Tutti gli amministratori di società per azioni hanno un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 17 maggio 2019, n. 13397.

La massima estrapolata:

L’art. 2392 cod. civ., nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dal D.lgs. n. 6 del 2003, impone a tutti gli amministratori di società per azioni un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, che non viene meno nell’ipotesi di attribuzioni proprie di uno o più amministratori, restando anche in tal caso a carico dei medesimi l’onere della prova di essersi diligentemente attivati per porre rimedio alle illegittimità rilevate

Sentenza 17 maggio 2019, n. 13397

Data udienza 6 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso il suo studio, rappresentato e difeso da se medesimo;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a. in l.c.a., in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato Prof. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato Prof. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Prof. (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato Prof. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Prof. (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di erede di (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato Prof. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS) vedova (OMISSIS) e di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Prof. (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 758/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/12/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ o in subordine rigetto del ricorso principale (OMISSIS); per il rigetto del ricorso (OMISSIS) +2; per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso (OMISSIS); per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso Amabile; per l’estinzione per rinuncia del ricorso (OMISSIS); per l’estinzione del ricorso (OMISSIS)+1; per il rigetto del ricorso della Tirrena, tranne nei confronti delle parti che hanno rinunciato; per l’accoglimento dei motivi sesto e decimo del ricorso (OMISSIS); per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso (OMISSIS)+1; per l’estinzione dei ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS); si oppone alla richiesta di rinvio per transazioni;
uditi, per il ricorrente principale, gli Avvocati (OMISSIS) ed (OMISSIS), con delega orale, che hanno chiesto l’accoglimento dei propri scritti;
udito, per la (OMISSIS) in liqu., l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso e rigetto degli altri incidentali avversari, inammissibilita’ o rigetto del ricorso principale (OMISSIS);
udito, per (OMISSIS) +1, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento dei propri scritti;
udito, per (OMISSIS), l’avvocato (OMISSIS) che ha chiesto in via principale un rinvio per transazioni in corso; l’inammissibilita’ del ricorso Tirrena; per il resto si riporta;
udito, per (OMISSIS)+ altri, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento dei propri scritti; si associa alla richiesta di rinvio;
uditi, per (OMISSIS), gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l’accoglimento dei propri scritti ed in particolare l’inammissibilita’ del ricorso (OMISSIS); cassazione sentenza per transazioni;
uditi, per (OMISSIS) + altri, gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto rinvio per transazioni e comunque si riportano agli scritti;
udito, per (OMISSIS), l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’estinzione del giudizio;
udito, per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’estinzione.

FATTI DI CAUSA

Nel 1997, la Compagnia (OMISSIS) in l.c.a. promosse, davanti al Tribunale di Roma, un giudizio nei confronti degli ex amministratori e sindaci della Compagnia in bonis, in carica nel triennio 1987/1989 e nel successivo triennio 1990/1992, per sentire accertare la loro responsabilita’ ex articoli 2393 e 2394 c.c., in solido tra loro e/o per quanto di rispettiva competenza, per effetto di plurime condotte illecite che si assumeva avessero causato il dissesto della Compagnia (individuate: nella cessione di alberghi, di proprieta’ (OMISSIS), il (OMISSIS), in (OMISSIS), ed il (OMISSIS), in (OMISSIS); nell’operazione ” (OMISSIS) spa – (OMISSIS) srl”; nel depauperamento e dismissione della partecipata (OMISSIS) spa; nel rilascio di fideiussioni e/o garanzie a beneficio di (OMISSIS), non dichiarate; nelle vicende relative alla (OMISSIS) ed alla (OMISSIS) srl; nelle convenzioni ed operazioni a c.d. rischio impiego; nel protrarsi dell’attivita’ nonostante l’insufficienza delle riserve), con loro condanna al risarcimento dei danni, pari a Lire 720.836.947.512 (corrispondente al “deficit patrimoniale” della Compagnia (OMISSIS), quale risultante dalla dichiarazione dei redditi riferita al periodo 1/1/1992 – 31/5/1993), oltre rivalutazione monetaria ed interessi. Nel 1999, la stessa Compagnia (OMISSIS) agi’, sempre davanti al Tribunale di Roma, nei confronti della societa’ di revisione (OMISSIS) sas di (OMISSIS), per sentire accertare la responsabilita’ di detta societa’, incaricata dalla Compagnia (OMISSIS) della revisione e certificazione dei bilanci, in solido con gli ex amministratori e sindaci della societa’, per i danni, quantificati come nel primo giudizio, conseguenti a plurime condotte di omesso controllo, che si assumeva avessero causato il dissesto della Compagnia (individuate nell’omesso corretto controllo sulle operazioni relative alla dismissione della partecipata (OMISSIS), sulla congruita’ delle “riserve sinistri su incendio e furto auto”, sull’operazione “(OMISSIS)”, sotto il profilo del prezzo di cessione, nonche’ in ordine alla rivalutazione della partecipazione nella controllata (OMISSIS), alla “insufficienza delle riserve sinistri accantonate negli esercizi fino al 1990″ ed alla mancata contabilizzazione di fideiussioni nel bilancio 1990).
Il Tribunale, riuniti i giudizi, con sentenza n. 1279/2010, dichiarata cessata la materia del contendere tra l’attrice ed alcuni convenuti ed estinto parzialmente il giudizio, nel rapporto tra l’attrice ed altri convenuti, respingeva le domande attrici, proposte nei confronti della (OMISSIS) e di altri convenuti, ed accoglieva, parzialmente, la domanda della (OMISSIS), nei confronti degli altri ex amministratori e dell’ex sindaco (OMISSIS), dichiarando (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), nei limiti delle rispettive quote ereditarie, (OMISSIS), in proprio e quale erede di (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), responsabili soltanto di alcuni dei fatti illeciti loro rispettivamente ascritti, condannandoli, in solido, al risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Roma, quanto alla responsabilita’ degli ex amministratori e sindaci, precisava, in particolare, di avere tenuto conto delle singole, precise e circostanziate condotte illecite ascritte ai convenuti, negli atti introduttivi (citazione e memorie ex articolo 183 c.p.c., comma 5), e dei soli danni causalmente riconducibili a tali specifiche condotte.
La sentenza di primo grado veniva impugnata, in quattro giudizi poi riuniti, dagli ex amministratori e dall’ex sindaco (OMISSIS), nonche’ dalla Compagnia (OMISSIS), con gravami incidentali e con un appello principale della Compagnia (OMISSIS), nei soli confronti della (OMISSIS).
Con sentenza parziale n. 522/2015, a seguito della reciproca rinuncia agli atti del giudizio da parte della (OMISSIS) in l.c.a. e della (OMISSIS), veniva dichiarato estinto il giudizio, limitatamente a dette parti (essendo intervenuta una transazione tra le stesse).
Rimessa la causa sul ruolo, interveniva nel giudizio l’Avv.to (OMISSIS), ex Commissario Liquidatore della (OMISSIS) in l.c.a. (sostituito nel 2014), chiedendone la sospensione, ex articolo 295 c.p.c., in attesa della definizione dell’opposizione di terzo promossa, ex articolo 404 c.p.c., avverso la sentenza parziale, nonche’ di due giudizi instaurati al fine di sentire dichiarare la nullita’ e/o l’inefficacia della transazione intervenuta tra la Compagnia (OMISSIS) in l.c.a. e la societa’ di revisione.
La Corte d’appello, respinte alcune questioni pregiudiziali, inerenti alla necessita’ di declaratoria di estinzione dell’intero giudizio in conseguenza della mancata riassunzione nei confronti di tutti i litisconsorti, alla declaratoria di cessazione della materia del contendere tra (OMISSIS) ed alcuni convenuti, alla nullita’ della citazione introduttiva, per genericita’ (ribadito, come in primo grado, il suo carattere dettagliato e specifico), per indebito frazionamento della domanda (essendo stati inizialmente avviati, dai Commissari straordinari di Compagnia (OMISSIS), nel 1993, altri due giudizi, di contenuto solo in parte sovrapponibile, poi abbandonati) ed alla mancata sospensione del giudizio di primo grado, a fronte di pregiudiziali rappresentate dall’opposizione alla dichiarazione di insolvenza e dai processi penali; nonche’, respinti i motivi di gravame sollevati in ordine alla prescrizione dell’azione di responsabilita’, per decorso del temine quinquennale (essenzialmente, confermando il giudizio del Tribunale in ordine alla mancata dimostrazione del carattere manifesto dell’incapienza del capitale sociale di (OMISSIS), al momento della sottoposizione della societa’ ad amministrazione straordinaria, con decreto dell’aprile 1992, essendo individuabile il termine iniziale di prescrizione, L. Fall., ex articolo 206, disposizione che include sia l’azione sociale di responsabilita’ che quella spettante ai creditori sociali, nel momento in cui era divenuta conoscibile da parte dei creditori l’insufficienza del patrimonio sociale, e quindi nel momento in cui era intervenuta la dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza della societa’ attrice, nel giugno 1994, non rilevando la presenza di perdite nell’anno 1991 sia pure di una certa entita’), ha, poi, sempre in via preliminare, dichiarato il difetto di legittimazione passiva di (OMISSIS) quale erede di (OMISSIS), per rinuncia all’eredita’ di quest’ultima.
