Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 8 aprile 2016, n. 6931

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3552/2011 proposto da:

(OMISSIS) SAS, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), come da procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), come da procura speciale in calce al controricorso e ricorso in via incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

(OMISSIS);

– intimata nel ricorso principale –

avverso la sentenza n. 2043/2010 della CORTE D’APPELLO di VI A, depositata il 20/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2015 dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;

udito l’Avvocato (OMISSIS), che si riporta agli atti, alla memoria depositata e alle conclusioni assunte;

udito il Sostituto Procuratore Generale, Dott. Alberto Celeste, che conclude per il rigetto dei ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L Con atto di citazione notificato il 18.12.1998, la (OMISSIS) S.a.s. – (d’ora in avanti (OMISSIS)), premesso che, a seguito di sentenza di scioglimento di comunione n. 1533 del 3.12.1989 emessa dal Tribunale di Venezia nel relativo giudizio con i comproprietari (OMISSIS) e (OMISSIS) (vedova (OMISSIS)), seguita da sentenza di assegnazione n. 1398 del 22.1.1993 pronunciata dallo stesso Tribunale, era rimasto indiviso tra le parti (in quanto estraneo alla domanda di divisione oggetto di un precedente giudizio) un singolo bene immobile, costituito da un magazzino locato a terzi, sito al civico n. (OMISSIS), e che il predetto bene apparteneva all’attrice per la quota di tre quarti, mentre la rimanente quota di un quarto, gravata per la meta’ da usufrutto a favore di (OMISSIS), apparteneva a (OMISSIS), ha citato in giudizio lo (OMISSIS) e la (OMISSIS) per sentir pronunciare la divisione immobiliare in relazione all’unico bene rimasto comune. Ha altresi’ chiesto l’assegnazione a se’, in caso di comoda divisibilita’, della porzione immobiliare corrispondente alla quota di sua spettanza.

2. Si sono costituiti in quella sede entrambi i convenuti, dichiarando di non opporsi allo scioglimento della comunione immobiliare ed esponendo che, a loro avviso, l’immobile era comodamente divisibile, sicche’ si erano opposti ad un’eventuale assegnazione al quotista di maggioranza.

3. All’esito dell’espletamento di una CTU sull’immobile e di un supplemento di indagine peritale, con sentenza non definitiva n. 1065/03 del 26.3.2003, il Tribunale ha dichiarato lo scioglimento della comunione, dichiarando esecutivo il progetto divisionale n. 1 dell’arch. M. (OMISSIS) depositato in data 21.3.2000, con condanna del convenuto al pagamento di Euro 8.459,56 a titolo di conguaglio (maggiorato della rivalutazione Istat dal 21.3.2001 al saldo). Ha altresi’ disposto la rimessione in istruttoria della causa ai fini del frazionamento. Avverso tale pronuncia (OMISSIS) s.a.s. aveva proposto riserva d’appello ex articolo 340 c.p.c.. Con successiva sentenza n. 2524/2007 del 30.10.2007, il Tribunale di Venezia ha assegnato alla (OMISSIS) s.a.s. il lotto di cui al n. 1 (mapp. (OMISSIS)/sub. 4 di mq 30 netti e 35 lordi catastali) ed allo (OMISSIS) il lotto di cui al mapp. (OMISSIS)/sub. 5 di mq 16 netti e 19 lordi catastali, lasciando in comune una zona di mq 3,20 all’interno, quale bussola di entrata (su cui si sarebbero dovuti realizzare dei muri e delle porte); ha, inoltre, dichiarato le parti tenute a sopportare gli esborsi per gli adempimenti successivi, di ordine tanto amministrativo (pianto edilizio-costruttivo, nelle rispettive proporzioni di 3/4 e 1/4.

4. Avverso le citate sentenze ha proposto appello la (OMISSIS) s.a.s. A sua volta, (OMISSIS) ha invocato, oltre alla conferma dell’impugnata sentenza, per l’ipotesi in cui il magazzino fosse stato ritenuto e dichiarato indivisibile, l’assegnazione dell’intero in suo favore e, in accoglimento dell’appello incidentale, la condanna della (OMISSIS) s.a.s. alla rifusione delle spese di lite del primo giudizio.

