Il divieto di cumulo fra rivalutazione monetaria e interessi

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 22 maggio 2019, n. 3327.

La massima estrapolata:

Il divieto di cumulo fra rivalutazione monetaria e interessi, sancito per i crediti di lavoro dall’art. 22, comma 36, l. 23 dicembre 1994, n. 724, trova applicazione soltanto per gli inadempimenti successivi all’entrata in vigore di tale norma (e quindi dal 1 gennaio 1995), con la conseguenza che sui crediti retributivi maturati sino al 31 dicembre 1994 vanno corrisposti oltre gli interessi legali anche il danno da svalutazione (mentre per i crediti maturati dopo il 31 dicembre 1994 competono solo gli interessi legali).

Sentenza 22 maggio 2019, n. 3327

Data udienza 14 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7373 del 2018, proposto dal dottor Fr. Fa., rappresentato e difeso dall’avvocato Cl. Ne., e con questi elettivamente domiciliato in Roma, via (…), presso lo studio dell’avvocato Cr. Sp.;
contro
la Gestione Liquidatoria Asl n. 3 Centro Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Gi. e con questi elettivamente domiciliato in Roma, via (…), presso lo studio dell’avvocato Mi. Bu.;
la Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
l’Azienda U.S.L. n. 3 Centro Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tar Molise n. 262 dell’11 maggio 2018, con la quale è stato respinto il ricorso per l’esecuzione della sentenza dello stesso Tar Molise n. 569 del 27 settembre 2011, nonché per la condanna della Regione Molise e, per quanto di competenza, della A.s.l. n. 3 “Centro Molise” in liquidazione, al pagamento della somma asseritamente spettante, a titolo di differenze stipendiali per aver svolto a tempo pieno funzioni superiori (classe di appartenenza X) a decorrere dal novembre 1993 fino al 30 giugno 1998, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria dal maturato al saldo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Gestione Liquidatoria Asl n. 3 Centro Molise;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Molise;
Vista la memoria depositata dall’appellate dottor Fr. Fa. in data 28 febbraio 2019;
Vista la memoria depositata dalla Gestione Liquidatoria Asl n. 3 Centro Molise in data 16 ottobre 2018;
Vista la memoria depositata dalla Regione Molise in data 21 febbraio 2019;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 14 marzo 2019 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il dottor Fr. Fa. – già inquadrato quale medico condotto ex art. 110, d.P.R. n. 270 del 1987con la qualifica di dirigente medico di 1° livello (classe di appartenenza ex IX) – ha proposto dinanzi al Tar Molise ricorso per l’esecuzione della sentenza n. 569 del 27 settembre 2011, per ottenere la condanna della Regione Molise e della Asl n. 3 “Centro Molise” in liquidazione al pagamento in suo favore dell’intera somma spettantegli, a titolo di differenze stipendiali, per aver svolto le funzioni superiori (classe di appartenenza X) di responsabile del Po. e de. Di. So. di S. El. a Pi. e del Po. di Ri., a decorrere dal novembre 1993 e fino al 30 giugno 1998, oltre alla rivalutazione monetaria dal maturato al saldo.
Ad avviso del dottor Fa. con la citata sentenza n. 569 del 2011 il Tar aveva accolto la domanda proposta, statuendo che “al ricorrente va quindi riconosciuto il diritto al trattamento economico per lo svolgimento delle funzioni superiori del Po. di Ri., funzioni ulteriori rispetto a quelle assegnate in via principale al ricorrente presso la sede di (omissis) e non comprese in quelle ordinariamente proprie di ex medico condotto…”.
Ha quindi chiesto l’esecuzione della sentenza n. 569 del 2011 ma con decisione n. 262 dell’11 maggio 2018 il ricorso è stato respinto.
2. Il dott. Fa. impugna la sentenza n. 262 del 2018 con ricorso notificato il 10 settembre 2018 e depositato il successivo 21 settembre, deducendo:
a) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta, contraddittorietà, sviamento e elusione di giudicato; violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 112 e segg. c.p.a..
