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Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 27 novembre 2015, n. 5381. L’omessa o l’incompleta indicazione del titolo di studio, anche se l’omissione o l’incompletezza sono il risultato di una svista, comporta una vera e propria carenza della domanda sul requisito del titolo di studio. La sentenza ha precisato che l’Amministrazione legittimamente ha escluso il concorrente dalla partecipazione al concorso

Consiglio di Stato sezione V sentenza 27 novembre 2015, n. 5381 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUINTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 45 del 2013, proposto dal signor Pi.Fl., rappresentato e difeso dall’avvocato Do.To., con domicilio eletto presso il...

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Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 2 dicembre 2015, n. 5468. L’Amministrazione appaltante dispone di ampi margini di discrezionalità nella determinazione non solo dei criteri da porre quale riferimento per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche delle relative formule matematiche. Secondo il modulo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in particolare, la selezione del contraente deriva dal congiunto apprezzamento tecnico-discrezionale dei vari elementi che compongono le offerte secondo parametri di valutazione e ponderazione predeterminati dalla Stazione appaltante in funzione delle esigenze da soddisfare con lo specifico contratto, pur se con il vincolo che i criteri prescelti siano coerenti con le prestazioni che formano oggetto dell’appalto e pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto (cfr. l’art. 83 cit., comma 1). Il sindacato giurisdizionale nei confronti delle scelte amministrative operate in materia, tipica espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa, è consentito unicamente nei casi di abnormità, sviamento o manifesta illogicità. Questa impostazione rileva, naturalmente, anche nell’eventualità che la Stazione appaltante decida di avvalersi dello ‘strumento’ della “soglia di sbarramento” , scelta che potrebbe pertanto essere censurata solo in presenza di macroscopiche irrazionalità, di incongruenze o di palesi abnormità. La ratio di questo ‘strumento’ si ricollega all’esigenza specifica di addivenire, ai fini della singola, particolare procedura contrattuale, ad un livello qualitativo delle offerte particolarmente elevato, sì da comportare l’esclusione di quelle che, pur magari astrattamente convenienti sul piano economico, non raggiungano però sul versante qualitativo lo standard che l’Amministrazione si prefigge.

Consiglio di Stato sezione V sentenza 2 dicembre 2015, n. 5468 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUINTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3796 del 2015, proposto dalla Impresa Sa. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma.Bo. e Cl., con...

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 3 dicembre 2015, n. 5515. Inconferente è l’argomento secondo cui l’effetto acquisitivo sarebbe previsto direttamente dalla legge e non dall’impugnato provvedimento, costituendo, invero, quest’ultimo un elemento necessario per il perfezionamento della fattispecie acquisitiva della proprietà ed immissiva nel possesso in favore dell’Ente Parco – infatti, l’atto di accertamento dell’inottemperanza, adottato ai sensi dell’art. 31, comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001, sancisce l’effetto acquisitivo e costituisce, previo notifica all’interessato, titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei pubblici registri immobiliari -, così inserendosi nella sequenza norma-potere-effetto connotante la tecnica di produzione di effetti giuridicamente rilevanti attraverso l’intermediazione di un potere attribuito alla pubblica amministrazione, il cui esercizio, in aderenza ai principi di legalità e tipicità, è produttivo dell’effetto previsto dalla legge

Consiglio di Stato Sezione VI sentenza 3 dicembre 2015, n. 5515 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 8081 del 2015, proposto da: Am.Al. e An.Lu., rappresentati e...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 2 dicembre 2015, n. 47594. Non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la condotta di chi conceda, anche in sublocazione, ad una prostituta dietro corrispettivo della quota parte del canone un immobile nella propria disponibilità ove i due convivano, sebbene in esso la donna vi eserciti per proprio conto la prostituzione. Laddove la locazione avvenga a prezzo di mercato, la cessione del godimento di un appartamento ad un soggetto che vi eserciti la prostituzione non è fattore di per sé idoneo ad integrare gli estremi del reato di favoreggiamento della prostituzione sebbene il conduttore fosse consapevole dell’uso cui immobile era destinato, ciò in quanto la stipulazione del contratto e la messa a disposizione del locale non rappresenta un effettivo ausilio al meretricio, essendo necessario, ove si voglia rilevare l’esistenza del reato, il riscontro della prestazione da parte del locatore anche di altri servizi in favore della prostituta che siano idonee di per sé ad agevolare la attività di costei, quali la ricezione dei clienti, la fornitura di profilattici o la predisposizione dei testi per le inserzioni pubblicitarie