4.1 – Con sentenza n. 2043/2010 del 20.10.2010, la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato entrambi gli appelli, compensando integralmente le spese processuali. Le ragioni sottese alla decisione possono sintetizzarsi come segue: a) il magazzino non rientra nel novero dei beni oggetto di divisione; b) l’immobile oggetto di divisione, pur avendo avuto destinazione catastale “alberghiera”, risulta essere stato concesso in locazione a terzi, a far data dal lontano anno 1960, proprio quale magazzino; c) l’assegnazione del vano di mq. 20 non precluderebbe eventuali future ristrutturazioni, ne’ creerebbe interferenze, deponendo in senso contrario soprattutto la particolare configurazione dell’edificio a forma irregolare e non lineare, all’interno del quale non tutti i piani sono stati assegnati alla (OMISSIS); d) la divisibilita’ del bene deve prescindere dalla presenza di interessi particolari di chi si oppone alla divisione in natura.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS) s.a.s., sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS), il quale, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo e ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

A. Il ricorso principale e’ fondato quanto al terzo e al quarto motivo, infondato quanto al primo, al secondo e al quinto, restando assorbito il sesto, per quanto di seguito si chiarisce con riguardo a ciascun motivo.

1 – Col primo articolato motivo del gravame principale la ricorrente si duole dell’erroneita’ dell’impugnata sentenza, in quanto avrebbe, in violazione degli articoli 720 e 2909 c.c. e articolo 324 c.p.c. e con insufficiente e contraddittoria motivazione (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), negato l’attribuzione in suo favore dell’intera proprieta’ del bene. In particolare, il criterio divisionale utilizzato dai giudici di merito sarebbe illogico, non tenendo conto delle sentenze nn. 1533/1989 (non definitiva) e 1398/93 (definitiva) dello stesso Tribunale, relative al giudizio di divisione principale, per le quali sarebbe necessaria l’attribuzione del magazzino al condividerne risultato assegnatario dell’albergo (vale a dire, alla ricorrente; laddove lo (OMISSIS) era risultato assegnatario del cinematografo e del complesso di abitazioni e magazzini inseriti nell’altro lotto. In base all’assunto della (OMISSIS) s.a.s., la predetta ripartizione era finalizzata ad assicurare la completa indipendenza tra i due lotti e ad evitare interferenze tra i condividenti, obiettivo che era stato vanificato dalla sentenza impugnata. Da ultimo, sostiene la ricorrente che, alla stregua delle planimetrie prodotte in causa, il magazzino farebbe parte del mappale (OMISSIS) (vale a dire, dell’immobile alberghiero), assegnato per intero alla S.N.I. s.a.s., laddove il Tribunale lo avrebbe valutato come un’unita’ avulsa dal compendio immobiliare gia’ parzialmente sciolto.

1.1 – Il motivo e’ destituito di fondamento.

1.1.1 – Avuto riguardo alla doglianza secondo cui si sarebbe formato, con riferimento al criterio da adottare nella divisione del magazzino residuo, un giudicato (esterno implicito), rappresentato dal criterio sulla base del quale e’ stata operata l’assegnazione dei lotti nella divisione principale, e’ sufficiente richiamare proprio i principi affermati dalla sentenza (peraltro risalente) di questa Corte invocata dalla ricorrente. E’ vero, infatti, che quest’ultima ha statuito che la porzione residua da dividere nel secondo giudizio va determinata, salvo patto contrario, attraverso una valutazione globale di tutti i beni, quelli gia’ divisi e quelli rimasti in comunione, secondo un criterio uniforme e riferito allo stesso momento temporale; ma e’ altrettanto vero che tale regola iuris trova applicazione solo qualora la divisione, per volonta’ delle parti, abbia ad oggetto solo alcuni dei beni del patrimonio comune, nel qual caso cio’ che viene attribuito a ciascun partecipante assume la natura di acconto sulla porzione spettante in sede di divisione definitiva (Cass., Sez. U, Sentenza n. 1145 del 24/03/1977). Nella fattispecie in esame, invece, la mancata ricomprensione del magazzino tra i cespiti da ripartire in occasione della prima divisione giudiziale, non riconducibile ad un accordo tra le stesse intercorso, di cui manca qualsiasi prova.