L’Azienda sanitaria in liquidazione ha introdotto nel giudizio di ottemperanza temi e questioni che avrebbe dovuto dedurre nel giudizio definito con la sentenza n. 569 del 2011, finendo addirittura per sostenere che l’esponente non avrebbe “giammai provato di aver espletato ulteriore orario, oltre quello convenuto con il provvedimento n. 616 del 17 luglio 1995, in quanto i medici ex condotti, non sono mai stati dotati di cartellino marcatempo”. Dal canto suo il Tar ha erroneamente ritenuto che la sentenza n. 569 del 2011 “ha sì riconosciuto al ricorrente il diritto al trattamento economico per lo svolgimento delle funzioni aggiuntive di responsabile del Po. di Ri. – funzioni non comprese in quelle ordinariamente proprie dell’ex medico condotto… – ma non ha affermato che lo stesso ricorrente svolgesse le dette prestazioni per un monte-ore superiore a quello assegnato (di 10 ore settimanali)”.
Contrariamente a quanto sostenuto dal primo Giudice, con la sentenza n. 569 del 2011 lo stesso Tribunale aveva esplicitamente accertato, dichiarato e statuito che: il ricorrente aveva assolto e svolto, oltre le funzioni di medico di medicina generale convenzionato (ex medico condotto), anche le funzioni di responsabile del Po. e de. Di. So. di S. El. a Pi., nonchè quelle di responsabile del Po. di Ri.; tali ultime funzioni di responsabile del Po. di Ri. erano state svolte come “funzioni ulteriori rispetto a quelle assegnate in via principale….. presso la sede di (omissis)”; le complessive funzioni lavorative svolte dal ricorrente, oltre quelle di ex medico condotto, “hanno di gran lunga superato l’obbligo gravante sugli ex medici condotti a tempo definito quantificato in 10 ore settimanali”.
b) Violazione di legge (artt. 36 Cost. e 429 c.p.c.) ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e difetto di motivazione.
Erroneamente il giudice di primo grado ha affermato che “nella sentenza non vi è cenno alcuno ad un diritto del ricorrente alla rivalutazione monetaria del suo credito”: gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sono, infatti, accessori della sorte capitale spettante quale retribuzione all’avente titolo, il quale ne ha diritto per legge (art. 429 c.p.c.) a prescindere da una esplicita pronuncia del Giudice.
3. Si è costituita in giudizio la Gestione Liquidatoria Asl n. 3 Centro Molise, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
4. Si è costituita in giudizio la Regione Molise, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
5. Alla camera di consiglio del 14 marzo 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, la questione controversa è la corretta esecuzione della sentenza del Tar Molise n. 569 del 27 settembre 2011, esclusa dal dottor Fr. Fa. e confermata, invece, dal Tar Molise, che ha respinto il ricorso per l’ottemperanza con sentenza n. 262 dell’11 maggio 2018, oggetto dell’appello in esame.
Al fine del decidere è necessaria la ricostruzione della vicenda contenziosa.
Il dottor Fa. è stato inquadrato quale medico condotto a speciale rapporto ex art. 110, d.P.R. 20 maggio 1987, n. 270 con la qualifica di dirigente medico di primo livello dell’Area funzionale di Prevenzione e Sanità -Pubblica, disciplina Organizzazione dei servizi sanitari di base. Quale ex medico condotto transitato nei ruoli sanitari della U.S.L. aveva un regime di lavoro ridotto, non oltre le 10 ore settimanali, con correlata possibilità di svolgere contestualmente l’attività di medico convenzionato con la Medicina Generale, con un massimale di n. 1400 assistiti.
Con ricorso n. 606 del 2000 ha adito il Tar Molise per il riconoscimento del diritto ad ottenere la maggiore retribuzione o indennità spettategli per le funzioni di responsabile del Poliambulatorio e del Distretto socio-sanitario del Comune di (omissis) e di responsabile del Po. de. Co. di Ri. svolte, rispettivamente, dal novembre 1993 e dal 3 giugno 1996 e fino al 30 giugno 1998, comprese le indennità di missione per il periodo di servizio svolto presso il Po. di Ri. e le indennità di posizione e di risultato per il conseguimento degli obiettivi raggiunti.
Con sentenza n. 569 del 27 settembre 2011 il Tar Molise ha in parte accolto, in parte respinto ed in parte dichiarato improcedibile il ricorso.
