Transazione vertenza giudiziale ed onorari agli avvocati che hanno prestato a loro attività professionale negli ultimi tre anni

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|1 marzo 2023| n. 6135.

Transazione vertenza giudiziale ed onorari agli avvocati che hanno prestato a loro attività professionale negli ultimi tre anni

L’art. 13, comma 8, della l. n. 247 del 2012, stabilendo che tutte le parti, le quali abbiano transatto una vertenza giudiziaria, sono tenute solidalmente al pagamento degli onorari degli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attività professionale negli ultimi tre anni e che risultino ancora creditori, è operante in tutti i casi in cui la transazione sia conclusa, anche stragiudizialmente e senza assistenza legale, in pendenza del giudizio per il quale i professionisti erano tenuti a prestare assistenza, con la conseguenza che, se al difensore della parte vincitrice in primo grado sia stata rilasciata procura alle liti non limitata al primo grado di giudizio, nel caso in cui la lite sia stata transatta e abbandonata subito dopo la proposizione dell’appello, al pagamento dei suoi onorari è tenuta, in solido, anche la controparte appellante, soccombente in primo grado, nonostante che il difensore della parte appellata non abbia svolto, prima della transazione, alcuna attività.(Principio applicato in una fattispecie in cui la transazione tra un lavoratore e il datore di lavoro si era perfezionata in sede sindacale e senza assistenza legale in pendenza del giudizio di gravame introdotto con deposito del ricorso, cui poi l’appellante non aveva dato seguito alla stregua dell’intervenuto accordo tra le parti.)

Ordinanza|1 marzo 2023| n. 6135. Transazione vertenza giudiziale ed onorari agli avvocati che hanno prestato a loro attività professionale negli ultimi tre anni

Data udienza 17 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – AVVOCATO – ONORARIO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BARTUZZI Mario – Presidente

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 15028/2018) proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso da se medesimo ex articolo 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in Roma, via Ludovisi n. 35, presso lo studio dell’Avv. Massimo Lauro;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del procuratore speciale (OMISSIS), in forza di procura per atto pubblico del 14 settembre 2017, rep. n. 8338, racc. n. 3837, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli Avv.ti Arturo Maresca, Enzo Morrico, Roberto Romei e Franco Raimondo Boccia, nel cui studio in Roma, via Luigi Giuseppe Faravelli n. 22, ha eletto domicilio;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli rep. n. 4245/2018, pubblicata il 13 marzo 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2023 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;
letta la memoria depositata nell’interesse della controricorrente, ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.

