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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 marzo 2016, n. 4319. Circa la quantificazione dei danni dovuti ex articolo 1669 codice civile, e’ quello secondo cui l’ambito della relativa responsabilita’, posta da tale norma a carico dell’appaltatore per rovina o difetti della costruzione, in mancanza di limitazioni legali, deve ritenersi coincidere con quello generale della responsabilita’ extracontrattuale, e, come tale, comprensivo di tutte le spese necessarie per eliminare, definitivamente e radicalmente, i difetti medesimi, anche mediante la realizzazione di opere diverse e piu’ onerose di quelle originariamente progettate nel contratto d’appalto, purche’ utili a che l’opera possa fornire la normale utilita’ propria della sua destinazione, dovendosi la liquidazione dei danni ispirare ai criteri dettati in materia dagli articoli 2056, 1223, 1226 e 1227 codice civile. Compete al giudice del merito, d’altra parte, avvalendosi al riguardo dei suoi poteri di libero apprezzamento delle prove, determinare, sulla base dei criteri dettati dagli articoli 2056 e 1223 codice civile e segg., l’effettiva consistenza del pregiudizio risentito dal danneggiato e l’individuazione del rapporto causale immediato e diretto fra illecito e danno, in modo da limitare l’estensione temporale e spaziale degli effetti degli eventi illeciti, al fine di escludere dalla connessione giuridicamente rilevante ogni conseguenza della accertata responsabilita’ che non sia propriamente diretta ed immediata.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 4 marzo 2016, n. 4319 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere Dott. CRISCUOLO...

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 19 febbraio 2016, n. 695. Se il bando di gara richiede che siano stati svolti precedentemente “servizi analoghi”, questa clausola non può essere interpretata nel senso di “servizi identici”. La sentenza ha esattamente precisato che i “servizi analoghi” riguardano i servizi che rientrano nel medesimo settore imprenditoriale o professionale al quale si riferisce l’appalto

Consiglio di Stato sezione III sentenza 19 febbraio 2016, n. 695 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9472 del 2015, proposto da: Co. St. di Co. Fi., in persona del legale rappresentante pro tempore,...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 5 febbraio 2016, n. 2316. Il rinvenimento di reperti archeologici (c.d. sorpresa archeologica) nel corso dell’esecuzione di un appalto pubblico costituisce causa di forza maggiore, ai sensi dell’art. 30, comma 1, del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che impedisce la prosecuzione dei lavori in adempimento di doveri imposti dalla legge e senza discrezionalità alcuna da parte del committente, con la conseguenza che la sospensione in tal caso disposta dalla stazione appaltante, non costituendo sospensione discrezionale per ragioni di interesse pubblico, non consente all’appaltatore di richiedere, ai sensi dell’art. 30, secondo comma, del capitolato generale del Ministero dei Lavori pubblici approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, lo scioglimento del contratto ove la sospensione superi i termini ivi stabiliti e, in caso di rifiuto da parte del committente, di ottenere l’indennizzo dei maggiori oneri sopportati; la sospensione dei lavori, disposta dalla stazione appaltante ex art. 30, comma 1, del d.P.R. n. 1063 del 1962, per la sopravvenienza di una causa di forza maggiore, non può protrarsi illimitatamente, giacché si fonda sulla condizione della temporaneità dell’ostacolo sopraggiunto e sulla prospettiva di una ripresa dei lavori in un tempo ragionevole; nell’ipotesi di sospensione dei lavori, deve ritenersi tempestiva la formulazione di riserva nel verbale di ripresa, o in un qualsiasi atto successivo al verbale che dispone la sospensione dei lavori, quando questa, legittima inizialmente, sia divenuta illegittima per la sua eccessiva protrazione, con il conseguente collegamento del danno a tale illegittimo protrarsi, poiché, in siffatta ipotesi, la rilevanza causale del fatto illegittimo dell’appaltante rispetto ai maggiori oneri derivati all’appaltatore è accettabile solo al momento della ripresa dei lavori; e tuttavia, considerata la distinzione operabile tra il momento nel quale il danno sia presumibilmente configurabile e quello in cui esso sia precisamente quantificabile, resta salva la facoltà dell’appaltatore, una volta formulata tempestivamente la riserva, di precisare l’entità del pregiudizio subito nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale, anche con riferimento al periodo precedente la formulazione della riserva

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza  5 febbraio 2016, n. 2316 Ritenuto in fatto  1. Con atto di citazione ritualmente notificato, la Cooperativa Costruttori soc. coop a r. l. – in qualità di capogruppo mandataria dell’associazione temporanea di imprese (ATI) tra la medesima, la società F.lli Cervellati s.p.a. e la società Il Progresso s.r.l....