Quindi, la Corte territoriale ha escluso la responsabilita’ degli ex amministratori e sindaci in relazione ad alcuni degli addebiti accertati in primo grado, tra i quali, per quanto in questa sede interessa, l’operazione di finanziamento e dismissione della societa’ controllata (OMISSIS), ampiamente partecipata da (OMISSIS), che svolgeva attivita’ finanziaria e gestiva gli incassi dei premi assicurativi delle Agenzie (OMISSIS) ed il pagamento dei sinistri e che versava in una situazione deficitaria (tanto che la sua dimissione era stata sollecitata dall’ISVAP), conclusa, nel 1990, con un contratto di cessione stipulato tra (OMISSIS) (la quale aveva prestato, in favore della controllata, varie garanzie in diverse forme) e la (OMISSIS) srl, nel dicembre 1990, dietro corrispettivo simbolico di Lire 1.000 (ma preceduto da una ricapitalizzazione, da parte di (OMISSIS), nel settembre 1990, di (OMISSIS) per L. 38.5 miliardi e da un finanziamento, sempre da parte di (OMISSIS), in favore di (OMISSIS), per Lire 14,350 miliardi, tra il febbraio ed maggio 1990), contratto dichiarato nullo per mancanza di causa (dal Tribunale di Roma con sentenza n. 34280/2002, nella quale si era, tra l’altro, ritenuta inefficace la clausola comportante la rinuncia di (OMISSIS) al credito per Lire 14,5 miliardi), ritenendo: 1) da un lato, che le opzioni, alternative alla prescelta cessione di (OMISSIS), previo suo risanamento, prospettate dal Tribunale, non erano in realta’ percorribili, sia per la richiesta dell’ISVAP di dismettere la partecipazione di (OMISSIS) in (OMISSIS) entro il 31/12/1990, con contestuale e totale estinzione delle garanzie rilasciate in favore della predetta societa’ e/o delle sue controllate, sia per la situazione gravemente deficitaria della societa’, circostanza questa che rendeva necessitata la scelta, al fine di concludere la cessione con la (OMISSIS), dell’inserzione di clausole contrattuali, vantaggiose per la cessionaria, implicanti limiti alla restituzione a (OMISSIS) del finanziamento concesso ad (OMISSIS) ed al suo diritto di regresso a seguito dell’estinzione delle garanzie; 2) che la mancata percezione dal Fallimento (OMISSIS) dell’importo di L. 18,289 miliardi, versato da (OMISSIS) a titolo di estinzione delle garanzie, la sola condotta che il consulente tecnico d’ufficio nominato aveva ritenuto integrante il danno liquidabile per la suddetta operazione, quand’anche fosse ravvisabile una colpa degli amministratori di (OMISSIS), non rappresentava una conseguenza immediata e diretta delle pattuizioni contenute nell’atto di cessione, atteso che l’estinzione di tutte le garanzie prestate da (OMISSIS) a favore di (OMISSIS) e delle sue controllate era stata imposta addirittura dall’ISVAP, entro il ristretto termine del 31 dicembre 1990; 3) che quindi la declaratoria di nullita’ del contratto di cessione non dimostrava la negligenza degli ex amministratori e sindaci e, in ogni caso, la stessa declaratoria di invalidita’ aveva fatto rivivere il diritto di (OMISSIS) alla restituzione degli importi versati (al fine di definire alcune passivita’ della controllata, per le quali (OMISSIS) aveva prestato fideiussione, ovvero di finanziarla) e, se tale recupero non era stato possibile, a causa del fallimento della (OMISSIS) (ed i crediti ammessi al chirografo non avevano alcuna speranza di rientro), cio’ non era imputabile agli ex amministratori, in carica all’epoca della cessione ma non piu’ operativi in seguito. In definitiva, nulla poteva, al riguardo, essere imputato agli ex amministratori e sindaci, avendo essi eseguito le disposizioni dell’ISVAP, che imponevano comunque a (OMISSIS) di provvedere al pagamento della somma di Euro 76,420 milioni, costituente l’ammontare delle garanzie a suo tempo prestate da (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS), e la cessione della partecipazione nella controllata, ormai gravemente deficitaria. Di conseguenza il capo G del dispositivo del Tribunale e’ stato riformato, con il rigetto della relativa domanda attorea.
La Corte territoriale ha, invece, confermato le statuizioni di condanna del Tribunale relative: 1) all’operazione di acquisto, da parte di (OMISSIS), delle quote sociali della societa’ (OMISSIS), proprietaria dell’immobile in (OMISSIS), denominato (OMISSIS) – attuata attraverso la cessione, nel giugno 1991, delle quote dell’intero capitale sociale della (OMISSIS) srl” nella quale era stato previamente conferito l’immobile, da (OMISSIS) International a (OMISSIS), per il corrispettivo di circa Lire 40 miliardi, oltre accollo di un mutuo, a carico della (OMISSIS) in sede di conferimento, di Lire 10 miliardi, con la stipula, intervenuta il giorno prima, tra la (OMISSIS) srl, a quel punto interamente partecipata da (OMISSIS), e la societa’ (OMISSIS), di un contratto di mandato alla gestione ed amministrazione dello stabile (OMISSIS), a mezzo del quale la (OMISSIS) (successivamente denominata (OMISSIS) srl, resasi inadempiente e dichiarata fallita nel febbraio 1998) aveva garantito un reddito minimo di Lire 17.050.000.000, in cinque anni, pari a Lire 3.410 milioni annui, con una fideiussione, tuttavia, valida solo per un anno, da rinnovarsi per altri quattro, essendosi ritenuto, in appello, di dovere imputare agli ex amministratori ed al sindaco (OMISSIS), non di avere pagato un prezzo eccessivo, maggiore di quello stimato dall’esperto nominato ex articolo 2343 c.c., scelta questa non all’evidenza irragionevole, in un giudizio ex ante, ma di avere preteso, a fronte di un reddito minimo garantito, in riferimento all’immobile (OMISSIS), di oltre Lire 3.410 miliardi annui, offerto da una societa’ terza, con capitale sociale di Lire 20 milioni, la (OMISSIS), il versamento, da parte di quest’ultima, di una fideiussione, a garanzia dell’obbligo assunto verso la (OMISSIS), solo per il primo anno (con una polizza escussa, in effetti poi, da (OMISSIS), stante l’inadempienza di (OMISSIS)) sia pure rinnovabile per cinque anni, – rideterminando quindi il danno risarcibile in Euro 6.400.748,38, pari alle annualita’ di reddito minimo garantito da (OMISSIS), per il quinquennio, non percepito da (OMISSIS), a causa dell’inadempimento, detratto l’importo di una annualita’, comunque conseguito da (OMISSIS) attraverso la escussione della polizza fideiussoria, ed altri importi ottenuti da (OMISSIS) in via esecutiva, oltre interessi compensativi; 2) all’addebito relativo all’operazione denominata “(OMISSIS)”, che aveva avuto ad oggetto la cessione alla societa’ (OMISSIS) spa, da parte di (OMISSIS), di due alberghi di sua proprieta’, il (OMISSIS), in (OMISSIS), ed il (OMISSIS), in (OMISSIS), attraverso il loro iniziale conferimento, quali rami d’azienda, a titolo di aumento del capitale sociale, alle societa’ (OMISSIS) srl e (OMISSIS) srl, appositamente costituite, e la successiva cessione, nell’aprile 1990, prima, delle quote costituenti l’intero capitale sociale della (OMISSIS) srl alla (OMISSIS) srl (divenuta cosi’ proprietaria dei due alberghi), dietro corrispettivo, da versarsi, in gran parte, in forma dilazionata, nei successivi dieci anni, di L. 6 miliardi (con l’unica garanzia rappresentata da un’ipoteca di secondo grado iscritta sul (OMISSIS)), e, poi, delle quote costituenti l’intero capitale sociale della (OMISSIS) srl (resasi inadempiente al pagamento del residuo prezzo della cessione di 5,7 milioni di Lire e, successivamente, nel marzo 1995, dichiarata fallita) alla (OMISSIS) spa (pure poi fallita), dietro corrispettivo di Lire 2,5 miliardi, essendosi contestato agli ex amministratori e sindaci “la mancata pretesa di una separata ed autonoma garanzia da parte della cessionaria (OMISSIS) spa in ordine al pagamento del prezzo residuo delle quote della (OMISSIS) srl ancora dovute dalla (OMISSIS) srl” – determinando il danno risarcibile in Euro 2.609.147,05 (considerato quanto ottenuto per effetto dell’insinuazione al passivo del fallimento della (OMISSIS)), oltre interessi compensativi (limitatamente al (OMISSIS), giusto specifico motivo di gravame, solo sulle singole rate dilazionate in dieci anni, secondo le scadenze previste dal contratto, essendo prevista la percezione di somma a titolo risarcitorio, in modo frazionato in dieci anni).
Quindi, la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile l’intervento in giudizio dell’Avv.to (OMISSIS). Infatti, non risultava dedotto un diritto proprio dell’interveniente, incompatibile con quello delle parti,ai sensi dell’articolo 404 c.p.c., comma 1, in quanto, con riguardo alle domande, dallo stesso (OMISSIS) azionate separatamente, di nullita’ della transazione intervenuta tra la (OMISSIS) in l.c.a. e la (OMISSIS), l’Avv.to (OMISSIS) non aveva neppure prospettato quale situazione giuridica lo legittimasse all’accertamento dell’invalidita’ della transazione; mentre, con riguardo al credito, asseritamente vantato dal medesimo, per l’opera svolta come Commissario liquidatore di (OMISSIS), nell’atto di intervento non si era neppure prospettato il dolo o la collusione delle parti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) ai suoi danni, ai sensi dell’articolo 404 cit., comma 2.
