Sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 13 maggio 2020, n. 14822.

Massima estrapolata:

Il rilievo, in sede di legittimità, della sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione unitamente ad un vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla responsabilità dell’imputato, comporta l’annullamento senza rinvio della stessa e, ove questa contenga anche la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, l’annullamento delle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Sentenza 13 maggio 2020, n. 14822

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Disturbo alle persone ex art. 660 cp – Estinzione per prescrizione – Rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. CASA Filippo – rel. Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/06/2019 del TRIBUNALE di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CASA FILIPPO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CANEVELLI PAOLO che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
Udito il difensore avvocato (OMISSIS) sostituto processuale in difesa di (OMISSIS), che si riporta alle conclusioni scritte che deposita unitamente alla nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12.6.2019, il Tribunale di Roma in composizione monocratica condannava (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di 400,00 Euro di ammenda ciascuna, previa concessione ad entrambe delle attenuanti generiche, in relazione al reato di cui all’articolo 660 c.p., consistito nell’aver recato disturbo, per biasimevole motivo, a (OMISSIS), dopo la conclusione delle rispettive relazioni sentimentali con il medesimo, chiamandolo insistentemente a qualunque ora del giorno e della notte sulla sua utenza cellulare, inviandogli numerosi “sms” dal contenuto ingiurioso e minaccioso, nonche’ spedendo sul suo profilo Facebook scritti e “sms” dal contenuto diffamatorio, reso palese dagli epiteti di “pappone e sfruttatore” (in (OMISSIS), in epoca anteriore e prossima al (OMISSIS)).
La (OMISSIS) e la (OMISSIS) venivano, inoltre, condannate alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile e al risarcimento dei danni da essa patiti, liquidati equitativamente nella misura di Euro 5.000,00.
1.1. La responsabilita’ delle imputate veniva affermata dal Giudice in base alla dettagliata deposizione resa dal (OMISSIS), confermata da quelle rese dalla madre (OMISSIS) e dall’amico (OMISSIS) e suffragata da riscontri enucleati dall’applicazione di messaggistica “Whatsapp”, da numerosi “sms”, dagli “screenshot” dei profili Facebook delle imputate e dal contenuto delle registrazioni audio di alcune chiamate effettuate alla persona offesa da parte della (OMISSIS).
Il Tribunale subordinava la concessione della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’articolo 165 c.p., al risarcimento del danno come liquidato in sentenza.
2. Hanno proposto due distinti, ma pienamente sovrapponibili, ricorsi, a mezzo del comune difensore, le interessate, articolando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, si deduce mancanza della motivazione sul punto relativo alla responsabilita’ di ciascuna imputata.
Sebbene la contestazione descriva un’azione svolta in forma concorsuale, nella sentenza impugnata non si rinviene alcun riferimento ad un accordo intercorso tra le imputate, ne’ e’ dato sapere in quale occasione costoro – fra l’altro, rivali in amore – si sarebbero trovate insieme a molestare il (OMISSIS).
Nell’ipotesi di reato, viceversa, commesso singolarmente, la parte civile non aveva spiegato chi delle due donne avesse materialmente effettuato la chiamata e come fosse stato possibile risalire ad essa.
Ne’ la sentenza da’ atto di riscontri individualizzanti capaci di giustificare l’attribuzione alla (OMISSIS) o alla (OMISSIS) del quantitativo di telefonate o di messaggi inviati.
2.2. Con il secondo motivo, si denunciano la carenza e/o la manifesta illogicita’ della motivazione sul punto relativo alla concessione della sospensione condizionale della pena subordinatamente al pagamento in favore della parte civile del risarcimento del danno.
Si contesta, in particolare, l’illogicita’ della statuizione di condanna ad un risarcimento del danno quantificato in 5.000,00 Euro a fronte di una sanzione penale pecuniaria piu’ di dieci volte inferiore.
2.3. Con il terzo motivo, si censurano la carenza e/o la manifesta illogicita’ della motivazione sul capo civile relativo alla quantificazione del danno, non essendo stati chiariti i parametri utilizzati dal Giudice per stimare equa una somma cosi’ alta rispetto ad un fatto dalla scarsa offensivita’ obiettiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio, agli effetti penali, perche’ il reato di cui all’articolo 660 c.p., contestato alle imputate in concorso fra loro, e’ estinto per prescrizione.
