Il delitto di illecita influenza sull’assemblea ex art. 2636 cod. civ.

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 9 luglio 2020, n. 20451.

Massima estrapolata:

Il delitto di illecita influenza sull’assemblea ex art. 2636 cod. civ., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 61 del 2002, è integrato da qualsiasi operazione che artificiosamente consenta di alterare la formazione delle maggioranze assembleari, rendendo così di fatto possibile il conseguimento di risultati vietati dalla legge o non consentiti dallo statuto della società.

Sentenza 9 luglio 2020, n. 20451

Data udienza 4 febbraio 2020

Tag – parola chiave: REATI CONTRO IL PATRIMONIO – TRUFFA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. MANTOVANO Alfredo – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere

Dott. PACILLI G.A.R. – rel. Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5936/2018, emessa dalla Corte d’appello di Torino il 3.10.2018;
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita nella pubblica udienza del 4.2.2020 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Ettore Pedicini, che ha concluso chiedendo di accogliere il ricorso;
Udito l’avv. (OMISSIS), difensore della parte civile ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
Udito l’avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 3 ottobre 2018 la Corte d’appello di Torino, investita del gravame proposto dalla parte civile (OMISSIS), ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Novara, il 18 dicembre 2012, ha assolto (OMISSIS) dai reati di truffa (capo A), appropriazione indebita (capo B) ai danni di (OMISSIS) e illecita influenza sull’assemblea (capo C) ai danni della compagine sociale di (OMISSIS) s.p.a., di cui fa parte anche (OMISSIS).
Secondo l’imputazione, (OMISSIS), divenuto, a seguito di varie operazioni, socio di maggioranza della (OMISSIS) s.p.a., aveva posto in essere artifizi e raggiri – consistiti nell’avere prospettato a (OMISSIS), gia’ socia della stessa societa’, sia un presunto obbligo di legge, che imponeva il trasferimento di sede della societa’, sia la necessita’ di un trasferimento fiduciario a se’ delle azioni – ed aveva cosi’ indotto in errore la predetta (OMISSIS), determinandola a sottoscrivere una scrittura privata in data 26 giugno 2007 e un accordo transattivo in data 17 ottobre 2007, con i quali si era procurato un ingiusto profitto e aveva cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravita’.
Sempre secondo l’accusa, (OMISSIS), oltre ad essersi appropriato di tre azioni, trasferitegli solo fiduciariamente, aveva fraudolentemente alterato la maggioranza dell’assemblea ordinaria in seconda convocazione della societa’ (OMISSIS) s.p.a., controllata da (OMISSIS) s.p.a., tenutasi il 29 luglio 2007, avendo consentito, in qualita’ di presidente dell’assemblea, la partecipazione non legittimata al voto della Societa’ (OMISSIS) in persona di (OMISSIS) e avendo impedito di fatto la partecipazione alla predetta assemblea dei soci (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte territoriale – quanto al contestato delitto di truffa – ha ritenuto che le stesse dichiarazioni della persona offesa smentivano l’assunto accusatorio, non essendo emerso che la persona offesa, “titolare di un patrimonio societario di tutto rispetto e certamente in contatto con professionisti esperti”, “fosse persona di tale sprovvedutezza ed ingenuita’ da accettare generiche e vaghe spiegazioni circa la necessita’ di trasferire la sede in Italia”. Quanto all’accordo transattivo stipulato il 17 ottobre 2007, la stessa (OMISSIS) aveva confermato di avere consapevolmente sottoscritto tale documento con l’intento espresso di concludere un’esperienza personale dolorosa e non perche’ indotta in errore da artifizi e raggiri.
Riguardo, poi, al reato di illecita influenza sull’assemblea (capo C), la Corte d’appello ha ritenuto che, quand’anche si volesse ammettere che il delegato della Societa’ (OMISSIS), nella persona di (OMISSIS), avesse, nell’assemblea ordinaria di (OMISSIS) s.p.a., “malamente esercitato i suoi poteri, in presenza di istruzioni contraddittorie ricevute dai suoi due mandanti”, tale condotta non avrebbe potuto comportare una responsabilita’ in capo al (OMISSIS), perche’ non era emersa prova che lo stesso fosse a conoscenza delle istruzioni impartite dalla persona offesa.
