In relazione alla fattispecie della cessione di ramo d’azienda prevista dall’articolo 2112 del Cc, ne costituisce elemento costitutivo, anche nel testo modificato dall’articolo 32 del Dlgs 276/2003, l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere a uno scopo produttivo con i propri mezzi,...
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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 6 settembre 2016, n. 17645
Le sanzioni previdenziali in caso di reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento sono dovute solo in caso di nullità del licenziamento, che è oggetto di una sentenza dichiarativa, e non anche in caso di annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza costitutiva Suprema Corte di...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 agosto 2016, n. 16214
Illegittimo il licenziamento del dipendente al quale alla fine del periodo di prova venga concesso un altro periodo di “osservazione” per comprendere al meglio il lavoro da svolgere. Si tratterebbe di un doppio periodo di prova non consentito dalla legge Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 3 agosto 2016, n. 16214 REPUBBLICA ITALIANA IN...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 14 giugno 2016, n. 12205
La valutazione della proporzionalita’ tra il comportamento illecito del lavoratore dipendente e la sanzione irrogata sul piano disciplinare costituisce un apprezzamento di fatto che deve essere condotto non in astratto ma con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, inquadrando l’addebito nelle specifiche modalita’ del rapporto e tenendo conto non solo della natura...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 maggio 2016, n. 10541
La cessione di ramo d’azienda è ravvisabile quando quest’ultima dimostri una propria autonomia funzionale già al momento dello scorporo dal complesso cedente e quindi sia in grado di provvedere con i propri mezzi a uno scopo produttivo senza doversi appoggiare alla precedente struttura. Il tutto da un punto di vista cronologico va rapportato al momento...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 21 marzo 2016, n. 5523. L’esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica delle decisioni aziendali, sebbene sia garantito dagli art. 21 e 39 Costituzione, incontra i limiti della correttezza formale che sono imposti dall’esigenza, anch’essa costituzionalmente garantita (art. 2 Cost.), di tutela della persona umana, sicché, ove tali limiti siano superati, con l’attribuzione all’impresa datoriale od ai suoi rappresentanti di qualità apertamente disonorevoli, di riferimenti volgari e infamanti e di deformazioni tali da suscitare il disprezzo e il dileggio, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, pur in mancanza degli elementi soggettivi ed oggettivi costitutivi della fattispecie penale della diffamazione
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 21 marzo 2016, n. 5523 Svolgimento del processo Con la sentenza n. 791 pubblicata il 29.7.2014, la Corte d’appello dì Torino rigettava il reclamo proposto da F.L. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva confermato l’ordinanza resa in sede di cognizione sommaria nel procedimento ex...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 febbraio 2016, n. 2113. Difetti di informativa della comunicazione di avvio della procedura ex art. 4 legge 223 del 1991 possono rilevare solo quando sia allegata e provata la loro effettiva incidenza sul potere di controllo delle organizzazioni sindacali con concreto pregiudizio per i lavoratori; cosi anche il mancato rispetto dei criteri di scelta impone allegazione e prova di una non corretta valutazione di elementi che avrebbero determinato risultati differenti ai fini della graduatoria dei licenziandi. La stessa denuncia di discriminazione di genere impone innanzitutto allegazione e prova di fatti precisi concordanti e connotati da serietà che consentano di far ritenere probabile la discriminazione
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 3 febbraio 2016, n. 2113 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. TRIA Lucia – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. GHINOY Paola –...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 28 gennaio 2016, n. 1595. Per giustificare un licenziamento disciplinare i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l’elemento fiduciario; la relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 28 gennaio 2016, n. 1595 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. TRIA Lucia – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. GHINOY Paola –...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 gennaio 2016, n. 1188 . In tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva – non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale – non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, della natura e delle caratteristiche del pregiudizio medesimo. In tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi d’ inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio – dall’esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accettabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento, ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale.
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 22 gennaio 2016, n. 1188 Svolgimento del processo Con la sentenza n. 825 del 2010, la Corte d’appello di Venezia, in parziale accoglimento dell’appello proposto da A.G. avverso la sentenza del Tribunale di Verona che aveva rigettato la domanda da lei proposta nei confronti della “Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova” s.p.a....
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 dicembre 2015, n. 25780. Quando il lavoratore denuncia l’illegittimità dell’esercizio dello ius variandi a causa di demansionamento o dequalificazione, ha l’onere di allegare gli elementi di fatto significativi circa l’inesatto adempimento dell’obbligo di adibizione a mansioni corrispondenti alla categoria e qualifica di appartenenza o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte; al datore di lavoro incombe invece l’onere di provare l’esatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che l’una o l’altro siano state giustificate dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari ovvero, in base al principio generale di cui all’art. 1218 cod. civ., comunque da una impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 22 dicembre 2015, n. 25780 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere Dott. TRICOMI Irene...