In ultimo, la Corte d’appello ha ritenuto che la transazione intervenuta, nel corso del giudizio di appello, tra la (OMISSIS) e la societa’ di revisione aveva avuto ad oggetto, secondo l’interpretazione datane dalla Corte stessa – valutate le clausole contrattuali, che cio’ espressamente prevedevano, nel contesto delle vicende processuali -, solo la “quota ideale” di corresponsabilita’ di quest’ultima, per le specifiche responsabilita’ ad essa contestate e non l’intero debito risarcitorio, con conseguente non operativita’ dell’articolo 1304 c.c., comma 1; tale transazione, inoltre, non incideva sul debito risarcitorio dei condebitori solidali non transigenti (i quali avevano dichiarato di volerne approfittare, ex articolo 1304 c.c.), in quanto, in relazione alle uniche due operazioni per le quali, all’esito del giudizio di appello, era stata confermata la responsabilita’ degli appellanti (l’operazione “Cessione-alberghi” e l’operazione ” (OMISSIS)- (OMISSIS)”) non potendosi, nell’individuazione della “quota virtuale” di debito della societa’ di revisione (occorrente, alla luce della pronuncia di Cass. S.U. n. 30174/2011, per determinare, in base a quanto pagato dal coobbligato transigente, l’entita’ della riduzione del debito residuo per i condebitori non transigenti), tener conto solo dell’esito (favorevole alla (OMISSIS)) del giudizio di primo grado, essendo tale operazione di ricostruzione della “quota ideale” funzionale alla determinazione del quantum da liquidare all’esito dell’appello – non sussisteva neppure una “quota ideale di responsabilita’ della societa’ di revisione” idonea ad incidere, con riduzione, sul quantum della condanna inflitta ai condebitori solidali per le operazioni “(OMISSIS)” e ” (OMISSIS) (OMISSIS)”, non essendo stata contestata, alla societa’ di revisione, in ordine all’operazione “(OMISSIS)”, la circostanza relativa all’omessa richiesta di una garanzia idonea a coprire il pagamento del residuo prezzo, condotta questa positivamente ascritta agli ex amministratori e sindaci (ma essendole stato addebitato, dall’attrice (OMISSIS), solo il mancato controllo sulla congruita’ del prezzo di cessione, in relazione al quale, in primo e secondo grado, era stata esclusa una responsabilita’ risarcitoria, senza che la (OMISSIS) svolgesse alcuna doglianza su tale specifico profilo) e nulla essendo stato contestato alla (OMISSIS) in relazione all’operazione ” (OMISSIS)”, ne’ nell’atto introduttivo ne’ nel giudizio di appello.
Avverso la suddetta sentenza, l’Avv.to (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di Compagnia (OMISSIS) spa in l.c.a. (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in unico motivo), di (OMISSIS) e (OMISSIS) (che resistono con controricorso e ricorso incidentale in due motivi), di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS) (che resistono con controricorso e ricorso incidentale in due motivi), di (OMISSIS), (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in dieci motivi), di (OMISSIS) (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in tre motivi), di (OMISSIS) e (OMISSIS) (che resistono con controricorso e ricorso incidentale in quattro motivi), di (OMISSIS) (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in cinque motivi,) di (OMISSIS) e (OMISSIS) (che resistono con controricorso e ricorso incidentale in quattro motivi), di (OMISSIS) (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in nove motivi), di (OMISSIS) (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in due motivi), nonche’ di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (che non svolgono attivita’ difensiva).
Con decreto presidenziale del 18 giugno 2018, e’ stata dichiarato parzialmente estinto, per rinuncia agli atti, il giudizio limitatamente al rapporto tra (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) in l.c.a. e (OMISSIS).
Il 22/11/2018 e’ stato depositato estratto atto di morte della controricorrente-ricorrente incidentale (OMISSIS).
In data 26/11/2018 sono state depositate reciproche rinunce ai ricorsi incidentali, con accettazione, nel rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ nel rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e nel rapporto tra il (OMISSIS) e (OMISSIS).
Hanno depositato memorie il ricorrente principale, Avv.to (OMISSIS), ed i ricorrenti incidentali Compagnia (OMISSIS) in l.c.a., (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), Elena e (OMISSIS), (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale risulta essere stato notificato a tutti gli intimati a mezzo PEC il 19/5/2017. I ricorsi incidentali proposti risultano notificati tra il 26 ed il 28/6/2017 (scadenza del termine ultimo di 40 gg di cui all’at.370 c.p.c.). Il documentato decesso della controricorrente e ricorrente incidentale (OMISSIS), inoltre, non pregiudica la prosecuzione del giudizio di legittimita’ (per tutte, Casse S.U. 14385/2007).
2. In via preliminare, non puo’ essere accolta l’istanza di rinvio, avanzata dai controricorrenti-ricorrenti incidentali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), non rientrando i fatti posti a base delle richieste di rinvio tra quelli rilevanti ddocumentabili nel giudizio di legittimita’.
Deve, anzitutto, ribadirsi che “nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione non puo’ tenersi conto di circostanze di fatto verificatesi dopo la pronunzia della sentenza denunziata neanche se tali che, in base ad esse, il giudice di merito avrebbe dovuto decidere diversamente la lite; ne la sentenza puo’ essere cassata con rinvio per l’accertamento e la valutazione dei fatti sopravvenuti, la parte potendo semmai farli valere, ove essi incidano sul rapporto controverso, in un nuovo giudizio di merito” (Cass. 1345/1976).
Invero, nel giudizio di legittimita’, non e’ possibile il deposito di ulteriori documenti, oltre quelli depositati contestualmente al ricorso (o al controricorso), ad eccezione, ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., comma 2, di quelli che riguardano la nullita’ della sentenza per difetto di requisiti essenziali ovvero relativi all’ammissibilita’ del ricorso o del controricorso. Inoltre, il chiesto rinvio, al fine d acquisire gli atti transattivi intervenuti nel corso del presente giudizio di cassazione, tra la Compagnia (OMISSIS) ed alcuni dei controricorrenti-ricorrenti incidentali, non sarebbe utile al giudizio, non potendo neppure conseguire da tali transazioni, stante il litisconsorzio facoltativo scindibile tra i coobbligati solidali, la declaratoria di inammissibilita’ per sopravventa carenza di interesse (cfr. Cass. S.U. 368/2000; Cass. 22972/2004), del ricorso incidentale di (OMISSIS) (non oggetto di specifica rinuncia) nei confronti degli altri resistenti non transigenti.
3. Sempre in via preliminare, stante la rinuncia, intervenuta nel corso del presente giudizio di legittimita’, agli atti del giudizio (e quindi ai reciproci ricorsi incidentali), con accettazione, va dichiarato parzialmente estinto il giudizio, limitatamente: ai ricorsi incidentali proposti da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a. e da (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a. nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS); ai ricorsi incidentali proposti da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a. e da (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a. nei confronti di (OMISSIS); ai ricorsi incidentali proposti da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a. e da (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a. nei confronti del (OMISSIS).
4. Il ricorrente principale Avv.to (OMISSIS) lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, sia degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ dei principi disciplinanti l’onere della prova, sia delle “norme che disciplinano la giurisdizione e la competenza del GIP”, deducendo, in relazione al proprio intervento, spiegato in appello dopo la remissione della causa sul ruolo a seguito della sentenza parziale n. 3175/2015, con la quale era stata dichiarata l’estinzione parziale del giudizio tra la (OMISSIS) in l.c.a. e la societa’ di revisione (OMISSIS), che lo stesso doveva ritenersi pienamente legittimo, avendo egli proposto opposizione di terzo, ex articolo 404 c.p.c., contro la predetta sentenza parziale (a fronte della illegittima revoca dalla carica di Commissario Liquidatore della (OMISSIS), impugnata dinanzi al giudice amministrativo, e dell’ingente credito vantato nei confronti della gestione liquidatoria, azionato in sede concorsuale), nonche’ giudizio per l’accertamento della nullita’ e/o inefficacia della suddetta transazione ed avendo altresi’ comprovato il comportamento illecito posto in essere dal nuovo Commissario liquidatore ed il dolo e la collusione delle parti che avevano concluso la transazione, in danno dei creditori, circostanze e fatti documentati ma ignorati dalla Corte d’appello; 2) con il secondo motivo, si lamenta poi la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 295 c.p.c., articolo 112 c.p.c., del Decreto del Presidente della Repubblica n. 136 del 1975, dell’articolo 2047 c.c., e dei principi che regolano la responsabilita’ delle societa’ di revisione e dei sindaci, dell’articolo 1362 c.p.c., in tema di interpretazione dei contratti, e dell’articolo 101 c.p.c., in relazione al rispetto del principio del contraddittorio nel caso dell’impugnazione del contratto per nullita’, deducendo che la Corte territoriale, al fine di escludere la pregiudizialita’ dedotta dei giudizi aventi ad oggetto la nullita’ della transazione in questione e del giudizio di opposizione di terzo, ha erroneamente fatto riferimento ad una quota “astratta ” di responsabilita’ della (OMISSIS), oltretutto all’esito di quanto riformato in appello, mentre quest’ultima era stata chiamata a rispondere per tutti i danni subiti dalla (OMISSIS) conseguenti all’omessa attivita’ di controllo ed il giudizio andava condotto con riferimento alla domanda originaria e non alla condanna effettiva degli altri condebitori.
