Danno da perdita del rapporto parentale e la responsabilità dell’autore della condotta illecita

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|1 marzo 2023| n. 6122.

Danno da perdita del rapporto parentale e la responsabilità dell’autore della condotta illecita

In tema di danno da perdita del rapporto parentale, la responsabilità dell’autore della condotta illecita non può essere esclusa o diminuita in considerazione della concorrente efficacia eziologica, rispetto alla morte della vittima primaria, del fattore naturale rappresentato dalle pregresse condizioni patologiche di quest’ultima. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda dei figli di una ottantatreenne – deceduta a seguito di un ictus dopo le dimissioni da un ricovero ospedaliero per la frattura del femore -, ascrivendone la causa della morte alle pregresse condizioni patologiche, senza vagliare la concorrente incidenza eziologica della condotta umana imputabile a cui era riconducibile la caduta all’origine della suddetta frattura).

Ordinanza|1 marzo 2023| n. 6122. Danno da perdita del rapporto parentale e la responsabilità dell’autore della condotta illecita

Data udienza 7 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Accertamento del nesso di causalità – Applicazione del criterio del “più probabile che non” – Pluralità di cause produttive dell’evento dannoso – Profilo della causalità specifica – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25844/2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati prof. AURELIO GENTILI, e ANDREA CIARDIELLO, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dei medesimi in (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
e contro
(OMISSIS) SpA, in persona dell’Amministratore Delegato e Legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato DAVID GIUSEPPE APOLLONI, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in (OMISSIS), pec: (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 355/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 05/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/10/2022 dal Cons. Dott. ANNA MOSCARINI.

Danno da perdita del rapporto parentale e la responsabilità dell’autore della condotta illecita

 

RILEVATO

che:
(OMISSIS) e (OMISSIS), figli di (OMISSIS), convennero in giudizio (OMISSIS), fratello della madre, per contestargli la responsabilita’ dell’incidente occorso alla (OMISSIS) mentre si trovava presso la sua abitazione e per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali conseguenti al sinistro;
rappresentarono che la madre, mentre si trovava ospite nell’appartamento del fratello, nell’andare in bagno dalla sala da pranzo, era scivolata sul pavimento bagnato, appena lavato dalla cognata che non aveva segnalato la circostanza, era caduta rovinosamente in terra riportando la frattura del femore destro, era stata ricoverata e sottoposta ad intervento chirurgico e, pochi giorni dopo la dismissione dall’ospedale, era deceduta, il tutto in un arco temporale di 55 giorni tra la caduta ed il decesso;
(OMISSIS) nel costituirsi in giudizio chiamo’ in garanzia la (OMISSIS), la quale sollevo’ alcune eccezioni preliminari e, nel merito, chiese il rigetto delle domande e, nel caso in cui fosse chiamata a rispondere per l’assicurato, chiese di essere tenuta nei soli limiti di operativita’ della garanzia;
Il Tribunale adito assunse prove testimoniali e una CTU medico-legale per la quantificazione del danno e, all’esito, accolse la domanda condannando i convenuti a risarcire il danno biologico, nella misura del 18% per Euro 42.606,00, l’ITT di giorni 55 pari ad Euro 5.280 e il danno da perdita del rapporto parentale in favore di ciascuno dei figli, nell’ammontare stimato a titolo equitativo di Euro 40.000 ciascuno;
la compagnia di assicurazioni propose appello, contestando che gli attori non avessero provato il nesso causale tra la caduta e la morte della (OMISSIS), il vizio di motivazione, l’assenza di responsabilita’ dell’assicurato, l’inoperativita’ della polizza assicurativa, la errata interpretazione dell’elaborato peritale redatto nel giudizio di primo grado;
la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n. 5355 del 5/6/2019, ha accolto l’appello ritenendo che il giudice di primo grado avesse erroneamente stimato sussistente il nesso causale tra la caduta ed il decesso, a causa dell’erronea lettura della CTU, atteso che il CTU ha ritenuto che l’ictus, da cui e’ conseguito il decesso, sia con maggiore probabilita’ da ricollegare alla pregressa condizione morbosa della defunta piuttosto che alla operazione al femore;
escluso il nesso causale la corte di merito ha liquidato il danno biologico nella misura della invalidita’ temporanea di 55 giorni, decorsi dalla caduta al decesso, nella misura di Euro 5.390,00, ed ha rigettato la domanda iure proprio da perdita del rapporto parentale per mancanza del nesso causale; conclusivamente ha condannato i convenuti a restituire le somme versate in eccedenza dalla compagnia in esecuzione della sentenza di primo grado ed ha integralmente compensato le spese del doppio grado del giudizio;
avverso la sentenza i (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi;
ha resistito la (OMISSIS) SpA con controricorso.

