Sottrazione di cose sottoposte a sequestro o pignoramento

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 8 luglio 2020, n. 20301.

Massima estrapolata:

In tema di reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro o pignoramento la nozione di proprietario ha un significato più ampio di quello letterale e comprende anche i soggetti che hanno una disponibilità gestoria dei beni pignorati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il reato in relazione a beni pignorati appartenenti ad una società ed affidati in custodia all’amministratore della stessa).

Sentenza 8 luglio 2020, n. 20301

Data udienza 12 febbraio 2020

Tag – parola chiave: REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA – DELITTI CONTRO L’AUTORITA’ DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE – REATI CONTRO L’AUTORITA’ DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce- Sezione distaccata di Taranto il 22/05/2019;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Pietro Silvestri;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito l’avv. (OMISSIS), difensore dell’imputato, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto- ha sostanzialmente confermato la sentenza con cui (OMISSIS) e’ stato condannato per il reato previsto dall’articolo 388 c.p., comma 4, per avere sottratto beni pignorati alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. ed affidati alla sua custodia nell’ambito della procedura esecutiva.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato articolando tre motivi.
2.1. Con il primo ed il secondo si deduce la violazione dell’articoli 441 c.p.p. e articolo 442 c.p.p., comma 1.
Sarebbe inutilizzabile il documento (il verbale dell’udienza celebrata davanti al giudice dell’esecuzione) depositato dalla parte civile in cancelleria.
2.2. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di penale responsabilita’; si assume che, rispetto al reato contestato – articolo 388 c.p., comma 4, -, il ricorrente non avrebbe avuto ne’ la qualifica soggettiva di proprietario, ne’ quella di custode.
(OMISSIS) sarebbe stato “solo” l’amministratore della societa’ (OMISSIS) s.r.l.; si sottolinea come, ai sensi dell’articolo 521 c.p.c., il custode perda comunque tale qualita’ successivamente all’istanza di vendita ed alla nomina del custode dell’ (OMISSIS); (OMISSIS) potrebbe al piu’ essere chiamato a rispondere dell’ipotesi prevista dall’articolo 388 c.p., comma 5.
Nel merito, la tesi difensiva, obiettivamente non chiarissima, e’ che (OMISSIS) non avrebbe avuto la coscienza e volonta’ di non adempiere all’atto dell’ufficio, individuabile nella consegna dei beni all’ (OMISSIS), in quanto non avrebbe mai avuto conoscenza degli accessi del delegato dell’istituto, ne’ avrebbe saputo della convocazione davanti al giudice della esecuzione (l’argomento e’ legato al primo motivo di ricorso), ovvero della ragione specifica della convocazione, cosi’ decidendo di non comparire.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il ricorso e’ infondato.
2. Quanto ai primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, dagli atti emerge che la documentazione in questione (il verbale della udienza celebrata dinanzi al giudice dell’esecuzione), fu acquisita dal Giudice nel corso dell’udienza del 14/12/2016, prima dell’inizio della discussione, in ragione “della necessita’” di decidere.
In tema di giudizio abbreviato, anche non condizionato, il potere di integrazione probatoria “ex officio” non necessita di una specifica motivazione e non e’ soggetto a limiti temporali, potendo intervenire in ogni momento e fase della procedura, anche nel corso della discussione o addirittura dopo il termine di essa, qualora il giudice ravvisi l’indispensabilita’ di un approfondimento del “thema probandum”, ossia dei fatti oggetto di imputazione. (fra le altre, Sez. 5, n. 18264 del 29/01/2019, S., Rv. 276246, in cui in motivazione, la Corte ha precisato che il “thema probandum” non coincide con i mezzi di prova o di ricerca della stessa attivati dalle parti).
Ne deriva l’infondatezza dei motivi.
3. E’ infondato, ai limiti della inammissibilita’, il terzo motivo di ricorso.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato, era amministratore della societa’ debitrice ed era stato nominato custode dei beni pignorati; nonostante una serie di avvisi, non solo i beni custoditi non furono mai consegnati nel corso del giudizio civile, ma anche nel presente procedimento l’imputato non ha fornito alcuna effettiva spiegazione della sorte attuale dei beni in questione (pag. 4 della sentenza di appello).
Sulla base di tale quadro di riferimento si e’ fatta correttamente discendere la prova della sottrazione; il motivo di impugnazione rivela, da una parte, la sua genericita’, non confrontandosi con la motivazione della sentenza impugnata, e, dall’altra, sollecita una diversa valutazione in punto di fatto attraverso una differente valutazione dei singoli elementi di prova, di portata accessoria.
Non diversamente, il motivo e’ infondato quanto alla corretta qualificazione giuridica dei fatti, avendo la Corte di Cassazione gia’ in passato chiarito che nel reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro o pignoramento il concetto di proprietario ha un significato piu’ ampio di quello letterale e si riferisce anche ai soggetti che hanno una disponibilita’ gestoria dei beni pignorati (Sez. 6, n. 1658 del 05/11/2013, Cervi, Rv. 258739, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il reato nei confronti del rappresentante legale di una societa’).
Nel caso di specie, l’imputato aveva poteri gestori su quei beni ed era stato nominato custode e, dunque, i fatti sono stati correttamente ricondotti alla fattispecie prevista dall’articolo 388 c.p., comma 4.
4. Al rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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