SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 13 maggio 2014, n. 10316 Ritenuto in fatto M.C. , in proprio e quale erede del defunto padre M.L. , convenne in giudizio il Comune di Roma dinanzi al Tribunale della medesima città esponendo: che il padre conduceva in locazione, dagli anni trenta, un immobile, sito in Roma,...
Categoria: Sentenze – Ordinanze
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 maggio 2014, n. 10360. L’onere del ricorrente per cassazione di depositare, a pena di improcedibilità del ricorso, i contratti collettivi sui quali il ricorso si fonda, va interpretato nel senso che il deposito suddetto deve avere ad oggetto, non solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del CCNL contenente tali disposizioni
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 13 maggio 2014, n. 10360 Svolgimento del processo Con sentenza del 14-10-2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da P.R. nei confronti del’ENAV s.p.a., diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto alle differenze retributive del premio di produttività e produzione – premio...
Corte di Cassaszione, sezione V, sentenza 9 maggio 2014, n. 19203. Il reato di minaccia deve considerarsi reato formale di pericolo e, come tale, non postula la intimidazione effettiva del soggetto passivo, essendo sufficiente che il male minacciato, in relazione alle concrete circostanze di fatto, sia tale potenzialmente da incutere timore e da incidere nella sfera di libertà psichica del soggetto passivo. Quanto alla gravità del male minacciato essa va accertata avendo riguardo a tutte le modalità della condotta, ed in particolare al tenore delle eventuali espressioni verbali e al contesto nel quale esse si collocano, onde verificare se, ed in quale grado, dette espressioni abbiano ingenerato timore o turbamento nella persona offesa
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 9 maggio 2014, n. 19203 Rilevato in fatto 1. B.V. fu condannato dal tribunale di Milano alla pena di giustizia in quanto riconosciuto colpevole del delitto di minaccia aggravata in danno di F.A. e P.L., nei confronti dei quali ebbe a pronunciare la frase: “vi sparo e vi...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 9 maggio 2014, n. 10190. In assenza di un accordo su compensi in deroga ai minimi di tariffa per l'espletata prestazione professionale, il giudice deve liquidare il compenso spettante al professionista sulla base della tariffa professionale ed avendo riguardo al valore della causa, determinato secondo le norme del codice di procedura civile, essendo possibile liquidare il compenso in misura inferiore al minimo tariffario solo in presenza di un parare obbligatorio del Consiglio dell'Ordine e se si ritenga una manifesta sproporzione fra le prestazioni dell'avvocato e l'onorario previsto
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 9 maggio 2014, n. 10190 Ritenuto in fatto In esito a ricorso dell’avv. D.D. il Pretore di Genova ingiungeva a G.R. il pagamento della somma di L. 19.817.984 per prestazioni professionali rese innanzi alla locale Commissione Tributaria Regionale. A seguito di proposta opposizione con richiesta di revoca del...
Corte di Cassazione, S.U.P., sentenza 7 maggio 2014, n.18821. La pena dell'ergastolo inflitta all'esito del giudizio abbreviato, richiesto dall'interessato in base all'art. 30, comma 1, lett. b), legge n. 479 del 1999, ma conclusosi nel vigore della successiva e più rigorosa disciplina dettata dall'art. 7, comma 1, d.l. n. 341 del 2000 e in concreto applicata, non può essere ulteriormente eseguita, essendo stata quest'ultima norma ritenuta, successivamente al giudicato, non conforme al principio di legalità convenzionale di cui all'art. 7, p. 1, CEDU, come interpretato dalla Corte EDU, e dichiarata incostituzionale per contrasto con l'art. 117, comma primo, Cost.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE S.U.P. SENTENZA 7 maggio 2014, n.18821 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 18 luglio 1998 della Corte di assise di Catania, E.S. era stato condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, perché dichiarato colpevole di due omicidi volontari e della connessa violazione della normativa sulle armi. Tale decisione...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 12 maggio 2014, n. 10252. Il controllo spettante al direttore responsabile non può esaurirsi in una mera «presa d'atto», ma deve necessariamente riguardare il contenuto degli articoli da pubblicare e l'assunzione di iniziative volte a elidere eventuali profili penalmente rilevanti o, si può aggiungere, rilevanti sotto il profilo della responsabilità civile
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 12 maggio 2014, n. 10252 Svolgimento del processo Nel 1999, l’avv. A.S. evocava in giudizio il giornalista D.F. e il dott. C.F., direttore responsabile della rivista “Avvenimenti”, chiedendone la condanna al risarcimento del danno alla propria reputazione infertogli con la pubblicazione sulla rivista, all’interno dell’articolo titolato “Narcoturchia”,...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 febbraio 2014, n. 8677. In tema di reati tributari non trova applicazione la circostanza attenuante del danno di lieve entità in quanto si tratta di illeciti che non offendono il patrimonio. La ragione della inapplicabilità si fa risiedere nella particolare oggettività giuridica del reato tributario che lede non già il patrimonio dello Stato, ma l'interesse pubblico, di rango costituzionale, all'osservanza dell'obbligo dei cittadini di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Da qui l'infondatezza della attenuazione della pena in relazione alla entità, più o meno lieve, del danno che si pretenderebbe arrecato all'Erario
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III PENALE Sentenza 24 febbraio 2014, n. 8677 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente – Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere – Dott. SARNO Giulio – Consigliere – Dott. RAMACCI Luca...
Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 8 maggio 2014, n. 10041. Rientra nei poteri dell'amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell'esercizio d'impresa, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa
Suprema Corte di Cassazione sezione tributaria ordinanza 8 maggio 2014, n. 10041 Fatto e diritto L’Agenzia delle Entrate di Firenze ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza n. 112/67/13 depositata il 4 Marzo 2013, con la quale la CTR della Lombardia -Sez.Brescia- ha rigettato l’appello proposto dalla stessa contro...
Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 6 maggio 2014, n. 9712. E’ illegittimo l’avviso di accertamento che non motiva le contestazioni che il contribuente ha prodotto in sede di contraddittorio
Suprema Corte di Cassazione sezione tributaria ordinanza 6 maggio 2014, n. 9712 Svolgimento del processo e motivi della decisione 1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 55/67/2011, pronunziata dalla CTR di Milano Sezione Staccata di Brescia n. 67 il 07.02.2011 e depositata il 14 febbraio 2011, con cui detta Commissione ha respinto l’impugnazione...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 12 maggio 2014, n. 10270. In tema di condominio negli edifici, le parti dell'edificio che sono destinate ad assolvere una funzione nell'interesse di tutti condomini, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell'art. 1123 cod. civ., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123, secondo comma e terzo comma cod. civ.. Ed invero la previsione dell'art. 1123, secondo comma, presuppone, in relazione alla natura e alla destinazione, un uso differenziato della cosa comune, per cui la relativa spesa deve essere sopportata dalle proprietà esclusive che ne godono in proporzione del valore relativo, mentre il terzo comma fa riferimento all'ipotesi in cui i beni siano al servizio soltanto di alcune unità immobiliari
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 12 maggio 2014, n. 10270 Svolgimento del processo 1.- G.A. , proprietario di un terreno in (omissis) , convenne in giudizio avanti al Tribunale di Chiavari il Condominio (omissis) ed uno dei condomini, T.A. , chiedendone la condanna in solido o in via alternativa all’esecuzione delle opere necessarie...