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FATTI DI CAUSA

1.- Con ricorso depositato il 13 dicembre 2016, l’Avv. (OMISSIS) adiva il Tribunale di Napoli, al fine di ottenere la condanna di (OMISSIS) S.p.A. al pagamento dei compensi professionali dovuti, per la complessiva somma di Euro 18.915,51, oltre accessori.
Al riguardo, esponeva: che aveva proposto, nell’interesse di (OMISSIS), un ricorso, ai sensi dell’articolo 414 c.p.c., convenendo, davanti alla sezione lavoro del Tribunale di Napoli, la (OMISSIS) S.p.A., affinche’ fosse accertata l’illegittimita’ del licenziamento intimato al ricorrente, con la conseguente condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro; che nelle conclusioni di tale ricorso era altresi’ formulata istanza di condanna della convenuta alle spese del giudizio, con distrazione in favore del procuratore antistatario del ricorrente; che detto giudizio si era concluso con sentenza di accoglimento della domanda n. 1633/2015, depositata il 17 aprile 2015, la quale, in ordine alle spese di lite, aveva condannato la societa’ convenuta al pagamento di complessivi Euro 3.800,00, oltre accessori, con attribuzione in favore del difensore anticipatario del ricorrente; che aveva concordato con il proprio cliente il pagamento di un corrispettivo complessivo pari ad Euro 30.000,00 per l’opera professionale prestata, di cui doveva ancora ricevere l’importo di Euro 18.915,51, oltre accessori; che (OMISSIS), in data 18 ottobre 2015, aveva depositato ricorso in appello, cui era seguita la fissazione dell’udienza di discussione per la data del 3 novembre 2016; che, nelle more, in data 21 dicembre 2015, (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano sottoscritto un verbale di conciliazione in sede sindacale, senza l’assistenza dei legali, con cui avevano pattuito, tra l’altro, la rinuncia di (OMISSIS) al gravame interposto avverso la suddetta sentenza del Giudice del lavoro di Napoli; che il proprio cliente e la (OMISSIS) erano solidalmente responsabili, ai sensi dell’articolo 13, comma 8, della L. n. 247/2012, in ordine al pagamento dell’importo succitato.
2.- Il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, con l’ordinanza di cui in epigrafe, ai sensi del combinato disposto degli articoli 702-bis e ss. c.p.c. e 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, rigettava la domanda proposta.
L’ordinanza evidenziava che il ricorrente aveva difeso il (OMISSIS) esclusivamente nel giudizio di primo grado e che le spese di lite, liquidate a conclusione di tale giudizio, erano state integralmente corrisposte dalla (OMISSIS).
Sosteneva, ancora, che solo successivamente a tale liquidazione era intervenuta una transazione tra le parti, senza l’assistenza dell’Avv. (OMISSIS), transazione che aveva fatto seguito al deposito di un ricorso, a cura della (OMISSIS), dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, cui non si dava corso, posto che esso non veniva notificato a controparte.
Osservava, per l’effetto, il provvedimento impugnato che, con riferimento all’attivita’ espletata dal ricorrente, consistente nella difesa del (OMISSIS) esclusivamente nel giudizio di primo grado, l’articolo 13 della legge professionale era inapplicabile, attesa la definizione del giudizio, con relativa condanna alle spese, integralmente onorata da (OMISSIS).
Ne’, continuava l’ordinanza impugnata, la norma sarebbe stata applicabile per il giudizio di appello, sebbene la sua pendenza discendesse dal solo deposito del ricorso e fosse poi stato concluso con una pronuncia di improcedibilita’ per mancata notifica dell’atto introduttivo, atteso che, durante la pendenza del giudizio di gravame, l’odierno ricorrente non aveva svolto alcuna attivita’, mentre sarebbe stato richiesto, ai fini di poter far valere l’obbligazione solidale, che il difensore avesse svolto una prestazione intellettuale anche in tale grado di giudizio.
3.- Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso straordinario per cassazione, affidato a un unico motivo, (OMISSIS). Ha resistito con controricorso l’intimata (OMISSIS) S.p.A.
4.- La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo dedotto il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 111 Cost., la violazione e falsa applicazione dell’articolo 4 del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, della L. n. 794 DEL 1942, dell’articolo 13 della legge professionale (L. n. 247 del 2012) nonche’ degli articoli 91 e 415 c.p.c., per avere il Tribunale indebitamente escluso la ricorrenza dei presupposti della solidarieta’.
Sul punto, l’istante obietta che l’accordo transattivo era intervenuto in pendenza del giudizio d’appello e senza rinuncia alla solidarieta’ professionale, sicche’, per un verso, la liquidazione dei compensi al termine del giudizio di primo grado non avrebbe esaurito ogni pretesa azionabile dal professionista nei confronti del cliente e, per altro verso, il deposito del ricorso introduttivo del gravame avrebbe determinato la pendenza della lite al momento della transazione, e cio’ benche’ il difensore non avesse svolto alcuna attivita’ nel giudizio di secondo grado, dichiarato improcedibile, pur essendogli stato conferito il patrocinio anche per la fase di appello.
Soggiunge il ricorrente che l’articolo 13, comma 8, della legge professionale prevedeva la solidarieta’ delle parti nel pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese per tutti gli avvocati costituiti che avessero prestato la loro attivita’ professionale negli ultimi tre anni e che fossero risultati ancora creditori, con la conseguenza che nessun peso avrebbe potuto essere attribuito al fatto che alcuna attivita’ difensiva fosse stata esperita nel giudizio di gravame, in ragione della dichiarata improcedibilita’ per difetto di notifica.
1.1.- In primo luogo, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per cassazione per l’asserita prospettazione di un vizio diverso dalla violazione di legge, posto che la censura sollevata si incentra precipuamente sulla deduzione di un errore di sussunzione dell’articolo 13, comma 8, della L. n. 247/2012, ossia per aver tratto dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7187 del 04/03/2022; Sez. 5, Sentenza n. 23851 del 25/09/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 10320 del 30/04/2018), vizio che rientra appieno nella violazione di legge di cui all’articolo 111, comma 7, Cost. e non gia’ nella deduzione – non consentita allorche’ sia proposto ricorso in cassazione avverso ordinanza inappellabile sulla liquidazione dei compensi di avvocato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12411 del 17/05/2017; Sez. 2, Sentenza n. 6225 del 15/03/2010; Sez. 2, Sentenza n. 2623 del 07/02/2007; Sez. 2, Sentenza n. 10939 del 11/05/2006) – di una incompletezza o insufficienza della motivazione.

