Solidarietà risarcitoria richiede danno unico condiviso

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 ottobre 2024| n. 26736.

Solidarietà risarcitoria richiede danno unico condiviso

Costituisce presupposto della solidarietà risarcitoria, ex art. 2055, comma 1, c.c., un danno unico ed eziologicamente ricollegabile a più persone, anche se non scaturito da una condotta comune o previamente concordata tra i danneggianti; di conseguenza, si esula dalla solidarietà in presenza di una pluralità di condotte causative di danni autonomamente identificabili. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che – in relazione ad infiltrazioni provenienti dal solaio di copertura, di proprietà in parte del condominio e in parte del Comune, soggetto estraneo al giudizio – aveva liquidato il solo danno riconducibile ai beni di proprietà del primo, senza accertare se l’evento dannoso fosse unico oppure dipeso da autonome sequenze causali, riferibili al predetto ente comproprietario, ciascuna causativa di danni distinti e autonomamente identificabili).

 

Ordinanza|15 ottobre 2024| n. 26736. Solidarietà risarcitoria richiede danno unico condiviso

Data udienza 8 maggio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilita’ civile – Solidarieta’ – In genere responsabilità solidale ex art. 2055, comma 1, c.c. – Pluralità di condotte causative di danni autonomamente identificabili – Esclusione – Conseguenze – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. GUIZZI Giaime Stefano – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso N. 26732/2021 R.G. proposto da:

Br.Al., elettivamente domiciliata in R, Via (Omissis), presso lo studio dell’avv. Um.Ri., che la rappresenta e difende, con l’avv. Pa.Ba., come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale (Omissis); (Omissis);

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO “LA.CA.” IN MONTE ARGENTARIO, in persona dell’amministratore pro tempore, domiciliato in R, Piazza (Omissis), presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Al.Ca. come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale (Omissis)

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1659/2021 della Corte d’appello di Firenze, depositata in data 30.8.2021;

udita la relazione sulla causa svolta nella adunanza camerale dell’8 maggio 2024 dal consigliere Salvatore Saija.

Solidarietà risarcitoria richiede danno unico condiviso

FATTI DI CAUSA

Br.Al. – usufruttuaria di due unità immobiliari site al piano primo e secondo sottostrada, facenti parte di un complesso condominiale in Monte Argentario ed adibite a garage – convenne in giudizio il Condominio “LA.CA.” di Monte Argentario, al fine di accertare la sua responsabilità ex artt. 2043 – 2051 c.c. e di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patiti (ammaloramento dei soffitti, distacco di calcinacci, ecc.), derivanti da infiltrazioni d’acqua provenienti dal solaio di copertura del primo piano sottostrada, oggetto di custodia da parte dello stesso Condominio. Istruita la causa mediante l’espletamento di CTU, il Tribunale di Grosseto, con sentenza del 19.8.2017, condannò il Condominio al risarcimento dei danni, quale responsabile ex art. 2051 c.c., in misura pari ad Euro 21.610,00, oltre accessori, per i soli danni arrecati al locale sito al piano primo sottostrada. Il Tribunale osservò che le infiltrazioni provenivano dai beni di proprietà condominiale, oltre che da una piccola porzione di terreno (foglio (Omissis), part. (Omissis)) formalmente intestata al Comune di M, ma di fatto in uso al Condominio, in quanto utilizzata per l’accesso ai vani scala condominiali. Il Condominio propose quindi gravame e la Corte d’appello di Firenze lo accolse parzialmente con sentenza del 30.8.2021, riducendo la condanna ad Euro 4.860,00 oltre accessori; ciò in quanto occorreva limitare la responsabilità del Condominio ai soli danni conseguenti alle infiltrazioni derivanti dai beni di sua proprietà, non anche da quello appartenente al Comune (ossia, la suddetta part. 239), in quanto il suo uso occasionale da parte dei condomini non consentiva di considerare sussistente il rapporto di custodia rilevante ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Br.Al., sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il Condominio “LA.CA.”. Il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza entro sessanta giorni.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La Corte d’appello, omettendo di esaminare ciò che emergeva dalla relazione di CTU integrativa dell’8.7.2015 – ovvero che l’area pavimentata antistante il condominio era da considerare, in parte, area comune di proprietà condominiale – ha errato nell’escludere la responsabilità del Condominio per i danni conseguenti al dissesto dell’area formalmente intestata alla P.A.: ciò perché la part. 239, che catastalmente risulta avere una profondità di m. 3,40, corrisponde in realtà ad un’area pavimentata di profondità effettiva di m. 3,95, sicché la differenza (ossia, la striscia di terreno di m. 0,55), che costeggia il fabbricato, è da considerarsi area condominiale, non potendo essa appartenere all’ente locale. Da tanto consegue, in tesi, che l’ascrivibilità del danno ai soli beni del Condominio, nella consistenza accertata dal giudice d’appello, è stata comunque erroneamente valutata, in minus.

