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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 22 dicembre 2014, n. 53420. Non e' integrata alcuna nullita' della motivazione laddove il provvedimento faccia espresso richiamo per relationem ad altro provvedimento, ancorche' non allegato o non trascritto nell'ordinanza da motivare, purche' conosciuto o agevolmente conoscibile dall'interessato. I requisiti necessari affinche' la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale possa essere considerata legittima, sottolineando che, perche' possa ritenersi tale, la motivazione: 1) deve fare riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua, adeguata rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) deve fornire la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, deve essere conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quantomeno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facolta' di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione. Non e' dunque sufficiente il mero richiamo tout court all'altro provvedimento, ma e' necessario che il giudice "qualifichi" gli elementi indicati nel provvedimento richiamato per relationem e, dunque, dimostri una non supina ed immotivata adesione al precedente provvedimento, di cui e' tenuto a lasciare traccia visibile nel provvedimento. Allorche' si tratti della sentenza emessa a seguito di un giudizio di impugnazione, l'obbligo di motivazione non puo' ritenersi soddisfatto dal mero richiamo alla sentenza in verifica, essendo il giudice del gravame tenuto a disaminare le censure mosse dal ricorrente e ad esplicitare le ragioni per le quali abbia ritenuto di rigettarle ovvero di farle proprie.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 22 dicembre 2014, n. 53420 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere Dott....

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 gennaio 2015, n. 6. In materia di abusivismo edilizio l'onere della prova circa l'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere la sanatoria grava in capo al richiedente. Ciò perché, solo colui che richiede la sanatoria può fornire qualche documentazione da cui si desuma che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta, non potendosi ritenere sufficiente, la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorietà

Consiglio di Stato sezione VI sentenza 5 gennaio 2015, n. 6 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7305 del 2013, proposto dal signor Ge.Tu., rappresentato e difeso dall’avvocato Vi.Po., con domicilio eletto presso Sa.Co....

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 gennaio 2015, n. 2. L'art. 10, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 42 del 2004 definisce infatti come bene culturale, da sottoporre a tutela quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'art. 13, la cosa immobile o mobile che presenta interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante: ne deriva che un bene può essere oggetto della dichiarazione in discorso anche indipendentemente dal valore della zona nella quale esso è inserito, che assume invece rilievo nella diversa valutazione presidiata dal comma 4, lett. g) del medesimo art. 10. Prive di fondamento sono le censure svolte con l'appello che si appuntano sulla mancata considerazione dell'impossibilità di ricostruzione storica degli immobili esistenti nelle medesima via sulla quale insiste quello oggetto della dichiarazione: proprio perché la dichiarazione ha preso in esame le caratteristiche di questo singolo bene, e ne ha evidenziato le particolari caratteristiche, puntualmente richiamate dalla sentenza in esame, che ne hanno reso apprezzabile il valore di testimonianza storico-artistica.

Consiglio di Stato sezione VI sentenza 5 gennaio 2015, n. 2 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3629 del 2011, proposto da: Ca.An., rappresentato e difeso dall’avvocato D.No., con domicilio eletto presso Se.Am. in...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 8 gennaio 2015, n. 475. Condannato un avvocato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, alla pena di Euro 1.000 di multa, al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 8.000, e al rimborso delle spese in favore della parte civile, in quanto ritenuto colpevole del reato di diffamazione in danno del collega, per aver offeso, comunicando con più persone, la sua reputazione, pronunciando, il , le seguenti parole " L'avvocato è un pregiudicato, il titolare del vostro studio è un pregiudicato".In sede di ricorso invocata anche l'esimente dell'esercizio del diritto, a norma degli artt. 21 Cost. e 51 c.p.: esiste il diritto di manifestare il propri pensiero in forma di critica e/o di asserzione di verità, senza distinzione di appartenenza ad una qualsiasi categoria, in presenza dei requisiti della verità del fatto, dell'interesse pubblico alla sua conoscenza e della continenza formale. Per la Cassazione tale riconoscimento di rimuovere l'antigiuridicità di lesioni ai diritti fondamentali della persona va comunque contemperato con l'esigenza,sancita dagli artt. 2 e 3 della Costituzione, di evitare che il cittadino che si trovi nella condizione personale e sociale di persona processata e/o condannata divenga, in maniera indenne, perenne bersaglio del discredito dei consociati. Il richiamo all'attenzione dei cittadini di un evento screditante quale è una condanna penale deve razionalmente essere compiuto in un contesto che consenta alla rievocazione di intervenire direttamente nella sincronia degli eventi in corso e di suscitare necessaria e pertinente reazione nei destinatari.

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza  8 gennaio 2015, n. 475 Fatto e diritto Con sentenza 9.12.2011, il tribunale di Roma ha confermato la sentenza 19.7.2010 del giudice di pace della stessa sede, con la quale l’avvocato G.S. è stato condannato,previo riconoscimento delle attenuanti generiche, alla pena di Euro 1.000 di multa, al risarcimento...