1.1.2 – In proposito, va ricordato che il principio dell’universalita’ della divisione ereditaria non e’ assoluto ed inderogabile ed e’ possibile una divisione parziale, sia quando al riguardo intervenga un accordo tra le parti, sia quando (ed e’ il caso di specie), essendo stata richiesta tale divisione da una delle parti, le altre non amplino la domanda, chiedendo a loro volta la divisione dell’intero asse (Sez. 2, Sentenza n. 573 del 12/01/2011; Sez. 2, Sentenza n. 10220 del 29/11/1994). In definitiva, la divisione parziale tra comproprietari e’ ammissibile quando essi vi consentano o quando formi oggetto di domanda giudiziale che nessuna delle parti estenda, chiedendo la trasformazione, in porzioni concrete, delle quote dei singoli comproprietari sull’intero asse (Sez. 2, Sentenza n. 1086 del 19/05/1967).

1.1.3 – Ne’, d’altra parte, si puo’ ritenere intervenuto sul punto un giudicato, sia pure implicito. Invero, quando due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico o titolo negoziale, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato (profilo, quest’ultimo, peraltro, non dedotto ne’ dimostrato ai sensi dell’articolo 124 disp. att. c.p.c.), l’accertamento cosi’ compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione su questioni di fatto o di diritto preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, solo qualora la situazione o le questioni siano relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause (Sez. 5, Sentenza n. 23723 del 21/10/2013). A tal fine, inoltre, il predetto accertamento deve formare la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza con autorita’ di cosa giudicata (Sez. 6-5, Ordinanza n. 5478 del 05/03/2013).

Nella fattispecie in oggetto, la questione in relazione alla quale la (OMISSIS) s.a.s. invoca l’intervenuta formazione del giudicato (vale a dire, la comoda o meno divisibilita’ del cespite dividendo), da un lato, non costituiva un punto fondamentale comune ad entrambi i giudizi (la divisibilita’ dei beni ripartiti nel primo giudizio non comportava di per se’ la divisibilita’ anche di quello oggetto del secondo processo, e viceversa); dall’altro lato, non rappresentava neppure la premessa logica indispensabile sottesa alla prima decisione passata in giudicato. Del resto, il giudicato non si estende ad ogni proposizione contenuta in una sentenza con carattere di semplice affermazione incidentale, atteso che per aversi giudicato implicito e’ necessario che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole tacitamente risolta sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, e dunque che l’accertamento contenuto nella motivazione della sentenza attenga a questioni che ne costituiscono necessaria premessa ovvero presupposto logico indefettibile (Sez. 1, Sentenza n. 16824 del 05/07/2013).

Nel caso di specie, la ragione addotta dalle sentenze emesse nel corso del precedente giudizio di divisione per giustificare la suddivisione in due lotti del compendio da dividere (assicurare la completa indipendenza tra i due lotti ed evitare interferenze tra i condividenti) attinge ad un piano di mera opportunita’, e certamente non assurge al rango di considerazione avente valenza giuridica, come tale vincolante in successivi giudizi. Sullo stesso piano si pongono i suggerimenti formulati dal c.t.u. nella relazione datata 12.3.1991 e richiamati dal ricorrente a sostegno delle proprie tesi (cfr. pag. 44 del ricorso: “- il magazzino -…per l’albergo puo’ completare la disponibilita’ del piano temi e costituire comunque in futuro umica di servizio…”. Ed ancora: “le parti autonomamente potranno ottenerne l’assegnazione sulla base del valore accertato dal ctu alla data del 12.3.1991 (L 40.000.000). salvo conguaglio”).

La ricorrente, inoltre, non contesta analiticamente le considerazioni espresse sul punto dalla Corte di mento (cfr. pagg. 5 – dal rigo 6 al rigo 14 – e 5-6 – dal rigo 22 al rigo 6 -della sentenza impugnata).

La Corte d’Appello di Venezia ha, poi, fondato la sua decisione anche su altri due rilievi, anch’essi non contrastati con il ricorso: 1) la circostanza che l’immobile fosse stato, a far data dal lontano anno 1960, concesso in locazione a terzi proprio come magazzino; 2) la circostanza che la stessa (OMISSIS) s.a.s., una volta subentrata, avesse continuato a lasciare in locazione il cespite, non adibendolo a magazzino dell’albergo. I riportati due rilievi sono stati anche accompagnati dalla condivisibile affermazione secondo cui: “la divisibilita’ del bene deve prescindere dalla presenza di interessi particolari di chi si oppone alla divisione in natura” (cfr. pag. 6).