1.2 – Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 2051 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte d’appello ha errato nell’escludere che il potere esercitato dal Condominio sull’area “formalmente intestata alla P.A. non fosse qualificabile come un rapporto di custodia, rilevante ai fini dell’applicabilità della norma in rubrica. La ricorrente assume che detta area è adibita ad uso continuativo ed esclusivo dei condomini, con conseguente potere di gestione in capo al Condominio, dunque rilevante ai fini dei corrispondenti obblighi di custodia.

1.3 – Con il terzo motivo, infine, si denuncia la violazione dell’art. 2055 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte d’appello ha errato nell’aver ridotto la somma dovuta dal Condominio a titolo di risarcimento del danno.

Secondo la ricorrente, la Corte d’appello avrebbe disatteso il principio solidaristico, poiché il Condominio è da considerare solidalmente responsabile per l’intero danno cagionato delle res in custodia, salvo il diritto di regresso del Comune di Monte Argentario, formale proprietario dell’area ulteriore (ossia, la ripetuta part. 239) da cui – anche – provenivano le infiltrazioni.

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2.1 – Il primo motivo è infondato, per difetto di decisività del fatto il cui esame si pretende omesso.

In sostanza, la ricorrente invoca le risultanze della relazione di CTU, da cui pretende di desumere che la rappresentazione catastale di quella porzione di area pavimentata sovrastante il piano primo sottostrada, formalmente intestata al Comune di Monte Argentario (foglio 4, part. 239), sia inferiore rispetto alla situazione effettiva dei luoghi, sicché l’area differenziale non potrebbe che essere di proprietà condominiale.

In realtà, è ben noto che le risultanze delle mappe catastali hanno valenza sussidiaria quanto ai confini (da ultimo, v. Cass. n. 11557/2024) e anche alla consistenza della superficie (v. Cass. n. 9380/2011), sicché la prova della proprietà esclusiva della striscia di area differenziale in capo al Condominio non può certo ascriversi alla discrepanza evidenziata dal CTU, su cui la Br. poggia la censura in esame.

In altre parole, la discrasia di superficie della part. 239 tra la consistenza catastale e quella effettiva misurabile in loco non implica indefettibilmente la natura condominiale di detta striscia differenziale di terreno, per essa ben potendo ipotizzarsi, già sul piano astratto, risultati del tutto diversi: l’evidenza decisoria propugnata dalla ricorrente, dunque, è tutt’altro che univoca, donde l’infondatezza della censura.

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3.1 – Il secondo motivo è invece fondato.

La Corte toscana ha ritenuto di poter escludere la configurabilità della custodia in capo al Condominio sull’area di cui alla part. 239, in quanto essa è di proprietà del Comune di Monte Argentario e il suo utilizzo da parte della collettività condominiale non consente di ritenere sussistente il potere di disporre giuridicamente del bene, ciò che costituisce il presupposto della custodia (si è citato l’insegnamento di Cass. n. 16029/2010).

Tuttavia, il giudice d’appello ha del tutto obliterato – onde accertare se un potere materiale ed effettivo sulla cosa (come in realtà precisato dall’arresto pure citato, benché in modo non pertinente, dalla stessa Corte toscana; v. in senso del tutto analogo, più di recente et ex multis, Cass. n. 11152/2023) fosse ravvisabile in capo al Condominio – le circostanze, risultanti dalla stessa relazione di CTU e senz’altro pregnanti, per cui l’area in discorso, benché di proprietà del Comune: 1) era stata pavimentata dal costruttore del palazzo condominiale; 2) ha funzione di copertura dei vani sottostanti e consente l’accesso ai vani scala e agli esercizi commerciali al piano terra; 3) è delimitata rispetto al limitrofo marciapiede, aperto al pubblico transito pedonale, da vasi di proprietà condominiale, al fine di circoscrivere ai condomini il relativo uso.

A fronte di quanto precede, risuona dunque estremamente riduttiva l’affermazione della Corte territoriale per cui il rapporto di custodia in capo al Condominio sarebbe da escludere, per di più essendosi ascritto al carattere di mera occasionalità l’uso che di detta area i condomini fanno; ciò ad onta della stessa funzione svolta dall’area in questione, ai fini dell’accesso ai vani scala, come prima evidenziato. In tal guisa, dunque, il giudice d’appello ha finito col violare l’art. 2051 c.c., giacché ne ha escluso l’applicabilità sostanzialmente fondando il proprio ragionamento sul solo dato formale (proprietà in capo al Comune), senza affatto accertare, sulla base dei suddetti rilevanti indici fattuali, se il Condominio eserciti o meno, su detta area, il potere materiale ed effettivo, quand’anche solamente in via concorrente con il formale titolare del diritto reale sulla medesima, in caso affermativo non potendo che risultarne conclamato il ruolo di custode, ai fini di quanto previsto dalla citata disposizione; tanto, pur a prescindere da un ipotetico esercizio – finanche soltanto concorrente – della custodia riferibile al formale proprietario dell’area in discorso, ossia al Comune.