 

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CONSIDERATO

che:
con il primo motivo – violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., articoli 1218 e 2043 c.c., articoli 40 e 41 c.p.c. – i ricorrenti denunziano la violazione, da parte del giudice del gravame, del principio della causalita’ adeguata di cui agli articoli 40 e 41 c.p.;
lamentano che, a fronte della corretta considerazione operata dal giudice di prime cure del “fatto che la signora (OMISSIS) abbia avuto un ictus dopo soli 14 giorni dalla frattura (il giorno dopo le dimissioni dall’ospedale) e sia morta dopo 55 giorni dalla stessa frattura costituisce senza ombra di dubbio – se non una causa certamente una concausa”, rispondendo “a questione di logica, di comune esperienza” che “tra la frattura del sinistro di cui e’ causa ed il decesso della signora (OMISSIS)” sia “sicuramente configurabile un nesso di causalita’ o quanto meno un tipico rapporto di causalita’ multipla o concausata”, la corte di merito e’ invero pervenuta a l’adottata decisione “in espressa violazione della teoria della concausa cosi’ come introdotta nell’ordinamento dagli articoli 40 e 41 c.p., e poi recepita dalla giurisprudenza di codesta Suprema Corte e cristallizzata dalla pronuncia n. 581/2008 a Sezioni Unite che stabilisce detta teoria applicabile anche nei giudizi di risarcimento danni”. Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato come risulti “evidente ictu oculi che tra la frattura del sinistro di cui e’ causa e il decesso della signora (OMISSIS) e’ configurabile un nesso di causalita’ o quanto meno un tipico rapporto di causalita’ multipla o concausata per il quale l’obitus altro non fu che la risultante di cause divenute efficaci agendo sinergicamente su di un organismo di 83 anni, sottoposto ad una lunga malattia, ad un’operazione di osteosintesi e ad un lungo periodo di immobilita’ post operatoria”;
lamentano che “a riprova della circostanza che, purtroppo, il CTU non ha ben compreso i fatti posti a base della vicenda di cui e’ causa vi e’, tra l’altro, la circostanza che ha riconosciuto 60 giorni per inabilita’ temporanea assoluta, ulteriori 30 giorni per inabilita’ parziale al 75%, ulteriori 30 giorni per inabilita’ parziale al 50%, ulteriori 60 giorni per inabilita’ parziale al 25%. In totale quindi ben 240 giorni quando la Signora (OMISSIS) e’ morta solo dopo soli 55 giorni”;
il motivo e’ per quanto di ragione fondato e va accolto nei termini di seguito indicati; come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, il nesso di causalita’ designa il derivare dell’evento dannoso dalla condotta colposa o dolosa (v. Cass., n. 3893/2016) ovvero dalla cosa (v. Cass. n. 10812 del 2019) la relazione materiale che lega il primo e quat’ultimo (cfr. Cass. n. 10812/2018);
questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha al riguardo sottolineato che, ai sensi degli articoli 40 e 41 c.p., un evento e’ da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonche’ del criterio della cd. causalita’ adeguata, in base al quale occorre dar rilievo, all’interno della serie causale, solo a quegli eventi che non appaiano – alla stregua di una valutazione ex ante – del tutto inverosimili (v. Cass., 8/7/2010, n. 16123; Cass., S.U. 11/1/2008 n. 576). Orbene risponde a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ che diversamente dal giudizio penale(per il quale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”), nel giudizio civile ai fini dell’accertamento del nesso di causalita’ trova invero applicazione il criterio del “piu’ probabile che non” (cfr. Cass., 10/12/2019 n. 32124 e gia’ Cass., S.U., 11/1/2008 n. 576), non potendo il giudice negare il nesso eziologico fra condotta e danno solo perche’ vi sono piu’ cause possibili ed alternative ma dovendo stabilire quale tra esse sia “piu’ probabile che non” in concreto e in relazione alle a tre, e quindi, idonea a determinare in via autonoma il danno evento (Cass., 6/7/2021 n. 19033);
si e’ ulteriormente precisato che l’adozione del criterio della probabilita’ relativa (anche detto criterio del “piu’ probabile che non”); si delinea invero in una analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo, sicche’ la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica deve essere attenta mente valutata e valorizzata in ragione della specificita’ del caso concreto (Cass., 21/7/2011 n. 15991). Ne’ puo’ d’altro canto trascurarsi che, come questa Corte ha del pari avuto piu’ volte modo di sottolineare, in caso di concretizzazione del rischio che la regola violata tende a prevenire, in base al principio del nesso di causalita’ specifica, non puo’ prescindersi dalla considerazione del comportamento dovuto e delle condotta nel singolo caso in concreto mantenuta, e il nesso di causalita’ che i danni conseguenti a quest’ultima astringe rimane invero presuntivamente provato (Cass., S.U. 11/1/2008 n. 584, Cass., S.U. 11/1/2008 n. 582; Cfr. altresi’ Cass., 27/4/2011 n. 9404, Cass., 29/8/2011 n. 17685;, Cass., 19213 del 2015);

