In caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese in Cassazione
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In caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese in Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 febbraio 2024| n. 5082.

In caso di omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un'espressa indicazione legislativa, è costituito non già dagli ordinari mezzi di impugnazione (non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi alla stregua di domanda autonoma), bensì dal procedimento di correzione dell'errore materiale di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., il quale, oltre ad essere in linea con il disposto dell'art. 93, comma 2, c.p.c. (che ad esso si richiama per l'ipotesi in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese), consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., anche nei confronti delle pronunce della Corte di cassazione.

In tema di responsabilità dei sindaci per omesso controllo
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In tema di responsabilità dei sindaci per omesso controllo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 febbraio 2024| n. 5060.

In tema di responsabilità dei sindaci per omesso controllo dello svolgimento di attività dannose da parte degli amministratori di società di capitali, non disponendo i sindaci di poteri di veto o di sostituzione rispetto all’organo amministrativo, il concetto di mancata produzione del danno, di cui all’art. 2407 cod. civ., va inteso nel senso che è necessario che l’attività di vigilanza dei sindaci sia sempre improntata alla tempestiva segnalazione agli organi competenti del pericolo di danno derivante dalla condotta degli amministratori, in modo da porre in essere le condizioni legali per l’eliminazione preventiva, o comunque l’attenuazione, dei danni conseguenti alla cattiva condotta gestoria

Il recesso da una società di persone è un atto unilaterale recettizio
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Il recesso da una società di persone è un atto unilaterale recettizio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 febbraio 2024| n. 4821.

Il recesso da una società di persone è un atto unilaterale recettizio e, pertanto, la liquidazione della quota non è una condizione sospensiva del medesimo, ma un effetto stabilito dalla legge, con la conseguenza che il socio, una volta comunicato il recesso alla società, perde lo “status socii” nonché il diritto agli utili, anche se non ha ancora ottenuto la liquidazione della quota, e non sono a lui opponibili le successive vicende societarie. Infatti, trattandosi di una dichiarazione recettizia, a cui si rende applicabile l’art. 1334 cod. civ., la dichiarazione di recesso del socio produce i suoi effetti nel momento in cui la volontà del socio di sciogliersi dal vincolo societario viene portata a conoscenza della società, di modo che a seguito di essa, il rapporto sociale si scioglie limitatamente alla posizione del recedente, che perde la qualifica di socio, cessa di essere obbligato in relazione alle future obbligazioni che dovessero gravare sulla società (art. 2290 cod. civ.) e diviene titolare nei confronti di questa di un diritto di credito alla liquidazione della quota

In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante
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In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 febbraio 2024| n. 4931.

In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’articolo 325 cod. proc. civ. salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa

La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia
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La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 febbraio 2024| n. 4805.

La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, qualora essa non abbia specificatamente valutato la sussistenza o meno dei presupposti richiesti dall'art. 1062 c.c. e non consti dell'eventuale adozione - da parte del giudice - di statuizioni contrarie o incompatibili con la tale costituzione. In assenza, pertanto, delle predette condizioni essa opera non come provvedimento costitutivo delle eventuali servitù, bensì come fatto giuridico che, in correlazione con la situazione obbiettiva dei luoghi, determina il sorgere della servitù secondo lo schema della costituzione per destinazione del padre di famiglia.

La nullità del contratto per violazione di norme imperative
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La nullità del contratto per violazione di norme imperative

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 febbraio 2024| n. 4867.

La nullità del contratto per violazione di norme imperative, siccome oggetto di un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, ferma restando l'impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi.

Comunione legale la Divisione giudiziale dei beni ed il Rimborso delle somme prelevate dal conto corrente cointestato
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Comunione legale la Divisione giudiziale dei beni ed il Rimborso delle somme prelevate dal conto corrente cointestato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 febbraio 2024| n. 4879.

In tema di comunione legale tra coniugi, verificatosi lo scioglimento, trova applicazione, in sede di divisione, il regime dei rimborsi e delle restituzioni dettato dall'art. 192 c.c., cosicché è da escludersi il rimborso alla comunione delle somme prelevate da un coniuge dal conto corrente cointestato ove quest'ultimo dimostri che l'atto sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.

Decisione di merito e Pluralità di ragioni singolarmente idonee a sorreggerla
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Decisione di merito e Pluralità di ragioni singolarmente idonee a sorreggerla

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 febbraio 2024| n. 5102.

Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa.

Mancata riproduzione nelle conclusioni della comparsa di riassunzione di una richiesta formulata nell’atto introduttivo
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Mancata riproduzione nelle conclusioni della comparsa di riassunzione di una richiesta formulata nell’atto introduttivo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 febbraio 2024| n. 5039.

Nel caso di mancata riproduzione, nelle conclusioni della comparsa di riassunzione, di una richiesta formulata nell’atto introduttivo, è alla stregua dell’intero contesto degli atti processuali che il giudice del merito deve valutare se detta omissione concreti o no una vera e propria rinuncia, ossia un inequivocabile abbandono della richiesta non riprodotta

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Il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|26 febbraio 2024| n. 5074.

In materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz'altro, illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà del vicino, - ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi - devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art. 844 cod. civ. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico.