Sospensione necessaria del processo civile in caso di condanna giudizio penale

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 21 maggio 2019, n. 13661.

La massima estrapolata:

La sospensione necessaria del processo civile in caso di condanna a seguito di giudizio penale – deve essere interpretato restrittivamente, nel rispetto del principio della separazione fra i due giudizi. In particolare, non vi può essere sospensione necessaria del giudizio civile risarcitorio in caso di mancata coincidenza fra attori del processo stesso e soggetti costituitisi parte civile nel processo penale, o fra convenuti del procedimento civile e imputati del processo penale

Sentenza 21 maggio 2019, n. 13661

Data udienza 26 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sezione

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sezione

Dott. TRIA Lucia – Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 23838/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MILANO emessa il 20/09/2017, r.g. n. 55260/2016;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2019 dal consigliere ANGELINA-MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’avvocato generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per la prosecuzione del processo e l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente moglie, figli e fratelli di (OMISSIS), hanno proposto dinanzi al tribunale di Milano azione per il risarcimento dei danni loro cagionati dalla morte del loro congiunto, avvenuta a causa di un incidente stradale, e l’hanno indirizzata nei confronti di (OMISSIS), proprietario e conducente del veicolo investitore, nonche’ della (OMISSIS), impresa assicuratrice della responsabilita’ civile.
Il giudice istruttore ha disposto la sospensione del processo. E cio’ perche’, a seguito della costituzione come parti civili dei fratelli della vittima nel processo penale promosso nei confronti di (OMISSIS), peraltro iure proprio e non gia’ con la spendita, poi avvenuta in sede civile, della qualita’ di eredi di (OMISSIS), padre di (OMISSIS), era stata pronunciata sentenza di primo grado di condanna dell’imputato, soltanto in esito alla quale era stata promossa l’azione civile.
Contro l’ordinanza di sospensione gli attori del processo civile hanno proposto regolamento di competenza e la terza sezione civile di questa Corte ha prospettato al Primo presidente l’opportunita’ di devolvere il giudizio alla cognizione delle sezioni unite, al fine di risolvere la questione se il giudizio civile in esame debba essere necessariamente sospeso nei confronti di tutti i litisconsorti, oppure se la sospensione operi soltanto in relazione all’azione risarcitoria proposta nei confronti del conducente-imputato, oppure ancora se non operi sospensione alcuna.
Il giudizio e’ stato quindi assegnato a queste sezioni unite.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La questione rimessa alla cognizione di queste sezioni unite concerne l’identificazione dei presupposti legali soggettivi di operativita’ della sospensione necessaria del processo civile di risarcimento del danno derivante da reato promosso quando nel processo penale concernente il reato sia stata gia’ pronunciata la sentenza di primo grado. Prevale difatti questo profilo, poiche’, come specificato in narrativa, non v’e’ coincidenza tra i soggetti che si sono costituiti parti civili nel processo penale e coloro che hanno promosso, anche mediante spendita di diversa qualita’, il giudizio civile.
Il problema da risolvere e’ determinato dalla circostanza che i danneggiati hanno proposto la domanda risarcitoria nei confronti non soltanto dell’imputato-danneggiante, ma anche di altra litisconsorte, ossia della societa’ assicuratrice della responsabilita’ civile.
Se non vi fosse il cumulo soggettivo, non vi sarebbe difatti dubbio alcuno sull’applicabilita’ dell’articolo 75 c.p.p., comma 3, secondo cui “Se l’azione e’ proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile e’ sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non piu’ soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge”.
2.- Il cumulo soggettivo, invece, ha ritenuto questa Corte, sia pure prevalentemente con riguardo all’ipotesi della proposizione dell’azione in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, non consente la sospensione. E cio’ tanto se si abbia riguardo a un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo, quanto se il cumulo scaturisca da litisconsorzio necessario, e indipendentemente dal fatto che alcuno o tutti fra i coobbligati siano stati citati nel processo penale come responsabili civili (Cass., ord. 26 gennaio 2009, n. 1862; 13 marzo 2009, n. 6185 e 18 luglio 2013, n. 17608).
2.1.- La sospensione non si giustifica, si e’ argomentato, con riguardo al responsabile civile, perche’ la proposizione successiva dell’azione risarcitoria in sede civile comporta la revoca tacita della costituzione di parte civile, con la conseguente inapplicabilita’ dell’articolo 651 c.p.p., e l’inutilita’ dell’attesa degli esiti del processo penale.
Ne’, si e’ aggiunto, essa si giustifica in relazione all’imputato: in caso di litisconsorzio necessario, perche’ la necessarieta’ del cumulo non consente la separazione delle domande; in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, perche’ l’articolo 75 c.p.p., comma 3, si riferisce alla causa tra singole parti, e non gia’ al cumulo soggettivo.
2.2.- Al fondo di quest’interpretazione sta lo sfavore per la proliferazione dei casi di arresto del processo civile, del quale la sospensione e’ comunque vicenda anomala. Sfavore, che ha ispirato anche la giurisprudenza che esclude spazio per una discrezionale e non sindacabile facolta’ di sospensione del processo, esercitabile fuori dai casi tassativi di sospensione legale (Cass., sez. un., ord. 1 ottobre 2003, n. 14670; conf., tra varie, 27 novembre 2018, n. 30738).
2.3.- La sospensione necessaria prevista dall’articolo 75 c.p.p., comma 3, si e’ concluso, sanziona la scelta compiuta dal danneggiato che abbia optato sin dall’inizio per la proposizione in seno al processo penale della propria domanda risarcitoria: in tal caso, anche se dismette la qualita’ di parte civile, egli dovra’ sottostare all’accertamento dei fatti compiuto in sede penale.
Analogamente, se il danneggiato abbia trascurato il processo penale, in seno al quale pure abbia avuto possibilita’ di costituirsi parte civile e neppure abbia agito in sede civile, dovra’ subire la sospensione del processo civile che abbia iniziato dopo la sentenza di primo grado di condanna dell’imputato, per il disinteresse per l’azione civile da lui mostrato (Cass., ord. 24 aprile 2009, n. 9807).
3.- Con l’ordinanza interlocutoria la terza sezione civile di questa Corte dubita che la soluzione restrittiva sui limiti della sospensione prevista dall’articolo 75 c.p.p., comma 3, sia convincente.
Le obiezioni poste con l’ordinanza muovono, in generale, dall’individuazione della ratio posta a sostegno della sospensione necessaria nell’esigenza di prevenire il rischio di un esito potenzialmente difforme del giudizio civile rispetto a quello del giudizio penale in relazione alla sussistenza di uno o piu’ presupposti di fatto comuni e, in particolare, puntano sull’interesse dell’imputato di potersi valere dell’eventuale giudicato penale di assoluzione.
Sicche’, si osserva, l’esclusione della sospensione incrinerebbe l’equilibrio degli interessi in conflitto, ossia dell’interesse del danneggiato, volto a conseguire senza dilazione il ristoro del danno subito, e di quello dell’imputato, indirizzato all’accertamento della propria estraneita’ o, comunque, dell’esclusione della propria colpevolezza rispetto al reato contestato.
3.1.- Il che si potrebbe tradurre nel vulnus degli articoli 3 e 24 Cost., poiche’ l’opponibilita’ del giudicato di assoluzione finirebbe col dipendere dalla scelta processuale del titolare della pretesa risarcitoria di agire in sede civile soltanto nei confronti dell’imputato oppure anche nei confronti degli altri coobbligati.
In conclusione, prospetta la terza sezione civile, la tutela dell’interesse dell’imputato dovrebbe comportare la sospensione della sola domanda proposta nei suoi confronti, in caso di litisconsorzio facoltativo, e la sospensione di tutto il processo, al cospetto di litisconsorzio necessario.
4.- La disposizione di cui si discute e’ frammento dell’ampia e articolata disciplina dei rapporti tra processo civile e processo penale, radicalmente rinnovata dalla riforma del codice di procedura penale, e va dunque interpretata alla luce del microsistema prefigurato dal legislatore per il raccordo tra i due giudizi.
Il codice del 1988 ha ripudiato il principio di unita’ della giurisdizione e di prevalenza del giudizio penale, in favore di quello della parita’ e originarieta’ dei diversi ordini giurisdizionali e dell’autonomia dei giudizi (tra varie, Cass., sez. un., 11 febbraio 1998, n. 1445 e sez. un., 26 gennaio 2011, n. 1768).