 

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osservato che la tradizionale concezione della causalita’ giuridica come regolarita’ statistica del decorso causale ha ceduto a criterio della consequenzialita’ scientifica o della credibilita’ razionale, nell’avvertita necessita’ di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui l’evento lesivo sia conseguenza necessitata del fatto lesivo quand’anche statisticamente anomalo (v. Cass., n. 3893 del 2016) va posto in rilievo che (anche) le sezioni penali di questa Corte sono al riguardo pervenute a correttamente escludere che l’errore dei sanitari, in particolare nella prestazione di cure alla vittima di sinistro stradale, possa ritenersi causa autonoma ed indipendente idonea ad interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha provocato l’incidente e la successiva morte del ferito, posto che “nel caso di lesioni personali (nella specie provocate da incidente stradale) cui sia seguito il decesso della vittima, la colpa dei medici, anche se grave, non puo’ ritenersi causa autonoma ed indipendente – tale da interrompere il nesso causale ex articolo 41 c.p., comma 2 – rispetto al comportamento dell’agente, perche’ questi, provocando tale evento (le lesioni) ha reso necessario l’intervento dei sanitari, la cui imperizia o negligenza non costituisce un fatto imprevedibile ed atipico, ma un’ipotesi che si inserisce nello sviluppo della serie causale” (Cass., pen., 16/3/2011 n. 22165; Cass., pen., 22/10/2013 n. 44763; Cass., pen. 11/7/2007 n. 39617). A tale stregua, il comportamento negligente o imperito dei medesimi costituisce “un atto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura” laddove ai fini dell’esclusione del nesso di causalita’ occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l’evento letale, conseguendone in tal caso, l’applicabilita’ dell’articolo 41, comma 1, e non dell’articolo 41 c.p., comma 2 (Cass., pen. 22/10/2013 n. 44763; Cass., pen., 18/3/2015 n. 17804; Cass., pen. 21/6/2013 n. 43168; Cass., pen. 19/2/2013 n. 10626 dep. 7/3/2013; Cass., pen. 30/1/2008 n. 13989 dep. 3/4/2008);
non potendo il giudice negare il nesso eziologico tra condotta e danno solo perche’ vi sono piu’ cause possibili ed alternative ma dovendo stabilire quale tra esse sia “piu’ probabile che non “in concreto ed in relazione alle altre, e quindi, idonea a determinare in via autonoma il danno evento (Cass., n. 38076 del 2021, Cass., n. 19033 del 2021) si tratta allora di delineare i criteri valevoli a delimitare la giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta (dolosa) o colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare;

