.p. dall’ausiliario del giudice, dalla trascrizione stenotìpica delle udienze o dal testo della relativa registrazione, documenti che devono essere uniti agli atti del processo insieme ai nastri; in questo ultimo caso la omessa sottoscrizione da parte del tecnico non è prevista, come ricordato, a pena di nullità anche perché è sempre possibile procedere ad una nuova trascrizione dei nastri allegati agli atti.
4. Infondato è invece il terzo motivo relativo al presunto difetto di contestazione dell’aggravante di cui al terzo comma dell’art. 595 c.p., dovendosi in proposito ricordare che, per il consolidato insegnamento di questa Corte, non è necessaria la specifica indicazione della norma che la prevede, essendo sufficiente la precisa enunciazione “in fatto” della stessa, così che l’imputato possa avere cognizione degli elementi di fatto che la integrano (ex multis Sez. 2, n. 14651 del 10 gennaio 2013, P.G. in proc. Chatbi, Rv. 255793). Ed in tal senso l’aggravante riconosciuta dai giudici del merito non è quella dell’aver recato l’offesa con il mezzo della stampa, bensì con altro mezzo di pubblicità, circostanza ben contestata in fatto nel caso di specie con l’esposizione nell’atto imputativo delle concrete modalità di diffusione della foto mediante il suo caricamento sulla rete pubblica telematica. E’ infatti ius receptum che la diffamazione tramite internet costituisca un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 c.p., comma 3, in quanto commessa con altro (rispetto alla stampa) mezzo di pubblicità idoneo a determinare quella maggior diffusività dell’offesa che giustifica un più severo trattamento sanzionatorio (ex multis Sez. 5, n. 31392 del 1° luglio 2008, P.C. in proc. Alberti, in motivazione e Sez. 5, n. 44980 del 16 ottobre 2012, P.M. in proc. Nastro, in motivazione).
5. II quarto motivo è inammissibile atteso che, come già chiarito da questa Corte anche di recente, l’ordinanza con cui il giudice di appello rigetta la richiesta dell’imputato di sospensione, ai sensi dell’art. 600, comma terzo, c.p.p., dell’esecuzione della condanna al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile è inoppugnabile per assenza di una previsione di legge in tal senso (Sez. 1, n. 44603 del 3 ottobre 2013, Falcucci, Rv. 257894). Men che meno, poi, nel caso di specie l’ordinanza poteva essere impugnata con la sentenza, atteso che si tratta di provvedimento adottato dopo la pronunzia della sentenza medesima e non nel corso del giudizio d’appello.
6. Inammissibile è anche il quinto motivo.
6.1 Sotto un primo profilo va richiamato il principio a tenore del quale il giudice di appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, mentre, qualora ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo (Sez. 3 n. 24294 del 7 aprile 2010, D.S.B., rv 247872; Sez. 6 n. 5782/07 dei 18 dicembre 2006, Gagliano, rv 236064).
6.2 Sotto un secondo profilo vale, altresì, ricordare che l’integrazione istruttoria in grado di appello ha carattere eccezionale e può essere disposta soltanto quando il giudice non possa decidere allo stato degli atti; il che si traduce nella necessità che la prova offerta sia decisiva, cioè idonea ad eliminare ogni incertezza o ad inficiare il valore probatorio di ogni altra risultanza di segno contrario (Sez. 3 n. 35372 del 23 maggio 2007, Panozzo, rv 237410; Sez. 3 n. 21687 del 7 aprile 2004, Modi, rv 228920). Nel caso di cui ci si occupa il ricorrente, nel denunciare la mancata acquisizione delle prove richieste non spiega per quale via le stesse avrebbero potuto influire in modo decisivo sull’esito del processo, omettendo perfino di specificare quale sarebbe stato l’oggetto degli sms di cui aveva richiesto l’acquisizione, circostanza che per altro verso evidenzia come il motivo di ricorso in esame difetti di specificità.
6.3 Infine, quanto all’invocato accertamento tecnico, questa Corte ha ripetutamente avuto modo di chiarire come la mancata disposizione di una perizia non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606 comma primo lett. d) c.p.p., in quanto la stessa non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice (Sez. 4, n. 4981/04 del 5 dicembre 2003, P.G. in proc. Ligresti ed altri, Rv. 229665; Sez. 6, n. 43526 del 3 ottobre 2012, Ritorto e altri, Rv. 253707).
7. Ed inammissibili sono anche le censure mosse alla motivazione della sentenza con il sesto motivo di ricorso.
7.1 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (tra le tante Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n. 22445 del 8 maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio 2005, Giagnorio, rv. 231708).
7.2 II motivo di ricorso in esame si limita per l’appunto a riproporre doglianze già sollevate con il gravame di merito e, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, specificamente esaminate (si v. pp. 10 -12 della sentenza) e motivatamente respinte dal giudice d’appello attraverso argomentazioni che appaiono logiche e coerenti al compendio probatorio di riferimento e con le quali comunque lo stesso ricorrente non si è minimamente confrontato.
8. Dalla rilevata prescrizione del reato discende invece l’assorbimento delle critiche avanzate con il settimo motivo alla motivazione della sentenza in merito alla dosimetria della pena. Mentre, per quanto concerne il ricorso proposto dal difensore dell’imputato dopo la notifica dell’estratto contumaciale, deve rilevarsi che l’atto può essere al più preso in considerazione come proposizione di motivi nuovi. Infatti dopo la suddetta notifica, solo un ricorso proposto personalmente dall’imputato avrebbe potuto ritenersi tempestivo, atteso che il difensore già aveva esercitato il proprio autonomo diritto di impugnazionE. Ciò detto, i motivi, come illustrato, ripropongono negli stessi termini i motivi di ricorso già esaminati e ritenuti inammissibili in precedenza ai punti 4, 6 e 7, nonché quelli considerati assorbiti.
9. In definitiva la sentenza deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali per l’intervenuta prescrizione del reato e il ricorso rigettato agli effetti civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, per essere il reato sub C) estinto per prescrizionE. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Leave a Reply