In particolare, il Tar ha accolto l’azione di accertamento del diritto al riconoscimento delle mansioni superiori svolte in relazione alle funzioni di responsabile del Po. di Ri., funzioni ulteriori rispetto a quelle assegnate in via principale presso la sede di (omissis) e non comprese in quelle ordinariamente proprie di un ex medico condotto inquadrato ai sensi dell’art. 110, d.P.R. n. 270 del 1987. Ha principiato affermando che la posizione dei medici condotti, pur differenziata in conseguenza della specificità delle loro funzioni, comporta comunque l’applicazione dei principi generali validi per tutto il personale medico del Servizio Sanitario Nazionale in quanto, dopo l’istituzione del predetto servizio sono divenuti dipendenti delle Unità Sanitarie Locali in possesso di uno status non diverso da quello di tutti gli altri dipendenti sanitari. E’ dunque applicabile anche agli ex medici condotti transitati nei ruoli dei sanitari facenti parte del Servizio Sanitario Nazionale l’art. 29, d.P.R. n. 761 del 20 dicembre 1979, che consente il riconoscimento delle mansioni superiori svolte a condizione che dette mansioni siano state espletate per un periodo annuale superiore a sessanta giorni su un posto di ruolo di pianta organica di fatto vacante ed in forza di un provvedimento formale dell’Amministrazione.
Con ricorso n. 70 del 2018 il dottor Fa. ha adito nuovamente il Tar Molise deducendo la non corretta esecuzione della sentenza n. 569 del 2011 atteso che la Regione Molise – subentrata alla disciolta Asl n. 3 in tutte le posizioni debitorie di quest’ultima ai sensi dell’art. 3, l. reg. n. 7 del 2010 – con determinazione del Direttore Generale per la Salute n. 317 del 27 novembre 2012 gli ha liquidato Euro 23.842,50, oltre interessi pari ad Euro 7.054,78, senza tuttavia riconoscere la rivalutazione monetaria. Inoltre la liquidazione sarebbe stata operata sulla base dell’orario di 10 ore settimanali (espletato nel periodo in questione quale ex medico condotto) e non già sulla base dell’orario di lavoro (a tempo pieno) effettivamente svolto, in aggiunta alle dieci ore settimanali, quale responsabile del Po. di Ri. (Cb).
Con l’impugnata sentenza n. 262 dell’11 maggio 2018 il Tar ha respinto il ricorso per l’ottemperanza sul rilievo che nella decisione n. 569 del 2011 non vi è cenno alcuno ad un diritto del ricorrente alla rivalutazione monetaria del suo credito né al tempo pieno lavorativo svolto presso il Po. di Ri.. Ha quindi escluso che la citata sentenza n. 569 avesse affermato che il ricorrente svolgesse le dette prestazioni per un monte-ore superiore a quello assegnato (di 10 ore settimanali).
2. L’appello deve essere accolto nei limiti di seguito precisati.
Giova principiare con la pretesa dell’appellante a vedersi riconoscere il trattamento economico per le funzioni del decimo livello per un periodo superiore alle 10 ore assegnatigli quale medico ex condotto e con riferimento sia al Po. di Ri. che alla sede di (omissis) (richiesta, quest’ultima, chiarita nella breve memoria depositata il 28 febbraio 2019).
Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione in entrambe le censure in cui si articola.
Il dottor Fa. richiama un passo della sentenza n. 569 del 2011 per affermare che il Tar aveva riconosciuto che lo svolgimento di dette mansioni superiori sarebbe stato svolto per un periodo superiore alle 10 ore. In particolare, la citata sentenza n. 569 del 2011 chiarisce che “Il compenso per i risultati conseguiti nella sua attività è stato corrisposto fin dal 1996, circostanza che fa cadere l’interesse del ricorrente ad una statuizione sul punto e prova, da altra angolazione, che l’Amministrazione resistente ha in definitiva riconosciuto la natura stabile ed istituzionale delle prestazioni lavorative rese dal ricorrente che hanno di gran lunga superato l’obbligo gravante sugli ex medici condotti a tempo definito quantificato in 10 ore settimanali.”.
