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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 1 settembre 2014, n. 36438. Il datore di lavoro in mancanza di una valida delega di funzioni è titolare di una posizione di garanzia e risponde delle lesioni subite dai lavoratori per la manomissione dei macchinari anche se non ha provveduto personalmente ad assumerli

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 1 settembre 2014, n. 36438 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Consigliere Dott. CIAMPI Francesco – rel. Consigliere Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 4 giugno 2014, n. 12562. Negli infortuni sul lavoro non scatta il concorso di colpa del dipendente per essersi esposto ad un rischio inutile se tale comportamento integrava una prassi nota all'impresa

suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 4 giugno 2014, n. 12562 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere Dott. VENUTI Pietro – Consigliere Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere Dott. GHINOY Paola...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 27 maggio 2014, n. 11831. Va condannata a risarcire il danno per «mancata tutela delle condizioni di lavoro», ex art. 2087 del c.c., il datore che lascia inalare polveri d'amianto e fumi di saldatura a un proprio dipendente, provocandone il decesso per neoplasia polmonare

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 27 maggio 2014, n. 11831 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere Dott. GHINOY Paola...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 26 maggio 2014, n. 21241. Quando l'obbligo di impedire l'evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'articolo 41, comma primo, cod. pen. In questa ipotesi, la mancata eliminazione di una situazione di pericolo (derivante da fatto commissivo od omissivo dell'agente), ad opera di terzi, non è una distinta causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, ma una causa/condizione negativa grazie alla quale la prima continua ad essere efficace. (Confermata nella specie la condanna di più imputati per la morte di un lavoratore-schiacciato da una gru caduta a terra- ai quali veniva contestata la negligenza dei montatori della gru, il mancato controllo sulla gru e l'assegnazione del compito di manovrare la complessa attrezzatura ad un soggetto al quale si era mancato di somministrare la necessaria attività di formazione).

  SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV SENTENZA 26 maggio 2014, n. 21241 Ritenuto in fatto  1. D.M.G.R. , D.M.A. , D.M.D.N. , O.M. , Be.Se. , B.G. venivano giudicati dal Tribunale di Montepulciano responsabili della morte di C.B. il quale, mentre era intento a schiodare delle assi di legno all’interno del cantiere edile della...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 5 maggio 2014, n.18459. In tema di prevenzione nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa. Ne consegue che, ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché la perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590. u.c., cod. pen., è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all'inosservanza delle predette norme secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV SENTENZA 5 maggio 2014, n.18459   Ritenuto in fatto  1. B.E. , B.F. , R.T. , Bu.Ma. , D.D. , M.G. e M.M. erano tratti a giudizio davanti al Tribunale di Lecco con l’accusa di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro,...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 8 maggio 2014, n. 9945. La responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o, quando queste non siano rinvenibili, dalla norma di ordine generale di cui all'art. 2087 cod. civ., la quale impone all'imprenditore l'obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori. Se è vero che l'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva e che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente o delle condizioni di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, è altresì vero che, ove il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze, sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza  8 maggio 2014, n. 9945 Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Roma, I.F. agiva, in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore S.A. , per ottenere la condanna della soc. Ericsson Telecomunicazioni, quale responsabile ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., al risarcimento...