Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 24 giugno 2015, n. 13116. La valutazione della genuina sussistenza del giustificato motivo oggettivo del licenziamento, determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva – disciplinato ex art. 3 l. n. 604/1966 – deve essere effettuata sulla base degli elementi di fatto esistenti al momento della comunicazione del recesso, la cui motivazione deve trovare fondamento in circostanze realmente esistenti in quel momento e non svoltesi ormai da molto tempo.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 24 giugno 2015, n. 13116 Svolgimento del processo 1.— La sentenza attualmente impugnata, per quel che rileva in questa sede, respinge l’appello proposto da D.M. avverso la sentenza n. 15174/2007 del Tribunale di Roma, di rigetto del ricorso della lavoratrice, volto ad ottenere la dichiarazione di nullità del...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 25 giugno 2015, n. 13162. In materia di licenziamento per ragioni disciplinari, anche se la disciplina collettiva preveda un determinato comportamento come giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso, il giudice investito dell’impugnativa della legittimità del licenziamento deve comunque verificare l’effettiva gravità della condotta addebitata al lavoratore

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 25 giugno 2015, n. 13162 Svolgimento del processo La Corte d’appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda proposta nei confronti di Poste Italiane S.p.A. dalla dipendente G.M., volta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 10 giugno 2015, n. 12072. L’esclusività della qualifica delle mansioni di assunzione (guardia giurata) fanno si che quando queste non possono essere più volte in conseguenza del ritiro del porto d’armi si determina una situazione di impossibilità sopravvenuta della prestazione che è parziale e che comunque richiede la valutazione del residuo interesse del datore di lavoro alla prestazione lavorativa residuale

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 10 giugno 2015, n. 12072 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. DE MARINIS...

Articolo

DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 81 (in G.U. n. 144 del 24 giugno 2015 – S.O. n. 34 – in vigore dal 25 giugno 2015) Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 81* (in G.U. n. 144 del 24 giugno 2015 – S.O. n. 34 – in vigore dal 25 giugno 2015) Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00095) IL...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 29 maggio 2015, n. 11204. Il licenziamento per motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva è scelta riservata all’imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell’azienda anche dal punto di vista economico ed organizzativo, sicché essa, quando sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità ed opportunità

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 29 maggio 2015, n. 11204 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. TRIA Lucia – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere Dott. TRICOMI Irene...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 giugno 2015, n. 12337. La presentazione della richiesta del tentativo di conciliazione previsto ex art. 410 c.p.c., nel termine di 10 giorni dall’invito dell’ufficio del lavoro, di cui all’art. 7, comma 7, Statuto dei Lavoratori, è sufficiente a conservare la (pur sospesa) efficacia della sanzione disciplinare, non essendo necessario a tal fine il completamento del procedimento con la comunicazione dell’atto al lavoratore, nel termine degli stessi 10 giorni.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 15 giugno 2015, n. 12337 Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. Con sentenza depositata il 20 maggio 2008 la Corte d’appello dell’Aquila accoglieva l’appello proposto da U.C. contro la sentenza resa dal Tribunale di Pescara e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta dalla Poste Italiane S.p.A....

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 28 maggio 2015, n. 11067. La nozione di giustificatezza introdotta dalla contrattazione collettiva in materia di licenziamento e’ nettamente distinta dalle nozioni di giusta causa e di giustificato motivo Legge n. 604 del 1966, ex articolo 2119 e articolo 3 traducendosi essenzialmente in assenza di arbitrarieta’ e pretestuosita’ o, per converso, nella ragionevolezza del provvedimento datoriale. La nozione di giustificatezza del licenziamento, che rileva ai fini del riconoscimento del diritto alla indennita’ supplementare, spettante in base alla contrattazione collettiva al dirigente, non coincide con quelle di giusta causa o giustificato motivo del licenziamento del lavoratore subordinato, ma e’ molto piu’ ampia, e si estende sino a comprendere qualsiasi motivo di recesso che ne escluda l’arbitrarieta’, con i limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede e del divieto dei licenziamento discriminatorio. Ond’e’ che, a differenza dell’esonero del datore di lavoro dal pagamento dell’indennita’ supplementare, generalmente prevista per i dirigenti di azienda dalla contrattazione collettiva, che presuppone la giustificazione del licenziamento, l’esonero dall’obbligo del preavviso o da quello alternativo del pagamento dell’indennita’ sostitutiva presuppone la giusta causa che consiste in un fatto che, in concreto valutato (e cioe’, sia in relazione alle sua oggettivita’ sia con riferimento alle sue connotazioni soggettive), determina una grave lesione della fiducia del datore di lavoro nel proprio dipendente, tale da non consentire la prosecuzione, neppure temporanea, del rapporto, tenuto conto altresi’ della natura di quest’ultimo e del grado di fiducia che esso postula, di guisa che possono ricorrere le condizioni per non corrispondere l’indennita’ supplementare, in presenza della giustificatezza del licenziamento, e non sussistere quelle per negare l’indennita’ sostitutiva di preavviso in assenza della giusta causa

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 28 maggio 2015, n. 11067   REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere Dott. DORONZO Adriana – Consigliere Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere Dott. GHINOY Paola...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 27 maggio 2015, n. 10955. Sono tendenzialmente ammissibili i controlli difensivi occulti, anche a opera di personale estraneo all’organizzazione aziendale, in quanto diretti all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo. Resta ferma la necessaria esplicazione delle attività di accertamento mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l’interesse del datore di lavoro al controllo e alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi, e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale. (Fattispecie di licenziamento per giusta causa di un dipendente, al quale era stato contestato di avere intrattenuto in orario di lavoro con il suo cellulare varie conversazioni su facebook, circostanza emersa in conseguenza della creazione, da parte del datore di lavoro, sul sito web, di un falso profilo di donna con richiesta di amicizia al lavoratore, il quale in precedenza aveva violato le disposizioni aziendali che vietavano l’uso del telefono cellulare e lo svolgimento di attività extralavorativa durante l’orario di lavoro).

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 27 maggio 2015, n. 10955 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIDIRI Guido – Presidente Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere Dott. MAISANO Giulio – Consigliere Dott. DORONZO Adriana –...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 26 maggio 2015, n. 10834. Qualora il lavoratore dimostri che le varie contestazioni disciplinari subite avevano finalità discriminatoria e ritorsiva, è corretto dedurne l’illegittimità del successivo licenziamento, presentato. Se non tutte le sanzioni disciplinari (e i licenziamenti) illegittimi sono discriminatori, tutte le sanzioni disciplinari (e i licenziamenti) discriminatori sono illegittimi

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 26 maggio 2015, n. 10834 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. FEDERICO Guido – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere Dott. GHINOY Paola...