Il Collegio esclude che l’affermazione del giudice di primo grado vada letta nel senso fatto proprio dall’appellante, atteso che il Tar ha chiarito che il ricorrente ha svolto attività ulteriori a quelle dell’ex medico condotto, sul quale incombe un monte ore di 10 ore settimanali, ma non ha per nulla concluso che il dottor Fa. avesse svolto mansioni superiori per un periodo aggiuntivo alle dette 10 ore e – come correttamente chiarito dalla sentenza impugnata n. 262 del 2018 – all’attività svolta quale medico di medicina generale convenzionato con un massimale di 1400 assistiti. In altri termini, il tipo di attività espletata dal dottor Fa. – non la quantità – ha superato gli obblighi gravanti sul profilo dallo stesso ricoperto (di ex medico condotto).
Ulteriore riprova della correttezza di tale conclusione è nella mancata indicazione espressa, da parte del giudice di primo grado, del periodo ulteriore che il dottor Fa. avrebbe svolto esercitando le superiori mansioni, precisazione che il Tar avrebbe fatto, ove avesse ritenuto tali funzioni non esercitate nell’ambito delle 10 ore settimanali, per rendere poi eseguibile la propria statuizione, stante l’impossibilità per l’Amministrazione di calcolare il quantum debeatur a fronte di una condanna generica, che non avesse chiarito per quanto tempo il sanitario aveva svolto mansioni superiori a quelle proprie della qualifica rivestita di ex medico condotto.
3. Afferma ancora il dottor Fa. l’erroneità della sentenza n. 262 del 2018 nella parte in cui non considera che la decisione n. 569 del 2011 aveva riconosciuto le mansioni superiori con riferimento sia al Poliambulatorio e al Distretto Socio-Sanitario di (omissis), che al Po. di Ri.. A supporto del proprio argomentare richiama la parte della sentenza n. 569 del 2011 che chiarisce che “al ricorrente va quindi riconosciuto il diritto al trattamento economico per lo svolgimento delle funzioni di responsabile del Po. di Ri., funzioni ulteriori rispetto a quelle assegnate in via principale al ricorrente presso la sede di (omissis) e non comprese in quelle ordinariamente proprie di un ex medico condotto inquadrato ai sensi dell’art. 110, d.P.R. n. 270 del 1987.”.
Vale in primo luogo chiarire che una volta stabilito che l’appellante ha diritto solo alle differenze retributive tra lo stipendio base percepito in qualità di ex medico condotto, IX livello, e quello di coadiutore santuario a tempo definito, ex X livello, per l’arco temporale novembre 1993 – giugno 1998 e per 10 ore settimanali, diventa irrilevante verificare se tali mansioni superiori siano state svolte tutte presso il Po. di Ri. o anche presso la sede di (omissis).
Aggiungasi che nel ricorso in primo grado proposto per l’esecuzione della sentenza n. 569 del 2011 il dott. Fa. fa riferimento all'”orario di lavoro (tempo pieno) effettivamente svolto, in aggiunta alle 10 ore settimanali, quale ‘responsabile del Poliambulatorio di Riccià, così come riconosciuto e statuito dalla richiamata sentenza n. 569 del 2011 dell’On. le Tribunale adito”. Anche nella memoria, depositata il 22 febbraio 2018 dinanzi al Tar Molise, ha ribadito di aver “svolto anche le funzioni di responsabile del Po. di Ri. e, quindi, per un numero di ore settimanali ‘che hanno di gran lunga superato l’obbligo gravante sugli ex medici condotti a tempo definito quantificato in 10 ore settimanalà .”, senza fare alcun riferimento alla sede di (omissis).
In ogni caso, contrariamente a quanto afferma l’appellante, la sentenza n. 569 del 2011 ottemperanda aveva riconosciuto lo svolgimento di funzioni superiori solo in relazione al Po. di Ri.. Il passo richiamato dall’appellante a supporto del proprio assunto – id est che va riconosciuto lo svolgimento delle funzioni di responsabile del Po. di Ri., “funzioni ulteriori rispetto a quelle assegnate in via principale al ricorrente presso la sede di (omissis)” – circoscrive l’espletamento di dette mansioni superiori solo al Po. di Ri. mentre il riferimento alla sede di (omissis) indica la struttura ove il sanitario espleta le mansioni ordinarie assegnatigli.
