SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V SENTENZA 18 settembre 2015, n. 38081 Ritenuto in fatto Con sentenza del 4 giugno 2014 del GUP di Napoli, confermata il 1 dicembre 2014 dalla Corte d’appello della stessa città, S.G. era condannato per i delitti di furto con strappo, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale, per la...
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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 2 luglio 2015, n. 28088. Il delitto di violenza privata ha carattere generico e sussidiario e resta escluso, in base al principio di specialità, qualora sussista il fine di procurarsi un ingiusto profitto (dolo specifico) che rende configurabile una ipotesi delittuosa più grave, quale quella di rapina. Nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in qualsiasi utilità, anche solo morale, nonché in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene. Nel caso di specie, nel momento in cui la sottrazione delle chiavi era chiaramente e logicamente finalizzata a consentire agli autori dell’azione di trarre l’ulteriore utilità di evadere dal carcere è di tutta evidenza che il reato configurabile – e correttamente ritenuto configurato dalla Corte di Appello – è quello di cui all’art. 628 cod. pen. e non certo quello di cui all’art. 610 cod. pen. Ai fini penalistici nella nozione di patrimonio sono comprese anche quelle cose che, pur prive di reale valore di scambio, abbiano comunque un’importanza per il soggetto che le possiede, nel senso che tale soggetto abbia un interesse a possederle. Onde risponde della figura delittuosa di cui all’art. 628 cod. pen. il detenuto che, per procurare a se o ad altri un ingiusto profitto, sottragga ad un agente di custodia con violenza o minaccia le chiavi delle celle
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 2 luglio 2015, n. 28088 Ritenuto in fatto Con sentenza in data 6/3/2014 la Corte di Appello di Trieste ha confermato la sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Gorizia in data 15/1/2013 con la quale C.M. è stato dichiarato...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 3 giugno 2015, n. 23678. Commette rapina e non esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone il creditore che usa violenza contro un soggetto terzo rispetto al rapporto obbligatorio presupposto. Così pure la rapina è consumata se, anche in presenza della ragionevole convinzione dell’agente di esercitare un diritto, la violenza o la minaccia possiedono una tale forza intimidatoria da oltrepassare l’intento di far valere un diritto e manifestano la volontà di impossessarsi comunque della cosa
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 3 giugno 2015, n. 23678 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere Dott. MOGINI Stefano – Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 19 marzo 2015, n. 11467. Nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in qualsiasi utilità, anche solo morale, in qualsiasi soddisfazione o godimento che l'agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene. Pertanto la Corte ha ritenuto che anche il fine di ottenere "un bacio" dalla parte offesa, in cambio della restituzione del monile sottratto, integra quell'utilità, anche solo morale, che qualifica il dolo specifico del reato di rapina, distinguendolo dalla violenza privata. Nel caso di specie il ricorrente riconosce di aver agito per perseguire un'utilità di carattere morale (non patrimoniale), sottraendo il telefono cellulare alla ex fidanzata, ma contesta il carattere "ingiusto" di tale utilità, osservando che l'azione dell'imputato è stata finalizzata esclusivamente a dimostrare al padre della sua (ex) fidanzata, attraverso i messaggini telefonici, i tradimenti perpetrati dalla figlia, e, dunque, l'esistenza di una relazione con un altro uomo “sicché l'intento del prevenuto è stato quello non già di conseguire un profitto ingiusto, bensì di dimostrare al genitore della sua ragazza l'ingiustizia e la scorrettezza del comportamento tenuto dalla figlia. A parere del Collegio, proprio tale riconosciuta finalità integra pienamente il requisito dell'ingiustizia del profitto morale che l'agente voleva ricavare dall'impossessamento del telefono cellulare della sua ex fidanzata