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4.1 – Il terzo motivo è anch’esso fondato.

L’azione ex art. 2051 c.c. spiegata dall’odierna ricorrente attiene alla pretesa risarcitoria derivante da responsabilità da custodia di un’area pavimentata sovrastante il proprio garage, area che la Br. assume essere interamente custodita dal Condominio odierno controricorrente, che invece invoca la propria assoluzione al riguardo, per essere eventualmente responsabile il Comune di Monte Argentario, proprietario della part. 239 e soggetto estraneo a questo giudizio.

Ora (fermo quanto già statuito nell’esame del motivo che precede), anche ad ipotizzare una concorrente responsabilità del Condominio e del Comune di Monte Argentario, nell’ipotesi in cui si sia al cospetto dell’unicità del fatto costitutivo della responsabilità, non potrebbe che derivarne che la Br. avrebbe comunque correttamente convenuto in giudizio uno solo dei danneggianti, per l’intero ristoro del danno subito, secondo lo schema della solidarietà risarcitoria passiva ex art. 2055 c.c.

4.2 – In particolare, l’art. 2055, comma 1, c.c. stabilisce che, se il fatto dannoso è imputabile a più persone, ciascuna è obbligata in solido al risarcimento del danno. Pertanto, il presupposto della solidarietà risarcitoria è che il danno sia unico e che esso sia eziologicamente ricollegabile a più persone, avuto riguardo indifferentemente a condotte commissive o omissive, dolose o colpose (ovvero imputabili per responsabilità oggettiva, come, in ipotesi, è nella specie), o ancora al diverso titolo (contrattuale o extracontrattuale) cui ciascuno dei responsabili è tenuto.

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Si è invece al di fuori dell’area della solidarietà allorché le più condotte (commissive od omissive) abbiano cagionato danni autonomamente identificabili. Non occorre, però, che le diverse condotte si inquadrino in un piano unitario, non essendo previsto che il danno scaturisca da una condotta comune o previamente concordata tra i danneggianti; conseguentemente, essi sono tenuto in solido, concorrendone i presupposti, anche se abbiano agito – o siano loro riferibili le condizioni fondanti le rispettive responsabilità – autonomamente o ignorando l’azione altrui (sul tema, oltre alla recente Cass., Sez. Un., n. 13143/2022, si vedano, ex plurimis, Cass. n. 2120/1996; Cass. n. 1415/1999; Cass. n. 7507/2001; Cass. n. 23918/2006; Cass. n. 18939/2007).

4.3 – Ciò chiarito, risulta dunque evidente che la Corte toscana ha errato nell’apportare la riduzione della liquidazione del danno alla sola consistenza direttamente riconducibile ai beni di proprietà del Condominio, senza previamente accertare se l’evento dannoso lamentato dalla Br. fosse in realtà unico (ossia, se si trattasse – stando alle allegazioni della danneggiata e del Condominio convenuto, nonché a quanto risultante dalla compiuta istruttoria – di un unico “fatto dannoso”, nel senso fatto proprio dall’art. 2055 c.c., ascrivibile ad un bene oggetto della signoria, quand’anche pure solo concorrente, del convenuto e di altri), o se invece esso fosse ontologicamente riconducibile ad autonome sequenze causali, l’una direttamente riferibile al Condominio, l’altra al Comune (benché soggetto estraneo al giudizio), ciascuna causativa di danni distinti e autonomamente identificabili. Solo in tale ultimo caso, infatti, la riduzione quantitativa apportata al risarcimento dovuto dal Condominio avrebbe potuto palesarsi legittima, proprio per le ragioni prima esposte.

Non senza dire che – nel caso di accertata unicità del fatto dannoso, nella ripetuta accezione ex art. 2055 c.c. – dalla mancata assunzione di alcuna iniziativa processuale da parte del Condominio nei confronti del Comune di Monte Argentario, deriverebbe, prim’ancora che l’infondatezza, la stessa inammissibilità del quarto motivo d’appello del Condominio (tendente alla riduzione quantitativa del condannatorio in ragione della imputabilità del danno, pro parte, al Comune stesso): il Condominio, con detto contegno processuale, non ha chiesto né l’accertamento, in contraddittorio con l’ente, della rispettiva graduazione di responsabilità, né ha esercitato, già in questo giudizio, l’azione di regresso ex art. 1298 c.c. Da tanto discenderebbe – lo si ripete, in caso di unicità del fatto dannoso, questione che compete al giudice del rinvio accertare – il difetto d’interesse del Condominio ex art. 100 c.p.c., posto che esso sarebbe comunque tenuto per l’intero nei confronti del danneggiato, secondo il già descritto schema dettato dall’art. 2055 c.c. (arg. ex Cass. n. 542/2020; Cass. n. 11199/2021).

Solidarietà risarcitoria richiede danno unico condiviso

5.1 – In definitiva, il primo motivo è infondato, mentre i restanti sono accolti. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e accoglie il secondo e il terzo; cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma l’8 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 15 ottobre 2024.

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