Tratta di persone e la situazione di necessità

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|19 maggio 2021| n. 19737.

In tema di tratta di persone, la situazione di necessità di cui all’art. 601, comma primo, cod. pen. coincide con la “posizione di vulnerabilità” di cui alla direttiva comunitaria 2012/29/UE e al d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24 e deve essere intesa come qualsiasi situazione di debolezza o di mancanza materiale o morale della persona offesa, idonea a condizionarne la volontà personale e che non consente altra scelta effettiva di vita, se non cedendo all’abuso di cui è vittima e non è, pertanto, identificabile nello stato di necessità, cui fa riferimento l’art. 54 cod. pen., ma va correlata, piuttosto, alla nozione di “stato di bisogno” di cui all’art. 644, comma quinto, n. 3 cod. pen., dettato in tema di usura aggravata.

Sentenza|19 maggio 2021| n. 19737. Tratta di persone e la situazione di necessità

Data udienza 19 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Reati ex artt. 601, comma 1 e 602 ter, comma 1, lett. b) e c), c.p. – Art. 12, D.Lgs. n. 286/98 – Integrazione dei reati – Elementi – Mancato riconoscimento attenuanti generiche

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 2/7/2019 della Corte di assise di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta, presentata ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr. Birritteri Luigi, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi.

Tratta di persone e la situazione di necessità

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 26/9/2018, la Corte di assise di Catania dichiaro’ (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli del delitto di cui agli articoli 110 e 81 c.p., articolo 601 c.p., comma 1, articolo 602-ter c.p., comma 1, lettera b) e c), , agli stessi congiuntamente ascritto al capo 1) della rubrica, il primo limitatamente alle persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS), la seconda limitatamente alla persona offesa (OMISSIS), per avere, in tempi diversi, mediante minacce e inganno consistito nel rappresentare falsamente la destinazione ad attivita’ lecita in luogo della destinazione alla prostituzione e mediante approfittamento della situazione di vulnerabilita’, di inferiorita’ fisica e psichica e di necessita’ delle vittime, reclutato, introdotto, trasportato, ospitato nel territorio dello Stato le due donne sopra indicate, al fine di costringerle o, comunque, di indurle a prestazioni sessuali a pagamento, in questo modo sfruttandole; fatto commesso con le aggravanti di avere agito al fine di sfruttare la prostituzione delle persone offese ed esponendole a un grave pericolo per la vita e l’integrita’ fisica, dal giorno (OMISSIS).
(OMISSIS) fu, altresi’, dichiarato colpevole del delitto di cui agli articoli 81 e 110 c.p. e Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 12, comma 3, lettera b) e d), comma 3-bis e comma 3-ter, lettera a) e b), per avere, in concorso con altri soggetti non identificati, promosso, organizzato, finanziato ed effettuato il trasporto illegale di (OMISSIS) e (OMISSIS), utilizzando una connection house per la permanenza delle donne prima dell’imbarco, fatte partire alla volta dell’Italia su natanti di fortuna occupati da numerosi migranti, esponendole ad altissimo rischio di naufragio. Con le aggravanti di aver esposto a pericolo la vita e l’incolumita’ delle persone trasportate, di essere stato il reato commesso da piu’ di tre persone, di aver agito al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o, comunque, allo sfruttamento sessuale e al fine di trarne profitto, dal giorno (OMISSIS).
Il primo Giudice, ritenuta la continuazione, condanno’ (OMISSIS) alla pena di 18 anni di reclusione, dichiarandolo interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale durante la pena; e (OMISSIS), esclusa l’aggravante della minore eta’ della persona offesa, con l’attenuante di cui all’articolo 114 c.p., comma 1, ritenuta prevalente sulle residue aggravanti, e con le attenuanti generiche, alla pena di 3 anni e 8 mesi di reclusione, con l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni. Entrambi gli imputati furono dichiarati interdetti in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela o all’amministrazione di sostegno, da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonche’ da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori.