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 19 marzo 2015, n. 11467 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 20/11/2012, la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del Gup presso il Tribunale di Barletta, in data 16/10/2006, che aveva condannato C.P. alla pena di anni due, mesi due di reclusione ed Euro.600,00...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 febbraio 2015, n. 6505. L’applicazione del braccialetto elettronico non può essere considerato una misura coercitiva ulteriore rispetto a quelle previste dal codice di procedura penale, ma rientra tra le ordinarie modalità di controllo degli arresti domiciliari, per cui il giudice non ha alcun obbligo aggiuntivo di spiegare perché questa misura cautelare non va bene neppure con il braccialetto. Nel caso di specie, la Cassazione ha respinto il ricorso di un uomo indagato per rapina, cui era stata applicata la misura cautelare in carcere, che riteneva non adeguatamente motivato il rifiuto alla cautela domiciliare con il controllo del braccialetto elettronico
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 16 febbraio 2015, n. 6505 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GALLO Domenico – Presidente Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere Dott. CERVADORO Mirella – Consigliere Dott. RECCHIONE Sandra – rel. Consigliere Dott. DI...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 2 marzo 2015, n. 8998. L'età della persona offesa non può essere considerata elemento di per sé solo sufficiente ad integrare l'aggravante
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 2 marzo 2015, n. 8998 Svolgimento del processo Con sentenza del 31.3.2014, la Corte d’Appello di Palermo confermava la decisione di primo grado che aveva condannato G.P. alla pena di anni tre di reclusione e Euro 800,00 di multa per i reati di rapina e di tentata rapina....
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 gennaio 2015, n. 301. Il formale riferimento normativo ad "atti diretti a percuotere o a ledere" non esclude la possibilità che questi siano accettati come eventuali; in tale ottica la direzione degli atti va intesa come requisito strutturale oggettivo dell'azione e l'espressione impiegata come finalizzata a ricomprendere in essa atti realizzanti semplice tentativo del delitto a cui consegua l'evento morte
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 gennaio 2015, n. 301 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 16.06.2014, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltagirone applicava nei confronti di M.L. la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di rapina impropria aggravata (capo A) e omicidio...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 12 dicembre 2014, n. 51853. Nel reato di estorsione, la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza del 12 dicembre 2014, n. 51853 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASUCCI Giuliano – Presidente – Dott. GALLO Domeni – rel. Consigliere – Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere – Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere – Dott. DI MARZIO...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 novembre 2014, n. 46412. Ricorre la rapina impropria nella forma del tentativo allorquando l'agente, dopo avere compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a sottrarre la cosa mobile altrui a chi la detiene ma non riuscendo in tale intento per la costante vigilanza della persona offesa o di un suo delegato, adoperi, immediatamente dopo, violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l'impunità; ricorre invece la rapina impropria consumata quando l'agente, dopo l'amotio della res, riesce a portare a termine anche l'ablatio – ossia lo spossessamento dell'avente diritto, che fa perdere a costui il controllo sulla cosa, dimodoché non è più in grado di recuperarla autonomamente, senza l'ausilio di terzi o delle forze dell'ordine – e adoperi, immediatamente dopo, violenza o minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l'impunità
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 11 novembre 2014, n. 46412 Ritenuto in fatto 1. R.P. fu tratto a giudizio per rispondere del delitto di rapina impropria aggravata dall’uso dell’arma (capo a: artt. 628, commi 2 e 3 n. 1 cod. pen.) e della contravvenzione di porto ingiustificato di coltello (capo b: art. 4 della...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 novembre 2014, n. 46412. Deve qualificarsi come furto tentato, e non consumato, la condotta di sottrazione di merce dai banchi di vendita di un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di vigilanza, anche nel caso in cui l'autore sia fermato dopo il superamento delle casse senza aver pagato la merce prelevata
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 11 novembre 2014, n. 46412 Ritenuto in fatto 1. R.P. fu tratto a giudizio per rispondere del delitto di rapina impropria aggravata dall’uso dell’arma (capo a: artt. 628, commi 2 e 3 n. 1 cod. pen.) e della contravvenzione di porto ingiustificato di coltello (capo b: art. 4...