Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 16 giugno 2015, n. 12445

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19374/2013 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 359/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del 12/03/2013, depositata il 18/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’articolo 380 bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Corte d’Appello di Catania respingeva il gravame svolto da (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto all’assegno ordinario di invalidita’ dal mese di agosto 2007.

3. La Corte territoriale, decidendo sul gravame fondato sul riconoscimento del diritto alla pensione di inabilita’ e all’indennita’ di accompagnamento a decorrere dal 1 marzo 2011, riteneva la decisione del primo giudice intervenuta nel limite della proposta domanda (l’assegno di invalidita’ civile) e le differenti prestazioni pretese (la pensione di inabilita’ e l’indennita’ di accompagnamento) estranee alla domanda amministrativa proposta nel 2006 e al relativo ricorso giudiziale.

4. (OMISSIS) ha proposto ricorso fondato su quattro motivi.

5. L’INPS ha resistito con controricorso.

6. Il Ministero dell’economia e delle finanze si e’ costituito al mero fine di partecipare alla discussione orale.

7. I primi tre motivi investono, per diversi profili, il denegato riconoscimento del diritto alla pensione di inabilita’ e all’indennita’ di accompagnamento, benefici che, secondo il ricorrente, la Corte avrebbe dovuto riconoscere per effetto dell’aggravamento delle patologie accertato dal CTU.

8. Non e’ fondata la tesi del ricorrente che assume che l’aver chiesto in via amministrativa il solo assegno di invalidita’ non preclude all’assicurato di richiedere in giudizio la pensione di inabilita’ e l’indennita’ di accompagnamento – e al giudice di riconoscerne il diritto – qualora vengano accertati, a carico dell’assicurato medesimo, aggravamenti delle malattie preesistenti o nuove infermita’ tali da integrare i requisiti sanitari per le predette provvidenze.

9. Questa Corte, con sentenza n. 20664 del 2011, si e’ gia’ pronunciata nei seguenti termini:

10. “In materia di trattamenti pensionistici (come di altre prestazioni previdenziali) il Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, articolo 47, subordina la proponibilita’ dell’azione giudiziaria all’avvenuta presentazione della domanda amministrativa.

11. La giurisprudenza di questa Corte e’ consolidata nel ritenere necessaria tale domanda anche dopo l’entrata in vigore della Legge n. 533 del 1973, e nell’affermare che la sua mancanza, nelle controversie che richiedono il previo esperimento del procedimento amministrativo, determina l’improponibilita’ della domanda giudiziaria.

12. Esistono, tuttavia, decisioni contrastanti quanto alle prestazioni costituite dall’assegno di invalidita’ e dalla pensione di inabilita’ disciplinate dalla Legge n. 222 del 1984, per il caso che soltanto una di esse sia stata oggetto di domanda amministrativa.

13. Per alcune decisioni, infatti (vedi Cass. n. 4782 del 1999, n. 6615 del 1996), solo se abbia presentato all’INPS domanda della pensione di inabilita’, l’assicurato puo’ chiedere in giudizio l’assegno di invalidita’.

14. Cio’ per la ragione che tra le due prestazioni, relative a un diverso grado di compromissione della capacita’ lavorativa, ma presupponenti gli stessi requisiti assicurativi e contributivi, e’ da ravvisare un necessario rapporto di continenza – si che nella domanda amministrativa della pensione di inabilita’ deve ritenersi implicitamente inclusa quella di attribuzione dell’assegno di invalidita’ – mentre non e’ vero il contrario, dal momento che per la pensione di inabilita’, il procedimento amministrativo (aperto dalla domanda dell’assicurato) e’ preordinato alla verifica di condizioni ulteriori rispetto a quelle sanitarie (Legge n. 222 del 1984, articolo 2, comma 2) a salvaguardia dell’esigenza che una prestazione – come la pensione di inabilita’ (diversamente dall’assegno reversibile ai superstiti e di importo certamente superiore: Legge n. 222 del 1984, articolo 2, comma 3) – sia attribuita solo in caso di cancellazione dell’assicurato da elenchi e albi che consentono di esercitare attivita’ lavorativa e di rinuncia del medesimo a qualsiasi trattamento previdenziale sostitutivo o integrativo della retribuzione.

15. In definitiva, secondo questo orientamento, il soggetto che in sede amministrativa ha chiesto soltanto l’assegno di invalidita’ non puo’ poi chiedere in giudizio la pensione di inabilita’.

16. Secondo altre piu’ recenti decisioni, invece (vedi Cass. 12658 del 2004, n. 4385 del 2001), la domanda amministrativa di attribuzione del (solo) assegno di invalidita’ non preclude all’assicurato di avanzare, nel corso del successivo giudizio, domanda di pensione di inabilita’ quando, in tale giudizio, sia stata accertata a suo carico la sussistenza di aggravamenti o nuove infermita’ tali da escluderne la capacita’ di svolgere una qualunque attivita’ lavorativa.