Quel che prevale e’ l’esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale, rispetto all’interesse del soggetto danneggiato di esperire ivi la propria azione (Corte Cost. 21 aprile 2006, n. 168 e 28 gennaio 2015, n. 23). Sicche’ si e’ scoraggiata la proposizione dell’azione civile nel processo penale (in termini, Corte Cost. 29 gennaio 2016, n. 12) e si e’ favorita la separazione dei giudizi.
4.1.- Per liberare il giudice penale dall’esame di questioni che non debbano essere accertate ai fini del giudizio sulla responsabilita’ penale dell’imputato, l’articolo 75 c.p.p., comma 1, la’ dove stabilisce che “L’azione civile proposta dinanzi al giudice civile puo’ essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L’esercizio di tale facolta’ comporta rinuncia agli atti del giudizio”, ha posto uno sbarramento al trasferimento dell’azione civile nel processo penale, e lo ha quindi disincentivato.
4.2.- Il danneggiato e’ incoraggiato a evitare la costituzione di parte civile e a promuovere la propria pretesa in sede civile, anche per poter sfuggire agli effetti del giudicato di assoluzione dell’imputato-danneggiante.
Qualora, difatti, a norma dell’articolo 75 c.p.p., comma 2, “L’azione civile prosegue in sede civile se non e’ trasferita nel processo penale o e’ stata iniziata quando non e’ piu’ ammessa la costituzione di parte civile”, la sentenza dibattimentale irrevocabile di assoluzione dell’imputato-danneggiante (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto e’ stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facolta’ legittima) non sara’ opponibile al danneggiato, in base all’ultimo nucleo normativo del 1 comma dell’articolo 652 c.p.p..
Anche nella relazione al testo definitivo del c.p.p. si legge significativamente che “viene sancito espressamente che, in assenza della transiatio iudicii, il processo non puo’ essere sospeso e che, di conseguenza, non puo’ trovare applicazione l’articolo 652, comma 1”, e che la linea seguita della separazione del giudizio civile dal penale, se puo’ essere criticata perche’ non aderente al principio dell’unita’ della giurisdizione (principio, peraltro, “da considerarsi non di rilevanza costituzionale come la corte ha avuto occasione di statuire sin dalla sentenza n. 1 del 1970”), ha “il vantaggio di attuare la massima semplificazione dello svolgimento del processo, secondo la regola indicata nella direttiva 1 della legge delega”.
4.3.- E il vantaggio e’ amplificato dal fatto che il danneggiato potra’ comunque fruire degli effetti derivanti dalla condanna dibattimentale dell’imputato-danneggiante, nonche’ di quelli della sentenza dibattimentale irrevocabile di proscioglimento per particolare tenuita’ del fatto, agli esiti delle quali l’imputato danneggiante sara’ pur sempre vincolato, a norma rispettivamente dell’articolo 651, e dell’articolo 651 bis c.p.p.: l’operativita’ delle disposizioni prescinde difatti dalla partecipazione, anche potenziale, del danneggiato.
5.- L’articolo 75 c.p.p., comma 2, mostra quindi che, di per se’, la pendenza del processo penale influente non condiziona lo svolgimento di quello civile; sicche’ la priorita’ logica del fatto di reato rispetto al risarcimento del danno e alle restituzioni conseguenti non implica necessariamente la priorita’ cronologica dei relativi accertamenti.
Si apre per conseguenza alla possibilita’ di contraddizione logica, non pratica, in considerazione della diversita’ di oggetto dei due processi- tra le due decisioni relative alla responsabilita’ dell’imputato-danneggiante (ne prende atto Cass. 17 febbraio 2010, n. 3820, richiamata, tra varie, da Cass. 22 giugno 2017, n. 15470).
5.1.- In questo microsistema, allora, il valore dell’uniformita’ dei giudicati su cui punta l’ordinanza interlocutoria diviene recessivo.
Queste sezioni unite hanno d’altronde gia’ da tempo rimarcato,
con riguardo giustappunto alla valenza dell’articolo 75 c.p.p., che esso ha ceduto il passo a quello del giusto processo, in virtu’ del quale in tanto la sentenza e’ giusta in quanto l’applicazione della legge sia avvenuta nell’ambito di un procedimento nel quale sia stato pienamente assicurato il diritto di difesa (Cass., sez. un., ord. 5 novembre 2001, n. 13682).
5.2.- E che anche sul piano generale il valore dell’uniformita’ dei giudicati (o comunque delle decisioni) abbia perso d’importanza, si evince, oltre che dai riferimenti indicati nell’ordinanza n. 13682/01, altresi’ da indicatori di altri comparti.
