Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 19 dicembre 2014, n. 26899 Svolgimento del processo Con due atti di citazione notificati il 19 gennaio 2004 ed il 3 marzo 2004 – che facevano seguito ad altrettanti ricorsi per provvedimento di urgenza – R.C., M.Z., C.M., C.S., M.C., M.Z. ed E.A.M. hanno convenuto davanti al...
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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 26 novembre 2014, n. 25171. La fideiussione prestata a garanzia dell'adempimento di una o più determinate prestazioni (nella specie, a garanzia delle prestazioni del conduttore, all'atto della conclusione di un contratto di locazione) si protrae quanto meno per lo stesso termine entro il quale le prestazioni debbono essere eseguite, tale essendo lo scopo per il quale il creditore ha preteso la garanzia, prima di dare credito al garantito. In mancanza, si consentirebbe al fideiussore di liberarsi dall'impegno contrattuale a suo arbitrio e in qualunque momento, dopo avere indotto il creditore a fare affidamento sulla promessa di garanzia, in violazione dei principi per cui il contratto ha forza di legge fra le parti (art. 1372 cod. civ.) ed i contraenti sono tenuti a comportarsi secondo buona fede nella conclusione e nell'esecuzione del contratto medesimo (art. 1337 e 1375 cod. civ.).
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI ORDINANZA 26 novembre 2014, n. 25171 La Corte, Premesso in fatto E’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.: 1.- Con scrittura privata 1 ° novembre 2007 U.F. ha concesso in locazione ad Immacolata Magno un immobile sito in Montalto Uffugo...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 21 novembre 2014, n. 24838. Il principio per cui il comodatario ha il diritto alla prosecuzione del rapporto per tutto il tempo per cui si protraggano le esigenze familiari si riferisce ai casi in cui sia certo ed inequivocabile che il rapporto abbia avuto origine in vista di una tale destinazione: ma nessuna prova del genere è stata menzionata dalla sentenza di appello. Con il contratto di comodato, il proprietario concede gratuitamente a terzi il diritto di uso del bene proprio e che, soprattutto quando si tratti di un immobile, la sussistenza di un'effettiva volontà di assoggettare il bene a vincoli e a destinazioni d'uso particolarmente gravosi – qual è quello di cui qui si tratta – non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata. Nel dubbio, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il sospetto ed il disfavore con cui l'ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui beni. Deve essere invece interpretata ed applicata con larghezza la norma che autorizza il comodante a chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso: soprattutto, quando si tratti di bene immobile e quando vengano prospettate esigenze abitative personali: per di più facenti capo ad una persona anziana, sola e bisognosa di cure; per di più a fronte di un'utilizzazione gratuita già protrattasi per anni.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 21 novembre 2014, n. 24838 Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 7 settembre 2009 V.A.M. ha chiesto al Tribunale di Roma di dichiarare risolto il contratto di comodato avente ad oggetto un appartamento in Roma, di sua proprietà, che nel 1996 aveva lasciato in uso al figlio,...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 28 ottobre 2014, n. 22863. Il testo letterale delle norme di cui al d. lgs. 15 gennaio 1992 n. 50, che ha dato attuazione alla Direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, deve essere interpretato in coerenza con le finalità perseguite dalla Direttiva. Ne consegue che la disposizione di cui all'art. 1, 1 comma, lett. c) del decreto medesimo, là dove include fra le fattispecie meritevoli di tutela i contratti o le note d'ordine che il consumatore sottoscriva in area, pubblica o aperta, al pubblica – fattispecie che fra l'altro non è inclusa fra quelle elencate dalla Direttiva – deve essere interpretata nel senso che non qualunque luogo pubblico od aperto al pubblico giustifica la peculiare tutela di cui alla normativa, bensì solo quei luoghi pubblici o aperti al pubblico che non siano di per sé destinati alle negoziazioni, ed ai quali il consumatore acceda per finalità estranee a quella di comprare, di vendere o di contrattare, sì che l'eventuale iniziativa del professionista lo colga di sorpresa e impreparato alla difesa dei suoi interessi. Le negoziazioni che si svolgono nell'ambito degli stands allestiti dagli operatori all'interno di una fiera o di un salone di esposizione, non sono in linea di principio assoggettabili alle disposizioni dell’art. 1, 1 comma, d. lgs n. 50/1992 cit., pur se si tratti di luoghi ai quali il pubblico possa liberamente accedere. In questi casi, da un lato, l'attività imprenditoriale non può propriamente ritenersi esterna alla sede dell'impresa, trattandosi di attività solo temporaneamente dislocata in luogo diverso dalla sede legale e dall'ordinaria sede commerciale. Dall'altro lato non si può in linea di principio affermare che il consumatore che acceda di sua iniziativa allo stand fieristico ed ivi concluda un affare si possa considerare in situazione tale da venire sorpreso e colto impreparato dalle offerte commerciali in cui si imbatte, dato che normalmente vi si reca proprio per conoscere e valutare tali offerte
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 28 ottobre 2014, n. 22863 Ritenuto in fatto Con atto di citazione notificato il 2 luglio 2001 C.S. ha convenuto davanti al Tribunale di Roma R.F., dal quale aveva acquistato un gommone, con motore e carrello, dando in permuta una sua imbarcazione e versando una caparra di...