 

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2. Con sentenza in data 2/7/2019, la Corte di assise di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ridetermino’ la pena inflitta a (OMISSIS) in 12 anni e 6 mesi di reclusione e quella applicata a (OMISSIS), qualificato il capo 1) della rubrica nella fattispecie di cui alla L. 20 febbraio 1058, n. 75, articolo 3, n. 8, con le gia’ ritenute circostanze di cui agli articoli 114 e 62-bis c.p., in 1 anno, 11 mesi di reclusione e 500,00 Euro di multa.
3. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..

 

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3.1. Con il primo motivo, il ricorso prospetta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), vizio di motivazione e travisamento della prova in ordine alla responsabilita’ dell’imputato per il delitto di cui al capo 1), atteso che la volonta’ della vittima, (OMISSIS) ( (OMISSIS)), non poteva ritenersi coartata, sicche’ il delitto di cui all’articolo 601 c.p. non sarebbe stato integrato.
Sarebbe, infatti, emerso dalla istruttoria dibattimentale che (OMISSIS), lungi dall’essere assoggettata all’imputato, vi trovasse il primo appoggio nel momento dell’arrivo a Ferrara dopo il trasferimento, in autonomia (con il treno) da Catania a Messina; e che l’organizzazione e il finanziamento del viaggio in Italia, come dichiarato dall’imputato in sede di esame reso all’udienza dell’11/6/2018, sarebbero opera di ” (OMISSIS)”, la sister di (OMISSIS), il quale avrebbe assicurato un mero alloggio temporaneo alle ragazze, inizialmente senza documenti, sulla base delle indicazioni della stessa ” (OMISSIS)”.
Con riguardo all’elemento psicologico del delitto di tratta, la telefonata con i familiari del 19-20/1/2017, utilizzata per affermare la responsabilita’ dell’imputato, sarebbe stata travisata dalla Corte, avendo egli nel frangente manifestato una mera preoccupazione per l’incolumita’ delle ragazze.
La liberta’ di (OMISSIS) non sarebbe stata coartata, dal momento che ella si sarebbe prostituita spontaneamente e avrebbe versato somme modeste (cento Euro) a (OMISSIS) per non creare problemi alla famiglia e perche’ aveva paura dei riti voodoo che le erano stati fatti in Nigeria e in Libia e non certo da (OMISSIS), cristiano e non avvezzo a tali riti. La persona offesa, del resto, era studentessa e quindi avrebbe avuto un livello di istruzione superiore, in grado di consentirle di sottrarsi al presunto aguzzino. Mancherebbero, pertanto, i presupposti necessari per la configurazione del reato, costituiti dalla mancanza di auto-determinazione della vittima e dalla impossibilita’ di sottrarsi alla situazione di sfruttamento.

 

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Ne’ vi sarebbe prova del debito asseritamente contratto dalle ragazze con (OMISSIS) per il loro viaggio, pari a circa 25.000,00 Euro. Infatti, il costo del viaggio ammonterebbe notoriamente a circa un migliaio di Euro; e in ogni caso l’asserito debito sarebbe stato contratto nella terra di origine, con persone che (OMISSIS) non frequentava, risiedendo regolarmente in Italia da moltissimi anni.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, senza alcuna valutazione del caso concreto e della effettiva personalita’ dell’imputato e, in particolare, della sua incensuratezza e giovane eta’ e della collaborazione prestata. Oltre a non avere mai esercitato alcuna violenza fisica sulle ragazze, che sarebbero state libere di spostarsi e di gestirsi autonomamente, si evidenzia, quanto al comportamento post delictum, come l’imputato si sia attivato per un positivo reinserimento sociale, portando avanti gli studi e frequentando il corso di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana, sicche’ egli sarebbe meritevole di una mitigazione del trattamento sanzionatorio.
4. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione anche (OMISSIS) per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p., la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione e il travisamento della prova in ordine alla disattesa richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale riguardante una nuova perizia sul contenuto delle intercettazioni che avrebbero consentito di individuarla tra i loquenti. In particolare, il ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), che la Corte non abbia fatto luogo alla richiesta rinnovazione dell’istruttoria avente ad oggetto un supplemento di perizia riguardante le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche, in particolare quelle indicate con i nn. 4832 e 4833; richiesta rigettata sul presupposto che non sussistesse dubbio alcuno circa la esatta identificazione della voce dell’imputata nel corso delle richiamate conversazioni. Tale profilo sarebbe determinante, atteso che (OMISSIS), dalla cui denuncia aveva avuto origine il presente procedimento, non avrebbe riconosciuto (OMISSIS) come la persona di sesso femminile coinvolta nei fatti; e che, ciononostante, la Corte ne avrebbe ritenuto il coinvolgimento a seguito di un passaggio captativo operato sull’utenza di tale (OMISSIS).