In parte qua la sentenza n. 569 del 2011 non è stata appellata dal dottor Fa. ed è dunque passata in giudicato.
4. E’ invece fondata la pretesa al pagamento, sulla somma liquidata di euro 23.842,50, oltre dei già riconosciuti interessi pari ad Euro 7.054,78, anche della rivalutazione monetaria sino al 31 dicembre 1994.
Ricorda il Collegio che il periodo di riferimento del credito principale va dal novembre 1993 fino al 30 giugno 1998.
Effettivamente, per gli importi dovuti sino alla data del 31 dicembre 1994 spetta all’appellante – quali accessori dei ratei non pagati a suo tempo – il cumulo tra gli interessi e la rivalutazione monetaria (Cons. St., sez. IV, 21 febbraio 2019, n. 1202).
Il divieto del cumulo è stato, infatti, stabilito dall’art. 22, comma 36, l. 23 dicembre 1994, n. 724, che non ha retroattivamente inciso sulla disciplina applicabile.
Ed invero, il divieto di cumulo fra rivalutazione monetaria e interessi, sancito per i crediti di lavoro dall’art. 22, comma 36, l. 23 dicembre 1994, n. 724, trova applicazione soltanto per gli inadempimenti successivi all’entrata in vigore di tale norma (e quindi dal 1° gennaio 1995), con la conseguenza che sui crediti retributivi maturati sino al 31 dicembre 1994 vanno corrisposti oltre gli interessi legali anche il danno da svalutazione (mentre per i crediti maturati dopo il 31 dicembre 1994 competono solo gli interessi legali).
Per quanto riguarda le modalità di calcolo, va rilevato, secondo quanto precisato dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 13 ottobre 2011, n. 18, che: a) gli interessi legali sono dovuti sugli importi nominali dei singoli ratei, dalla data di maturazione di ciascun rateo e fino all’adempimento tardivo, e le somme da liquidare a tale titolo devono essere calcolate sugli importi nominali dei singoli ratei, secondo i vari tassi in vigore alle relative scadenze, senza che gli interessi possano, a loro volta, produrre ulteriori interessi; b) la rivalutazione deve essere calcolata sull’importo nominale dei singoli ratei e va computata con riferimento all’indice di rivalutazione monetaria rilevante al momento della decisione; la somma dovuta a tale titolo, stante la sua natura accessoria, non deve essere a sua volta ulteriormente rivalutata.
Il cumulo tra interessi e rivalutazione sulla somma riconosciuta al dott. Fa. spetta dunque sino al 31 dicembre 1994.
Non osta al riconoscimento, nei limiti sopra esposti, della rivalutazione monetaria la mancata espressa previsione nella sentenza n. 569 del 2011, stante il principio consolidato in giurisprudenza secondo cui la rivalutazione monetaria ex art. 429, comma 3, c.p.c., va riconosciuta d’ufficio dal giudice, salvo il limite dell’intervenuta acquiescenza e della conseguente formazione del giudicato sulla questione non investita da apposito mezzo di gravame (Cass. n. 19312 del 2016; n. 17353 del 2010; n. 7395 del 2010; n. 16484 del 2009; n. 15878 del 2003; n. 4943 del 1995). Ne consegue che la rivalutazione monetaria, in quanto accessorio al credito principale riconosciuto, può essere liquidato anche dal giudice dell’esecuzione.
Erroneamente quindi il Tar Molise ha escluso la rivalutazione monetaria sul rilievo che nella sentenza ottemperanda mancava una espressa previsione in tal senso.
Il relativo pagamento dovrà avvenire entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notifica se anteriore.
5. L’appello deve quindi essere accolto nei limiti sopra indicati e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza del Tar Molise n. 262 dell’11 maggio 2018, il ricorso di primo grado deve essere accolto nel senso del riconoscimento del diritto dell’appellante al computo, sulla somma liquidata, della rivalutazione monetaria sino al 31 dicembre 1994.
La parziale soccombenza giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza del Tar Molise n. 262 dell’11 maggio 2018, accoglie il ricorso di primo grado nel senso del riconoscimento del diritto del dottor Fr. Fa. al computo, sulla somma liquidata, della rivalutazione monetaria sino al 31 dicembre 1994.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *