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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 30 settembre 2014, n. 20589. Dichiarato inammissibile il ricorso per violazione del dovere di sinteticità espositiva, mutuando tale concetto dai principi del giusto processo, ex art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, perché ritenuto troppo lungo (100 pagine) e prolisso, affermando che erano sufficienti solo le ultime dodici pagine di motivazioni, rispetto alle 100 pagine presentate.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO sentenza 30 settembre 2014, n. 20589 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente – Dott. VENUTI Pietro – Consigliere – Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere – Dott. PATTI Adriano Piergiovanni –...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 25 settembre 2014, n. 20231. Sia allorquando le parti, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, abbiano simulatamene dichiarato di volere un diverso rapporto lavorativo al fine di eludere la disciplina legale inderogabile in materia, sia nel caso in cui l'espressione verbale abbia tradito la vera intenzione delle parti, sia infine nell'ipotesi in cui, dopo avere voluto realmente il contratto di lavoro autonomo, durante lo svolgimento del rapporto le parti stesse, attraverso fatti concludenti, mostrino di aver mutato intenzione e di essere passate ad un effettivo assetto di interessi corrispondente a quello della subordinazione, il giudice di merito, cui compete di dare l'esatta qualificazione giuridica del rapporto, deve attribuire valore prevalente al comportamento tenuto dalle parti nell'attuazione del rapporto stesso. Tale conclusione deriva dal principio che è stato chiamato dell`indisponibilità del tipo contrattuale", più volte affermato dalla Corte costituzionale, ad avviso della quale "..non è consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò derivi l'inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall'ordinamento… " e "…a maggior ragione non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere, direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, l'applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri dei rapporto subordinato". Nel caso di specie, il fatto che il rapporto di lavoro subordinato fosse stato regolarizzato per cinque ore al giorno non escludeva pertanto di per sé la possibilità di ritenere che esso si fosse svolto con orario pieno

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO sentenza 25 settembre 2014, n. 20231   Svolgimento del processo Con la sentenza non definitiva n. 829 del 2010 la Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Rovigo, accertava che F.F. aveva svolto attività di lavoro subordinato per 40 ore settimanali in favore di...