Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 7 aprile 2016, n. 6758 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BERNABAI Renato – Presidente Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere Dott. FERRO Massimo – Consigliere...
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Il principio dell’universalità della divisione ereditaria non è assoluto e inderogabile ed è possibile una divisione parziale, sia quando al riguardo intervenga un accordo tra le parti, sia quando, essendo stata richiesta tale divisione da una delle parti, le altre non amplino la domanda, chiedendo a loro volta la divisione dell’intero asse. In definitiva, la divisione parziale tra comproprietari è ammissibile quando essi vi consentano o quando formi oggetto di domanda giudiziale che nessuna delle parti estenda, chiedendo la trasformazione, in porzioni concrete, delle quote dei singoli comproprietari sull’intero asse. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 aprile 2016, n. 6931.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 aprile 2016, n. 6931 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere Dott. FALASCHI...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 21 aprile 2016, n. 16638. Sussiste assoluta autonomia e diversità ontologica tra le ipotesi sanzionatorie di cui all’art.222 C.d.S. di portata generale e riferibile alla commissione di un reato colposo di danno con violazione delle norme sulla circolazione stradale e la guida in stato di ebbrezza, aggravata dal fatto di avere provocato un incidente stradale con conseguente turbativa alla sicurezza della circolazione; entrambe tali ipotesi determinano l’applicazione della revoca della patente di guida in ragione del diverso, ma ugualmente penetrante profilo di danno alla persona, e di pericolo di pregiudizio alla circolazione che rispettivamente determinano, laddove il richiamo operato alI’art.222 C.d.S. dalla disposizione normativa dell’art.186 comma II bis, lungi da significare la necessità di una interpretazione congiunta delle due disposizioni, stà al contrario ad attestare la rispettiva autonomia e il differente ambito di applicazione delle due norme
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 21 aprile 2016, n. 16638 Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Verona con sentenza 22.9.2014 con motivazione contestuale aveva accolto la richiesta di F.G., cui aveva espresso il consenso il PM, di applicazione nei suoi confronti della pena di mesi quattro di arresto e di € 2.000...
Deve considerarsi valida la notifica all’imputato eseguita mediante invio di messaggio di posta elettronica certificata al difensore, poiché il divieto di notificare a mezzo PEC all’imputato deve intendersi riferito alla persona fisica di quest’ultimo. Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 21 aprile 2016, n. 16622.
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 21 aprile 2016, n. 16622 Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Bologna, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente S.A. , con sentenza del 3 marzo 2015, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Forlì sez. dist. di Cesena emessa il 9.3.2012 appellata dall’imputato, escludeva il...
In tema di elemento soggettivo del reato, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l’indagine giudiziaria, volta a ricostruire l’iter e l’esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell’agente; c) la durata e la ripetizione dell’azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; J) la probabilità di verificazione dell’evento; g) le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (cosiddetta prima formula di Frank). Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 21 aprile 2016, n. 16585.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 21 aprile 2016, n. 16585 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 21 maggio 2015 la Corte di assise di appello di Napoli confermava quella pronunciata il 17 luglio 2014, all’esito di giudizio abbreviato, dal GUP del tribunale della stessa sede a carico di M.L. , giudicato...
In tema di violazioni edilizie costituenti reato, il committente deve identificarsi in colui che ha la materiale disponibilità del bene oggetto dell’intervento abusivo, anche senza esserne il proprietario o senza avere con lo stesso un rapporto giuridicamente qualificato; in altri termini, la paternità, esclusiva o in concorso con altri, dell’opera ben può essere attribuita anche a colui che, pur in assenza di titoli formali astrattamente legittimanti un potere decisionale, abbia, anche solo di fatto, la disponibilità del bene. Sicché, se con riguardo alla posizione di chi ricopra una veste già di per sé implicante la disponibilità formale del bene, la presunzione logica in tal modo derivante circa l’attribuibilità al medesimo dei lavori comporta, in capo all’accusa, un onere probatorio di minore portata perché in qualche modo coincidente con tale dato formale, con riguardo invece a chi tale qualifica formale non abbia, è necessario che sia fornita la prova degli elementi fattuali univocamente indicativi, in contrasto con l’apparente formale estraneità del soggetto, della disponibilità di fatto del bene coinvolto (nella fattispecie, dei fondo sul quale i manufatti sono stati edificati). Ed infatti, sia pure con riferimento alla situazione del coniuge mero comproprietario e non committente, si è affermato che la responsabilità per l’abuso edilizio può essere desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria della compartecipazione, anche morale, alla realizzazione del manufatto, desumibili dalla presentazione della domanda di condono edilizio, dalla piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo, dall’interesse specifico ad edificare la nuova costruzione, dai rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, dalla presenza di quest’ultimo “in loco” e dallo svolgimento di attività di vigilanza nell’esecuzione dei lavori o dal regime patrimoniale dei coniugi. Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 aprile 2016, n. 16163.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 20 aprile 2016, n. 16163 Ritenuto in fatto 1. R.F.S. e C.A. hanno proposto distinti ricorsi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo di conferma della sentenza dei Tribunale di Agrigento di condanna per i reati di cui agli artt. 44 lett. b) dei d.P.R. n. 380...
La notifica di un atto processuale si intende perfezionata per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario – la tempestività della notifica esige che la consegna della copia dell’atto per la notifica venga effettuata nel termine perentorio assegnato dalla legge o dal giudice e che l’eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente ad errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante. Pertanto, in tale eventualità, la data di ricezione dell’atto da parte del destinatario non rileva al fine di escludere la tempestività dell’adempimento, ma soltanto in caso di mancato compimento del procedimento notificatorio, al fine di richiederne la rinnovazione, provvedendovi con sollecita diligenza da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza. Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 20 aprile 2016, n. 7826.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 20 aprile 2016, n. 7826 Fatto e diritto 1: Era depositata in Cancelleria ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. la seguente relazione: «1.-Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello interposto da SIREC srl avverso la sentenza del Tribunale di Roma,...
Nel divorzio, la durata del matrimonio non esclude necessariamente il diritto all’assegno. Fanno eccezione a questa regola i soli casi in cui non si sia verificata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi per la troppo breve durata del vincolo. Corte di Cassazione, sezione VI, rdinanza 11 marzo 2016, n. 4797.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI Ordinanza 11 marzo 2016, n. 4797 E’ stata depositata la seguente relazione: 1) La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 7.1.2014, ha parzialmente accolto l’appello proposto da A.B. contro la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio...
Integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all’art. 316 ter c.p., la condotta del datore di lavoro che, mediante la fittizia esposizione di somme corrisposte al lavoratore a titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute all’istituto previdenziale a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, cosi percependo indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 19 aprile 2016, n.15989
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 19 aprile 2016, n.15989 Ritenuto in fatto Con sentenza del 9.2.2015 il Tribunale di Avellino assolse F.S. dal reato di truffa in danno dell’I.N.P.S. perché il fatto non sussiste. Ad avviso del primo giudice, nel caso in esame, non sarebbe configurabile il reato di truffa, in quanto l’I.N.P.S....
La decadenza del permesso di costruire, a causa del decorso dei termini entro i quali i lavori avrebbero dovuto iniziare e concludersi, ha natura dichiarativa, con efficacia “ex tunc” di un effetto che si verifica direttamente. La sentenza ha precisato che questa deve essere l’esatta interpretazione dell’articolo 15, comma 2, del dpr. 380/2001, nell’inciso: “(…) il permesso decade di diritto per la parte non eseguita” a meno che “anteriormente alla scadenza, venga chiesta una proroga”. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 15 aprile 2016, n. 1520.
Consiglio di Stato sezione IV sentenza 15 aprile 2016, n. 1520 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso n. 1189/2015 RG, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gi. Ca., con...