4.1. Il primo motivo e’ inammissibile, in quanto generico, con assorbimento del secondo.
Occorre premettere che, ai sensi dell’articolo 344 c.p.c., l’eccezionale previsione dell’intervento in appello risponde allo scopo di evitare che la sentenza di primo grado, pur pronunciata inter alios, possa pregiudicare i diritti del terzo, che potrebbe in seguito attaccare la decisione pronunciata con l’opposizione di terzo, ex articolo 404 c.p.c., sia quella ordinaria, secondo il comma 1, promossa dal terzo, estraneo al giudizio, titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con quello affermato nella sentenza, sia quella revocatoria, prevista al comma 2, promossa da aventi causa o creditori di una delle parti, quando la sentenza sia l’effetto di dolo o collusione a loro danno, con onere probatorio a carico dell’opponente.
La Corte d’appello ha ritenuto inammissibile l’intervento dell’Avv.to (OMISSIS) non risultando nemmeno allegati i presupposti fondanti un’opposizione di terzo, sia ordinaria (la titolarita’ di un diritto autonomo incompatibile con quelli oggetto del giudizio inter alios), sia revocatoria (la sussistenza di un credito e del dolo o collusione tra le parti in suo danno).
Tale precisa allegazione non viene effettuata neppure con il ricorso per cassazione, nel quale nulla viene precisato circa i presupposti dell’opposizione di terzo ordinaria (diritto incompatibile) e, quanto all’opposizione di terzo revocatoria, si accenna soltanto, genericamente, agli “illeciti perpetrati dalle parti transigenti ai danni del ceto creditorio” (pag. 31 del ricorso) e si rinvia ad altri atti nei quali cio’ sarebbe specificato: quali sarebbero tali atti e quale sarebbe il loro contenuto, pero’, non viene indicato nel motivo di ricorso. Inoltre, i presupposti di cui all’articolo 404 c.p.c., avrebbero dovuto essere indicati gia’ nell’atto di intervento davanti alla Corte d’appello – che lo ha escluso – e nel ricorso non viene neppure indicato se e come a tale onere l’interveniente avesse ottemperato.
5. La ricorrente incidentale (OMISSIS), dolendosi esclusivamente della parte della decisione impugnata relativa alla negazione, in riforma della decisione di primo grado (capo dispositivo G della sentenza del Tribunale), della responsabilita’ degli ex amministratori e sindaci in relazione all’addebito relativo alla cessione da (OMISSIS) a (OMISSIS) della partecipazione in (OMISSIS) (societa’ controllata), lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2392, 1710, 1176, 1223 e 1225 c.c., denunciando che, riguardo a detta operazione, l’evento dannoso che doveva ricondursi alla responsabilita’ degli ex amministratori e dei sindaci e la condotta di mala gestio per negligenza contestata era rappresentato dalla stessa stipula del contratto di cessione, cui andavano ricondotte le diminuzioni patrimoniali in capo a (OMISSIS).
5.1. Si rammenta che la Corte d’appello ha escluso l’addebito nei confronti degli ex amministratori e sindaci in base a due rationes decidendi: l’irrilevanza, ai fini della loro responsabilita’, della nullita’ del contratto di cessione per difetto di causa in concreto; in ogni caso, il difetto di responsabilita’ degli amministratori (e del sindaco (OMISSIS)) per il mancato recupero, a seguito della dichiarata nullita’ del contratto, delle somme erogate o rinunciate nel contratto stesso, non essendo piu’ essi in carica a quella data.
Quanto alla prima ratio, la ricorrente assume che la stipulazione di un contratto nullo per difetto di causa (della causa in concreto, ossia della giustificazione dell’attribuzione patrimoniale alla controparte da parte della (OMISSIS)) non possa non integrare gli estremi della mala gestio da parte degli amministratori; quanto alla seconda, la ricorrente deduce che la condotta omissiva degli amministratori va collocata al momento della stipula del contratto, essendo l’evento dannoso da individuare non gia’ nella mancata restituzione, bensi’ nelle erogazioni e rinunce effettuate con il contratto.
5.2. La censura della prima ratio e’ inammissibile.
La Corte d’appello, infatti, ha statuito che la conclusione della cessione della societa’ controllata con (OMISSIS) a quelle condizioni (particolarmente onerose per la cedente) era stata imposta dall’ISVAP, il quale aveva richiesto espressamente a (OMISSIS) di dismettere la partecipazione in (OMISSIS) entro il 31/12/1990, con contestuale e totale estinzione delle garanzie rilasciate in favore della predetta societa’ e/o delle sue controllate (per complessive Lire 76.420.000.00), il tutto in un contesto di situazione gravemente deficitaria della societa’ ceduta, che rendeva neppure prospettabile un interesse della cessionaria all’acquisto senza quelle previsioni contrattuali, cosicche’ alcuna mancanza di diligenza poteva essere imputata agli ex amministratori e sindaci.
In definitiva, secondo la Corte territoriale le clausole del contratto di cessione non costituivano un danno, perche’ solo grazie ad esse la cessione sarebbe stata possibile, con la conseguente speranza di recuperare almeno parte dei 76 miliardi di Euro in garanzie, che andavano onorate, comunque (evitando, quindi, un danno maggiore).
Il motivo non e’ attinente a questa effettiva ratio decidendi o comunque non la censura efficacemente.
La censura della seconda ratio e’, di conseguenza, assorbita.
6. I ricorrenti incidentali (OMISSIS) (deceduta nelle more del presente giudizio di cassazione), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), lamentano il mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione (e del relativo motivo di appello) sollevata da (OMISSIS), nonche’ il rigetto dell’eccezione di inammissibilita’ della domanda risarcitoria per genericita’ (e del relativo motivo di gravame), avendo il (OMISSIS) sin dal primo grado dedotto la propria estraneita’, e per difetto di legittimazione attiva del commissario liquidatore, in mancanza di un accertamento definitivo della sussistenza dello stato di insolvenza della societa’.
Le doglianze risultano inammissibili, per mancata specificazione delle singole censure, non essendovi una individuazione dei singoli specifici motivi di censura e non essendo nemmeno indicate le disposizioni di legge asseritamente violate. Il ricorso incidentale risulta, invece, riprodurre il complesso delle argomentazioni svolte dal de cuius (OMISSIS) e dagli aventi causa in primo grado ed in appello, cosicche’ la sua formulazione non consente l’individuazione delle questioni prospettate.
Questa Corte (Cass./53532007; Cass.24298/2016) ha gia’ da tempo chiarito che il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 3 deve essere dedotto, a pena di inammissibilita’ del motivo, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione, cosicche’ risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di “errori di diritto” individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.
Inoltre, neppure risulta allegato un vizio motivazionale, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
7.1. Il ricorrente incidentale (OMISSIS) lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2393, 2394, 2424, 2935, 2941 e 2949 c.c., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 206, articoli 115, 116 e 342 c.p.c., denunciando l’erroneita’ della conferma del rigetto dell’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilita’, L. Fall., ex articolo 206 (disposizione che, al pari della L. Fall., articolo 146, cumula l’azione sociale di responsabilita’, ex articolo 2393 c.c., con quella dei creditori sociali, ex articolo 2394 c.c., azioni, che peraltro, non perdono la loro originaria identita’ giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto, che nella disciplina applicabile, differenti essendo la distribuzione dell’onere della prova, i criteri di determinazione dei danni risarcibili ed il regime di decorrenza del termine di prescrizione, quinquennale per entrambe le azioni, Cass. 24715/2015), proposta con atto di citazione notificato nel luglio 1997, non avendo la Corte territoriale distinto i profili della decorrenza del termine in relazione all’azione sociale di responsabilita’, ex articolo 2393 c.c., rispetto a quella dei creditori sociali, ex articolo 2394 c.c., essendo pac (OMISSIS)ca la cessazione del (OMISSIS) dalla carica nell’aprile 1992, allorche’ venne disposto il commissariamento della (OMISSIS), ed essendo emersa l’insufficienza del patrimonio della (OMISSIS) gia’ con il bilancio del 1989 o comunque a partire dal decreto di commissariamento dell’aprile 1992.
Con riguardo al primo profilo della doglianza ed al decorso del termine di prescrizione dell’azione sociale di responsabilita’, ex articolo 2393 c.c., di cinque anni dalla cessazione della carica di amministratore, il motivo e’ inammissibile, in quanto non pertinente al decisum.
Vero che il termine prescrizionale dell’azione sociale di responsabilita’ decorre dal momento in cui il danno diventi oggettivamente percepibile all’esterno e cioe’ si sia manifestato nella sfera patrimoniale della societa’, non rilevando a tal fine che l’azione di responsabilita’ abbia natura contrattuale ex articolo 2393 c.c., in virtu’ del rapporto fiduciario intercorrente con l’amministratore. La Corte territoriale ha tenuto conto della sospensione del termine fino a quando l’amministratore sia in carica (articolo 2941 n. 7 c.c., Cass. 24715/2015; Cass. 17199/2016) ed ha ritenuto, implicitamente, che, dopo la cessazione del (OMISSIS) dalla carica di amministratore, il termine di prescrizione dell’azione, promossa nel giugno 1997, pur decorso, non valesse comunque a rendere prescritta l’azione di responsabilita’ L. Fall., ex articolo 206, in quanto detta azione cumulava in se’, in ogni caso, anche l’azione dei creditori sociali, ritenuta non prescritta.
Quanto poi al secondo profilo della censura, e quindi al decorso del termine quinquennale di prescrizione dell’azione di responsabilita’ dei creditori sociali, ex articolo 2394 c.c., la Corte d’appello ha statuito che tale termine non potesse essere individuato in quello di approvazione del bilancio del 1989, in quanto l’esistenza di rilevanti perdite non era di per se’ indicativa della incapienza conoscibile da parte dei creditori sociali, ne’ nel decreto di commissariamento del 1992.