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1.2.- Nel merito, il motivo e’ fondato.
Ora, ai sensi dell’articolo 13, comma 8, della legge professionale (L. n. 247/2012), quando una controversia oggetto di procedimento giudiziale o arbitrale viene definita mediante accordi presi in qualsiasi forma, le parti sono solidalmente tenute al pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attivita’ professionale negli ultimi tre anni e che risultino ancora creditori, salvo espressa rinuncia al beneficio della solidarieta’.
La norma innanzi evocata riprende il contenuto dell’articolo 68 dell’ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore (R.D.l. n. 1578/1933), a mente del quale, quando un giudizio e’ definito con transazione, tutte le parti che hanno transatto sono solidalmente obbligate al pagamento degli onorari e al rimborso delle spese di cui gli avvocati ed i procuratori che hanno partecipato al giudizio negli ultimi tre anni fossero tuttora creditori per il giudizio stesso.
Senonche’ l’articolo 68 del R.D.l. n. 1578/1933, modificato dalla L. n. 36 del 1934 (e, quindi, anche l’articolo 13 della L. n. 247/2012), stabilendo che tutte le parti, le quali abbiano transatto una vertenza giudiziaria, sono tenute solidalmente al pagamento degli onorari degli avvocati, e’ operante – in ragione della latitudine della formula normativa e della sua finalita’, diretta ad evitare intese tra le parti indirizzate ad eludere il giusto compenso ed il rimborso delle spese ai loro difensori – anche nel caso di “accordo” (che assume, nei riguardi del professionista, la valenza di presupposto di fatto ai fini dell’ottenimento degli onorari e delle spese) stipulato, con o senza l’intervento del giudice o l’ausilio dei patroni, dalle parti stesse, le quali abbiano previsto semplicemente l’abbandono della causa dal ruolo o rinunciato ritualmente agli atti del giudizio, con conseguente estinzione del processo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 184 del 08/01/2018; Sez. 3, Sentenza n. 13135 del 01/06/2006; Sez. L, Sentenza n. 8589 del 23/06/2000).
E cio’ e’ quanto accaduto nel caso di specie, posto che alla pronuncia di primo grado – con relativa condanna alle spese e attribuzione in favore del difensore antistatario – e’ succeduta l’introduzione del giudizio d’appello, seppure attraverso il solo deposito del ricorso e la fissazione, con decreto, dell’udienza di discussione, cui non e’ seguita la notificazione, con la conseguente declaratoria di improcedibilita’. La transazione si e’ perfezionata, infatti, in pendenza del giudizio di gravame, introdotto – come detto – dal deposito del ricorso, cui l’appellante non ha dato ulteriore corso alla stregua del raggiunto accordo transattivo.
Nessun rilievo assume il fatto che alla transazione non abbia partecipato il legale che rivendica la solidarieta’ professionale, ne’ la circostanza che questi non si sia costituito nel giudizio d’appello pendente (recte non abbia avuto modo di costituirsi, posto che il ricorso non e’ stato notificato, pur essendo stato conferito il mandato difensivo per l’assistenza legale anche nel giudizio di gravame). Resta il fatto che, al momento in cui la transazione e’ stata raggiunta, il giudizio d’appello era pendente. E che tale giudizio si colloca nella catena procedimentale quale prosecuzione del giudizio di primo grado, sicche’ non assume un peso dirimente il fatto che tale ultimo giudizio si sia concluso con la liquidazione delle spese di lite, atteso che il procedimento e’ proseguito attraverso l’instaurazione del giudizio di secondo grado, che era pendente nel momento in cui l’accordo transattivo e’ stato raggiunto.