 

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orbene, in presenza di danni conseguenza (aggravamento/morte) costituenti effetto delle eccezionali condizioni personali del danneggiato (es. emofilia, cardiopatia, rara allergia), ovvero del fatto successivo del terzo e in particolare del medico (cura errata, errato intervento medico) non puo’ invero pervenirsi a ridurre o escludere anche il relativo risarcimento in favore della vittima. Il danneggiato rimane infatti agli stessi specificamente esposto in conseguenza dell’antecedente causale determinato dalla condotta colposa (o dolosa) del debitore/danneggiante (come posto in rilievo anche da autorevole dottrina, che lo indica quale “danno diretto”), quest’ultimo dovendo pertanto risponderne (anche) sul piano risarcitorio (Cass., 21/8/2018 n. 20829, Cass., 20/11/2017 n. 27254, Cass., 29/2/2016 n. 3893, Cass., 372/2012 n. 1620, Cass., 21/7/2011 n. 15991). Nell’avvertita necessita’ di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui l’evento lesivo sia conseguenza necessitata del fatto lesivo quand’anche statisticamente anomalo, il criterio della prevedibilita’ dovendo tenersi invero distinto da quello della normalita’ delle conseguenze (Cass., 29/2/2016 n. 3893), si e’ da questa Corte sotto ulteriore profilo posto in rilievo doversi procedere alla delimitazione della giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta (dolosa) o colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare (Cass., 21/8/2018 n. 20829). Si e’ al riguardo affermato che gravano sul debitore/danneggiante, costituendo integrazione del rischio specifico posto in essere dalla sua antecedente condotta (dolosa o) colposa, le conseguenze costituenti effetto delle eccezionali condizioni personali del danneggiato (come del pari le conseguenze del fatto successivo del terzo);
in tali ipotesi non puo’ invero pervenirsi a ridurre o escludere il relativo risarcimento in favore del danneggiato che rimane agli stessi specificamente esposto in conseguenza dell’antecedente causale determinato dalla condotta colposa (o dolosa) del debitore/danneggiante, quest’ultimo dovendo pertanto risponderne (anche) sul piano risarcitorio (Cass., n. 4298 del 2019; Cass., 21/8/2018 n. 20829, Cass., 21/7/2011 n. 15991);
ove sia possibile pervenire ad attribuire a tale antecedente una concorrente – seppure autonoma – incidenza causale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica del paziente/danneggiato, trattandosi di ipotesi di concorso di piu’ cause efficienti nella determinazione del danno (Cfr. Cass., 3/3/2010 n. 7618, Cass., 9/11/2006 n. 23918, Cass., 9/4/2014 n. 8372, Cass., 11/5/2012 n. 7404) va invero escluso che possa farsene derivare l’automatica riduzione dell’ammontare risarcitorio dovuto alla vittima/danneggiato in proporzione del corrispondente grado percentuale di incidenza causale (cd. criterio equitativo proporzionale del nesso causale, Cass., n. 10812 del 2019);
orbene nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi. In particolare la’ dove ha del tutto apoditticamente ed illogicamente (con motivazione pertanto meramente e apodittica e pertanto inesistente) escluso la ricorrenza nella specie di un’ipotesi quantomeno di pluralita’ di cause produttive dell’evento dannoso e che la caduta e la conseguentemente necessitata operazione al femore abbiano pptuto negativamente incidere sulla gia’ precaria condizione di salute per “esiti di precedenti ictus all’emisfero destro”, venendo piu’ probabilmente che non a costituire l’antecedente specifico assurgente se non a causa sopravvenuta idonea a determinare in v a autonoma ed esclusiva l’evento morte quantomeno a causa di aggravamento delle eccezionali condizioni personali della danneggiata (cfr. Cass., n. 3893 del 2016); nella ricostruzione del nesso causale sussistente tra la caduta e il decesso della (OMISSIS) la corte di merito, pur facendo formale applicazione del principio di causalita’ inteso quale criterio del “piu’ probabile che non”, ha omesso di considerare la possibilita’ di cause possibili ed a ternative nella produzione del danno-evento, non considerando quali conseguenze dannose fossero legate all’evento non da un rapporto di regolarita’ giuridica ma da una relazione di causalita’ specifica (Cass., n. 19213 del 29/9/2015; Cass., n. 17685 del 29/8/2011, Cass., n. 9404 del 27/4/2011; Cass., S.U. n. 584 dell’11/1/2008) in presenza di danni-conseguenza costituenti efetto della particolare condizione in cui si e’ trovato il danneggiato. In altri termini se, sul piano della causalita’ giuridica tradizionalmente intesa, poteva ritenersi lecito che la morte, in base al criterio del piu’ probabile che non, fosse da attribuire con verosimiglianza alle pregresse condizioni morbose della (OMISSIS), sotto il profilo della causalita’ specifica non poteva escludersi che la caduta avesse costituito una concausa dell’evento, tale che, se non si fosse verificata, l’evento morte non sarebbe accaduto o non sarebbe accaduto con le stesse modalita’ temporali ravvicinate rispetto al sinistro;
la sentenza, nella parte in cui ha del tutto omesso di considerare la possibilita’ di una concausa, deve, pertanto, essere cassata con rinvio della causa al giudice del merito per nuovo esame;