Rileva, a tale riguardo, il Collegio che, in considerazione della non manifesta infondatezza dei motivi, del tutto coincidenti, dedotti dalle interessate, il proposto ricorso e’ pienamente idoneo – diversamente dai casi di inammissibilita’ per manifesta infondatezza delle censure – ad instaurare il rapporto di impugnazione, condizione che consente di rilevare d’ufficio ex articolo 609 c.p.p., comma 2, una causa di non punibilita’ nelle more intervenuta, nel caso di specie costituita, appunto, dalla prescrizione del reato (v. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 – 01; tra le decisioni delle sezioni semplici, Sez. 2, n. 28848 dell’8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463 – 01: in entrambi i casi oggetto delle citate decisioni, come in quello oggi scrutinato, la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso).
1.1. Ed invero, dalla data di accertamento del fatto ((OMISSIS)), tenuto conto di un periodo di sospensione pari a 60 giorni, sono decorsi, ad oggi, oltre cinque anni, termine, quest’ultimo, previsto nella sua durata massima, per i reati contravvenzionali, dal combinato disposto degli articoli 157 e 161 c.p., nel testo attuale applicabile alle ricorrenti.
Pertanto, in assenza di elementi che rendano evidenti i presupposti per un proscioglimento nel merito ai sensi dell’articolo 129 c.p.p. (v. pagg. 1-4 della motivazione), deve addivenirsi a pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
2. Cio’ posto, va ricordato che, ai sensi dell’articolo 578 c.p.p., il giudice di appello e la Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale e’ stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni, sono tenuti a decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili; e, a tal fine, devono esaminare compiutamente i motivi di impugnazione, non potendosi dare conferma alle statuizioni civili in ragione della mera mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato, secondo quanto previsto dall’articolo 129 c.p.p., comma 2 (Sez. 5, n. 5764 del 7/12/2012, dep. 5/2/2013, Sarti, Rv. 254965 – 01; Sez. 5, n. 14522 del 24/3/2009, Petrilli, Rv. 243343 – 01; Sez. 6, n. 21102 del 9/3/2004, Zaccheo, Rv. 229023 – 01).
Occorre, pertanto, procedere all’esame dei motivi di ricorso suscettibili di assumere reale incidenza sulla conferma o meno delle statuizioni civili adottate con la sentenza di primo grado.
2.1. In tale prospettiva, devono reputarsi infondati i motivi dedotti nell’interesse di (OMISSIS).
2.1.1. Rammentato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, non puo’ ravvisarsi violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza allorche’, contestato a taluno un reato a titolo di concorso personale, se ne affermi, poi, la responsabilita’ per attivita’ individualmente svolta (Sez. 5, n. 16548 del 3/4/2006, Pannella, Rv. 234447 – 01), non ha ragione di dolersi la ricorrente in proposito, in quanto, seppure la motivazione presenti delle carenze sulla dimostrazione di un’attivita’ di molestia posta in essere in forma concorsuale, non altrettanto puo’ dirsi in ordine alla realizzazione dell’attivita’ medesima in forma individuale.
Sotto questo profilo, si articola su un piano meramente confutativo il rilievo per cui vi sarebbe incertezza, in motivazione, sulle modalita’ di individuazione dell’autrice di chiamate e messaggi telefonici molesti, dal momento che l’affermazione della penale responsabilita’ della (OMISSIS) e’ chiaramente e adeguatamente supportata, non solo dalla testimonianza della persona offesa costituitasi parte civile (OMISSIS), ma anche dagli screenshot di messaggi telefonici inviati dalla ricorrente, allegati alla querela, nonche’ dalle registrazioni di alcune telefonate intercorse tra la predetta e il (OMISSIS) e dalle dichiarazioni de relato rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS), rispettivamente madre e amico della persona offesa, i quali hanno riferito sulle confidenze ricevute da quest’ultima a proposito delle molestie telefoniche subite dalla (OMISSIS).