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  2 dicembre 2015, n. 47594 Ritenuto in fatto II Tribunale di Genova, con ordinanza dei 9 marzo 2015 ha rigettato il ricorso, presentato da Z.A., avverso/il provvedimento col quale il precedente 10 febbraio 2015 il Gip del Tribunale di Genova aveva disposto il sequestro preventivo di tre appartamenti...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 1 dicembre 2015, n. 47489. Ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato l’evento o sia stata compiuta, in tutto o in parte, l’azione, con la conseguenza che, in ipotesi di concorso di persone, perché possa ritenersi estesa la potestà punitiva dello Stato a tutti i compartecipi e a tutta l’attività criminosa, ovunque realizzata, è sufficiente che in Italia sia stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione ad opera di uno qualsiasi dei concorrenti. Integrante il delitto di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale la formazione di un sodalizio, connotato da strutture organizzative “cellulari” o “a rete”, in grado di operare contemporaneamente in più Paesi, anche in tempi diversi e con contatti fisici, telefonici ovvero informatici anche discontinui o sporadici tra i vari gruppi in rete, che realizzi anche una delle condotte di supporto funzionale all’attività terroristica di organizzazioni riconosciute ed operanti come tali, quali quelle volte al proselitismo, alla diffusione di documenti di propaganda, all’assistenza agli associati, al finanziamento, alla predisposizione o acquisizione di armi o di documenti falsi, all’arruolamento, all’addestramento, con l’affermazione della giurisdizione italiana in caso di cellula operante in Italia per il perseguimento della finalità di terrorismo internazionale sulla base dell’attività di indottrinamento, reclutamento e addestramento al martirio di nuovi adepti, da inviare all’occorrenza nelle zone teatro di guerra, e della raccolta di denaro destinato al sostegno economico dei combattenti del “Jihad” all’estero

SUPREMA CORTE  DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA   sentenza 1 dicembre 2015, n. 47489 Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Torino, provvedendo sulla richiesta di riesame proposta da H.E.M. avverso quella del G.I.P. dello stesso Tribunale applicativa della misura degli arresti domiciliari per il delitto di cui all’art. 414, comma...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 2 dicembre 2015, n. 47712. La buona fede (che esclude nei reati contravvenzionali l’elemento soggettivo) ben può essere determinata da un fattore positivo esterno che abbia indotto il soggetto in errore incolpevole, specie lì dove tale “fattore esterno” sia ricollegabile ad un comportamento della autorità amministrativa (competente alla tutela dell’interesse protetto) idoneo a determinare uno scusabile convincimento di liceità della condotta posta in essere. Nel caso in esame (in relazione al reato di cui all’art. 697 co. 1 cod.pen. – detenzione di 26 cartucce cal. 38 in assenza di previa denunzia all’autorità), secondo la S.C., non poteva essere opposta – al fine di ritenere consumato il reato – la qualifica soggettiva dell’agente, a fronte di una chiara indicazione proveniente dall’ufficio che ebbe a ricevere la denunzia dell’arma (con prassi ribadita nella comunicazione in atti). Detta indicazione, peraltro, pur se da ritenersi erronea (posto che l’obbligo di denunzia va ritenuto insussistente solo lì dove le cartucce per arma comune da sparo non superino la ordinaria capienza del caricatore dell’arma) non era immediatamente percepibile come tale, e ciò in virtù del fatto che la norma di cui all’art. 26 della legge n.110 del 1975 tende, effettivamente, a determinare una qualche incertezza nell’interprete sulla estensione oggettiva della esenzione dall’obbligo di denunzia delle munizioni in presenza di regolare denunzia dell’arma

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 2 dicembre 2015, n. 47712 In fatto e in diritto 1. Con sentenza emessa in data 21 maggio 2013 il GUP del Tribunale di Busto Arsizio ha affermato la penale responsabilità di B.F. in relazione al reato di cui all’art. 697 co. 1 cod.pen. (detenzione di 26 cartucce...