Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 30 settembre 2015, n. 39480. In ordine all’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 649 c.p. nei delitti contro il patrimonio, non è punibile il furto commesso in danno del convivente more uxorio, mentre lo è solo a querela dell’offeso se si tratti di furto commesso nei confronti di persona già convivente. Inoltre, la sussistenza della suddetta esimente è rilevabile d’ufficio dal giudice del merito

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 30 settembre 2015, n. 39480 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDI Alfredo – Presidente Dott. BEVERE Antonio – Consigliere Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere Dott. CAPUTO...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 22 settembre 2015, n. 38435. L’esigua quantità di questo materiale pedopornografico non ha rilevanza agli effetti della consumazione del reato, in quanto la fattispecie incrimintarice è realizzata con la semplice acquisizione e disponibilità per un tempo anche limitato alla sola visione delle immagini provenienti dall’impiego illecito di minori. Il numero di file a contenuto pedopomografico scaricati e salvati nel computer dell’imputato , esclude ogni connotazione di accidentalità e dimostra la volontà di procurarsi e detenere tale materiale, di illecita produzione e diffusione. Nel reato di detenzione di materiale pornografico l’elemento oggettivo consiste nelle condotte, tra loro alternative, del procurarsi, che implica qualsiasi modalità di procacciamento compresa la via telematica, e del disporre, che implica un concetto più ampio della detenzione, mentre l’elemento soggettivo, costituito dal dolo diretto, consiste nella volontà di procurarsi o detenere materiale pornografico proveniente dallo sfruttamento dei minori. La condotta di chi detenga consapevolmente materiale pedopornografico, dopo esserselo procurato , configura un’ipotesi di reato commissivo permanente, la cui consumazione inizia con il procacciamento del materiale anche in tempi diversi e si protrae per tutto il tempo in cui permane in capo all’agente la disponibilità del materiale

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 22 settembre 2015, n. 38435 Fatto e diritto Con sentenza 17.5.2013,emessa a conclusione di rito abbreviato , il tribunale di Palermo ha assolto L.C. G. dal reato di tentata violenza privata per insussistenza del fatto e dal reato ex art. 600 quater c.p. per carenza probatoria sulla sussistenza...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 28 luglio 2015, n. 33253. Costituisce violenza privata compiere manovre appositamente volte a impedire ad altro utente della strada di procedere nella direzione prescelta; si ha eccesso colposo in legittima difesa quando per errore di valutazione si trascendono i limiti dell’adeguatezza difensiva valutati ex ante

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 28 luglio 2015, n. 33253 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDI Alfredo Mar – Presidente Dott. DE BERARDINIS Silvan – rel. Consigliere Dott. MICHELI Paolo – Consigliere Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 5 agosto 2015, n. 34178. Il bene giuridico tutelato dalla norma ex art. 595 c.p., è l’onore nel suo riflesso in termini di valutazione sociale (alias reputazione) di ciascun cittadino e l’evento è costituito dalla comunicazione e dalla correlata percezione o percepibilità, da parte di almeno due consociati, di un segno (parola, disegno) lesivo, che sia diretto, non in astratto, ma concretamente ad incidere sulla reputazione di uno specifico cittadino, le espressioni oggetto di contestazione sono obiettivamente pregiudizievoli della reputazione della persona offesa, concretizzando un pregiudizio anche la divulgazione di qualità negative, idonee ad intaccarne l’opinione tra il pubblico dei consociati. L’elemento psicologico della diffamazione consiste non solo nella consapevolezza di pronunziare o di scrivere una frase lesiva dell’altrui reputazione, ma anche nella volontà che la frase denigratoria venga a conoscenza di più persone. Pertanto, è necessario che l’autore della diffamazione comunichi con almeno due persone, ovvero con una sola persona, ma con tali modalità che detta notizia sicuramente venga a conoscenza di altri ed egli si rappresenti e voglia tale evento, o, comunque, che la notizia sia destinata, nelle stesse intenzioni del soggetto attivo, ad essere riferita ad almeno un’altra persona che ne abbia successivamente conoscenza. Quando l’offesa sia arrecata a mezzo di uno scritto e sia indirizzata anche all’interessato si configura nella ricezione dello scritto alla p.o. il reato di ingiuria

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 5 agosto 2015, n. 34178 Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Cagliari, con sentenza in data 24.1.2014, confermava la sentenza del locale Giudice di Pace, con la quale C.M. era stato condannato alla pena di Euro 700 di multa, per i reati di cui all’art. 595 c.p.,...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 5 agosto 2015, n. 34194. Il dolo del delitto di cui all’art. 591 c.p. (Abbandono di persone minori o incapaci) è generico e consiste nella coscienza di abbandonare a sé stesso il soggetto passivo – incapace di provvedere alle proprie esigenze – in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l’esatta percezione. Non occorre la sussistenza di un particolare malanimo da parte del reo

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 5 agosto 2015, n. 34194 In fatto e diritto Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Macerata avverso la sentenza emessa in data 7 gennaio 2015 dal Giudice dell’Udienza preliminare di quel Tribunale con cui era stato dichiarato non luogo a procedere per...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 6 agosto 2015, n. 34460. Non integra gli estremi del delitto di riduzione in schiavitù – ma quello di alterazione di stato (art. 567, comma secondo, cp.) – la “cessione”, uti filius, di un neonato ad una coppia di coniugi, in quanto la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 600 cp è connotata dalla finalità di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, nel senso che, in tal caso, il soggetto attivo, non solo esercita un potere corrispondente al diritto di proprietà, ma deve anche realizzare la riduzione o il mantenimento in stato di soggezione del soggetto passivo ed entrambe le condotte sono preordinate allo scopo di ottenere prestazioni lavorative, sessuali, di accattonaggio nelle quali si concreta lo sfruttamento dello schiavo: il che non ricorre nell’ipotesi in cui i soggetti attivi si propongono di inserire, sia pure contra legem, il neonato “compravenduto” in una famiglia che non è quella naturale. La fattispecie di cui all’art. 567 cp è, in ossequio alla lettera della legge, applicabile al solo caso in cui l’alterazione riguardi un neonato.

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 6 agosto 2015, n. 34460 Ritenuto in fatto 1.I1 difensore dei coniugi C.N.C. e C.N.L. ricorre avverso l’ordinanza in epigrafe indicata con la quale il GIP presso il Tribunale di Messina ha applicato la misura degli AA.DD. con riferimento tra gli altri al delitto ex artt. 110- 600...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 2 luglio 2015, n. 28225. Non adeguata la motivazione dell’ordinanza laddove ha valutato sufficiente la motivazione dell’ordinanza genetica, che dopo aver stabilito il divieto di avvicinamento alla persona offesa aveva genericamente indicato come ulteriore oggetto del divieto di avvicinamento i luoghi frequentati dalla persona offesa, senza la specificazione richiesta dalla norma

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 2 luglio 2015, n. 28225 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDI Alfredo M. – Presidente Dott. SAVANI Piero – rel. Consigliere Dott. ZAZA Carlo – Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere Dott....

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 2 luglio 2015, n. 28199. Commercialisti custodi in una procedura di prevenzione: come si determina il compenso

[contact-form subject='[Avvocato Renato D%26#039;Isa’][contact-field label=’Nome’ type=’name’ required=’1’/][contact-field label=’E-mail’ type=’email’ required=’1’/][contact-field label=’Sito web’ type=’url’/][contact-field label=’Commento’ type=’textarea’ required=’1’/][/contact-form] Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 2 luglio 2015, n. 28199 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDI Alfredo Maria – Presidente Dott....