 

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In proposito, la difesa lamenta che l’interprete nominato per procedere alla trascrizione delle intercettazioni oggetto di perizia provenisse da una zona geograficamente distante da quella di provenienza degli imputati, fosse di altra etnia e parlasse una diversa lingua, conoscendo solo approssimativamente la forma dialettale parlata dagli intercettati per avere trascorso solo pochi anni nella zona d’origine degli imputati. Difficolta’ di traduzione emerse nel corso del dibattimento, allorche’ le interpreti di lingua inglese sarebbero state spesso in difficolta’ nel tradurre la trasposizione in inglese della lingua parlata dai vari intervenuti.
Su sollecitazione della difesa, poi, sarebbe stata disposta una perizia tecnico fonetica al fine di accertare la corrispondenza fra la voce attribuita a (OMISSIS) nella telefonata n. 309 e le altre conversazioni registrate. E dall’esame dibattimentale dei due periti sarebbe emerso che in una telefonata oggetto di perizia fossero presenti due voci femminili, laddove secondo i periti ve ne sarebbe stata soltanto una; e soprattutto che non in tutte le telefonate prese in considerazione vi sarebbe stata equivalenza delle voci. Inoltre, quanto alle telefonate 4832 e 4833, effettuate rispettivamente alle ore 1,36 (con durata 15′ e 44″) e alle ore 1,54′ (con durata l’35”), entrambe attribuite all’imputata, il loro contenuto sarebbe in contrasto con quello di altre due telefonate, ma soprattutto esse non potrebbero attribuirsi alla medesima persona, sia per la tempistica, essendosi svolte a pochi secondi di distanza, sia perche’ tra le stesse non e’ ravvisabile “alcun collegamento logico e/o contenutistico”. Ne’ potrebbe riconoscersi rilevanza al fatto che nella telefonata 4832 la loquente racconterebbe di essere nata in settembre come l’imputata, non essendo stato specificato il giorno del mese. In ultimo, nelle telefonate si udirebbero molte voci (almeno 4), spesso due donne e due uomini, come riferito dal perito; dato non approfondito nella perizia, che rappresenterebbe un insormontabile profilo di incertezza.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Entrambi i ricorsi sono inammissibili.
2. Muovendo dall’impugnazione proposta nell’interesse di (OMISSIS), il primo motivo di doglianza prospetta un vizio di motivazione e un travisamento della prova in ordine alla ritenuta responsabilita’ per il delitto al medesimo ascritto al capo 1) della rubrica, reiterando la tesi difensiva, gia’ esposta in appello, secondo cui la volonta’ della vittima ( (OMISSIS)) non poteva ritenersi coartata, sicche’ non sarebbero stati integrati gli estremi del delitto di cui all’articolo 601 c.p..
2.1. Il motivo e’, pero’, inammissibile.
Va premesso che la fattispecie di tratta di persona, contemplata dall’articolo 601 c.p., ricorre nei confronti di colui il quale “recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l’autorita’ sulla persona, ospita una o piu’ persone che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 600, ovvero, realizza le stesse condotte su una o piu’ persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorita’ o approfittamento di una situazione di vulnerabilita’, di inferiorita’ fisica, psichica o di necessita’, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorita’, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attivita’ illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi”.
Secondo la giurisprudenza di legittimita’, la situazione di necessita’ di cui all’articolo 601 c.p., comma 1, coincide con la “posizione di vulnerabilita’” di cui alla direttiva comunitaria 2012/29/UE e al Decreto Legislativo n. 24 del 2014 e deve essere intesa come qualsiasi situazione di debolezza o di mancanza materiale o morale della persona offesa, idonea a condizionarne la volonta’ personale e che non consente altra scelta effettiva di vita, se non cedendo all’abuso di cui e’ vittima.