La censura risulta inammissibile in quanto rivolta a contestare una tipica valutazione di merito (Cass. 21662/2018).
7.2. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 342 c.p.c., in riferimento all’inammissibilita’, pur non dichiarata, per carenza di specificita’, del motivo di appello proposto in relazione all’operazione “(OMISSIS)”.
Il motivo e’ inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi, essendo stato dalla Corte d’appello il motivo esaminato nel merito e respinto.
7.3. Il ricorrente lamenta, con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2043, 2392, 2394 e 2697 c.c., denunciando l’erroneita’ della declaratoria di responsabilita’ del (OMISSIS) con riferimento all’operazione “(OMISSIS)”, avendo la Corte d’appello considerato i soli presupposti dell’azione sociale, prescritta, senza distinguerla da quelli previsti per l’azione dei creditori sociali, non prescritta, nonche’ per avere la Corte territoriale applicato un criterio di responsabilita’ oggettiva degli amministratori non delegati, laddove, nell’ipotesi di azioni esercitate dai creditori sociali spettava al terzo-creditore fornire la prova della colpa dell’amministratore.
Il motivo, per la prima parte, e’ inammissibile, in quanto del tutto carente in punto di specificita’.
Nella sua seconda parte, la censura e’ infondata.
Secondo il vecchio testo dell’articolo 2392 c.c., ante riforma diritto societario del 2003, gli amministratori avevano l’obbligo di adempiere i propri doveri con la diligenza del mandatario, con conseguente responsabilita’ solidale in ipotesi di inadempimento (eccettuato il caso di funzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o piu’ amministratori), sussistendo un generale obbligo di vigilanza, che faceva ricadere solidalmente sugli amministratori non operativi il pregiudizio cagionato dall’altrui condotta, quando fosse loro addebitabile la violazione di detto obbligo.
In tale quadro questa Corte ha affermato che “l’articolo 2392 c.c., che pone a carico degli amministratori il dovere di vigilare sul generale andamento della gestione di s.p.a., deve essere interpretato nel senso che ciascuno dei componenti del consiglio di amministrazione e’ tenuto ad attivarsi allo scopo di esercitare un controllo effettivo sull’operato degli altri, sicche’ l’affidamento di singoli e specifici compiti di amministrazione diretta ad alcuni soltanto degli amministratori non esclude la responsabilita’ degli altri e ne consegue che il componente del consiglio di amministrazione di una societa’ di capitali, chiamato a rispondere come coobbligato solidale per omissione di vigilanza, non puo’ sottrarsi alla responsabilita’, adducendo che le operazioni integranti l’illecito sono state poste in essere, con ampia autonomia, da un altro soggetto” (cosi’ Cass. 21 luglio 2004, n. 13555, in motivazione; analogamente Cass. 27 aprile 2011, n. 9384; Cass. 15 febbraio 2005, n. 3032; Case. 29 agosto 2003, n. 12696; Cass. 11 aprile 2001, n. 5443). E nella pronuncia di questa Corte n. 17441/2016 (richiamata nella sentenza impugnata) si fa riferimento anche alla differente nuova disciplina, in base alla quale gli altri amministratori, non operativi, non risultano piu’ sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza.
Sempre questa Corte, con la pronuncia n. 6998/2018, ha ribadito che “l’articolo 2392 c.c., nel testo vigente anteriormente alle mod (OMISSIS)che introdotte dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, impone a tutti gli amministratori di societa’ per azioni un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, che non viene meno nella ipotesi di attribuzioni proprie di uno o piu’ amministratori, restando anche in tal caso a carico dei medesimi l’onere della prova di essersi diligentemente attivati per porre rimedio alle illegittimita’ rilevate”. Ai sensi dell’articolo 2392, comma 2, vecchio testo, qui applicabile ratione temporis, si e’ infatti, da tempo, precisato che i componenti del consiglio di amministrazione devono fornire la prova di non avere potuto, in concreto, pur essendosi diligentemente attivati, esercitare detta vigilanza a causa del comportamento ostativo degli altri componenti (Cass. 9384/2011, 3032/2005, 12696/2003, 5443/2001).
La pronuncia impugnata risulta conforme a tali principi di diritto.
E’ vero che l’obbligazione di vigilanza e’ prevista dalla legge nei confronti della societa’ e che, invece, la responsabilita’ nei confronti dei creditori sociali (l’unica qui attivabile, considerata la prescrizione, implicitamente ritenuta dalla Corte territoriale, dell’azione sociale) ha natura di responsabilita’ extracontrattuale, per la quale la colpa non e’ presunta ma deve essere allegata e dimostrata dall’attore; ma e’ pur vero che la negligenza, nella responsabilita’ extracontrattuale, e’ integrata anche dalla violazione di doveri di diligenza previsti dalla legge. Conseguentemente, all’attore bastava comunque allegare la violazione di tale dovere per integrare la deduzione della colpa del componente non operativo del consiglio di amministrazione, spettando poi a quest’ultimo dedurre e quindi provare di avere invece vigilato; il che, secondo la Corte d’appello, nessuno dei ricorrenti incidentale aveva fatto.
7.4. Il (OMISSIS) si duole, con il quarto motivo, della violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2392, 2393 e 2394 c.c., censurando l’illegittima valutazione delle scelte gestionali operate dagli amministratori, con violazione della business judgement rule, in rapporto alla confermata statuizione di condanna del (OMISSIS) e degli altri ex amministratori per l’operazione “(OMISSIS)”, non gia’ per il compimento dell’atto di cessione o per il prezzo convenuto, ma per la asserita mancanza di garanzie da parte della societa’ acquirente (OMISSIS) spa, in relazione alla porzione di prezzo il cui pagamento era stato convenuto in modo differito, senza tener conto del fatto che le maggiori garanzie richieste non avrebbero potuto essere imposte unilateralmente ma dovevano incontrare la necessaria accettazione della controparte contrattuale e senza considerare che il valore del bene immobile di proprieta’ copriva ampiamente il credito.
La Corte d’appello ha, tuttavia, puntualmente richiamato l’applicazione della business judgement rule, la quale – prima e dopo la riforma – si risolve in cio’, che le scelte gestionali compiute dagli amministratori sono in se stesse insindacabili, salvo che vi sia stata omissione di quelle cautele, verifiche ed informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalita’ (Cass. 28 aprile 1997 n. 3652; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3409, e Cass. 2 febbraio 2015, n. 1783).
La Corte territoriale ha ritenuto che l’amministratore diligente, anche se privo di deleghe, avrebbe dovuto avvedersi della insufficienza/incongruenza delle garanzie per il pagamento del prezzo residuo da parte della (OMISSIS), societa’ che disponeva del solo bene rappresentato dall’immobile di Mazzaro’, gravato da ipoteca di primo grado per il mutuo contrato con BNL, e pretendere percio’ garanzie da parte della nuova socia unica (OMISSIS) spa. Non dunque la scelta in se’ dell’operazione era oggetto di sindacato, ma la manifesta incongruenza delle garanze dell’operazione.
La decisione impugnata risulta quindi conforme ai principi di diritto.
Per il resto, il motivo e’ rivolto ad introdurre nuove ed inammissibili diverse ricostruzioni in fatto.
7.5. Con il quinto motivo, il ricorrente (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2056, 1223 e 1226 c.c., lamentando l’erroneita’ della decisione, in punto di ammontare del danno liquidato con riguardo all’operazione “(OMISSIS)” (in misura corrispondente alla porzione di prezzo, per la quale era stata concessa dilazione, non incassata da Compagnia (OMISSIS)), per avere la Corte d’appello violato i criteri di determinazione del danno risarcibile secondo i principi di causalita’, in quanto il danno sarebbe stato individuabile, al piu’, nella differenza tra quanto in concreto incassato da (OMISSIS) nella vendita a (OMISSIS) e quanto essa avrebbe potuto conseguire vendendo ad altro soggetto.
Il motivo e’ infondato.
Esso consiste, invero, nella deduzione dell’impossibilita’ di ottenere, nel mercato, condizioni di vendita piu’ favorevoli di quelle offerte da (OMISSIS) spa. Il che si sostanzia nella deduzione di un fatto impeditivo, che sarebbe stato onere del ricorrente provare.
7.6. Con il sesto motivo, si lamenta poi la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1282, 1292 e 1293 c.c., articolo 336 c.c., comma 1, articoli 342 e 346 c.c., con riferimento alla violazione del c.d. effetto espansivo interno, operante anche in senso orizzontale, a seguito della riforma in appello del capo relativo all’obbligazione di uno dei condebitori solidali (nella specie, il (OMISSIS), che, in accoglimento di specifico gravame, aveva visto rideterminarsi l’incidenza e decorrenza degli interessi compensativi dovuti sulla somma riconosciuta a titolo risarcitorio), rispetto agli altri (cui doveva estendersi il corretto calcolo degli interessi).
La censura e’ infondata. L’articolo 366 c.p.c., concerne l’effetto espansivo interno sui soli capi della sentenza, autonomi e non impugnati, ma dipendenti dalla parte riformata o cassata.
Ma, nella specie, opera il principio di diritto ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, n. 14700/2010, secondo il quale, nel caso in cui siano convenuti nel medesimo giudizio tutti i condebitori di una obbligazione solidale, poiche’ quest’ultima determina la costituzione di tanti rapporti obbligatori, quanti sono i condebitori, si realizza la coesistenza nel medesimo giudizio di piu’ cause scindibili, rispetto alle quali, in sede d’impugnazione, i motivi di gravame non si comunicano dall’uno all’altro dei coobbligati.; pertanto “cosi’ come, rigettato l’appello di uno dei condebitori, questi non puo’ avvalersi, opponendola al creditore, della riforma della sentenza di primo grado pronunciata in accoglimento di uno o piu’ motivi di gravame dedotti da altro condebitore, egualmente – qualora siano rigettati gli appelli di tutti i condebitori – ciascuno di questi non puo’ dedurre quali motivi di ricorso per Cassazione questioni che abbiano formato oggetto di motivi specifici di appello proposti dagli altri condebitori, poiche’, in sede di legittimita’, tali questioni sarebbero nuove rispetto a lui e, quindi, inammissibili”.
Ne’ giova al ricorrente osservare che, nel proprio atto di appello egli aveva espressamente premesso che si trattava di “impugnazione di tipo adesivo”, associandosi “alle difese in punto di fatto e di diritto spiegate dagli altri appellanti”. La genericita’ di tali deduzioni, invero, non consente di qualificarle come articolazione di specifici motivi di gravame.
7.7. Il ricorrente, con il settimo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1321, 1322, 1326, 2043, 2331, 2384, 2392, 2394 e 2697 c.c., nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, con riguardo all’operazione ” (OMISSIS)”, avendo la Corte distrettuale violato i principi di colposita’ e di esigibilita’ della condotta (e relativa distribuzione degli oneri probatori), quale presupposto della responsabilita’ degli amministratori non delegati, nonche’ la business judgement rule, attribuendo agli amministratori non delegati della (OMISSIS) la responsabilita’ per l’inserzione, nel contratto di mandato con la (OMISSIS), di una particolare clausola, che prevedeva una durata solo annuale e non quinquennale della garanzia inizialmente concessa, malgrado detto contratto fosse stato stipulato dalla (OMISSIS), tra i cui amministratori il (OMISSIS) non compariva.
Premesso che, in realta’, l’addebito mosso dalla Corte d’appello agli amministratori della (OMISSIS) e’ di non avere preteso dalla venditrice (OMISSIS) idonee garanzie, quanto alla percezione del reddito minimo garantito dell’immobile, la censura e’ infondata, richiamato quanto gia’ espresso al par.7.4. In ordine poi al vizio motivazionale, il motivo e’ inammissibile, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, non risultando esservi stato allegato l’omesso esame di un fatto decisivo.
7.8. Si lamenta, con l’ottavo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1223, 1226 e 2056 c.c., articoli 40 e 41 c.p., denunciandosi violazione dei criteri di determinazione del danno risarcibile, secondo i principi di causalita’, nonche’ l’omesso esame, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo, rappresentato dal fatto che la (OMISSIS) era mera socia totalitaria della (OMISSIS), onde il pregiudizio ad essa riferibile poteva essere solo indiretto, in quanto danneggiata diretta era la sola partecipata (OMISSIS), acquirente prima e proprietaria poi dell’immobile Tiziano, nonche’ parte del contratto di mandato con (OMISSIS) e titolare del diritto a percepire il reddito da godimento dell’immobile suddetto. Il danno per la Compagnia (OMISSIS), quindi, non poteva corrispondere al mancato incasso delle somme dovute da (OMISSIS) alla (OMISSIS), ma era inferiore, essendo, al piu’, pari alla sola quota di utili netti che sarebbero potuti derivare alla societa’ controllata al termine dell’esercizio, detratte le imposte, i costi di funzionamento della societa’ ed il compenso, previsto nel contratto, per la mandataria.
La censura e’ inammissibile.
In relazione alla questione relativa alla natura indiretta del danno, essendo la (OMISSIS) partecipata da (OMISSIS), infatti, deve rilevarsi che la stessa risulta del tutto nuova.
La Corte d’appello ha individuato il danno direttamente subito da (OMISSIS), per effetto dell’inadempimento di (OMISSIS), nell’importo di Lire 12.393.650.650, pari ad Euro 6.400.786,38, corrispondente al credito richiesto in sede di ammissione al passivo del Fallimento (OMISSIS) (nuova denominazione della (OMISSIS)). La Corte territoriale (pag 82) ha rilevato che l’attrice (OMISSIS) in liquidazione, sin dal primo grado, aveva prodotto il piano di riparto (OMISSIS)e della (OMISSIS) srl, gia’ (OMISSIS) srl, ed, in sede di comparsa conclusionale, aveva prospettato, sebbene in via di estremo subordine, un danno parametrato al credito ammesso al passivo del fallimento (OMISSIS), rimasto completamente insoddisfatto.
Dunque, la Corte d’appello riconosce un danno diretto di (OMISSIS), corrispondente ad un proprio credito, ammesso al passivo del Fallimento (OMISSIS), rimasto insoddisfatto. E la stessa circostanza fattuale si rinviene anche nella decisione del Tribunale (pag.84), che aveva riconosciuto, peraltro, un maggiore importo, dato dalla differenza tra il prezzo effettivamente pagato da (OMISSIS) (incluso l’accollo del mutuo subito da (OMISSIS), interamente partecipata da (OMISSIS)) ed il prezzo minore, stimato dall’esperto nominato ex articolo 2343 c.c., detratto l’importo riscosso dalla (OMISSIS) per effetto della escussione della garanzia annuale prestata da (OMISSIS); il Tribunale aveva dato atto della mancata riscossione da parte di (OMISSIS) “del proprio credito, ammesso al passivo di (OMISSIS) srl, per Euro 6.400.786,38, come allegato dall’attrice”, in conclusionale.
Il ricorrente avrebbe dovuto quindi precisare, ai fini dell’ammissibilita’ del motivo, come anche eccepito dalla controricorrente (OMISSIS), dove era stato dedotto tale diverso aspetto (danno indiretto e non diretto), in appello. E cio’ non risulta essere stato fatto.
Dunque, la censura e’ inammissibileOncfig per difetto di specificita’ ed indeterminatezza.
7.9. Il ricorrente lamenta, con il nono motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1224 e 1282 c.c., denunciando, in relazione sempre all’addebito relativo all’operazione ” (OMISSIS)- (OMISSIS)”, l’erroneita’ della decorrenza degli interessi e della rivalutazione dalla data di sottoscrizione del contratto, nel 1991, anziche’ dalla data di esigibilita’ del credito sottoposto a termine e quindi (al pari dell’accoglimento della doglianza del (OMISSIS) per la vicenda “(OMISSIS)”), secondo le scadenze previste nel contratto, ripartite in un quinquennio.
Tuttavia, la Corte d’appello ha affermato (pag. 83) che la statuizione di primo grado, in punto di interessi e rivalutazione sul risarcimento del danno, secondo la quale il debito di valore liquidato doveva essere rivalutato, dal 1991, anno per anno, secondo gli indici Istat, con applicazione degli interessi compensativi sulla somma via via rivalutata, al tasso annuo del 3%, non era stata specificatamente censurata, cosicche’ doveva rimanere ferma, su punto, la pronuncia del Tribunale.
Il motivo e’ dunque inammissibile perche’ non censura tale ratio decidendi.
7.10. Con il decimo motivo, denunciando la violazione degli articoli 1292, 1298, 1299, 1304, 2055 e 2392 c.c., si censura la negazione dell’efficacia della transazione parziaria, stipulata con la creditrice (OMISSIS) dalla condebitrice (OMISSIS), rispetto alla residua quota degli altri condebitori. Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia illegittimamente proceduto d’ufficio alla determinazione della quota di responsabilita’ gravante sulla societa’ di revisione, con riguardo alle due operazioni (“(OMISSIS)” e ” (OMISSIS)- (OMISSIS)”) per le quali era stata pronunciata condanna nei confronti degli amministratori e sindaco, accertando che tale quota era pari a zero, mentre avrebbe dovuto limitarsi a presumere, ai sensi dell’articolo 1298 c.c., comma 2, che essa era pari a quella di tutti i corresponsabili in solido, e dunque a 1/16, in difetto di domanda di accertamento di una diversa misura di responsabilita’ formulata dalla parte attrice o dalle parti convenute.
Il motivo non puo’ essere accolto.
Giova premettere che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 30174 del 2011, dopo avere chiarito che la norma di cui all’articolo 1304 c.c., comma 1, si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, e non la sola quota del debitore con cui e’ stata stipulata, hanno precisato che, ove la transazione tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore stipulante, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento e’ stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.
L’accertamento dell’entita’ di tale quota, ai fini della determinazione dell’incidenza della transazione sulle quote dei coobbligati non transigenti, spetta ovviamente al giudice di merito, il quale, come chiarito dalla successiva sentenza n. 7907/2012 di questa Sezione, procedera’, in via incidentale, anche in difetto di contraddittorio meramente facoltativo – con le parti transigenti, e si atterra’ alla presunzione di eguaglianza delle quote, ai sensi dell’articolo 1298 c.c., comma 2, solo nel caso in cui non risulti dagli atti una diversa distribuzione della responsabilita’, dato il carattere relativo di detta presunzione.
Il ricorrente non contesta tali principi, ma ritiene che il giudice di merito possa discostarsi dalla presunzione di eguaglianza delle quote solo in presenza di specifica istanza di parte.