Avverso la sentenza della Corte d’appello la parte civile – tramite il suo difensore – ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:
1.1) erronea applicazione della legge penale nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe escluso che gli artifizi e raggiri fossero idonei ad indurre in errore la persona offesa, essendo quest’ultima stata negligente. Dopo aver ricostruito la vicenda e ricordato le argomentazioni, poste a base del verdetto assolutorio, la ricorrente ha affermato che, secondo la Corte territoriale, la colpevole scelta della persona offesa di non verificare la fondatezza delle vaghe spiegazioni dell’imputato precluderebbe la possibilita’ di parlare di artifizi e raggiri ma cio’ contrasterebbe con l’orientamento di legittimita’ secondo cui la mancanza di diligenza della persona offesa non rileva. La circostanza che la persona offesa avesse o meno colpevolmente trascurato di compiere i dovuti approfondimenti e non avesse consultato i professionisti a sua disposizione costituirebbe una considerazione priva di pregio, che non scalfirebbe il nucleo della condotta contestata nel capo A) dell’imputazione;
1.2) erronea applicazione della legge penale nella parte in cui la Corte d’appello avrebbe escluso la sussistenza del reato di truffa in considerazione della consapevole sottoscrizione dell’accordo del 17 ottobre 2007 e manifesta illogicita’ della motivazione nella misura in cui sarebbe stata sostenuta la piena comprensione degli effetti giuridici ed economici del predetto accordo. Secondo la Corte distrettuale, la stessa (OMISSIS) avrebbe confermato di avere consapevolmente sottoscritto il menzionato documento con l’intento espresso di concludere un’esperienza personale dolorosa e non perche’ indotta in errore da artifizi e raggiri. Per la ricorrente, se il termine “consapevole” equivalesse a volontaria sottoscrizione, cio’ non escluderebbe la truffa, perche’ la volontarieta’ dell’atto, posto in essere dall’offeso, non contrasta con la truffa, che invece richiede, per la sua configurabilita’, la cooperazione volontaria della vittima. Se consapevole equivalesse a dire piena e integrale comprensione dei complessi effetti giuridici ed economici derivanti dall’atto, la Corte d’appello sarebbe caduta in contraddizione, avendo affermato che la persona offesa aveva compiuto gli atti dispositivi sulla base della fiducia incondizionata, riposta nell’imputato;
1.3) erronea applicazione della legge penale nella parte in cui la Corte d’appello avrebbe escluso che l’approfittamento della fiducia condizionata dal rapporto affettivo potesse avere rilevanza ai sensi dell’articolo 640 c.p.. Cio’ contrasterebbe con l’insegnamento di legittimita’, secondo cui l’approfittamento della fiducia costituisce una componente del delitto di truffa;
2.1) contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la sentenza avrebbe travisato il contenuto dell’articolo 3 del contratto di mandato fiduciario, conferito alla Societa’ (OMISSIS), e avrebbe ritenuto legittima la partecipazione di (OMISSIS) all’assemblea ordinaria di (OMISSIS) s.p.a.. Secondo tale contratto, solo qualora i mandanti avessero omesso di dare istruzioni ed in presenza di una situazione eccezionale, il mandatario avrebbe avuto il potere di agire autonomamente per compire un atto volto a salvaguardare l’interesse della societa’ o di terzi. La Corte d’appello, invece, con chiaro travisamento del contenuto dell’accordo, avrebbe ritenuto che (OMISSIS) avesse il potere di agire anche in caso di indicazioni contrastanti dei mandanti. Inoltre, nel caso di specie, non sarebbe stata sussistente alcuna situazione eccezionale, legittimante l’intervento di (OMISSIS). Ne discenderebbe la configurabilita’ del reato di cui al capo C), integrato anche da possibili abusi funzionali della presidenza dell’assemblea (a qualsiasi soggetto affidata ex articolo 2731 c.c.), quali l’artificiosa o fraudolenta esclusione del voto di soggetti aventi diritto o all’inverso l’ammissione al voto di soggetti non legittimati;
2.2) mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione nonche’ violazione di legge nella parte in cui la sentenza, omettendo di considerare le dichiarazioni rese dati testi (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ la documentazione prodotta dalla parte civile, avrebbe escluso la consapevolezza dell’imputato circa le contrarie indicazioni fornite a (OMISSIS) dalla persona offesa. Secondo la Corte territoriale non sarebbe emersa la prova che l’imputato fosse a conoscenza delle istruzioni impartite dalla persona offesa ma cio’ – come gia’ dedotto con i motivi di gravame, rimasti senza risposta – sarebbe in contrasto con le deposizioni dei predetti testi e con la lettera inviata all’imputato dalla signora (OMISSIS), da cui emergerebbe che l’imputato era ben consapevole della contraria indicazione, fornita autonomamente dalla signora (OMISSIS) a (OMISSIS), ed avrebbe agito nella piena rappresentazione e volizione di ammettere al voto un soggetto non legittimato, al fine di procurare a se’ l’ingiusto profitto, consistito nella permanenza in carica quale consigliere di amministrazione di (OMISSIS) s.p.a.. La Corte territoriale avrebbe inoltre travisato le predette testimonianze, avendo ritenuto che i testi (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano confermato solo lo stato di angoscia e prostrazione in cui versava (OMISSIS) nella primavera del 2007.
All’odierna udienza pubblica e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato con riguardo alle censure mosse nei confronti della conferma, da parte della Corte d’appello, dell’assoluzione dell’imputato dal reato di cui al capo C) mentre va rigettato nel resto.
1.1 Giova premettere, in primo luogo, che, secondo la linea interpretativa gia’ tracciata in precedenti pronunce (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, Moro, Rv. 215745; Sez. 2, n. 2436 del 21/12/1993, Modesto ed altro, Rv. 196955), questa Corte, nel momento del controllo di legittimita’, non deve stabilire se la decisione impugnata proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se l’iter argomentativo del giudice di merito sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento”, atteso che l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) non consente una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove.
In secondo luogo, deve essere ribadito il principio piu’ volte espresso da questa Corte secondo cui, ai fini del controllo di legittimita’ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando il giudice del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordi nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova, posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).
Alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche, deve rilevarsi che le argomentazioni, poste dalla Corte d’appello a base della conferma della pronuncia assolutoria dell’imputato dal reato di truffa, sono del tutto compatibili con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento”.
La Corte del merito, infatti, facendo continui richiami alla sentenza di primo grado, ha affermato che le stesse dichiarazioni della persona offesa smentivano l’assunto accusatorio, secondo cui l’imputato avrebbe prospettato obblighi di legge inesistenti e indotto la parte lesa a sottoscrivere un accordo pregiudizievole per i suoi interessi patrimoniali.
La menzionata Corte ha rimarcato che, in primo luogo, non era emerso che la persona offesa “titolare di un patrimonio societario di tutto rispetto e certamente in contatto con professionisti esperti”, “fosse persona di tale sprovvedutezza ed ingenuita’ da accettare generiche e vaghe spiegazioni circa la necessita’ di trasferire la sede in Italia”; in secondo luogo, quanto all’accordo transattivo, stipulato il 17 ottobre 2007, la stessa (OMISSIS) aveva confermato di avere consapevolmente sottoscritto tale documento con l’intento espresso di concludere un’esperienza personale dolorosa e non perche’ indotta in errore da artifizi e raggiri.
Il Collegio d’appello ha ritenuto, quindi, che la persona offesa aveva compiuto gli atti dispositivi del proprio patrimonio sulla base della fiducia incondizionata riposta nell’imputato, verosimilmente condizionata dal rapporto affettivo, mentre l’imputato aveva posto in essere “discutibili comportamenti, certo riprovevoli sotto il profilo morale”, essendosi approfittato della fiducia della persona offesa, ma nor costituenti reato.
Cosi’ motivando, la Corte territoriale ha rilevato che l’imputato non aveva posto in essere quegli artifizi e raggiri, richiesti dall’articolo 640 c.p..
Cio’ in linea con quanto ritenuto dal giudice di primo grado, secondo cui “non colgono nel segno i tentativi ricostruttivi postumi, tentati dall’accusa, di valorizzare il contenuto di alcune affermazioni riconducibili al (OMISSIS) in tali occasioni: ossia l’avere, forse, fatto riferimento, nel propugnare il trasferimento di (OMISSIS) in Italia, all’entrata in vigore del decreto Bersani, giacche’ dall’escussione testimoniale e’ emerso che la p. o. nemmeno ricorda che tipo di riferimento fosse stato fatto a tale legge”.