Ebbene, ai sensi delle norme innanzi richiamate, il beneficio della solidarieta’ verso le parti spetta a tutti gli avvocati costituiti che abbiano prestato la loro attivita’ professionale negli ultimi tre anni (benche’ non costituiti nei successivi gradi di giudizio) e che risultino ancora creditori, salvo espressa rinuncia al beneficio (che pacificamente, nella specie, non vi e’ stata).
Ed invero, in caso di transazione del giudizio, non sussiste la responsabilita’ solidale delle parti al pagamento degli onorari degli avvocati solo se la decisione contenga una statuizione del giudice sulla liquidazione delle spese senza che, invece, rilevi la ragione della definizione della causa (per cessazione della materia del contendere o per abbandono), poiche’ il presupposto per l’applicazione dell’articolo 68 cit. e’ proprio l’esistenza di un accordo che sottragga al giudice anche la pronuncia sulle spese (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 21209 del 20/10/2015).
Di tale pronuncia sulle spese nel giudizio di gravame – quale prosecuzione del giudizio di primo grado, destinato a regolare le spese dell’intero procedimento, eventualmente con la conferma delle spese gia’ statuite per il giudizio di prime cure – non vi e’ pacificamente traccia (neanche con riferimento alla declaratoria di improcedibilita’, peraltro sopravvenuta alla transazione), ne’ rileva la pronuncia sulle spese della sentenza di prime cure, che – come gia’ evidenziato -, pur avendo preceduto l’accordo transattivo, non ha determinato la chiusura della vertenza. Se cosi’ non fosse, ogni volta che il procedimento prosegua dopo la liquidazione del giudizio di primo grado, sarebbe preclusa l’applicazione dell’invocata norma sulla solidarieta’ professionale alla stregua di una transazione sopravvenuta, indipendentemente dallo stato in cui versi il giudizio d’appello al momento della raggiunta transazione (sia esso appena aperto, come nel caso di specie, o prossimo alla decisione).
A diversa conclusione si sarebbe potuti giungere solo ove, al momento della transazione, fossero stati ancora pendenti i termini per spiegare l’appello, ma esso non fosse stato ancora avviato.
Pertanto, presupposto ineludibile perche’ il difensore possa far valere, con riguardo al pagamento dei compensi e al rimborso delle spese, l’obbligo solidale della parte avversa al proprio cliente e’ la sussistenza di “un giudizio” (recte di una controversia oggetto di procedimento giudiziale), nel corso del quale le parti stipulino la transazione che lo definisca, senza soddisfare le competenze del professionista (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18343 del 13/09/2004).
Nella specie, tale presupposto ricorre, posto che l’accordo transattivo e’ stato stipulato tra il datore di lavoro e il lavoratore il 21 dicembre 2015, dopo che il giudizio tra le parti si era concluso in primo grado con sentenza depositata il 17 aprile 2015, avverso la quale era stato proposto appello (con ricorso depositato il 18 ottobre 2015 e con fissazione dell’udienza di discussione per la data del 3 novembre 2016, sicche’, all’epoca della transazione, non era stata ancora pronunciata l’improcedibilita’ del gravame), in quanto, in un caso siffatto, al momento della stipula della transazione era in corso un processo effettivo ed attuale – e non potenziale -, cioe’ vi era un “giudizio” in atto, ossia un valido rapporto processuale ed un rituale contraddittorio (sull’instaurazione del giudizio del lavoro per effetto del deposito del ricorso, anche in sede di gravame ex articolo 433 c.p.c., Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 23667 del 01/10/2018; Sez. L, Sentenza n. 14401 del 10/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 4676 del 16/04/1992).
2.- Conseguentemente il ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione.
L’ordinanza impugnata va cassata, con rinvio della causa al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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