Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 2 luglio 2015, n. 28225

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDI Alfredo M. – Presidente

Dott. SAVANI Piero – rel. Consigliere

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 332/2015 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del 17/03/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

sentite le conclusioni del PG Dott. Cardino A., che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

IN FATTO E IN DIRITTO

Con ordinanza in data 17 marzo 2015 il Tribunale del riesame di Palermo ha respinto la richiesta di riesame proposta nei riguardi dell’ordinanza del Giudice per le Indagini preliminari del locale Tribunale emessa il 2 marzo 2015, con cui era stata applicata, per il delitto di atti persecutori, a (OMISSIS) la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa ed ai luoghi dalla medesima frequentati.

Ha proposto ricorso per Cassazione il prevenuto, articolando quattro motivi. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per aver ritenuto il Tribunale che la riserva di costituirsi parte civile, oppure la richiesta di essere avvisata della eventuale richiesta di archiviazione, della persona offesa potesse considerarsi proposizione di valida querela con la presentazione di un atto denominato denuncia, non valendo un atto del genere a rappresentare l’inequivoca volonta’ che si persegua l’autore del fatto.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al ritenuto ricorrere di gravi indizi di colpevolezza per il reato contestato, essendosi utilizzata per la decisione la richiesta di diffida, inutilizzabile perche’ atto privo di sottoscrizione, nonche’ il verbale di applicazione della diffida senza che in atti fosse presente il provvedimento di ammonimento del Questore che avrebbe riportato le frasi asseritamente minacciose ascritte al prevenuto. Deduce poi che il Tribunale avrebbe valutato attendibili le affermazioni della persona offesa dalle quali al piu’ si sarebbe potuta ricavare la sussistenza di un reato di molestie, mancando ogni riferimento a situazioni di ansia o paure per l’incolumita’ o alterazione delle proprie abitudini della persona offesa.

Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul ricorrere dell’esigenza cautelare di prevenzione della reiterazione del reato che il Tribunale non avrebbe motivato con riferimento a specifici elementi concernenti la personalita’ ed i comportamenti del prevenuto. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’indeterminatezza dei luoghi dai quali il prevenuto si sarebbe dovuto tenere lontano.

Osserva il Collegio che il ricorso e’ fondato nei limiti di cui si dira’ di seguito. Manifestamente infondata e’ la doglianza in tema di condizione di procedibilita’. La persona offesa ha depositato l’atto contenente la propria narrazione dei fatti alla polizia giudiziaria che ha verbalizzato il deposito di denuncia-querela, in cio’ attestando, con atto fidefaciente, che era stata manifestata una volonta’ di ottenere l’apertura di un procedimento a carico della persona indicata. E tanto e’ sufficiente a far considerare validamente espressa la volonta’ di procedere in merito ai fatti di rilevanza penale ravvisabili nella specie. Correttamente il giudice del merito ha poi valorizzato talune indicazioni e domande della persona offesa, come la riserva di costituzione di parte civile e la richiesta di esser avvisata della potenziale richiesta di archiviazione, li’ come ulteriori conferme della inequivoca volonta’ di procedimento.

Manifestamente infondata pure la doglianza sulla valutazione della gravita’ indiziaria, atteso che il ricorrente propone una lettura alternativa di emergenze processuali, valutate nel loro complesso, non rivestendo importanza determinante la presenza o meno in atti di copia sottoscritta della richiesta di diffida in via amministrativa, non essendovi dubbio che l’ammonimento del questore di Palermo fosse poi stato in concreto emanato, ne’ il ricorrente sostiene fosse stato impugnato, considerato che l’atto amministrativo ha significativo valore proprio per la sua esistenza, correttamente valutata dal giudice del merito come dimostrativa della pervicacia del comportamento che aveva costretto l’autorita’ ad intervenire, ed essendo determinante il tenore inequivoco delle dichiarazioni della persona offesa, adeguatamente valutate dal giudice del merito, sia nella loro intrinseca attendibilita’, sia per i plurimi riscontri acquisiti e considerati senza vizi di logica consequenzialita’.

Manifestamente infondato anche il terzo motivo dove contraddittoriamente si lamenta che il Tribunale avrebbe valutato solo elementi oggettivi del fatto, dimenticando che una corretta valutazione della reiterazione dei comportamenti comporta, di per se’, la valutazione degli specifici ed attuali atteggiamenti del prevenuto, considerato in modo del tutto logico come non in condizioni di controllare le proprie pulsioni, e in seguito lamentando che il Tribunale avrebbe errato (e si tratta di doglianza in quei termini non proponibile in questa sede) nel valutarne la personalita’ come incapace di adeguato controllo. La valutazione appare al Collegio ancorata a precisi dati di fatto e formulata senza vizi logici di sorta, con riferimento a comportamenti protratti per mesi, prima e dopo il provvedimento di ammonimento del Questore.

E’ infine infondato il quarto motivo; il Tribunale ha correttamente valutato il provvedimento nella parte in cui imponeva il divieto di avvicinamento alla persona offesa, ben chiaro nella sua formulazione, che si riferisce alla possibilita’ di diretta interpretazione con la medesima.

Non adeguata invece e’ la motivazione dell’ordinanza laddove ha valutato sufficiente la motivazione dell’ordinanza genetica, che dopo aver stabilito il divieto di avvicinamento alla persona offesa aveva genericamente indicato come ulteriore oggetto del divieto di avvicinamento i luoghi frequentati dalla persona offesa, senza la specificazione richiesta dalla norma.

Il Tribunale che ritiene sufficientemente specifico il riferimento alla concreta frequentazione da parte della persona offesa, non considera che, ferma restando la necessita’ che il prevenuto non si accosti fisicamente alla persona offesa ovunque la possa intercettare, non potrebbe essergli consentito di conoscere preventivamente, in base al tenore del provvedimento come richiede la norma, a quali luoghi, definiti in anticipo come frequentati dalla persona offesa dovrebbe non avvicinarsi in via assoluta.

Sul punto l’ordinanza e’ carente perche’ ha considerato valida la prescrizione del Giudice per le indagini preliminari sol per la sua generica connessione alla peraltro non ben delimitata e chiarita frequentazione abituale della persona offesa.

Si impone l’annullamento dell’ordinanza nei termini di cui al dispositivo.

Oscuramento dei dati sensibili attesa la materia oggetto del procedimento.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame sul punto. Rigetta nel resto il ricorso.

La Cancelleria dara’ attuazione al disposto del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, per il caso di diffusione del presente provvedimento.

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