In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli articoli 1667, 1668 e 1669 del Cc, integrano, senza escluderne l’applicazione, i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni
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In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli articoli 1667, 1668 e 1669 del Cc, integrano, senza escluderne l’applicazione, i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 30 novembre 2015, n. 24400. In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli articoli 1667, 1668 e 1669 del Cc, integrano, senza escluderne l’applicazione, i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni, con la conseguenza che, nel caso in cui l’opera sia...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 dicembre 2015, n. 24763. La presenza nell’unità immobiliare, quand’anche non abitabile, di intollerabili immissioni di fumo, così come la mancanza di idoneo isolamento acustico, costituiscono vizi che pregiudicano e menomano in modo grave il normale godimento, la funzionalità e l’abitabilità dell’unità immobiliare e, come tali, rientranti nella disciplina di cui all’art. 1669 c.c.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 4 dicembre 2015, n. 24763 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere Dott. MANNA Felice – Consigliere Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere Dott. SCALISI...

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Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 2 dicembre 2015, n. 5468. L’Amministrazione appaltante dispone di ampi margini di discrezionalità nella determinazione non solo dei criteri da porre quale riferimento per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche delle relative formule matematiche. Secondo il modulo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in particolare, la selezione del contraente deriva dal congiunto apprezzamento tecnico-discrezionale dei vari elementi che compongono le offerte secondo parametri di valutazione e ponderazione predeterminati dalla Stazione appaltante in funzione delle esigenze da soddisfare con lo specifico contratto, pur se con il vincolo che i criteri prescelti siano coerenti con le prestazioni che formano oggetto dell’appalto e pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto (cfr. l’art. 83 cit., comma 1). Il sindacato giurisdizionale nei confronti delle scelte amministrative operate in materia, tipica espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa, è consentito unicamente nei casi di abnormità, sviamento o manifesta illogicità. Questa impostazione rileva, naturalmente, anche nell’eventualità che la Stazione appaltante decida di avvalersi dello ‘strumento’ della “soglia di sbarramento” , scelta che potrebbe pertanto essere censurata solo in presenza di macroscopiche irrazionalità, di incongruenze o di palesi abnormità. La ratio di questo ‘strumento’ si ricollega all’esigenza specifica di addivenire, ai fini della singola, particolare procedura contrattuale, ad un livello qualitativo delle offerte particolarmente elevato, sì da comportare l’esclusione di quelle che, pur magari astrattamente convenienti sul piano economico, non raggiungano però sul versante qualitativo lo standard che l’Amministrazione si prefigge.

Consiglio di Stato sezione V sentenza 2 dicembre 2015, n. 5468 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUINTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3796 del 2015, proposto dalla Impresa Sa. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma.Bo. e Cl., con...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 novembre 2015, n. 22553. Nessun valore può essere attribuito con riguardo alla responsabilità di cui all’art. 1669 c.c. alle classificazioni urbanistiche predisposte dal legislatore al diverso fine del recupero di manufatti preesistenti: la differenza dei parametri di riferimento giustifica l’integrale responsabilità dell’appaltatore sia in presenza di interventi di manutenzione straordinaria sia in ipotesi di manutenzione ordinaria ai sensi dell’art. 31 della legge n. 457 del 1978. Infatti, ai fini della responsabilità dell’appaltatore, costituiscono gravi difetti dell’edificio non solo quelli che incidono in misura sensibile sugli elementi essenziali delle strutture dell’opera, ma anche quelli che riguardano elementi secondari ed accessori (impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, ecc), purché tali da compromettere la funzionalità globale dell’opera stessa e che, anche senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possano essere eliminati finanche solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (cfr. Cass. 1 febbraio 1995 n. 1164). In applicazione del suddetto principio, la corte di merito, congruamente motivando sul punto, ha chiarito la notevole portata degli interventi realizzati, consistiti nell’accorpamento di due diversi edifici attraverso lavori di raccordo fra le due coperture, di cui una a falda e l’altra a terrazzo, nel rifacimento integrale delle scale, nell’eliminazione degli archi sulle finestre, nella ricostruzione di due solai, nel rifacimento degli intonaci esterni. Ed ha concluso affermando che le fessurazioni presenti sull’intonaco esterno rifatto dalla DI.MI. hanno determinato le infiltrazioni lamentate dal Condominio sulle parti comuni, le quali incidono in modo rilevante sulla struttura e sulla funzionalità dell’opus per cui si tratta di gravi difetti di costruzione, ciò anche in coerenza con la tipologia degli interventi descritti.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 4 novembre 2015, n. 22553 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato l’8 maggio 1997 il Condominio di (omissis) evocava, dinanzi al Tribunale di Genova, la DI.MI. s.r.l. esponendo che nel corso del 1991 la società convenuta aveva effettuato lavori di straordinaria manutenzione presso lo stabile condominiale,...