 

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Essa, pertanto, non e’ identificabile nello stato di necessita’, cui fa riferimento l’articolo 54 c.p., ma va correlata, piuttosto, alla nozione di “stato di bisogno” di cui all’articolo 644 c.p., comma 5, n. 3, dettato in tema di usura aggravata (Sez. 5, n. 49148 del 28/5/2019, P., Rv. 278051).
Nell’ambito di tale cornice rientra certamente la situazione accertata dalle sentenze di merito, secondo cui (OMISSIS), al fine di sfruttarne la prostituzione, avvalendosi dell’attivita’ di reclutamento in Nigeria ad opera di correi rimasti non identificati, aveva organizzato e finanziato il viaggio in Italia di (OMISSIS), detta (OMISSIS), e (OMISSIS), mantenendosi in contatto con loro e utilizzando a tal fine la connazionale ” (OMISSIS)”, definita sister dell’imputato, ospitandole presso la sua abitazione e, quindi, avviandole alla prostituzione, ricevendone i profitti e maltrattandole se non guadagnavano (v. l’esame del 29/1/2018 di (OMISSIS)). E cio’ al fine di imporre alle ragazze di ripagare le spese di viaggio, secondo quanto si evince dalle conversazioni telefoniche richiamate (cfr. ex plurimis progr. 514 in cui Enoyoze diceva all’imputato: “Mia mamma mi ha detto che l’hai chiamata e le hai detto che non sto piu’ pagando i tuoi soldi”).
Il ricorso, senza realmente confrontarsi con gli argomenti giuridici sviluppati dalla sentenza in relazione alla nozione di “stato di soggezione” rilevante ai fini dell’integrazione del reato contestato, che deve essere soltanto connesso alla situazione di vulnerabilita’ della vittima (v., sul punto, pag. 36 e segg. della sentenza di appello), sviluppa considerazioni di puro merito in ordine alla ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza impugnata, affacciando ipotesi alternative sul piano degli accadimenti accertati e introducendo argomenti fattuali non scrutinabili in sede di legittimita’ (quali il costo dei viaggi per raggiungere clandestinamente l’Italia, asseritamente inferiore ai 25.000 Euro indicati dalla sentenza).
2.2. Inammissibile si palesa anche il secondo motivo di ricorso, inerente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche che, invece, risulta adeguatamente motivato dal Giudice di appello, il quale, peraltro, ha sensibilmente ridotto la pena inflitta all’imputato in primo grado.

 