Siffatte argomentazioni sono state richiamate dalla Corte d’appello, che – a conforto della ritenuta insussistenza di condotte decettive – ha aggiunto che le vaghe spiegazioni, che secondo la parte lesa sarebbero state fornite dall’imputato, sarebbero state in ipotesi accettate solo da una persona non avveduta e tale non poteva qualificarsi la medesima persona offesa, titolare di un patrimonio di tutto rispetto e a contatto con esperti professionisti.
E’ di tutta evidenza, quindi, che contrariamente a quando dedotto dalla ricorrente, entrambi i giudici del merito non hanno affermato che la possibilita’ della persona offesa di avvedersi dell’inganno rendeva gli artifizi e i raggiri non rilevanti penalmente; essi hanno rilevato che l’imputato non aveva proprio posto in essere condotte suscettive di integrare un artificio (intendendo per esso una manipolazione o trasfigurazione della realta’ esterna, provocata mediante la simulazione di circostanze inesistenti o la dissimulazione di circostanze esistenti) o un raggiro (definito come un’attivita’ simulatrice sostenuta da parole atte a far scambiare il falso con il vero).
Entrambi i giudici di merito hanno poi rilevato che la persona offesa aveva firmato l’accordo dell’ottobre 2007 spontaneamente, ossia senza essere stata indotta da artifizi dell’imputato.
Come efficacemente rilevato dal Tribunale, quindi, “tutta la vicenda, il processo volitivo di (OMISSIS) non e’ mai stato frutto di errori cagionati da attivita’ decettive del (OMISSIS) ma, in un primo momento, di emozioni e sentimenti sull’onda dei quali (OMISSIS) ha accordato una fiducia cieca al suo operato e, in un secondo momento, al senso di amarezza e frustrazione determinato dalla fine della loro relazione e dalla consapevolezza degli errori e delle ingenuita’ commessi”.
Alla stregua di quanto precede deve pervenirsi alla conclusione che la sentenza impugnata – nella parte relativa al delitto di truffa – resiste a tutti i rilievi censori, che si appalesano infondati.
1.2 A diverso esito decisorio deve giungersi con riguardo alla motivazione relativa al reato di cui al capo C), censurata con i motivi di ricorso di cui ai paragrafi 2.1 e 2.2.
Giova premettere che, secondo quanto gia’ affermato da questa Corte (Sez. 5, n. 17939 del 21/5/2013, Rv. 260192; Sez. 5, n. 555 del 14/10/2011, Rv. 252661), il delitto di illecita influenza sull’assemblea ex articolo 2632 c.c., nel testo introdotto dalla L. n. 61 del 2000, e’ integrato da qualsiasi operazione che artificiosamente consenta di alterare la formazione delle maggioranze assembleari, rendendo cosi’ di fatto possibile il conseguimento di risultati vietati dalla legge o non consentiti dallo statuto della societa’.
Nel caso in esame, quanto al delitto di cui al capo C), la ricorrente ha dedotto che nell’atto di gravame aveva lamentato, in linea con l’ipotesi accusatoria, che l’imputato, quale presidente dell’assemblea di (OMISSIS) s.p.a., tenutasi il 29 luglio 2007, l’aveva fraudolentemente estromessa da tale assemblea e aveva consentito la partecipazione della Societa’ (OMISSIS), cosi’ avendo determinato una maggioranza a se’ favorevole, al fine della Delib. della sua conferma nella qualifica di amministratore della societa’ (Delib. la cui adozione, essendo l’assemblea in seconda convocazione, sarebbe stata impedita dalla partecipazione della (OMISSIS) e di suo figlio, che avrebbero votato per il rinnovo del consiglio di amministrazione).
In particolare, l’appellante aveva rimarcato che dalle testimonianze del Dott. (OMISSIS) e della ragioniera (OMISSIS) nonche’ dalla documentazione prodotta emergeva sia la consapevolezza dell’imputato circa le contrarie indicazioni, date al mandatario da parte di (OMISSIS), sia il comportamento del medesimo, che aveva impedito anche fisicamente a (OMISSIS) di partecipare all’assemblea, cosi’ avendo alterato la formazione delle maggioranze (cfr. in particolare f. da 20 a 28 dell’appello).
