Sospensione condizionale della pena

Corte di Cassazione, sezione penale, Sentenza 19 giugno 2019, n. 27297.

La massima estrapolata:

Il beneficio della sospensione condizionale della pena si applica solo alle pene principali e a quelle accessorie, ma non alle sanzioni amministrative accessorie, tra le quali, in base alle previsioni del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, rientra anche la sospensione della patente di guida. (In motivazione, la Corte ha precisato che la sospensione della patente di guida non può essere considerata pena accessoria neppure in applicazione dei criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo ai fini dell’individuazione delle sanzioni aventi natura sostanzialmente penale).

Sentenza 19 giugno 2019, n. 27297

Data udienza 10 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LIBERATI Giovanni – Presidente

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. CORBO Anton – rel. Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 17/05/2018 del Corte d’appello di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Antonio Corbo;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa Di Nardo Marilia, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 17 maggio 2018, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Enna che, pronunciando in sede di rinvio, a seguito di annullamento disposto dalla Corte di cassazione, aveva applicato nei confronti di (OMISSIS) la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo di due anni, rigettando la richiesta di concessione della sospensione condizionale relativamente a detta statuizione.
La vicenda processuale segue a sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti a carico di (OMISSIS) a norma dell’articolo 444 c.p.p. e ss., per il reato di guida in stato di ebbrezza, pronunciata in data 30 maggio 2014, ed al successivo annullamento con rinvio di tale decisione da parte della Corte di cassazione, con sentenza n. 5890 del 05/02/2015, su ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Enna, limitatamente alla mancata applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe l’avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia dell’imputato, articolando un unico motivo, con il quale si denuncia violazione di legge, in riferimento all’articolo 166 c.p., a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), avendo riguardo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena accessoria.
Si deduce che la sospensione condizionale, concessa con l’originaria sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p., deve applicarsi anche alle sanzioni amministrative accessorie, a norma dell’articolo 166 c.p., secondo cui “la sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie”. Si cita, inoltre, a sostegno della tesi proposta, la sentenza Sez. U, n. 2246 del 19/12/1990, Capelli, Rv. 186721-01).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perche’ ha deciso in secondo grado su materia per la quale non e’ ammesso appello; il ricorso, poi, deve essere deciso nel merito e dichiarato inammissibile.
2. Va innanzitutto rilevato che la sentenza impugnata ha deciso in secondo grado su materia per la quale non e’ ammesso appello.
Invero, il tema oggetto dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado concerneva esclusivamente la mancata concessione della sospensione condizionale della sanzione amministrativa accessoria della patente di guida; inoltre, la sentenza di primo grado appena indicata si era pronunciata in sede di rinvio a seguito di annullamento della Corte di cassazione disposto per l’omessa applicazione di tale misura in occasione della pronuncia della sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p..
In altri termini, l’impugnazione aveva ad oggetto una specifica statuizione contenuta in una sentenza di patteggiamento.
Contro questa tipologia di decisioni, pero’, a norma dell’articolo 448 c.p.p., rimedio generale e’ il ricorso per cassazione, mentre l’appello e’ consentito esclusivamente al pubblico ministero, e solo in caso di dissenso dalla definizione del procedimento nelle forme del rito alternativo.
Ne’ puo’ ipotizzarsi l’ammissibilita’ dell’appello contro singole disposizioni della decisione emessa ex articolo 444 c.p.p. perche’ estranee all’accordo tra le parti processuali. Non solo, infatti, non vi e’ traccia di disposizioni in tal senso, ma occorre, anzi, considerare le espresse indicazioni di cui all’articolo 593 c.p.p., che precisano in modo netto contro quali decisioni puo’ proporre appello l’imputato. Non va trascurato, inoltre, che, secondo il principio di tipicita’ dei mezzi di impugnazione di cui all’articolo 568 c.p.p., la scelta del rimedio esperibile contro i provvedimenti del giudice e’ rimesso alle determinazioni della legge, e l’unico rimedio generale contro le sentenze, in mancanza di diverse previsioni, e’ costituito, appunto, dal ricorso per cassazione.
3. Una volta rilevato che il giudice di secondo grado si e’ erroneamente pronunciato sul gravame proposto avverso sentenza inappellabile, e’ doveroso, in questa sede di legittimita’, annullare senza rinvio la sentenza del giudice di appello e ritenere il giudizio sull’originario gravame da qualificarsi come ricorso, a norma del chiaro disposto dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera i), e articolo 621 c.p.p. (cfr., in questo senso, tra le tantissime, Sez. 7, n. 15321 del 06/06/2016, dep. 2017, Boggione, Rv. 269696-01, e Sez. 5, n. 43358 del 19/10/2010, Celico, Rv. 248780-01).
4. Il giudizio, come si e’ gia’ indicato, attiene alla mancata concessione della sospensione condizionale della sanzione della sospensione della patente di guida. Le censure sono manifestamente infondate.
Innanzitutto, occorre precisare che la sospensione della patente di guida, per effetto del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ha natura di sanzione amministrativa accessoria, e non piu’, come invece sotto la disciplina precedente, natura di pena accessoria (cfr., tra le tantissime, Sez. 4, n. 3209 del 21/02/1997, Ceccherini, Rv. 207874-01, e Sez. 4, n. 50060 del 04/10/2017, Mucci, Rv. 271326-01, ma anche, in generale, Sez. U, n. 8488 del 27/05/1998, Bosio, Rv. 210981-01); e’ percio’ del tutto superato, in conseguenza del mutato quadro normativo, il risalente riferimento giurisprudenziale citato dal ricorrente. Del resto, puo’ aggiungersi che si e’ anche espressamente precisato come la sospensione della patente di guida debba essere considerata sanzione amministrativa accessoria e non pena accessoria, neppure in applicazione dei criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo sulla natura sostanzialmente penale delle sanzioni, in quanto questi sono volti a evitare l’elusione dei principio del ne bis in idem e non ad incidere sulla potesta’ del legislatore di prevedere una pluralita’ di sanzioni da applicarsi all’esito del medesimo procedimento (Sez. 4, n. 57202 del 21/09/2017, Albesano, Rv. 271688-01).
Cio’ posto, va rilevato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, il beneficio della sospensione condizionale della pena si applica solo alle pene principali ed accessorie, non anche alle sanzioni amministrative accessorie (Sez. 3, n. 39499 del 19/09/2008, Prencipe, Rv. 241291-01; Sez. 3, n. 34297 del 05/07/2007, Moretti, Rv. 237220-01;Sez. 3, n. 703 del 30/04/1992, Rizzo, Rv. 190605-01).
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perche’ ha deciso in secondo grado su materia per la quale non e’ ammesso appello; il ricorso, poi, deve essere deciso nel merito e dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ – al versamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila, cosi’ equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e decidendo nel merito dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

 

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