Tale assunto, pero’, non puo’ essere condiviso, essendo privo di base normativa. La determinazione della quota di responsabilita’ del debitore transigente, ai fini della riduzione dell’importo del debito a carico dei condebitori non transigenti, non e’ infatti materia di domanda processuale – come sembra invece presupporre il ricorrente – bensi’ di eccezione in senso lato, come tale soggetta alla regola della rilevabilita’ d’ufficio da parte del giudice, sol che dagli atti risulti la sussistenza dei relativi presupposti di fatto (per tutte, Cass. S.U. 10531/2013).
8.1. Il ricorrente incidentale (OMISSIS) lamenta, con i primi due motivi, la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per motivazione illogica, contraddittoria, perplessa ed insufficiente, avendo respinto la Corte d’appello anche la doglianza proposta dal (OMISSIS) in ordine agli addebiti relativi all’operazione “(OMISSIS)”, ed all’operazione ” (OMISSIS)”, imputando, agli ex amministratori, quali il (OMISSIS), – il quale, peraltro, non aveva partecipato ne’ al comitato esecutivo del maggio 1990 ne’ alle trattative di alienazione, quanto alla vicenda “(OMISSIS)”, mentre risultava, quanto alla vicenda ” (OMISSIS)”, che, nella delibera del maggio 1991 del Comitato esecutivo, era stato dato mandato agli amministratori delegati, (OMISSIS) e (OMISSIS), di acquisire la societa’ con “la garanzia del pieno reddito”, – scelte solo inopportune dal punto di vista economico (per la prima operazione, il non avere preteso il rilascio di una garanzia per il pagamento del prezzo da parte dell’acquirente (OMISSIS); per la seconda operazione, il non avere preteso il rilascio di una garanzia per la durata di un quinquennio, in considerazione dell’obbligo assunto da (OMISSIS) di rendimento dell’immobile per un quinquennio).
Orbene, i motivi sono infondati, in quanto la sentenza non risulta affetta da vizio di motivazione del tutto illogica ed incoerente.
Questa Corte, a Sezioni Unite, ha di recente chiarito (SS.UU. 22232 del 03/11/2016) che “la motivazione e’ solo apparente, e la sentenza e’ nulla perche’ affetta da “error in procedendo”, quando, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie, ipotetiche congetture (nella specie la S.C. ha ritenuto tale una motivazione caratterizzata da considerazioni affatto incongrue rispetto alle questioni prospettate, utilizzabili, al piu’, come materiale di base per altre successive argomentazioni, invece mancate, idonee a sorreggere la decisione)”.
Nella fattispecie de qua, invero, la Corte d’appello ha espresso, in modo ampio ed esaustivo, le ragioni giuridiche e fattuali poste a fondamento della propria decisione, non potendo conseguentemente prospettarsi, sotto tale profilo, alcun vizio comportante la nullita’ della pronuncia medesima.
8.2. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 1304, in relazione all’articolo 1292 c.c., non avendo la Corte d’appello ritenuto che, al di la’ del tenore delle clausole contrattuali dell’accordo transattivo intervenuto tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), gli altri coobbligati, tra cui il (OMISSIS), potessero profittare dell’effetto liberatorio dal debito, ai sensi dell’articolo 1304 c.c., comma 1, o, in subordine, godere della riduzione del medesimo debito, in proporzione della quota della coobbligata transigente.
Il motivo e’ inammissibile. Invero, la Corte d’appello ha escluso l’operativita’ dell’articolo 1304 c.c. solo sulla base dell’interpretazione della transazione, nel senso che essa fosse parziale, pro-quota della societa’ di revisione, non perche’ le parti avevano convenuto una clausola nella quale si stabiliva che gli altri coobbligati non ne potessero approfittare ex articolo 1304 c.c., e tale interpretazione non viene censurata sotto il profilo della legittimita’. Quanto, poi, all’effetto riduttivo della transazione pro-quota, il ricorrente non si da’ carico delle ragioni della sua esclusione indicate nella motivazione della sentenza impugnata.
9.1. I ricorrenti incidentali (OMISSIS) e (OMISSIS) lamentano, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2392 e 1227 c.c., nonche’ l’omessa considerazione di fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in quanto, con riferimento all’operazione “(OMISSIS)”, la Corte d’appello, da un lato, aveva ritenuto, con un giudizio ex post, che gli amministratori avrebbero dovuto esigere dall’acquirente una garanzia ancora migliore sulla parte dilazionata del prezzo, cosi pretendendo dagli stessi di operare la migliore scelta teoricamente possibile, escludendo ogni profilo aleatorio, malgrado (OMISSIS) avesse conseguito cosi’ l’obiettivo di liberarsi degli immobili improduttivi e di ottenere un corrispettivo, piu’ che ragionevole, di oltre 34 miliardi di lire, in difetto di elementi ex ante, da cui ipotizzare che la cessionaria sarebbe poi fallita, che vi sarebbe stata incapienza dell’attivo, attesa l’entita’ dello stato passivo del fallimento, e che l’immobile sarebbe stato venduto poi ad un prezzo minimo, nonche’, dall’altro lato, per non avere tenuto conto, ai fini dell’articolo 1227 c.c., del fatto che, dopo l’aprile 1992, i Commissari straordinari prima e la Liquidazione coatta amministrativa poi avevano lasciato trascorrere tre anni, senza attivarsi per il recupero del credito.
Il motivo e’ inammissibile.
Invero, la Corte d’appello non ha sindacato le scelte imprenditoriali della societa’, ma ha valutato la colpa e la mala gestio degli amministratori e sindaci per non avere adottato e preteso le necessarie minime garanzie a copertura dell’obbligo di versamento del corrispettivo del prezzo della cessione ed ha poi escluso, in fatto, il concorso colposo del danneggiato ai fini dell’articolo 1227 c.c..
Quanto dedotto dai ricorrenti non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicche’ il riferimento alle norme civili risulta palesemente inconferente, giacche’ quel che viene in discussione e’ unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si e’ trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della corte territoriale.
9.2. I suddetti ricorrenti incidentali, con il secondo motivo, denunciano poi la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2392 e 1227 c.c., nonche’ l’omessa considerazione di fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in quanto, con riferimento all’operazione ” (OMISSIS)- (OMISSIS)”, la Corte d’appello, da un lato, ritenendo, con giudizio ex post, che gli ex amministratori avrebbero dovuto pretendere il rilascio di congrua garanzia per l’obbligazione del reddito locativo minimo, non ha considerato che l’operazione era stata approvata in termini adeguati e che, nella riunione del comitato esecutivo del 21/6/1991, l’amministratore delegato (OMISSIS) aveva comunicato di avere provveduto alla sottoscrizione del contratto preliminare di acquisto, che prevedeva, appunto, il rilascio, in favore
della (OMISSIS), di fideiussione assicurativa per cinque anni a
garanzia del reddito annuale per canoni di fitto, non essendo stati informati gli amministratori della contestuale stipula di un mandato ad amministrare, tra (OMISSIS) ed (OMISSIS), contemplante il rilascio alla prima di una fideiussione solo annuale, nonche’, dall’altro lato, considerato l’incidenza, ex articolo 1227 c.c., del comportamento della Lca della (OMISSIS) nella gestione del contenzioso con (OMISSIS).
Anche tale doglianza e’ inammissibile.
Invero, la Corte d’appello non ha sindacato le scelte imprenditoriali della societa’, ma ha valutato la colpa e la mala gestio degli amministratori e sindaci per non avere preteso, a fronte della scelta di pagare un prezzo piu’ che doppio rispetto alla perizia di stima dell’immobile Tiziano, che si giustificava solo in base alla successiva redditivita’ dello stesso, una garanzia a copertura dell’obbligo quinquennale di rendimento ed ha poi escluso, in fatto, il concorso colposo del danneggiato ai fini dell’articolo 1227 c.c..
Quanto dedotto dai ricorrenti non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, bensi’ censure di merito analogamente a quanto si e’ osservato a proposito del primo motivo.
9.3. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1304 e 1362 c.c., si lamenta che la Corte d’appello: a) nell’interpretare il contenuto della transazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), abbia valorizzato il contenuto di alcune clausole e non abbia invece preso in considerazione la clausola 3.2 (a mente della quale la transazione si riferiva “a tutte le domande formulate o formulabili nel giudizio, alla relativa azione nonche’ a qualunque pretesa o diritto, presenti o futuri che Compagnia (OMISSIS) in L.c.a. vanta o potrebbe vantare a qualunque tutolo nei loro confronti, derivanti o connessi o comunque afferenti alle questioni dedotte in Giudizio”), che dimostrava come la transazione si riferisse all’intera domanda proposta nei confronti della societa’ di revisione; b) nel determinare l’entita’ della quota di responsabilita’ della societa’ di revisione, abbia fatto riferimento non alla domanda spiegata dalla L.C.A. (OMISSIS) ed oggetto di transazione ma a statuizioni successive, adottate con la sentenza di secondo grado.
Nessuna delle due censure puo’ essere accolta.
La prima si sostanzia in una censura di merito, atteso il carattere tutt’altro che decisivo della clausola sottolineata dai ricorrenti, ai fini dell’applicazione dell’articolo 1304 c.c., comma 1, per la quale il concetto di “intero” (riferito al debito transatto) rileva in quanto contrapposto a “quota”, non gia’ a “parte”: sicche’, pacifico essendo che la transazione copriva tutte e per intero le pretese avanzate da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), come previsto dalla richiamata clausola 3.2, il punto da chiarire – e chiarito, appunto, secondo la Corte d’appello, da altre clausole – era se di tali pretese, avanzate solidalmente nei confronti anche degli altri convenuti, si fosse inteso o meno transigere la sola quota ideale gravante sulla societa’ transigente.