A titolo d’esempio, in tema di giudizio tributario, il Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 20, stabilisce che:
“Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione”.
Quanto al rapporto col processo penale del procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati, la L. 31 dicembre 2012, n. 247, articolo 54, che detta la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, sancisce che:
“Il procedimento disciplinare si svolge ed e’ definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti” (comma 1) e che soltanto “Se, agli effetti della decisione, e’ indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale, il procedimento disciplinare puo’ essere a tale scopo sospeso a tempo determinato. La durata della sospensione non puo’ superare complessivamente i due anni; durante il suo decorso e’ sospeso il termine di prescrizione” (comma 2).
Coerente e’ anche il Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 55 ter, relativo al giudizio disciplinare del lavoratore pubblico con rapporto contrattuale, secondo cui:
“Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorita’ giudiziaria, e’ proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale”. Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte e’ ferma nel sostenere la mera facoltativita’ della sospensione del primo in attesa dell’esito del secondo (Cass. 5 aprile 2018, n. 8410).
5.3.- D’altronde, persino in seno al medesimo giudizio penale e’ possibile che vi sia difformita’ di decisioni: si consideri la possibilita’ riconosciuta dall’articolo 576 c.p.p., alla parte civile d’impugnare, ai soli effetti della responsabilita’ civile, la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio (purche’ l’accertamento sia destinato a produrre gli effetti previsti dall’articolo 652 c.p.p.: Cass., sez. un. pen., 29 settembre 2016, n. 46688, Schirru).
In definitiva, il favore per la separazione dei giudizi comporta l’accettazione del rischio di difformita’ dei giudicati ai quali i giudizi separati conducano.
6.- La chiave di volta della sospensione necessaria prevista dall’articolo 75 c.p.p., comma 3, non si puo’, quindi, identificare con quella determinata dalla pregiudizialita’, ossia appunto con l’esigenza di evitare il rischio di un conflitto fra giudicati (tra varie, a proposito di questo fondamento della sospensione necessaria per pregiudizialita’, Cass., sez. un., 24 maggio 2013, n. 12901 e 16 marzo 2016, n. 5229).
6.1.- Del resto, anche la tecnica processuale per l’operativita’ della sospensione necessaria ex articolo 75 c.p.p., comma 3, differisce da quella che opera al cospetto di sospensione necessaria per pregiudizialita’.
Nel primo caso, e in particolare nell’ipotesi in esame, e’ la pronuncia della sentenza di primo grado nel processo penale a determinare la sospensione del giudizio civile iniziato dopo.
Nel secondo, quando il processo pregiudicante e’ stato definito con sentenza non passata in giudicato, il giudizio pregiudicato puo’ essere sospeso – ex articolo 337 c.p.p., comma 2 – e non deve esserlo – ex articolo 295 c.p.c. (Cass., sez. un., 19 giugno 2012, n. 10027; conf., in relazione al caso in cui la sentenza di primo grado, la cui autorita’ e’ invocata, sia stata emessa dal giudice amministrativo, sez. un., 30 novembre 2012, n. 21348, nonche’, da ultimo, in termini, ord. 4 gennaio 2019, n. 80).
7.- Insufficiente a giustificare la sospensione necessaria ex articolo 75 c.p.p., e’, peraltro, la finalita’ latamente sanzionatoria evidenziata dalla giurisprudenza di questa Corte.
7.1.- Una tale finalita’ e’ senz’altro ravvisabile anche in relazione all’ipotesi in esame.
In tesi, nel caso di azione civile proposta dopo la pronuncia della sentenza penale di primo grado l’esercizio dell’azione risarcitoria non necessariamente e’ frutto di una scelta consapevole del danneggiato, di modo che la conseguente tardivita’ si possa a lui ascrivere sin dall’inizio. E’, tuttavia, riconoscibile comunque l’intento sanzionatorio del legislatore: il danneggiato-attore, se pure non sia rimasto volontariamente al di fuori del processo penale per verificarne l’esito, trascura di provvedere sollecitamente alla cura dei propri interessi nel torno di tempo necessario alla pronuncia della sentenza di primo grado nel processo penale; il che colora come attendista la proposizione dell’azione civile.
E tale condotta devi’a dal tracciato del legislatore, volto, si e’ visto, a incoraggiare la proposizione dell’azione civile in sede propria.
8.- Non e’, tuttavia, questo intento a giustificare e a imporre la sospensione del processo civile instaurato dopo la pronuncia penale di primo grado (o anche dopo la costituzione di parte civile nel processo penale).
8.1.- Quel che rileva ai fini della sospensione del giudizio civile di danno ex articolo 75 c.p.p., comma 3, fuori dal caso in cui i giudizi di danno possono proseguire davanti al giudice civile ai sensi del precedente comma 2, e’ che la sentenza penale possa esplicare efficacia di giudicato nell’altro giudizio, ai sensi degli articoli 651, 651 bis, 652 e 654 c.p.p.. Imporre al danneggiato-attore che si sia tardivamente rivolto al giudice civile di attendere l’esito del processo penale ha senso soltanto se e in quanto quest’esito, se definitivo, sia idoneo a produrre i propri effetti sul processo civile.
9.- Lo si evince, si e’ sottolineato con l’ord. n. 13682/11, dall’articolo 211 disp. att. c.p.p., a norma del quale “Salvo quanto disposto dall’articolo 75, comma 2, del codice, quando disposizioni di legge prevedono la sospensione necessaria del processo civile o amministrativo a causa della pendenza di un processo penale, il processo civile o amministrativo e’ sospeso fino alla definizione del processo penale se questo puo’ dare luogo a una sentenza che abbia efficacia di giudicato nell’altro processo e se e’ gia’ stata esercitata l’azione penale”.
9.1.- Ed e’ puntando su questa ratio che si e’ esclusa la sospensione del processo civile nei confronti delle – sole – parti diverse dall’imputato-danneggiante, alle quali siano ascritti fatti differenti da quelli oggetto di accertamento nel processo penale (Cass., ord. 1 luglio 2005, n. 14074; ord. 16 marzo 2017, n. 6834 e 11 luglio 2018, n. 18202).
10.- Quando, invece, i fatti siano i medesimi, il vincolo rispettivamente previsto dagli articoli 651 e 651 bis c.p.p., si potrebbe produrre nei confronti del responsabile civile soltanto qualora il processo risarcitorio sia promosso nei suoi confronti da un danneggiato diverso da colui che abbia proposto l’azione civile nel processo penale: solo in questo caso, e se il responsabile civile sia stato regolarmente citato o abbia spiegato intervento in sede penale, il giudicato di condanna del danneggiante-imputato o quello del suo proscioglimento per particolare tenuita’ del fatto avranno effetto verso di lui nel giudizio di danno.
10.1.- Sulla pretesa del danneggiato costituitosi parte civile si puo’ difatti decidere in sede civile soltanto se la parte civile sia uscita dal processo penale per revoca o estromissione; e poiche’ l’esodo della parte civile comporta che la citazione o l’intervento del responsabile civile perdono efficacia (a norma, rispettivamente, dell’articolo 83 c.p.p., comma 6, e articolo 85 c.p.p., comma 4), viene meno la condizione pretesa dagli articoli 651 e 651 bis c.p.p., per la produzione degli effetti ivi previsti nei confronti del responsabile civile, ossia che il “responsabile civile sia stato citato o sia intervenuto nel processo civile”.
10.2.- A maggior ragione il vincolo non si puo’ produrre in un caso, come quello in esame, in cui non v’e’ coincidenza tra le parti civili nel processo penale e gli attori del processo civile, nel senso gia’ specificato, e non vi sono stati citazione o intervento del responsabile civile nel processo penale.
10.3.- Il che esclude anche la possibilita’ che si potesse determinare il vincolo previsto dall’articolo 652 c.p.p., comma 1.
11.- Non sarebbe poi possibile, com’e’ adombrato nell’ordinanza interlocutoria, disporre la sospensione del giudizio, in caso di litisconsorzio facoltativo, nei confronti del solo danneggiante-imputato, nei confronti del quale non sono richieste condizioni perche’ si produca il vincolo derivante dalla sentenza di condanna, ex articolo 651 c.p.p., o dalla sentenza di proscioglimento per particolare tenuita’ del fatto, a norma dell’articolo 651 bis c.p.p.. L’autore del fatto illecito costituente reato, riconosciuto come responsabile e percio’ condannato, ha difatti sicuramente avuto la possibilita’ di partecipare al processo penale in qualita’ di imputato, sicche’ il suo diritto di difesa ha ricevuto piena garanzia per l’intero corso del processo.