Occorre rilevare, ancora, che non appare corrispondente al vero che la sentenza non definitiva n. 1533/89, nell’individuare i cespiti compresi nel (o, comunque, di pertinenza del) complesso alberghiero, avesse indicato, con l’anagrafico 363, anche il magazzino, atteso che all’inizio della causa di divisione (ed ancora al momento del sopralluogo operato dal perito d’ufficio nel 1982) il detto anagrafico, in realta’, contraddistingueva semplicemente una delle porte secondarie dell’hotel (cfr. la relazione integrativa del c.t.u. del 27.2.2002 – cui risulta allegata la visura storica del bene – e pag. 10 della sentenza n. 1533/89, i cui passaggi sono stati riportati a pag. 16 del controricorso dello (OMISSIS)), laddove il magazzino aveva all’epoca ancora il civ. 365. Solo nella successiva relazione peritale del 12.3.1991 il magazzino venne per la prima volta identificato con il civ. 363, con la conseguenza che la sentenza n. 1398/93 ebbe ad attribuire al predetto ingresso laterale dell’hotel il m 365 (cfr. pag. 10 della detta sentenza, riportata a pag. 16 del controricorso).

1.1.4 – Per quanto concerne la dedotta incongruita’ della motivazione, e’ opportuno evidenziare che, in tema di scioglimento di una comunione avente ad oggetto un compendio immobiliare, l’accertamento del requisito della comoda divisibilita’ del bene, ai sensi dell’articolo 720 c.c., e’ riservato all’apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimita’, se sorretto da motivazione congrua, coerente e completa (cfr., infra alios, Sez. 2, Sentenza n. 7961 del 21/05/2003). Va ricordato che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimita’ ex articolo 360 c.p.c., n. 5 (nella formulazione anteriore al Decreto Legge n. 83 del 2012), sussisteva solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risultava dalla sentenza, fosse riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non poteva invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perche’ la citata norma non conferiva alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., infra alios, Sez. 3, Sentenza n. 1014 del 19/01/2006). Del resto, poiche’ la regola e’ rappresentata dall’articolo 718 c.c. (il quale attribuisce a ciascun coerede il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettante, con le modalita’ stabilite dagli articoli 726 e 727 c.c.), la non comoda divisibilita’ di un immobile puo’ essere ritenuta solo ove risulti rigorosamente accertato il concorso dei previsti presupposti, ossia l’irrealizzabilita’ materiale del frazionamento del bene, ovvero la sua attuabilita’ a condizioni di notevole deprezzamento e senza la possibilita’ di formare porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitu’, pesi o limitazioni eccessive (Sez. 2, Sentenza n. 3706 del 31/05/1988; conf. 4233/87 e 3617/87).

Va infine osservato che la sentenza ha, sul punto, fatto propri i rilievi formulati, in ordine alla comoda divisibilita’ del magazzino, dal c.t.u. (non eccessiva onerosita’ dell’intervento, esiguo deprezzamento del bene diviso, contenuta limitazione al godimento derivante dalla servitu’ di passaggio, omogeneita’ di utilizzazione rispetto alla destinazione d’uso, suddivisione in porzioni di valore vicino alle quote astratte spettanti a ciascuna parte), traducendoli in argomentazioni connotate da correttezza giuridica e coerenza logico-formale.

2 – Con il secondo motivo, la ricorrente ha denunciato la violazione o falsa applicazione degli articoli 718, 726, 727, 728 e 1114 c.c., nonche’ la insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avuto particolare riguardo alla utilizzazione e condivisione degli assunti di una perizia carente sotto il profilo probatorio ed insufficientemente motivata. Rileva che, ammessa la comoda divisibilita’ del cespite, i giudici di merito avrebbero dovuto dichiarare esecutivo non gia’ il primo progetto divisionale elaborato dal c.t.u. (che, prevedendo la creazione di una bussola comune di disimpegno, determinava un deprezzamento del valore di entrambe le unita’ assegnate, nonche’ la loro inutilizzabilita’ pratica a magazzino per la difficolta’ di accesso e di fruizione), ma quello predisposto dal perito di parte arch. (OMISSIS) con la relazione del 31.1.2008. Quest’ultimo progetto ipotizzava, senza comunione e conguaglio, una divisione mediante l’apertura di una nuova porta esterna e la costruzione di un nuovo muro divisorio interno, nel rispetto delle quote di comproprieta’. In ogni caso, rileva la ricorrente, potevano i giudici di merito scegliere il secondo progetto a fuma del c.t.u., che frazionava il bene in due parti, senza lasciare in comune alcuna porzione e riducendo il conguaglio in denaro, con conseguenti minori costi.