La seconda censura e’ infondata. Il senso di essa sembra consistere nella critica del riferimento della Corte d’appello alle sole obbligazioni risarcitorie relative ai titoli – tra i vari dedotti in giudizio dall’attrice per i quali essa stessa aveva accertato la responsabilita’ dei convenuti, ossia quelli riguardanti le operazioni “(OMISSIS)” e ” (OMISSIS)”. Se cosi e’, deve rispondersi che la Corte non avrebbe potuto regolarsi altrimenti, trattandosi di definire l’incidenza della transazione sulle obbligazioni accertate dei condebitori, le quali altre non erano, appunto, che quelle relative a dette due operazioni.
9.4. Infine, con il quarto motivo, i ricorrenti incidentali lamentano la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 91, 92 e 112 c.p.c. per avere la Corte d’appello, malgrado la pressoche’ totale soccombenza in primo grado della (OMISSIS) in l.c.a. e la totale soccombenza in appello, compensato le spese del doppio grado, nonche’ per avere omesso di condannare l’interveniente (OMISSIS) al rimborso delle spese anche nei confronti dei predetti appellati (OMISSIS) e (OMISSIS), essendo state invece le spese compensate nel relativo rapporto.
Il motivo e’, per la prima parte, infondato, perche’ la soccombenza va valutata con riferimento all’esito complessivo della lite, che per il ricorrente era stato certamente negativo, ancorche’ in misura inferiore rispetto alle richieste di parte attrice.
Quanto poi alla compensazione delle spese disposta nel rapporto tra l’interveniente (OMISSIS) e gli appellanti (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte d’appello ha chiaramente e fondatamente ritenuto che l’intervento fosse rivolto a contrastare la posizione della sola (OMISSIS) in l.c.a., il cui comportamento inerente alla transazione veniva, in definitiva, contestato dall’interveniente, e che, in difetto di domande rivolte dal suddetto nei confronti degli altri partecipanti al giudizio (nei cui riguardi vi era dunque stata da parte dell’interveniente una mera litis denuntiatio), le spese relative a tali rapporti ulteriori andassero compensate, T~ I) rilevando l’assenza di aggravio di attivita’ processuale. Il motivo sul punto e’ pertanto infondato
10.1. I ricorrenti incidentali (OMISSIS) e (OMISSIS) lamentano, con il primo motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2392, 2394, 1225 e 1227 c.p.c., sia l’omessa considerazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, di fatti decisivi controversi, in relazione all’operazione “(OMISSIS)”, avendo la Corte d’appello, ritenendo non prudente la condotta degli amministratori quanto all’insufficienza delle garanzie pretese a presidio del pagamento di porzione del prezzo differita nel tempo, violato il divieto di sindacare il merito delle scelte gestionali degli amministratori, salvo che esse, in un giudizio ex ante, si rivelino manifestatamente temerarie ed imprudenti, senza poi dare rilievo alla imprevedibilita’ del futuro fallimento della (OMISSIS), al valore del cespite ipotecato (oltre Lire 14 miliardi o, secondo l’UTE, addirittura Lire 21 miliardi), ovvero all’incidenza causale determinata dall’inerzia di (OMISSIS) nel coltivare azioni a tutela del proprio credito.
Il motivo e’ inammissibile. Invero, la Corte d’appello non ha sindacato le scelte imprenditoriali della societa’, ma ha valutato la colpa e la mala gestio degli amministratori e sindaci per non avere adottato e preteso le necessarie minime garanzie a copertura dell’obbligo di versamento del corrispettivo del prezzo della cessione ed ha poi escluso, in fatto, il concorso colposo del danneggiato ai fini dell’articolo 1227 c.c..
Quanto dedotto dai ricorrenti non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicche’ il riferimento alle norme civili risulta palesemente inconferente, giacche’ quel che viene in discussione e’ unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si e’ trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della corte territoriale.
Ne’ risulta dai ricorrenti evidenziato alcun fatto decisivo del quale la Corte d’appello abbia omesso l’esame, ai fini di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5.
10.2. Gli stessi ricorrenti lamentano, con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2392, 2394, 1225 e 1227 c.p.c., con riguardo al riconoscimento della responsabilita’ degli ex amministratori per l’operazione ” (OMISSIS)”, reiterando le doglianze mosse nel primo motivo, in particolare, denunciando che la durata annuale della polizza fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni di (OMISSIS) era suscettibile di rinnovo per cinque anni.
Il motivo e’ inammissibile, per le ragioni gia’ espresse al par. 10.1.
10.3. Si lamenta poi, con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1298, 1304 e 1362 c.c., nonche’ l’omessa considerazione di fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, e la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 112 c.p.c..
Viene denunciata l’erroneita’ della decisione impugnata, con riguardo agli effetti sul debito solidale della transazione intervenuta tra la (OMISSIS) in l.c.a. e la (OMISSIS), sia per erronea interpretazione del contenuto dell’accordo transattivo, valorizzandone la clausola 3.2 per inferirne l’inerenza della transazione stessa all’intero credito e non alla sola quota della debitrice transigente, come gia’ osservato dai ricorrenti incidentali (OMISSIS) e (OMISSIS); sia per avere la Corte distrettuale individuato la quota ideale del debito transatto, facendo riferimento a statuizioni della stessa sentenza di appello, anziche’ alla domanda originariamente spiegata da (OMISSIS); sia per non avere la Corte d’appello, malgrado la declaratoria dei coobbligati di volere approfittare della transazione, diminuito la loro responsabilita’ dell’importo della transazione; sia per l’ingiusta locupletazione di (OMISSIS) per effetto dell’incasso della somma di ben 10 milioni di Euro in esecuzione della transazione; sia perche’ la Corte non aveva il potere di procedere d’ufficio alla determinazione della quota di responsabilita’ gravante sulla debitrice transigente.
Il motivo non puo’ essere accolto per le stesse considerazioni svolte ai par.7.10 e 9.3. Ne’ e’ corretto il rilievo della asserita ingiusta locupletazione della liquidazione (OMISSIS), per effetto dell’incasso della somma versatale da (OMISSIS) in adempimento della transazione, senza alcuna decurtazione in favore degli altri convenuti, volta che sia stato accertato il difetto dei presupposti di tale decurtazione e considerato il carattere per certi versi aleatorio della transazione.
10.4. Infine, con il quarto motivo, si denuncia la nullita’ della sentenza, es articolo 360 c.p.c., n. 4, per omessa statuizione, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., nel dispositivo, circa la rilevanza o meno della suddetta transazione sulla decisione del giudizio.
Il motivo e’ infondato, avendo la Corte d’appello concluso per l’inoperativita’ dell’articolo 1304 c.p.c., e per l’irrilevanza in concreto della transazione anche ai fini di qualsivoglia decurtazione di somme da quella condanna, cosicche’ il dispositivo non avrebbe potuto contenere alcuna diversa statuizione al riguardo.
11. Per tutto quanto sopra esposto, vanno dichiarati inammissibili il ricorso principale dell’Avv.to (OMISSIS) ed i ricorsi incidentali di Compagnia (OMISSIS) e di (OMISSIS) e (OMISSIS) e vanno respinti i ricorsi incidentali di (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS), di (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS); deve poi essere dichiarata l’estinzione parziale del giudizio nei rapporti (OMISSIS) e (OMISSIS)/Compagnia (OMISSIS) di Assicurazioni spa in l.c.a., (OMISSIS)/ Compagnia (OMISSIS) di Assicurazioni spa in l.c.a. e (OMISSIS)/Compagnia (OMISSIS) di Assicurazioni spa in l.c.a., per effetto delle reciproche rinunzie delle parti.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nel solo rapporto tra il ricorrente principale Avv.to (OMISSIS) (il quale aveva rivolto le sue doglianze, nell’originario intervento in appello, nei soli riguardi di (OMISSIS) e nei riguardi della medesima le ha rivolte, in definitiva, anche con il ricorso per cassazione) e la Compagnia (OMISSIS) in l.c.a. (la quale non ha svolto ricorso incidentale nei suoi riguardi), mentre vanno integralmente compensate nei rapporti tra le parti rinuncianti, stante l’intervenuta definizione della lite, e tra i ricorrenti incidentali Compagnia (OMISSIS), da una parte, ed (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altra, stante la reciproca soccombenza. Non deve disporsi il pagamento del doppio contributo in relazione alle sole parti che hanno reciprocamente rinunciato ai ricorsi incidentali, con conseguente estinzione parziale del giudizio. Infatti in tema di impugnazioni, la “ratio” del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalita’ di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicche’ tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilita’ originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (Cass., n. 19464/2014; Cass., n. 13636/2015; Cass., n. 3542/2017; Cass., n. 14267/2017).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale ed i ricorsi incidentali di (OMISSIS) s.p.a. in l.c.a., (OMISSIS) e (OMISSIS) e rigetta i ricorsi incidentali di (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS), di (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS); dichiara l’estinzione parziale del giudizio di cassazione nei rapporti (OMISSIS) e (OMISSIS)/ (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a., (OMISSIS)/ (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a. e (OMISSIS)/ (OMISSIS)Tirrena (OMISSIS) spa in l.c.a.; condanna il ricorrente principale Avv.to (OMISSIS) al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’ in favore della Compagnia (OMISSIS) in l.c.a., liquidate in complessivi Euro 20.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonche’ rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge; dichiara integralmente compensate le spese processuali tra le altre parti.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’importo a titolo di contributo un (OMISSIS)cato, pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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