 

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con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunziano la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio – per avere il giudice del gravame omesso di rilevare l’inammissibilita’ dell’appello perche’ formulato, in violazione dell’articolo 345 c.p.c., su domande ed eccezioni nuove;
la corte del gravame, pur dando atto che la (OMISSIS) si era limitata a chiedere di non dover rispondere o di essere chiamata a rispondere nei limiti del contratto e del massimale di polizza, non ne avrebbe tratto le conseguenze in all’inammissibilita’ dell’appello per novita’ della censura relativa alla contestazione del nesso causale;
il motivo e’ da disattendere perche’ non si puo’ dedurre, quale omesso esame di fatto decisivo, un error in procedendo; in base a consolidato indirizzo di questa Corte “in materia di vizi “in procedendo”, non e’ consentito alla parte interessata di formulare in sede di legittimita’ la relativa censura in termini di omessa motivazione, in quanto spetta alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato o meno il denunciato vizio di attivita’, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicita’ dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto” (Cass., 2, n. 21944 del 2/9/2019; Cass., 3, n. 22130 del 24/11/2004);
con il terzo motivo di ricorso – violazione dell’articolo 345, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti insistono sostanzialmente sulla censura di cui al precedente motivo, declinandola quale violazione di legge anziche’ quale vizio motivazionale. Affermano che la corte di merito avrebbe erroneamente omesso di valutare che, in assenza di specifica contestazione da parte del convenuto sulla ricostruzione del sinistro, di cui non vi e’ traccia ne’ nella comparsa di costituzione e risposta ne’ nei successivi atti difensivi del primo grado, i fatti dovevano essere ritenuti provati e l’eccezione sollevata in appello dalla compagnia circa la mancanza del nesso di causalita’ tra il fatto dannoso ed il decesso doveva essere ritenuta inammissibile a la luce degli articoli 115 e 116 c.p.c.;
il motivo e’ infondato;
la censura non e’ dedotta secondo quanto prescritto dalle S.U. per far valere la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.: “per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il gftidice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c.” (Cass., S.U., n. 20867 del 30/9/2020).
con il quarto motivo di ricorso – violazione dell’articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – i ricorrenti denunziano che la sentenza d’appello ha violato il principio del giusto processo lasciando gli eredi privi di tutela nonostante il concorso del fatto umano e del fatto naturale nella produzione del danno;
con il quinto motivo – violazione dell’articolo 91 c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – i ricorrenti contestano la compensazione delle spese disposta dal giudice del gravame, nonostante l’esito comunque vittorioso della causa;
il quarto ed il quinto motivo sono assorbiti.
Conclusivamente il ricorso e’ accolto limitatamente al primo motivo, rigettati il secondo e il terzo, assorbiti il quarto e il quinto, la sentenza cassata in relazione e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e il terzo, assorbiti il quarto e il quinto, cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

 

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