Articolo

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 novembre 2015, n. 22694. In tema di tutela possessoria, qualora la reintegrazione o la manutenzione del possesso richieda, per il ripristino dello stato dei luoghi, la demolizione di un’opera in proprietà di più persone, il comproprietario non autore dello spoglio è litisconsorte necessario, in quanto è comunque destinatario del provvedimento di tutela ripristinatoria

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 6 novembre 2015, n. 22694 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere Dott....

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 novembre 2015, n. 22635. Riconosciuto il danno biologico con il solo demansionamento senza che debba esserci anche il mobbing

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 5 novembre 2015, n. 22635 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. DORONZO Adriana –...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18 novembre 2015, n. 45691. Non integra il reato di maltrattamento di animali, in relazione alla sottoposizione degli stessi a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche, la detenzione di volatili all’interno di gabbie di ampiezza insufficiente

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 18 novembre 2015, n. 45691 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 2/04/2015, depositata in data 9/04/2015, la Corte d’appello di PALERMO, confermava la sentenza dei tribunale di PALERMO del 18/03/2013 che aveva riconosciuto colpevole F.P. dei reato di cui all’art. 30, legge n. 157 del...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 novembre 2015, n. 23784. La denuncia di un vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva l’accertamento dei fatti, all’esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti dei proprio convincimento. Ne consegue che il vizio di motivazione deve emergere dall’esame del ragionamento svolto dai giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente dei mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione dei procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Non assume rilevanza, invece, la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti. In altri termini, il controllo di logicità dei giudizio di fatto – consentito al giudice di legittimità (dall’art 360 n. 5 c.p.c.) – non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice dei merito ad una determinata soluzione della questione esaminata. Una simile revisione si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione dei giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, estranea alla funzione attribuita dall’ordinamento al giudice di legittimità. In concreto il ricorrente, piuttosto che denunciare specificamente un vizio di motivazione nei termini indicati, si limita a prospettare una non consentita diversa ricostruzione dei medesimi fatti mediante la differente valutazione delle risultanze processuali

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 20 novembre 2015, n. 23784 Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza del 12/5/2009, confermava la sentenza del giudice di prime cure che, accogliendo la domanda avanzata da M.L. nei confronti di Poste Italiane S.p.a., aveva dichiarato che le lesioni (periartrite cronica scapolo omerale...

Articolo

Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 13 novembre 2015, n. 5191. Corretto l’operato di una amministrazione locale che aveva posto una limitazione alla circolazione nell’ambito del centro storico per i veicoli le cui ruote superassero particolari limiti dimensionali

CONSIGLIO DI STATO SEZIONE QUINTA sentenza 13 novembre 2015, n. 5191 Fatto e diritto 1. Con l’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 2004/M/09189 del 27.12.2004 venivano introdotte disposizioni limitative dell’accesso dei veicoli denominati S.U.V. (sport utility vehicle) nella Zona cittadina a traffico limitato (Z.T.L.), con decorrenza dal 1°.1.2005. Veniva infatti disposto di non rinnovare alla...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 13 novembre 2015, n. 45468. Il delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., modificato dalla L. n.190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno “contra ius” da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita. Tale fattispecie criminosa si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater c.p. ed introdotto dalla medesima Legge, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico. Il delitto di concussione si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell’attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, sicché, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell’ultimo, venendo così a perdere di autonomia l’atto anteriore della promessa e concretizzandosi l’attività illecita con l’effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo; così, qualora dopo la promessa la vittima esegua anche l’effettiva dazione dell’utilità, è in questo momento e nel luogo in cui essa avviene che si intende consumato il reato anche ai fini dell’individuazione della competenza per territorio

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 13 novembre 2015, n. 45468 Ritenuto in fatto Con sentenza del 17.7.2014 la Corte di appello di Catania – a seguito di gravame interposto dal Procuratore della Repubblica e dagli imputati B.M. e M.F. avverso la sentenza emessa il 3.5.2011 dal Tribunale di Catania – in riforma di...