2.1.2. Cio’ detto, deve rilevarsi che, in conseguenza della declaratoria di estinzione del reato di prescrizione e’, giocoforza, venuto meno, con la caducazione della statuizione afferente alla concessa sospensione condizionale della pena (causa di estinzione del reato, fra l’altro, meno favorevole della prescrizione, in quanto suscettibile di revoca: Sez. 3, n. 25/11/1996, dep. 11/1/1997, Mercuro, Rv. 207449 – 01), il concreto interesse della (OMISSIS) a coltivare il motivo di ricorso, con il quale si censura la mancata giustificazione della subordinazione del beneficio all’obbligo di risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 165 c.p.: il motivo, pertanto, va giudicato inammissibile.
2.1.3. Venendo, infine, alla censura sulla quantificazione del danno, va rammentato come la liquidazione dei danni morali, attesa la loro natura, non possa che avvenire in via equitativa, dovendosi ritenere assolto l’obbligo motivazionale al riguardo mediante l’indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli e’ stato determinato l’ammontare del risarcimento (Sez. 6, n. 48086 del 12/9/2018, B., Rv. 274229 – 01).
All’enunciato principio si e’ uniformato il giudice di merito, apprezzando, in modo ragionevole, la pluralita’ degli episodi molesti sofferti dalla persona offesa, l’imprevedibilita’ degli stessi e l’invio di chiamate e messaggi telefonici anche in orari notturni.
2.1.4. Va, in conclusione, rigettato, agli effetti civili, il ricorso proposto da (OMISSIS).
2.1.5. Cio’ posto, occorre osservare che l’intervenuta prescrizione dei reati non esclude, di per se’, che l’imputato possa egualmente essere condannato al pagamento delle spese processuali, atteso che l’unico limite che il giudice incontra e’ costituito dalla soccombenza della parte civile: infatti, solo nel caso in cui la domanda della parte civile sia ritenuta nel merito infondata, il giudice non puo’ condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali in suo favore (arg. ex articolo 541 c.p.p., comma 2, e articolo 442 c.p.p., comma 2, articolo 91 c.p.c.).
Deve ritenersi applicabile, pertanto, quella pacifica giurisprudenza secondo la quale “soltanto la parte interamente vittoriosa non puo’ essere condannata, neanche in minima quota, al pagamento delle spese processuali. Ma la prescrizione dei reati per i quali la parte offesa sia stata ammessa a costituirsi parte civile non e’ indice di soccombenza, sicche’ l’imputato ben puo’ essere ugualmente condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile” (v., in motivazione, Sez. 6, n. 24768 del 31/3/2016, P.G. e altri in proc. Caruso e altri, Rv 267317 – 01; Sez. 2, n. 3186 dell’11/12/2012, dep. 22/1/2013, Montagna, Rv. 254448 – 01; v. anche Sez. 6, n. 31744 del 22/5/2003, Cosma, Rv. 225928 – 01).
Alla stregua di tali principi, la ricorrente (OMISSIS) va condannata a rifondere le spese sostenute nel grado dalla parte civile (OMISSIS), che, in base alla qualita’ dell’opera prestata in relazione alla natura e all’entita’ delle questioni dedotte, vanno liquidate nei termini precisati in dispositivo.
2.2. E’, viceversa, fondato, agli effetti civili, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) per carenza e contraddittorieta’ della motivazione.
Ed invero, nello scorrere i brani della sentenza impugnata, si coglie un riferimento quasi sempre generico alle “imputate”, senza che, peraltro, vengano forniti elementi utili a ricostruire con quali modalita’ circostanziali si sarebbe perfezionato il contributo concorsuale apportato dalla ricorrente nella consumazione del reato di molestie.
Inoltre, nell’elencare e valutare le fonti di prova, testimoniali (dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e documentali (messaggi e registrazioni di conversazioni con il (OMISSIS)), nella decisione si fa costantemente riferimento a quanto emerso a carico della sola (OMISSIS), senza che la (OMISSIS) venga neppure nominata.
Per tali motivi, si impone l’annullamento, agli effetti civili, della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per nuovo giudizio – in relazione alla posizione della suddetta – al giudice civile competente per valore in grado di appello, ai sensi dell’articolo 622 c.p.p..