A escludere tale possibilita’ sta la considerazione che le ipotesi di sospensione previste dall’articolo 75 c.p.p., comma 3, rappresentano pur sempre una deroga rispetto alla regola generale, che e’ quella della separazione dei giudizi e dell’autonoma prosecuzione di ciascuno di essi.
La natura derogatoria della disposizione ne impone interpretazioni restrittive; e, in virtu’ di quest’interpretazione restrittiva occorre che tra i due giudizi vi sia identita’, oltre che di oggetto, anche di soggetti, alla stregua dei comuni canoni di identificazione delle azioni (Cass., sez. un., 18 marzo 2010, n. 6538).
11.1.- Estendere l’applicazione di un’ipotesi derogatoria a un caso, come quello in esame, in cui tutte le parti del giudizio civile non coincidano con tutte quelle del processo penale, sacrificherebbe in maniera ingiustificata l’interesse dei soggetti coinvolti alla rapida definizione della propria posizione, in aperta collisione con l’esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo, presente nel nostro ordinamento ben prima dell’emanazione dell’articolo 111 Cost., comma 2, e comunque assurta a rango costituzionale per effetto di esso.
In dottrina, al riguardo, si e’ sostenuto che la concentrazione in unica sede dei risvolti penalistici e di quelli civilistici del medesimo fatto sia un fattore di snellimento. Va, tuttavia, considerato che anche la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu 1 luglio 1997, Torri c. Italia), nel verificare il rispetto del diritto della parte civile alla ragionevole durata del processo di danno, garantito dall’articolo 6.1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, ha ritenuto che debbano essere computate cumulativamente la durata del processo penale, dal momento della costituzione di parte civile, e quella del successivo processo civile per la liquidazione del danno.
E queste valutazioni rilevano indipendentemente dalla natura del litisconsorzio che lega le parti, necessario o facoltativo.
11.2.- Fuori bersaglio sono, invece, le perplessita’ concernenti la tenuta sul piano costituzionale dell’opzione che, in un caso come quello in esame, esclude la sospensione, con riguardo alla posizione del danneggiante-imputato e al suo interesse a valersi dell’eventuale giudicato di assoluzione che riuscira’ a conseguire.
11.3.- La separazione e l’autonomia dei giudizi comportano difatti che il giudizio civile sia disciplinato dalle sole regole sue proprie, che largamente si differenziano da quelle del processo penale, non soltanto sotto il profilo probatorio, ma anche, in via d’esempio, con riguardo alla ricostruzione del nesso di causalita’, che risponde, nel processo penale, al canone della ragionevole certezza (Cass., sez. un. pen., 10 luglio 2002, n. 30328; sez. un. pen., 24 aprile 2014, n. 38343 e 4 maggio 2017, n. 33749) e, in quello civile, alla regola del “piu’ probabile che non” (tra varie, Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 576 e ord. 27 settembre 2018, n. 23197).
Sicche’ non meritevole di tutela e’ in questi casi l’interesse del danneggiante di attendere gli esiti del processo nel quale egli sia imputato.
12.- Ne consegue che il ricorso va accolto con l’affermazione del seguente principio di diritto:
“In tema di rapporto tra giudizio penale e giudizio civile, i casi di sospensione necessaria previsti dall’articolo 75 c.p.p., comma 3, che rispondono a finalita’ diverse da quella di preservare l’uniformita’ dei giudicati, e richiedono che la sentenza che definisca il processo penale influente sia destinata a produrre in quello civile il vincolo rispettivamente previsto dagli articoli 651, 651 bis, 652 e 654 c.p.p., vanno interpretati restrittivamente, di modo che la sospensione non si applica qualora il danneggiato proponga azione di danno nei confronti del danneggiante e dell’impresa assicuratrice della responsabilita’ civile dopo la pronuncia di primo grado nel processo penale nel quale il danneggiante sia imputato”.
L’ordinanza di sospensione va quindi annullata e va disposta la prosecuzione del processo dinanzi al tribunale di Milano, che provvedera’ anche a regolare le spese.

P.Q.M.

la Corte, pronunciando a sezioni unite:
accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza e dispone la prosecuzione del processo, anche per le spese, dinanzi al tribunale di Milano.

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