17. Le decisioni in questione giustificano il principio richiamando l’articolo 149 disp. att. c.p.c., e sottolineando che, in caso di sua mancata applicazione, l’assicurato, secondo quanto dispone la Legge n. 222 del 1984, articolo 11, sarebbe costretto ad attendere l’esito del giudizio e a ricominciare successivamente l’iter amministrativo, con la oggettiva preclusione della piena tutela di diritti fondamentali, quali quelli garantiti dagli articoli 3, 24 e 38 Cost..

18. Ma questa tesi – ritiene il Collegio – non e’ condivisibile, non trovando giuridico supporto nel testo della Legge n. 222 del 1984, articolo 11, ai sensi del quale “l’assicurato che abbia in corso o presenti domanda intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidita’ o alla pensione di inabilita’ di cui agli articoli 1 e 2, non puo’ presentare ulteriore domanda per la stessa prestazione fino a quando non sia esaurito l’iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato”.

19. Il tenore letterale della disposizione normativa in discussione e’, invero, inequivoco: il legislatore ha voluto evitare che per “la stessa prestazione” (sia essa l’assegno di invalidita’ ovvero la pensione di inabilita’), dopo la presentazione di una prima domanda amministrativa o durante la pendenza di un procedimento giurisdizionale da definire, possa essere presentata una seconda domanda amministrativa o una ulteriore domanda giudiziale.

20. Ma il divieto di duplicazione non riguarda certo il caso di domande per prestazioni distinte e diversamente disciplinate dalla legge, quali sono l’assegno di invalidita’ e la pensione di inabilita’.

21. Non e’, dunque, da questa norma che puo’ trarsi la regola secondo cui all’assicurato, che abbia in corso un procedimento amministrativo o giudiziario inteso al riconoscimento del diritto ad una delle due suddette prestazioni, non sarebbe consentito di presentare la domanda amministrativa strumentale all’attribuzione dell’altra” (in tal senso Cass. 20664/2011).

22. E tanto vale anche con riferimento alla pretesa indennita’ di accompagnamento.

23. Ne’ sussiste il dedotto vizio di ultrapetita per essersi la Corte di merito pronunciata senza che fosse stata sollevata dall’INPS la relativa eccezione.

24. Invero la necessita’ della proposizione della domanda amministrativa deriva dal disposto di cui all’articolo 443 cod. proc. civ., secondo cui la domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria non e’ procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi 180 giorni dalla data in cui e’ stato proposto il ricorso amministrativo.

25. Dalla improcedibilita’ della domanda – che, se rilevata dal giudice nella prima udienza di discussione, comporta la sospensione del giudizio e la fissazione all’attore di un termine per la presentazione del ricorso in via amministrativa – va tenuta distinta, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la improponibilita’ della stessa, la quale consegue – come nella specie – alla mancata presentazione all’istituto previdenziale della domanda amministrativa, che costituisce un presupposto della domanda giudiziale.

26. L’improponibilita’ della domanda rende nulli gli atti del processo ed e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (ex multis, Cass. 12661/05; Cass. 317/96; Cass. 16153/01; Cass. n. 18265/03; Cass. 29236/11).

27. Inammissibile e’ qualificabile, infine, il quarto motivo che svolge la censura, avverso la regolamentazione delle spese adottata dalla Corte territoriale, evocando, esclusivamente e in modo apodittico, l'”evidente ragione” del ricorrente.

28. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

29. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo in favore dell’INPS, seguono la soccombenza, non sussistendo le condizioni previste dall’articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per l’esonero dal pagamento delle spese, non avendo la parte, nel ricorso per cassazione, allegato, secondo il principio di autosufficienza (e con le modalita’ gia’ ribadite da Cass. 5363/2012), di aver diritto – ex articolo 152 disp. att. c.p.c. (nel testo risultante dopo la citata modifica apportata dal Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 42, comma 11, convertito nella Legge 24 novembre 2003, n. 326) – all’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali e, quindi, di aver assolto all’onere autocertificativo (come statuito da questa Corte, con la sentenza n. 5896 del 2014).

30. Non si provvede alla regolamentazione delle spese in favore del Ministero intimato che non ha svolto alcuna attivita’ difensiva.

31. Il ricorso e’ stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilita’ del 2013 (Legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17,), che ha integrato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, aggiungendovi il comma 1 quater, del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale e’ respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma articolo 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

32. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformita’.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate, in euro 100,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del quindici per cento, in favore dell’INPS; nulla spese in favore del Ministero intimato. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex articolo 13, comma 1 bis.

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