2.2.1. Su quest’ultimo punto, il Collegio ritiene di seguire il prevalente orientamento giurisprudenziale che, avuto riguardo alla prospettiva giuridica nella quale il nuovo giudizio deve essere affrontato, individua quale giudice di rinvio il giudice civile competente per valore in grado di appello (Sez. 6, n. 44685 del 23/9/2015, N., Rv. 265661 – 01; Sez. 5, n. 3869 del 7/10/2014, dep. 27/1/2015, Lazzari, Rv. 262175 – 01; Sez. U, n. 40109 del 18/7/2013, Sciortino, Rv. 256087 – 01; Sez. 6, n. 16155 del 20/3/2013, Galati e altri, Rv. 255667 – 01; Sez. 5, n. 15015 del 23/2/2012, P.G. e P.C. in proc. Genovese, Rv. 252487 – 01; Sez. 5, n. 594 del 16/11/2011, dep. 12/1/2012, Perrone, Rv. 252665 – 01; Sez. 2, n. 32577 del 27/4/2010, Preti, Rv. 247973 – 01; Sez. 6, n. 26299 del 3/6/2009, Tamborrini, Rv. 244533 – 01; Sez. 4, n. 14450 del 19/3/2009, Stafissi, Rv. 244002 – 01; Sez. 5, n. 9399 del 5/2/2007, Palazzi, Rv. 235843 – 01), non apparendo convincente, per la sola esistenza di una pregressa pronuncia sulla responsabilita’ penale, la diversa soluzione del rinvio al giudice che ha emesso la sentenza annullata (Sez. 5, n. 21251 del 26/3/2013, Vergati e altro, Rv. 255654 – 01; Sez. 5, n. 5764 del 7/12/2012, dep. 5/2/2013, Sarti, Rv. 254965 – 01; Sez. 3, n. 15653 del 27/2/2008, Colombo e altri, Rv. 239865 – 01).
Ed invero, deve ribadirsi, ad avviso del Collegio, che ove sussista un vizio di motivazione attinente alla (affermata, dal giudice del merito, in sede penale) responsabilita’ dell’imputato, ma non vi e’ piu’ spazio alcuno per il giudice penale, stante la rilevata (e dichiarata) estinzione del reato per prescrizione, altra soluzione non puo’ essere adottata, ai fini delle determinazioni sulle statuizioni civili, se non quella del rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, non avendo piu’ ragion d’essere la speciale competenza promiscua (penale e civile) attribuita al giudice penale in conseguenza della costituzione di parte civile.
A voler seguire la tesi secondo cui il rinvio al giudice civile ex articolo 622 c.p.p., sarebbe previsto solo per le determinazioni sul quantum debeatur (sul presupposto della irrilevanza del constatato vizio motivazionale e della competenza di detto giudice solo in presenza del consolidamento della pronunzia sull’an), e non potendo piu’ essere investito per nuovo esame il giudice penale, essendo ormai intervenuta la prescrizione (rilevata e dichiarata in sede di legittimita’ in conseguenza del ricorso dell’imputato), si perverrebbe alla conseguenza – che francamente appare contraria alla logica del sistema e al senso di equita’ – per cui il giudice civile sarebbe vincolato a pronunziarsi solo sul quantum, pur in presenza di un’affermazione sulla responsabilita’ basata, come nella fattispecie in esame, su di una sentenza lacunosamente motivata, cio’ determinando, oltretutto, un irreparabile vulnus al diritto di difesa dell’imputato.
Deve, dunque, intendersi che l’articolo 622 c.p.p., nell’indicare, nella prima parte, “gli effetti penali della sentenza”, possa riferirsi anche alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (o per altra causa), il che, come detto, comporta la necessita’ di investire il giudice civile delle questioni relative alle statuizioni risarcitorie.
Sara’, in conclusione, il giudice civile competente per valore in grado di appello a celebrare il giudizio di rinvio nei confronti di (OMISSIS) e a provvedere alla regolazione delle spese nei confronti della ricorrente.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
Rigetta agli effetti civili il ricorso di (OMISSIS).
Annulla agli effetti civili la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e rinvia per nuovo giudizio in relazione alla posizione della (OMISSIS) al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Condanna la ricorrente (OMISSIS) a rifondere le spese sostenute nel grado dalla parte civile (OMISSIS), spese che liquida in complessivi Euro 3.500,00 per onorari, oltre accessori (spese generali, IVA e CPA come per legge).
Riserva all’esito del giudizio di rinvio la regolazione delle spese nei confronti della ricorrente (OMISSIS).

 

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