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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 24 novembre 2014, n. 48649. La difesa è titolare di un diritto "incondizionato" ad avere accesso alle registrazioni delle conversazioni intercettate, cui corrisponde un obbligo del pubblico ministero di attivarsi al fine di consentirne l'esercizio, e che la copia cartacea dei brogliacci così come la copia dei file audio, allorché la relativa richiesta sia finalizzata ad esperire il diritto di difesa nel procedimento incidentale de libertate, devono essere rilasciate in tempo utile perché tale diritto possa essere in quella sede esercitato, salvo che vi sia una situazione di impossibilità oggettiva ed insuperabile di dare tempestivamente ed utilmente corso alla richiesta di copia medesima. La difesa ha un pieno diritto ad ottenere copia (cartacea o digitale) dei brogliacci o delle trascrizioni informalmente redatte dalla polizia giudiziaria durante le operazioni di registrazione delle captazioni, piuttosto che dei file audio delle registrazioni delle intercettazioni (telefoniche e/o ambientali), posti a base del provvedimento cautelare o delle registrazioni, copie che devono essere rilasciate con urgenza allorché siano necessarie al fine di svolgere la difesa nel giudizio di impugnazione avverso il provvedimento limitativo della libertà personale fondato sulle risultanze delle captazioni medesime. Il diritto al pronto rilascio delle copie non può dirsi propriamente incondizionato ed assoluto, laddove incontra un limite – del tutto ragionevole – nei casi in cui, per la complessità delle operazioni di duplicazione, per la tardività della richiesta difensiva ovvero per altre ragioni, l'inquirente si trovi nella impossibilità di duplicare gli atti e, quindi, di metterli a disposizione della difesa prima della celebrazione della udienza di riesame, situazione di impossibilità di cui nondimeno il pubblico ministero ha l'onere di dare congrua motivazione, al fine di rendere effettivo il controllo, su di essa, da parte dei giudici della cautela.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza  24 novembre 2014, n. 48649 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 7 aprile 2014, il Tribunale del riesame di Firenze, a seguito di ricorso ex art. 309 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento coercitivo del 7 marzo 2014, con il quale il Gip di Firenze ha...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 20 novembre 2014, n. 48298. Le condizioni e i presupposti per l'applicazione di una misura cautelare restrittiva della libertà personale siano apprezzati e motivati dal giudice sulla base della situazione concreta, alla stregua dei ricordati principi di adeguatezza, proporzionalità e minor sacrificio, così da realizzare una piena individualizzazione della coercizione cautelare. Ed è del tutto evidente che i postulati della flessibilità e della individualizzazione che caratterizzano l'intera dinamica delle misure restrittive della libertà, non possono che assumere connotazioni "bidirezionali", nel senso di precludere tendenzialmente qualsiasi automatismo. L'ordinanza impugnata, nel caso di specie, non ha fatto corretta applicazione di tali principi. Infatti, richiamando le esigenze cautelari in precedenza descritte, le ha apoditticamente definite di eccezionale rilevanza sulla base degli stessi elementi (la falsa versione dei fatti concordata da riferire agli inquirenti, la predisposizione del piano di fuga in Albania, il precedente tentativo di aborto realizzato in occasione della prima gravidanza) utilizzati per ritenerle configurabili i parametri descritti dall'art. 274, lett. a), b), e), c.p.p.. Muovendo da tale impropria sovrapposizione il Tribunale, con automatismo argomentativo, ha ritenuto unica misura adeguata la custodia cautelare in carcere senza preventivamente porre in correlazione logica fra loro le regole generali poste dal codice a presidio della coercizione cautelare e le peculiarità del caso concreto.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza  20 novembre 2014, n. 48298 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 4 giugno 2014 il Tribunale di Milano, costituito ex art. 309 c.p.p., respingeva l’istanza di riesame avanzata da N.K. e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nei suoi confronti il 9 maggio...

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Corte di Cassazione, S.U.P., sentenza 20 novembre 2014, n. 47999. La parte civile non è legittimata a ricorrere per cassazione contro il provvedimento che abbia annullato o revocato, in sede di riesame, ai sensi dell'art. 318 cod. proc. pen., l'ordinanza di sequestro conservativo disposto a favore della stessa parte civile

Suprema Corte di Cassazione S.U.P. sentenza 20 novembre 2014, n. 47999 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza depositata il 18 dicembre 2013 il Tribunale di Messina, adito in sede di riesame da G.F. contro il provvedimento con cui il locale Tribunale, in composizione collegiale, aveva disposto, il 19 novembre 2013, il sequestro preventivo del 50%...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 novembre 2014, n. 47897. In tema di evasione dagli arresti domiciliari in una fattispecie in tutto sovrapponibile a quella di specie, agli effetti dell'art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante; e ciò al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non alcatorietà (fattispecie in cui l'imputato, all'atto del controllo, si trovava in uno spazio condominiale esterno alla sua abitazione e proveniva da un altro appartamento). E' stato chiarito che il concetto di abitazione comprende sia il luogo in cui il soggetto conduce la propria vita domestica che le sue pertinenze esclusive. Se ne inferisce che, nel concetto di domicilio, si devono comprendere i terrazzi ed i giardini di pertinenza esclusiva dell'abitazione, ma non gli ambienti condominiali, quali i pianerottoli, le scale ed i cortili interni, in quanto di libero accesso ed in uso da parte di altri, come i condomini e coloro i quali siano legittimati da essi ad accedervi. L'allontanamento dal luogo di restrizione (in regime di arresti domiciliari così come di detenzione domiciliare) può dunque essere legittimamente sanzionato solo ed in quanto il soggetto si allontani dall'abitazione propriamente detta, ovvero dai luoghi che, in quanto in uso esclusivo delle persone che dispongano dell'alloggio, debbano considerarsi a tutti gli effetti parti di essa, in quanto – giusta il delineato carattere di esclusività -precluse all'accesso dei terzi estranei (salvo, ovviamente, il consenso dell'avente diritto)

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 novembre 2014, n. 47897 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2013, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza dell’11 novembre 2010, con la quale il Tribunale di Gela condannava P.C.O. alla pena di mesi sei di reclusione, in relazione al reato di...