2.1 – Il motivo e’ inammissibile e comunque infondato.

14 ricorrente si e’ limitata ad ipotizzare una soluzione alternativa (quella n. 2 prospettata dallo stesso c.t.u. o quella formulata nel corso del giudizio dal proprio consulente di parte), reputandola preferibile sul piano dei costi, della valorizzazione del cespite e della eliminazione di zone ad uso promiscuo. Come gia’ detto nell’analisi del primo motivo di gravame, e’ inammissibile il motivo di ricorso per cassazione proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte. Inoltre, il concetto di comoda divisibilita’ di un immobile postula, sotto l’aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo c libero godimento e sotto l’aspetto economico-funzionale che la divisione consenta il mantenimento, sia pure in misura proporzionalmente ridotta, della funzionalita’ che aveva il tutto e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto della normale destinazione ed utilizzazione del bene stesso (Sez. 2, Sentenza n. 1738 del 07/02/2002).

Nel caso di specie, la soluzione cui hanno inteso aderirei giudici del merito determina la formazione di due porzioni sicuramente suscettibili di autonomo godimento, le quali consentono il mantenimento, sia pure in misura proporzionalmente ridotta, della funzionalita’ precedente (considerando la destinazione d’uso a magazzino) e non comportano un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote. La motivazione resa sul punto dalla Corte veneziana appare, per quanto sintetica, congrua dal punto di vista logico: la soluzione alternativa (n. 2) non e’ meno costosa di quella scelta dal Tribunale, ma, anzi, appare piu’ costosa e di difficile realizzazione. Inoltre per l’apertura di una nuova porta esterna occorrerebbe l’autorizzazione comunale, tutt’altro che scontata, dovendo anche richiedersi il parere dell’apposita commissione di “Salvaguardia di Venezia””.

3 – Con il terzo motivo, la ricorrente ha denunciato la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c. e la omessa ed insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5), rappresentato dall’asserito errore di conteggio delle superfici, riflettentesi sulle ripartizioni e sul calcolo del conguaglio. In particolare, la ricorrente deduce che la Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi in ordine alla doglianza secondo cui, mentre la sentenza non definitiva n. 1065/2003 (che aveva dichiarato esecutivo il progetto divisionale n. 1 elaborato dal c.t.u.) aveva assegnato alla (OMISSIS) s.a.s. il lotto di mq lordi 38,40 ed a (OMISSIS) quello di mq lordi 20,60 (entrambi comprensivi della bussola comune di mq 3,20), la perizia integrativa del c.t.u. datata 29.6.2005 (in funzione del frazionamento del bene) aveva indicato una unita’ di mq 30 netti e 35 lordi da assegnare alla (OMISSIS) s.a.s. ed una seconda unita’ di mq 16 netti e 19 lordi da assegnare allo (OMISSIS) (cui dovevano aggiungersi mq 3 netti per la parte comune), laddove la sentenza definitiva n. 2524/07 si era limitata a recepire quanto indicato dal c.t.u. nella menzionata perizia integrativa.

3.1 – Il motivo e’ fondato.

Occorre osservare che in effetti risulta il difetto motivazionale denunciato quanto al calcolo delle superfici, non risultando con chiarezza anche il criterio adottato (superficie catastale lorda/superficie commerciale). Sul punto e’ necessario una maggiore specificazione della motivazione.

4 – Con il quarto motivo, la (OMISSIS) s.a.s. sostiene che erroneamente i giudici di merito avrebbero determinato la valutazione dell’immobile, e del conseguente conguaglio, con riferimento, anziche’ al momento della decisione finale del giudizio di divisione, al momento del deposito della perizia del c.t.u. risalente al marzo del 2001 (sia pure rivalutata secondo gli indici Istat). In particolare, la ricorrente fonda il proprio assunto sulla considerazione secondo cui il valore del bene dovrebbe essere correlato alla lievitazione del prezzo di mercato, che, nel caso di specie, alla data del 31.1.2008 sarebbe pari ad Euro 5.000 al mq, mentre il valore CTU rivalutato alla stessa data secondo gli indici ISTAT, ammonterebbe ad Euro 1.671,07.

4.1 – Il motivo e’ fondato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che il debito da conguaglio che grava sul condividente assegnatario di un immobile non facilmente divisibile (che ha natura di debito di valore) nasce solo con l’assegnazione del bene, al momento della pronunzia definitiva sulla divisione, momento al quale deve, pertanto, essere rapportato il valore di ciascuna porzione proporzionale ad ogni singola quota (Cass. n. 6653 del 2003). Ne consegue che la rivalutazione di tale debito, da effettuare anche d’ufficio, con riferimento al momento della decisione della causa di divisione, non altera in alcun modo il petitum della controversia tra le parti, incidendo esclusivamente sulla concreta quantificazione della quota in termini monetari (Cass. n. 3083 del 2006). Inoltre, la determinazione del conguaglio in denaro, ai sensi dell’articolo 728 c.c., a carico di colui cui viene attribuita la porzione in natura di maggior valore ed a favore del condividerne al quale e’ attribuita la porzione di minor valore, prescinde dalle singole domande delle parti, atteso che essa attiene alle concrete modalita’ di attuazione del progetto divisionale devolute alla competenza del giudice e la sentenza di scioglimento della comunione persegue il mero effetto di perequare il valore delle rispettive quote (Cass. n. 7833 del 2008).

Colgono, quindi, nel segno le censure della ricorrente, la quale si duole sostanzialmente che la Corte d’appello ha determinato il valore dell’immobile non con riferimento alla data della decisione, ma sulla base di una valutazione fatta anni prima. In sostanza, deve ritenersi che la rivalutazione d’ufficio da parte del giudice del debito di valore e’ dovuta se e nei limiti in cui nel frattempo vi sia stata una apprezzabile lievitazione del prezzo di mercato del bene, tale da comportare una chiara sproporzione nel valore delle quote di cui sono rispettivamente titolari i condividenti e, quindi, una alterazione della funzione di riequilibrio cui il conguaglio e’ finalizzato (vedi, di recente, Sez. 6-2, Sentenza n. 15288 del 03/07/2014). Se la stima dei beni immobili e’ effettuata in data non troppo vicina rispetto a quella della decisione, il valore deve essere aggiornato ove se si accerti che, per la stasi del mercato o per le caratteristiche del bene, sia intervenuto un mutamento di valore che ne renda necessario l’adeguamento, costituendo onere della parte non solo di sollecitare la rivalutazione, m anche di allegare le ragioni del significativo mutamento del valore dei beni intervenuto medio tempore (Sez. 2, Sentenza n. 21632 del 21/10/2010; Sez. 2, Sentenza n. 10624 del 03/05/2010). Inoltre, nei giudizi di divisione, ai fini dell’articolo 720 c.c., il valore del bene deve essere aggiornato d’ufficio anche in appello per adeguarlo alle fluttuazioni di mercato dello specifico settore, indipendentemente dall’andamento del potere d’acquisto della moneta (Sez. 2, Sentenza n. 13568 del 04/12/1999).

Nella fattispecie, l’appellante (odierna ricorrente) aveva dedotto una apprezzabile lievitazione dei valori commerciali dei valori del mercato immobiliare specie nel periodo intercorrente tra gli anni 2002 (anno successivo alla perizia) e 2007 e soprattutto nella zona in cui era ricompreso l’immobile ((OMISSIS), centro storico, vicino alla stazione), invitando la Corte a tener conto dei mutamenti del mercato immobiliare.

La Corte d’appello ha rigettato questa censura, sulla base della seguente motivazione: “… la valutazione dell’immobile, fissata in Lire 2.800.000 al mq., riferita al marzo 2001, pur non trovando assoluto riscontro con i valori attuali del mercato immobiliare, appare adeguata ed, in ogni caso, l’impugnata sentenza ha disposto che il conguaglio venga rivalutato secondo gli indici ISTAT a decorrere proprio dal marzo 2001, per ori non appare necessaria alcuna interiore integrazione dell’espletata CTU”.

La motivazione resa sul punto dalla Corte di merito risulta insufficiente, se non contraddittoria, non avendo in alcun modo giustificato il mancato ricorso ad una c.t.u. suppletiva che, alla luce dello stato manutentivo in cui versa il cespite, accerti il suo valore all’attualita’ e, di riflesso, per l’eventualita’ in cui rilevi uno scarto sensibile (avendo come parametro di riferimento il valore stimato dal perito d’ufficio, incrementato in base agli indici lstat), proceda altresi’ al ricalcolo del conguaglio dovuto dall’assegnatario della quota maggiore (vale a dire, dallo (OMISSIS)).

5 – Con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata, per violazione dell’articolo 112 c.p.c. e per omessa e insufficiente motivazione, per aver confermato il criterio di ripartizione delle spese di realizzazione dei lavori divisionali, ponendole a carico della massa in ragione di 3/4 (per la (OMISSIS) s.a.s.) e di 1/4 (per lo (OMISSIS)). In particolare, la (OMISSIS) s.a.s. sostiene che le predette spese si sarebbero dovute ripartire tra le parti alla meta’ (atteso che il vano comune da realizzare si pone al 50% al servizio di ciascuna unita’) o, in subordine, nella misura di 65% e di 35% (tenendo conto della proporzione in cui e’ avvenuta la divisione delle unita’ immobiliari).

5.1 – Il motivo e’ infondato, giacche’ la decisione adottata appare in linea con la suddivisione delle spese a carico della massa ereditaria.

6 – Con il sesto motivo, la ricorrente ha invocato, denunciando la omessa ed insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo, la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, sulla base del criticabile comportamento tenuto dal c.t.u. arch. (OMISSIS), il quale immotivatamente non avrebbe interpellato le autorita’ amministrative al fine di sondare l’attuabilita’ della soluzione contemplante l’apertura di una porta sulla calle.

6.1 -Il motivo resta assorbito dal rigetto del primo motivo.

B. Il ricorso incidentale e’ fondato per quanto di seguito si chiarisce. (OMISSIS) ha chiesto la riforma dell’impugnata sentenza (la n. 2524/2007 emessa in data 30.10.2007 dal Tribunale di Venezia) nella parte in cui, non facendo corretta applicazione del principio di soccombenza, ha posto le spese di lite (oltre che quelle relative alla espletata c.t.u.) a carico della massa pro quota (3/4 a carico della (OMISSIS) s.a.s. ed il residuo terzo a carico dello (OMISSIS)), laddove avrebbe dovuto porle integralmente a carico della controparte.

Il motivo e’ fondato, perche’ nel procedimento di divisione le spese di causa vanno poste a carico della massa per gli atti che servono a condurre, nel comune interesse, il giudizio alla sua conclusione, mentre valgono i principi generali della soccombenza per le controversie verificatesi tra i condividenti (Sez. 2, Sentenza n. 1111 del 24/02/1986). Risulta dagli atti che nel corso del giudizio di primo grado la (OMISSIS) s.a.s. non si e’ limitata a formulare rilievi ai fini di una piu’ proficua evoluzione dell’iter processuale, ma ha reiteratamente contestato la comoda divisibilita’ del magazzino e le soluzioni tecniche prospettate dal c.t.u.. Da cio’ consegue che, essendosi al cospetto di contestazioni che hanno condotto ad una decisione con sentenza (anziche’ con ordinanza), il giudice di prime cure avrebbe dovuto, anziche’ limitarsi a porre le spese processuali a carico della massa, applicare il principio di soccombenza. La Corte d’appello, invece, ha rigettato la doglianza sulla base della seguente motivazione: “…rettamente l’impugnata sentenza ha ritenuto che l’attivita’ difensiva svolta dall’attrice nel primo grado del giudizio non potesse considerarsi meramente dilatoria, essendo tesa al perseguimento del risultato divisionale ritenuto piu’ confacente all’interesse dei condividenti e conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 720 c.c.”. Anche sul punto, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio.

C. Va, quindi, accolto il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, rigettato il primo, il secondo e il quinto, dichiarato assorbito il sesto; va accolto il ricorso incidentale sulle spese. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata per un nuovo esame a diversa sezione della Corte di appello di Venezia, che decidera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, rigetta il primo, il secondo e il quinto, assorbito il sesto; accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

Sentenza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio Dott. (OMISSIS).

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