Tali deduzioni appaiono ictu oculi rilevanti ai fini del giudizio della responsabilita’ dell’imputato, incidendo sulle valutazioni da compiere in ordine all’esistenza o meno di comportamenti fraudolenti, determinanti l’alterazione delle maggioranze nell’assemblea sociale e, quindi, atti ad integrare il delitto di cui all’articolo 2632 c.c..
A fronte di siffatti rilievi, specifici e rilevanti, era onere della Corte territoriale fornire adeguata risposta.
Questa Corte (Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, Rv. 274719; Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, Rv. 271700) e’ ferma nel ritenere che e’ affetta da nullita’ per difetto di motivazione la sentenza d’appello che, a fronte di motivi specifici di impugnazione con cui si propongono argomentate critiche alla ricostruzione del giudice di primo grado, si limiti a “ripetere” la motivazione di condanna, senza rispondere a ciascuna delle contestazioni adeguatamente mosse dalla difesa con l’atto di appello.
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza del delitto, avendo rilevato che, quand’anche si volesse ammettere che il delegato della (OMISSIS) ( (OMISSIS)), nella persona di (OMISSIS), avesse, nell’assemblea ordinaria di (OMISSIS) s.p.a., “malamente esercitato i suoi poteri, in presenza di istruzioni contraddittorie ricevute dai suoi due mandanti”, tale condotta non potrebbe comportare una responsabilita’ in capo al (OMISSIS), perche’ non era emersa prova che lo stesso fosse a conoscenza delle istruzioni impartite dalla persona offesa.
Siffatta motivazione palesa evidenti vizi di omessa risposta ai rilievi formulati con i motivi di gravame.
La Corte d’appello si e’ limitata ad affermare che non era emersa la prova sulla consapevolezza dell’imputato circa le indicazioni date dall’altra socia al mandatario, senza spiegare le ragioni per cui dalle testimonianze e dalla documentazione, indicate dall’appellante, non potesse trarsi la prova dell’anzidetta consapevolezza; ne’ la menzionata Corte ha detto alcunche’ sul se dagli elementi probatori acquisti potesse o meno trarsi la prova dei comportamenti dell’imputato, tesi ad allontanare l’appellante dalla partecipazione all’assemblea.
D’altra parte, tali carenze non potrebbero essere superate nemmeno alla luce della sentenza del primo giudice, non avendo questi affrontato affatto il problema della consapevolezza dell’imputato circa le contrarie indicazioni impartite da (OMISSIS) a (OMISSIS).
Inoltre, il Tribunale ha ritenuto che (OMISSIS) avesse agito nel rispetto del mandato ricevuto, atteso che, in forza del contratto stipulato, in casi eccezionali il mandante poteva partecipare all’assemblea, pur in presenza di indicazioni contrastanti dei mandanti. Ha aggiunto che era superfluo accertare se l’ordine del giorno di quell’assemblea prevedesse o meno atti di tale importanza da consentire l’iniziativa di (OMISSIS) in base a siffatta clausola, non dovendosi valutare la condotta del terzo ma dell’imputato.
Anche siffatte argomentazioni sono illogiche.
E’ evidente che, una volta dato atto delle indicazioni contrarie dei mandanti, l’esame della sussistenza o meno di un caso eccezionale si appalesava necessario, quale imprescindibile snodo argomentativo da cui potere trarre la conclusione, pure affermata dal Tribunale, della legittimita’ della partecipazione di (OMISSIS) all’assemblea.
E’ altresi’ evidente che la legittimita’ o meno della partecipazione del mandatario rilevava al fine non del sindacato sulla condotta del terzo ma delle valutazioni richieste dall’articolo 2636 c.c. per potere affermare o escludere la sussistenza del delitto di illecita influenza, ossia per accertare se l’imputato avesse o meno fraudolentemente impedito la partecipazione all’assemblea della socia (OMISSIS) e cosi’ alterato la formazione delle maggioranze assembleari.
Alla luce delle superiori considerazioni deve rilevarsi che le censure della difesa, involgenti la congruenza giuridica e logica della sentenza impugnata con riguardo al reato di cui al capo C), sono fondate.
2. Si impone dunque l’annullamento agli effetti civili della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo C) con rinvio, ai sensi dell’articolo 622 c.p.p., al giudice civile competente in grado d’appello. Il ricorso va rigettato nel resto e le spese sono rimesse al definitivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo C) e rinvia al giudice civile competente in grado d’appello. Rigetta il ricorso nel resto. Spese al definitivo.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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