Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 luglio 2015, n. 14667. L’art. 22, n. 2, della Convenzione di Montreal individua, entro un determinato “limite assoluto” di ristoro, soltanto la portata complessiva dell’area di risarcibilità del danno, da assumersi secondo una nozione generica e come tale astrattamente omnicomprensiva sia del pregiudizio inferto alla sfera meramente patrimoniale del passeggero (il danno “materiale”), sia di quello attinente alla sfera “non patrimoniale” (il danno “morale”), lasciando, però, alle regole di ciascun ordinamento degli Stati aderenti la fissazione del contenuto proprio della obbligazione risarcitoria. Nel caso di specie (in cui non è in discussione l’applicazione del nostro diritto nazionale), in riferimento al danno “morale” occorre, quindi, far riferimento alla disciplina dettata dall’art. 2059 cod. civ., secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata di detta norma che consente la risarcibilità del danno non patrimoniale nei soli casi “previsti dalla legge”, e cioè nelle ipotesi di fatto illecito astrattamente configurabile come reato, di fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato e, infine, di fatto illecito gravemente lesivo di diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale. Con l’ulteriore precisazione che in quest’ultima ipotesi (come in quella di espressa previsione legislativa), il danno non patrimoniale sarà risarcibile anche se derivante da inadempimento contrattuale (siccome, per l’appunto, ricondotto dall’attuale “diritto vivente” alla norma dell’art. 2059 cod. civ. e non nell’orbita della disciplina, contrattuale, di cui agli artt. 1174, 1218,1223, 1225 e 1227 cod. civ.). La Convenzione di Montreal del 1999, ratificata e resa esecutiva con la legge n. 12 del 2014, non stabilisce essa stessa di risarcire il danno non patrimoniale, ma – utilizzando una nozione generica di danno – circoscrive il suo ammontare in un limite assoluto (salvo dichiarazione speciale di interesse) entro il quale è da includere ogni tipologia o manifestazione dello stesso, la cui scomposizione, in ragione del tipo di pregiudizio (materiale o “morale”), potrà aver luogo, o meno, in base alle regole poste dai singoli ordinamenti degli Stati aderenti.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 14 luglio 2015, n. 14667 Ritenuto in fatto 1. – E.C., per il proprio viaggio di nozze in V. con il coniuge S.D.S.m aveva acquistato due biglietti aerei per la tratta Roma/New York/Caracas con partenza il 2 agosto 2004;X una volta giunta a Caracas aveva appreso dello smarrimento...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 giugno 2015, n. 12687. In tema di responsabilità civile automobilistica, devono ritenersi coperti dall’assicurazione obbligatoria anche i danni sofferti dai soggetti trasportati su veicoli destinati al trasporto di cose, che viaggino nella parte progettata e costruita con posti a sedere per passeggeri

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 19 giugno 2015, n. 12687   REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETTI Giovanni B. – Presidente Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere Dott. SCARANO Luigi Alessandro...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 giugno 2015, n. 13225. La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore, non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto; sicchè grava sul soggetto danneggiato – come testualmente stabilito dall’art. 8 dpr cit. (trasfuso nell’art. 120 del cd. “codice del consumo”) – la prova del collegamento causale non già tra `prodotto’ e danno, bensì tra `difetto’ e danno; solo a seguito del raggiungimento di tale prova (avente pertanto ad oggetto la relazione ‘difetto-danno’ quale prerequisito normativo costituente al contempo limite e fondamento della responsabilità del produttore), viene a gravare sul produttore la dimostrazione (art.6 dpr cit.) della causa liberatoria insita nel fatto che i difetto riscontrato non esisteva quando egli ha posto il prodotto in circolazione, ovvero che all’epoca non era riconoscibile come tale a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche in materia; il danno riportato non prova di per sé, ex artt.5 dpr cit., né direttamente né indirettamente, il difetto né “la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impiego, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto di per sé insufficiente per istituire la responsabilità del produttore, se non sia anche in concreto accertato che quella specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalla utenza o dalle leggi in materia

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 26 giugno 2015, n. 13225 Svolgimento del giudizio Nell’aprile `95 V.S. – con i suoi familiari C.Z., L., T. e P. S. – conveniva in giudizio la Finterm spa, chiedendone la condanna, ai sensi del dpr n. 224 del 24 maggio 1988, al risarcimento dei danni da lui...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 giugno 2015, n. 13218. Ai fini del diritto al risarcimento del danno iure haereditatis, il convivente more uxorio del defunto a cui sia stata negata la qualità di erede universale si trova in posizione di conflitto di interessi rispetto agli eredi legittimi. Pertanto, è inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore

  Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  26 giugno 2015, n. 13218 Svolgimento del processo M.D., M.D.P. e G. P. – il primo nella qualità di convivente more uxorio e gli altri nella qualità di fratelli di E. P. – convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Monza, Sezione distaccata di Desio, la Clinica...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 23 giugno 2015, n. 12923. In tema di responsabilità civile extracontrattuale, il nesso causale tra la condotta illecita ed il danno è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., in base al quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla scorta del quale, all’interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione “ex ante” – del tutto inverosimili. Ne consegue che, ai fini della riconducibilità dell’evento dannoso ad un determinato fatto o comportamento, non è sufficiente che tra l’antecedente ed il dato consequenziale sussista un rapporto di sequenza temporale, essendo invece necessario che tale rapporto integri gli estremi di una sequenza possibile, alla stregua di un calcolo di regolarità statistica, per cui l’evento appaia come una conseguenza non imprevedibile dell’antecedente

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 23 giugno 2015, n. 12923 Svolgimento del processo Il (omissis) è deceduto G.V. , a seguito di un incidente stradale provocato dall’automobile di T.M. , che ha tamponato il ciclomotore condotto dall’infortunato. La moglie del G. , L.D. , che era ricoverata in Ospedale per un tumore terminale...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 giugno 2015, n. 13225. La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore, non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto; sicchè grava sul soggetto danneggiato la prova del collegamento causale non già tra “prodotto” e danno, bensì tra “difetto” e danno. In materia di responsabilità per danni da prodotto difettoso, solo a seguito del raggiungimento della prova (avente ad oggetto la relazione ‘difetto-danno’ quale prerequisito normativo costituente al contempo limite e fondamento della responsabilità del produttore), viene a gravare sul produttore la dimostratio della causa liberatoria insita nel fatto che il difetto riscontrato non esisteva quando egli ha posto il prodotto in circolazione, ovvero che all’epoca non era riconoscibile come tale a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche in materia. In materia di responsabilità per danni da prodotto difettoso, il danno riportato non prova di per sé, né direttamente né indirettamente, il difetto, né la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impiego, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto di per sé insufficiente per istituire la responsabilità del produttore, se non sia anche in concreto accertato che quella specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalla utenza o dalle leggi in materia.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 26 giugno 2015, n. 13225 Motivi della decisione 1.1 Con il primo motivo di ricorso si deduce – ex art.360,1 1^ co.n.5) cpc messa, insufficiente ocontraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio; per avere il giudice di merito individuato la causa dello scoppio nel...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 giugno 2015, n. 12717. Il danno non patrimoniale non può che essere liquidato in via equitativa e che tale valutazione ha da tempo trovato un utile parametro di riferimento nelle note tabelle che sono state elaborate dagli uffici giudiziari per assicurare una tendenziale omogeneità di trattamento fra situazioni analoghe; com’è noto, al fine di assicurare il massimo grado di uniformità, è stato riconosciuto alle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano valenza generale di “parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 cod. civ., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono”. Con specifico riferimento al danno per perdita del rapporto parentale, le tabelle milanesi prevedono – con riferimento ai vari possibili rapporti di parentela – una forbice che, nel caso di danno subito dal genitore per la morte di un figlio, oscillava (nell’edizione 2011, applicabile al momento in cui venne emessa la sentenza impugnata) fra 154.350,00 e 308.700,00 Euro; per quanto emerge dai “criteri orientativi” che illustrano la tabella, tale forbice consente di tener conto di tutte le circostanze del caso concreto, ivi compresa la “qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta”. Deve allora ritenersi che, anche a voler assimilare – come ha fatto la Corte d’appello – la situazione del feto nato morto al decesso di un figlio, non può tuttavia non considerarsi che per il figlio nato morto è ipotizzabile soltanto il venir meno di una relazione affettiva potenziale (che, cioè, avrebbe potuto instaurarsi, nella misura massima del rapporto genitore-figlio, ma che è mancata per effetto del decesso anteriore alla nascita), ma non anche di una relazione affettiva concreta sulla quale parametrare il risarcimento all’interno della forbice di riferimento.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 19 giugno 2015, n. 12717 Svolgimento del processo Cr.Va. e S.L. convennero in giudizio l’Azienda ASL Roma (…) per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti per il fatto che il loro primo figlio era nato morto, assumendo che ciò era dipeso dalla condotta dei sanitari dell’Ospedale di...