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In argomento, va, infatti, ricordato che la valutazione circa il riconoscimento o meno delle circostanze di cui all’articolo 62-bis c.p. si configura come un giudizio di merito lasciato alla discrezionalita’ del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravita’ effettiva del reato e alla personalita’ dell’imputato (v. tra le tante Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737; Sez. 1, n. 46954 del 4/11/2004, Palmisani, Rv. 230591). In questa prospettiva, il giudice, se si determina per il mancato riconoscimento, non e’ tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo, avuto riguardo ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., senza che, peraltro, sia necessario che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quali, tra essi, egli abbia inteso fare riferimento, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899).
Orbene, nel caso in esame, il Giudice di merito ha ritenuto che non potessero concedersi le attenuanti generiche in considerazione del negativo quadro di personalita’ dell’imputato, avuto riguardo, da un lato, alla gravita’ dei fatti, caratterizzati finanche dalle minacce rivolte ai familiari di (OMISSIS); e, dall’altro lato, all’insoddisfacente comportamento processuale, caratterizzato da un atteggiamento scarsamente collaborativo, e all’assenza di qualunque “segno di resipiscenza”. Riferimenti, quelli teste’ indicati, che adempiono pienamente, alla luce dei principi enunciati, all’obbligo di motivare sul punto specifico in rilievo.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS), con cui si censura il rigetto dell’istanza richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in relazione a una nuova perizia sul contenuto delle intercettazioni, e’ inammissibile.
Le doglianze difensive, infatti, sono pedissequamente reiterative del secondo motivo di appello, oggetto di specifica e puntuale disamina da parte della Corte di assise di appello.
Quest’ultima ha, infatti, ritenuto, con motivazione immune dai denunciati vizi nella sentenza impugnata, che il perito avesse le competenze necessarie per la traduzione delle frasi nel dialetto locale, avendo egli dichiarato di comprenderlo bene, pur avendo difficolta’ di parlarlo e avendo fornito un contributo “pertinente e coerente” per ciascuna conversazione “in rapporto al complesso dei dialoghi intercettati, anche considerati nella loro successione cronologica e nella continuita’ degli argomenti discussi”. Quanto, poi, ai risultati della perizia tecnico-fonica, la sentenza ha spiegato per quale ragione dovesse ritenersi assolutamente certa l’identificazione di (OMISSIS) sulla scorta della comparazione fonica della conversazione di cui al progressivo n. 309 del 15/2/2017, in cui la donna aveva affermato di aver aperto un profilo Facebook con il suo vero nome ” (OMISSIS)” (di cui aveva fatto addirittura lo spelling), con le conversazioni indicate con i progressivi n. 4724, 4832, 4833 e 5142 intercorse tra (OMISSIS) e la sua fidanzata, in cui il primo, in particolare in quella di cui al progressivo n. 4274, chiamava l’interlocutrice con l’appellativo di “(OMISSIS)”, che la stessa (OMISSIS) ha ammesso, nel corso dell’esame, di utilizzare, specificando, altresi’, di essere stata fidanzata con l’imputato: circostanza ribadita dalla persona offesa, (OMISSIS), secondo cui ” (OMISSIS)”, ovvero (OMISSIS), era la fidanzata di (OMISSIS), ovvero (OMISSIS). Elementi che hanno tratto ulteriore conferma dal fatto che, nel corso della telefonata di cui al progressivo 4724, i conversanti avevano fatto riferimento al mese di settembre come quello del compleanno di (OMISSIS) (nata il (OMISSIS)) e al regalo che (OMISSIS) le avrebbe fatto. E che nella conversazione di cui al progressivo 4832, la voce dell’interlocutrice di (OMISSIS) fosse da ricondurre a quella di (OMISSIS), e’ stato convincentemente motivato, oltre che sulla base dei forti elementi di equivalenza verbale di cui alla conversazione n. 309, anche dai contenuti delle frasi (dal tenore affettuoso della conversazione; dal fatto che, come nella conversazione 4724, (OMISSIS) aveva chiesto quasi subito alla sua interlocutrice notizie di (OMISSIS); dal riferimento al mese del compleanno di (OMISSIS), in settembre; dal riferimento alla festa di compleanno e al regalo della ragazza, la quale si era rivolta ad (OMISSIS) affermando chiaramente di essere la fidanzata).

 

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E anche la circostanza della presenza di un secondo uomo e di una seconda donna e’ stata attentamente vagliata, individuando il momento esatto in cui la chiamata con (OMISSIS) era stata interrotta con l’inizio di una nuova conversazione; cui aveva fatto seguito, come preannunciato nella precedente, una nuova chiamata, la n. 4833, in cui la voce della ragazza che aveva risposto all’imputato aveva coinciso con quella della donna di cui al progressivo 309: (OMISSIS). Quanto, poi, al progressivo 5142, la conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), avvenuta senza alcuna interruzione, si e’ sviluppata attraverso una serie di argomenti che contemplano gli spostamenti e il debito di (OMISSIS), i rapporti di quest’ultima con altre ragazze.
Su tali basi, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto che non potesse sussistere dubbio alcuno circa la esatta identificazione della voce dell’imputata nel corso delle richiamate conversazioni e che, pertanto, le censure difensive dovessero ritenersi manifestamente infondate. E a fronte di tale ampia e dettagliata motivazione, che ha preso in considerazione tutte le censure difensive svolte, sul punto, nell’atto di appello, l’odierno ricorso si e’ limitato a riproporre, in maniera letterale, le medesime doglianze, palesandosi, pertanto, come del tutto aspecifico, in ragione del mancato confronto con quanto specificato nella sentenza impugnata.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere, pertanto, dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro.
Deve, infine, rilevarsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, devono essere omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto disposto d’ufficio e/o imposto dalla legge.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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